Che facciamo quest’estate?

Come tutti coloro che si sono trovati orfani dei loro progetti musicali per i prossimi mesi e soprattutto con poche prospettive di rientrare normalmente a breve in un teatro o in auditorium a godere in compagnia di altri appassionati  la gioia dell’ascolto dal vivo ho passato questo lungo periodo di vuoto nutrendomi di streaming più o meno recenti che generosamente i teatri  e le fondazioni hanno generosamente messo gratuitamente in rete .

Adesso però , di fronte ad alcune nette posizioni che alcuni grandi Enti hanno preso tirando un grosso rigo di stop per molti mesi o addirittuta per l’intero anno 2020 si assiste a una sorta di rincorsa a riaprire in qualche modo plausibile l’attività musicale approfittando dell’estate in arrivo  e della possibilità di usufruire di luoghi all’aperto che possano garantire , pur nelle regole del distanziamento , la possibilità di fare teatro sia di prosa che musicale.

E’ come una rincorsa ad inventarsi qualche cosa di plausibile e di probabile che comunque lascia perplessi sulle modalità che potranno essere seguite.

Come per altri settori cosidetti minori manca , specialmente nel nostro paese un indirizzo univoco su quello che concretamente si potrà fare durante la prossima , ormai imminente estate .

Sembra un po’ di assistere a chi la la spara più grossa e si legge sottotraccia la paura che con la scusa della pandemia vengano a cadere le poche sovvenzioni sicure per  i teatri minori e per le iniziative meno titolate.

La speranza comune a tutte le masse artistiche e tecniche di recuperare un po’ di giornate lavorative si unisce alla speranza di noi spettatori , ma la domanda è anche questa : quanti saranno i coraggiosi che vorranno tornare a radunarsi  con tutti i distanziamenti canonici in nome dell’arte in tutte le sue forme teatrali?

Mi pare di capire che esista una linea guida che prevede nel numero di mille spettatori il massimo di persone da riunire per ogni tipo di spettacolo e allora il discorso si fa anche economico . Cosa si potrà proporre senza alzare i prezzi dei biglietti che offra anche una garanzia qualitativamente passabile? 

Come diceva la canzone : lo sapremo solo vivendo …ormai mancano pochi giorni al vedere concretamente i programmi sicuri e non futuribili che molti teatri hanno già messo in rete .

Estate libera , senza progettazioni costose e forse velleitarie e comunque sempre nella speranza che il mostro pandemico confermi la sua fase anche se solo temporaneamente discendente .

Occhio ai programmi , liberi tutti . comunque abbiamo sempre la nostra preziosa scorta di DVD per nutrire la nostra fame teatrale , come durante la guerra  ( chi è vecchio se lo ricorda perlomeno per sentito dire ) al posto del caffè si era bevuta anche la cicoria.

Un paese a metà

Che l’Italia non fosse un paese per vecchi lo sospettavamo , poi il Covid19 ce lo ha confermato con la spietata cronaca di quello che è successo nelle RSA , decimata tutta la scorta di memoria che gli ultra ottantenni ancora potevano dare alle giovani generazioini , perse le testimonianze , i ricordi in alcune regioni del Nord e non solo ,non ci saranno più i vecchi a raccontare la seconda guerra mondiale e la Resistenza.

Ma quello che mi ha colpito personalmente negli ultimi giorni è la consapevolezza che l’Italia non è neanche un paese per bambini vista la totale indifferenza con cui si è trattato il problema del reinserimento sociale dei piccoli  sia nel mondo delle scuole materne che in quello del ciclo delle elementari.

Ancora adesso nelle Regioni che tanto si affannano a emettere protocolli su tutto : distanziamento degli ombrelloni sulle spiaggie , apertura dei parrucchieri e delle palestre , sanificazione dei vestiti da provare e potrei andare avanti per molti altri interessanti argomenti le sudddette Regioni tardano a protocollare i centri estivi tanto si è visto che le famiglie si arrangiano e nonostante i ripetuti inviti a non usare i nonni come babysitter se si va un giorno in quelle piccole porzioni di parchi riaperti che  grazie alla clemenza  la comunità scientifica concede , si vedono soprattutto nonni in giro con i bambini piccoli o qualche volta , se i genitori se lo possono permettere ,brave giovani disoccupate che suppliscono laddove in paesi più civili del nostro ci ha pensato la comunità ad intervenire.

Ho già descrito la ridicola DAD ( la famosa didattica a distanza applicata alla scuola elementare ), vero è che i bambini sono sempre meno nel nostro paese e ho provato tenerezza e stupore nel  vedere giovani famiglie numerose in paesi non lontani dal nostro ed  è certo che non abbiamo mai  serbato molta attenzione nei confronti di quelli che saranno gli uomini e le donne di domani.

Quello che poi si prospetta per il futuro scolastico aggiunge preoccupazione alle carenze attuali : si parla di ore di quaranta minuti , di mascherine obbligatorie si , ma da portarsi da casa e tra le righe leggo l‘eventualità di riportarsi anche la gamellina da casa in sostituzione delle mense scolastiche chiaramente problematiche e sicuramente più costose.

I rigorosi studi delle commissioni scientifiche preposte si salvano l’anima restringendo tutto , tanto i bambini in piazza a protestare non ci vanno e i loro genitori sono troppo impegnati a pensare al lavoro ,  al risvolto economico primario per gettare un occhio anche alla qualità della vita dei loro piccoli eredi.

andrà tuttobene ? Se cominciassimo ad essere davvero più europei anche nel rispetto dell’infanzia ne sarei più convinta , per ora prevale in me la perplessità e se si giudica il coltello dalla parte del manico penso sia ora che qualche manico di cominci a cambiarlo davvero.

Raccontare le opere

Una domanda molto semplice : nonna qual è la tua opera preferita?

Una risposta di getto :il Don Carlo di Verdi .

 Forse se mi fossi messa a pensare ne avrei tirate fuori tante di opere predilette ma la prima risposta è quella che conta e tale è rimasta.

A questo punto tre paia di occhi intelligenti mi hanno chiesto di raccontare la storia .

Io allora sono partita dalla pace di Cateau Cambrésis , da Enrico II e Filippo II passando per Schiller e ho anche detto che l’opera originariamente Verdi l’aveva scritta in francese perché gliela avevano commissionata a Parigi e  qualche anno più tardi ne aveva fatto anche una versione italiana . 
Poi ho cominciato a raccontare la storia , tragica e semplice di un amore , probabilmente inventato fra due personaggi realmente esistiti , della Santa Inquisizione e del ruolo pesante che aveva in Spagna nel XVI secolo , insomma ho raccontato la storia attraverso la storia e con la storia.

I miei interlocutori attentissimi alla fine mi hanno chiesto se magari un giorno gliela faccio pure vedere quest’opera che ha risvegliato tanti interessi a loro occhi.

Faccio tutta questa premessa per dire che non è è attraverso percorsi ammiccanti , citazioni cinematografiche , battute attualizzanti che si fa un buon servizio per tentare di avvicinare all’opera chi dell’opera ormai non ne sa nulla. 

Invece attualmente illustri menti giovani , affabulatori e registi di fama intrattengono in televisione , comunque in orari fuori-orario quelli che potrebbero essere secondo loro  (e la vulgata recente ) i futuri spettatori di un ‘opera , ammesso che mai in futuro se ne possa rivedere qualcuna .

A mio modestissimo avviso non è con gli ammiccamenti all’attualità che si avvicinano i giovani o comunque tutti coloro che per cambiati gusti musicali del mondo della lirica non sanno più niente. 

Un po’ perché l’opera costa troppo , un po’ perché il mondo comunque gira e non riusciremo a fermarne la fatale mutazione del gusto ma l’opera lirica ha un suo fascino segreto fatto principalmente di musica che deve parlare al cuore , di storie che qualche volta sono così complicate che non bastano decenni per riuscire a raccontarle senza intrecciarsi nella improbabile trama. Raccontare il Trovatore o la Forza o avventurarsi col Boccanegra può essere impresa quasi eroica , poi però se si vuole fare colpo possiamo sempre avere di riserva una Bohème o la Traviata , magari anche una Butterfly che si va sul sicuro.

Perché è la musica che conta , magari con un allestimento intelligente , non troppo antico e non troppo rivisitato : quelli antichi perché proprio gridano vendetta e non si possono più vedere , quelli troppo rivisitati perché  gli sprovveduti pseudo-futuri nuovi spettatori non ci capirebbero niente.

Chiedo la luna ?

Pandemia e sogno

Una recente ricerca scientifica si è prefissa di studiare un particolare aspetto che ha riguardato i sogni durante il lungo periodo della quarantena .

Analizzando i sogni di un gruppo di persone scelte tra le varie età sesso e  livello culturale si è scoperto che in realtà tutti hanno avuto sogni ricorrenti  in generale e a precisa domanda molti hanno ammesso di avere sognato molto di più , addirittura di essersi ricordati più di quanto avessero sognato in relazione a quanto succedeva prima del Covid.

Tra i sogni ricorrenti molti hanno sognato le case : vecchie abitazioni o case desiderate , spesso si trattava di traslochi  e i sogni avevano anche una componente di esasperante precisione di particolari.

Un altro elemento diffuso la presenza dell’acqua in tutte le sue forme : dal semplice navigare , agli tzunami , ai naufragi : acqua come ignoto , acqua come elemento di purificazione e tutte le letture sono risultate valide.

Ma la cosa più strana , aldilà delle seriose indagini più o meno scientifiche è quello che è capitato a me nei giorni bui della noia . 

Capitavano le telefonate di amici o di  persone a me  molto meno vicine nei giorni di vita cosiddetta normale e nel telefonarmi finivano per raccontarmi i loro sogni , come se aprire certe porte segrete che in tempi normali sicuramente non avrebbero avuto voglia di aprire con me  nel silenzio delle giornate tutte uguali finissero per dare maggiore rilievo alla parte di loro stessi tenuta a bada nelle pratiche della vita quotidiana.

Sono sempre stata considerata una specie di Lucy dei Peanuts  e spesso mi sono trovata ad ascoltare le storie degli altri ma mai come in questo strano momento particolare mi è sembrato di essere un surrogato di psicologa pret- a- porter.

Confermo quindi l’indagine seria , durante i giorni neri del lockdown le persone hanno sognato di più , non solo ma hanno anche travasato nel sogno tante delle loro paure ancestrali e  hanno anche cercato di esorcizzarle condividendole con ascoltatori occasionali.

Io mi sono sentita come quel viaggiatore del racconto di Cechov quando in  treno si era trovato ad ascoltare un famoso racconto intitolato come una celebre Sonata.

Ovviamente anche io ho sognato di più , purtroppo però sono abbastanza originale : perlopiù ho sognato teatri , incontri fantastici con cantanti , viaggi a gogo. Insomma ho sognato quello che più  mi è mancato e mi manca tuttora.

Studio e lavoro a distanza

Durante il periodo più duro del lockdown si è laureata una mia nipote da remoto e vedere con quanta disinvoltura si destreggiasse davanti al pc. con i volti inquadrati dei professori che la stavano interrogando ho pensato che veramente i giovani oggi vivono una diversa era geologica dalla nostra.

Contemporaneamente un mio nipote  lavorava a Milano , proprio nell’epicentro della pandemia davanti al suo computer a controllare bilanci di una multinazionale e i miei figli  lavoravano più o meno tutti davanti ai loro schermi.

Data l’abbondanza di nipoti ho potuto fare una specie di mini inchiesta sul modo di recuperare le lezioni scolastiche da parte di quasi tutti : il  più grande, universitario, ha seguitato a studiare ma ha ammesso con nostalgia di avere perso il contatto fisico con un professore che faceva lezioni avvincenti se ascoltate dalle vivo.

Lo smart working ha avuto la sua consacrazione.

Tre nipoti : due liceali e uno di scuola media hannno probabilmente studiato di più di quanto facessero normalmente e uno addirittura , nel felice e complesso periodo adolescenziale ha forse recuperato qualcosa di più del suo rendimento ante-virus.

Però ho anche un nipotino piccolo : prima elementare e qui , anche perché coinvolta personalmente mi sono accorta quanto inutile e ridicolo sia tentare di fare lezione a bambini così piccoli, specialmente se sono i docenti non all’altezza del ruolo.

Infatti il maestro di matematica i suoi risultati li ottiene e il bambino si diverte , forse perché è un docente abbastanza giovane e bravo del suo.

Le dolenti note le ho viste altrove : i bambini distratti scompaiono calandosi sulle sedie e scompaiono dallo schermo   sbadigliando , si torcono ,forse alcuni mangiano pure e il culmine del ridicolo lo si ha quando urlano : maestra posso andare il bagno?  le voci dei nonni fuori campo fanno da supporto abbondante e l’interesse medio è bassissimo.

Della stessa maestra vediamo inquadrata solo mezza testa e anche se i gruppi di ascolto sono ridotti non è che se ne ricava molto in termini di apprendimento .

Le materie sarebbero italiano , storia , inglese : il ragazzino si siede diligentemente davanti al pc, cosa molto naturale per lui e l ‘orario di ingresso all’ascolto è semplice , ma cosa ricaverà da questa insalata mista di nozioni banali non mi è dato sapere .

Spero nella grazia divina che il prossimo anno possa ritornare sui banchi veri , già è tanto difficile mantenere l’attenzione a quell’età , non so proprio cosa potrà restargli di questa esperienza inutile e dal mio punto di vista addirittura comica.

Fare lezioni a distanza in prima elementare mi pare francamente una sfida al buon senso , comunque se mi sarà dato di seguirlo ancora qualche volta non farò critiche , ci annoieremo insieme guardando i minuti che scorrono , penso che se le cose dovessero andare così anche in un futuro non saranno  i ragazzini che dovranno essere  preparati piuttosto sono i programmi da rivedere e i docenti da ri-formare.

Quanto a me è grazie al mio blog che ho superato la solitudine più dura , non sono stata mai sola veramente .

Quindi concludendo mi ritengo soddisfatta di questo mondo virtuale che ha cambiato le nostre vite magari però risparmiando la scuola dell’infanzia , a loro lascerei ancora i cartoon da vedere .

Carmen d’antan

Eravamo in tanti ieri sera sintonizzati sulla RAI 5 dove ripassava la Carmen inaugurale della Scala dell’ormai lontano 2009.

Gestione Lissner , Baremboim e gran begli spettacoli , ce ne eravamo quasi dimenticati come potesse essere un Sant ‘Ambreus degno di questo nome.

Un Kaufmann inedito ancora in Italia , una stella nascente direttamente dall’Accademia scaligera  Anita Rashvelisvilhi e un torero col fisique du rol: Erwin Schott ancora valido musicalmente.

La stupenda regia ( ovviamente fischiata dai loggionisti  “retro”  che comunque fanno colore locale ) di Emma Dante che poi nel proseguo della sua carriera artistica avrebbe  imparato anche meglio a gestire gli spazi immensi dei teatri d’opera ed è ancora molto interessante da rivedere.

Una messinscena altamente erotica , con quel quasi stupro finale che non era stato facile per Kaufmann e lo dice la Dante in un fuori scena nel quale si lamenta con Baremboim : quando al tenore non gli  piace qualcosa si ferma ! è Baremboim paziente  : è tedesco …

Di questi piccoli problemi non c’è traccia nello spettacolo , il suo Don Josè perfetto nella Fleur  e nel finale sconvolgente . In tempi recenti Anita postò una foto nostalgica con scritto “il mio più bel don Josè.”

Ci andai apposta a Londra per rivederli insieme , ma come ogni tanto succede , lui non c’era e neppure Pappano che in quei giorni era in Italia lo sapeva ;da me intervistato sulla presenza di Kaufmann mi rispose : speriamo.

Oggi ho ricercato nella mia videoteca altre sue intepretazioni del ruolo .

In assoluto la mia preferita è quella di Londra del 2007 quando ha avuto una Carmen splendida e sensuale in Anna Caterina Antonacci .Favolosa la sua chioma lisciata e trattenuta da mille forcine all’inizio , quando il soldatino diligente tenta di ignorare le provocazioni della zingara provocante con quel roteare finale della coppia nel momento dell’assassinio. 

Divertente anche la scenograficamente scarna Carmen di Zurigo : carabiniere imbranato e occhialuto la sua trasformazione nel disperato amante segna già quella che sarebbe stata la sua caratteristica più rilevante , il calansi nel personaggio con totale aderenza e coerenza dall’inizio alla fine.

Poi la Carmen di un già disilluso Josè della Corégie di  Orange , qui è già diventato un uomo deluso e stanco , come dire parafrasando Paganini “ Kaufmann non si ripete, se la voce si fa più scura , l’ìnterpretazione è sempre molto interessante. 

FIERRABRAS

Archivi di memorie , in mancanza di meglio riapro un gioiello che fu rappresentato nel 2002 all’Opernhaus di Zurigo ripreso con successo anche nel 2006.

L’opera di Schubert ha pagine bellissime e un libretto improbabile con storie che  si rifanno alla tradizione dei paladini di Francia .

La messa in scena zurighese affidata alla mente fervida di Claus Guth e con le scene e i costumi di Christian Schmdt  diventa un divertissement in cui tutti  gli interpreti giovani sono vestiti come dei replicanti di Schubert il quale , presente in scena e creatore della storia ci porta in un racconto fiabesco tutto in una stanza con un gigantesco pianoforte in mezzo e trovatine  geniali a raccontare la storia nella quale il povero protagonista Fierrabras ha l’aspetto di un giovanissimo e divertente  Jonas Kaufmann che alla fine resta lo sconfitto in amore a favore di un rivale che poi  per quanto mi risulta non ripeterà le sue glorie teatrali.

Nel ruolo del Re c’è il compianto Laszlo Polgar e il Re dei Saladini è il giovane Gunther Groissböck , alla bacchetta un Franz Welzer Möst con tutti i ricciolini neri e il faccino , anche lui giovane giovane.

Ogni tanto riprendo l’ascolto della bellissima  opera , un ininterrotto fiume di melodie stupende.

Ne è stata fatta recentemente una ripresa salisburghese , poi ripresa anche alla Scala , ma credo che quella di Zurigo fosse talmente carina da non giustificare per il Sovrintendente Pereira l’averla accantonata in favore di quella molto meno bella di Salisburgo come aveva anche sperato e auspicato il mio amico Alberto Mattioli  in un suo articolo.

Ma si sa , spesso le motivazioni sono meno nobili di quanto si pensi.

Io l’ho salvata nella mia videoteca tantissimi anni fa e la tengo ben custodita tra le preziosità di un tempo però penso che forse la si può trovare anche su YouTube , smanettando si trova di tutto .

Io ne consiglio la ricerca.

Un libro di guerra

E’ opinione diffusa asserire che contrariamente a quanto è successo in Germania il nostro paese non ha avuto il coraggio di analizzare il passato fascista attraverso una rimozione assolutoria delle colpe storiche mentre invece i tedeschi questo coraggio lo hanno avuto.

Non ho strumenti di storico per fare mia questa affermazione anche se devo ammettere che sia gli scrittori i che  il teatro e il cinema tedeschi ci hanno raccontato con coraggio crudele le loro colpe e il loro passato senza rimozioni.

Pensavo invece al nostro paese , ai nostri scrittori qualche giorno fa quando ri-leggevo , la mia è un’età di riletture , un piccolo libro di Beppe Fenoglio , un autore che fu molto amato in famiglia e del quale a suo tempo lessi quasi tutti i suoi libri .

Morì molto giovane e forse le sue fortune letterarie rimasero ristrette ad un pubblico , per lo più maschile , intorno a lui sicuramente si è creata una sorta di culto da addettti al lavori , relegandolo fra i cosiddetti scrittori di guerra.

E scrittore di guerra Fenoglio lo fu ,ma crudele testimone di quella guerra partigiana che vide nei suoi luoghi piemontesi non solo una guerra contro l’invasore tedesco ma piuttosto una guerra fratricida tra quei ragazzi italiani che restando fedeli alla Repubblica di Salò furono anche più crudeli dei loro alleati tedeschi nei confronti dei partigiani badogliani .

Ragazzi saliti in montagna per difendere la terra dal nemico comune che però rispecchiarono in qualche modo una lotta di classe  , i ragazzi del popolo contro i figli della borghesia colta che ugualmente presero la strada della montagna e finirono addirittura a ucccidersi fra di loro.

Pagine potentissime che potrebbero servire anche oggi a interpretare meglio quello che fu lo spirito della Resistenza in tutte le sue sfaccettature .

A guerra finita da noi si preferì stendere un velo sopra le colpe , i peccati , le viltà , la ferocia attraverso un prevalere del “volemose bene” che perdonava senza passare dal’analizzare i perchè tante vicende che erano accadute.

Il piccolo libro di Fenoglio : Una questione privata non è la sua opera più celebrata che resta Il partigiano Johnny ,probabilmente non è neanche una stesura definitiva , l’ho ripreso in mano proprio nei giorni intorno alla celebrazione della Resistenza e mi ha fatto pensare quanto sarebbe utile per i ragazzi di oggi leggere anche un po’ di storia italiana senza fermarsi alle letture imposte scolasticamente che quando va bene arrivano alla Prima guerra mondiale . 

Diffficilmente i docenti azzardano la lettura che praticamente attraverso il ventennio fascista fa da ponte alla Seconda guerra mondiale che si può anche leggere come un  proseguimento della Prima.

La costruzione dell’Europa unita nasce dai grandi errori del secolo breve , ma non mi pare che in questo avvio del nuovo millennio ci sia stata la capacità di trarre insegnamento da tutto il sangue che ci siamo lasciati dietro.

Meno abbondante della letteratura tedesca , abbiamo però lo splendido cinema di Roberto Rossellini , opere di Montaldo , di Lizzani e tra i libri merita un capitolo rilevante la produzione intensa illuminante di Beppe Fenoglio.

La morte di un artista

E’ strano come questo morbo che ha sconvolto le nostre vite possa avere in qualche modo influito anche in una storia privata  a me tanto cara.

Lo scorso mese di marzo , in pieno lockdown mio cugino amatissimo , il tenore Angelo Loforese aveva compiuto la bella età di cento anni e non ero potuta andare a Milano a festeggiarlo.

Viveva ormai da qualche anno a Casa Verdi ed era per me un vanto e un onore entrare nella straordinaria Casa di riposo per artisti e dire : mi aspetta il professore.

Salivo quella scala sempre con commozione sotto lo sguardo del monumento al suo fondatore che amava dire essere quella Casa la sua opera più bella.

Anche negli ultimi anni mio cugino che mi aspettava con garbo sorridente in cima alla scala poi mi portava nel salone  o a volte nella sua camera e incominciva a raccontare , sempre qualcosa di nuovo , sempre racconti pacati, con sottile humor e un guizzo allegro negli occhi anche quando mi diceva parlando della triade gloriosa di tenori che ebbe davanti negli anni luminosi della carriera : ma io li ho sostituiti tutti! 

Corelli , Del Monaco , Di Stefano e lui sempre dietro amatissimo dai direttori di teatro che erano sicuri di lui , della sua possente voce , del suo recitar cantando che era la chiave del suo essere un grande interprete .

Una volta mi ha detto sorridendo che mentre preparava il curriculum per entrare in Casa Verdi si era accorto quasi con stupore di avere  cantato più di 70 opere e non solo quelle di grande repertorio . Lui spaziava anche in percorsi meno frequentati , al leggere quell’elenco si capisce la sua grande versatilità .

Aveva cominciato cantando da baritono , poi l’estensione della sua voce lo aveva portato ad essere tenore e che tenore!

Il divertente racconto dell’incontro con Von Karayan e della corsa in macchina con lui per arrivare a teatro contento di arrivare perché il grande maestro  guidava come un matto e poi Angelo aggiungeva sempre con grande signorilità : purtroppo ero antipatico al suo segretario , la mia collaborazione con lui finì troppo presto.

Mi spiegava che dal suo grande maestro Gherardini aveva avuto un importante insegnamento : pensa che la voce non deve uscire da qui e indicava il petto ,ma da quassù e indicava la fronte poi però mi raccontava che una volta dopo l’aria “pazzo son “ dalla Manon di Puccini uscendo dal palcoscenico la sarta del teatro piangente gli disse : lei maestro mi fa morire cantando cosi!

E mi raccontava anche che dopo la morte di sua moglie non riusciva più a cantare “ testa adorata “ dalla Bohème di Leoncavallo , l’aria lo emozionava troppo.

In qualche modo la mia parentela con lui c’entra pure con la mia frequentazione di Jonas . Una volta a NewYork nel backstage della Carnegie Hall bastò fare il nome Loforese per farmi diventare subito interessante agli occhi di uno dei suoi agenti :Alan Green il quale corse da Bruce Ziemsky indicandomi  – sai chi è questa ? la cugina di Angelo Loforese . Lontana gloria riflessa.

Tanti anni fa ad Ancona c’era un teatro d’opera all’aperto dentro la Fiera della Pesca , ormai non se lo ricorda più nessuno e mio cugino ci venne a cantare il Trovatore . Dopo lo spettacolo lo andai a salutare , fuori uscivano i barchetti per la pesca notturna e il rumore dei loro motori si era intrecciato con il tintinnare delle alabarde degli armigeri in scena.

Invece avevo un vago ricordo del suo  mitico Don Carlo , del quale Alan Green recitava il cast come una formazione calcistica , ero una ragazzina e a teatro ci andavo sempre con la mamma, mi pare solo di ricordare che una scenografia scema mi impedisse la vista completa dalla Prima gradinata del vecchio teatro.

Gliene parlavo nei nostri incontri quando ci siamo reincontrati , prima nella sua casa di via Melchiorre Gioia , poi nella sua ultima sistemazione che aveva accettato con lo stesso garbo signorile con il quale parlava sempre di sé , della sua vita di girovago , della sua famiglia  e dei figli amatissimi. 

L’ho ritrovato da vecchia  e per mia fortuna ho piena la memoria dei nostri incontri che mi hanno anche consentito di incontrare sua figlia Savina che per uno strano caso ho sentito subito tanto vicina , la linea di parentela sembra complicata nei nomi , essendo di linea femminile ma in fondo Angelo era semplicemente un cugino primo della mia mamma inoltre anche omonimo di mio nonno Angelo , quello che ha suonato nell’orchestra del Maggio  ed era stato pure invitato da Toscanini ad andare con lui in America.

Oggi sono molto triste , non posso partire per Milano per andare al suo funerale , questa Lombardia chiusa per Covid mi sembra una sorta di maledizione : non ce l’abbiamo fatta a reincontrarci per festeggiare il centenaio .

Quando nei primi incontri a Casa Verdi lo salutavo per venire via mi accompagnava fino al portone e aspettava l’arrivo del taxi , io mi giravo indietro e lo vedevo galantemente salutarmi con capppello in mano , l’immagine elegante di un vecchio gentiluomo 

L’ultima volta invece , orami molto piccolo e tremante sorridendo mi aveva detto “ ci rivedremo alla stagion dei fiori”…..con il solito guizzo ironico negli occhi vivacissimi.

Resta la sua potente e limpidissima voce nelle rare incisioni e i filmati su YouTube , inutile dire che la sua splendida voce di tenore assomiglia ad un’altra voce che amo tantissimo.

Depositi

Una persona gentilissima che vive tanto lontana da me e che gentilmente mi legge ha scritto ieri sul blog che si possono trovare miei vecchi scritti in rete. La frase mi ha incuriosito e allora anche io sono andata a ricercarmi nei depositi della mia memoria e della stratificazione dei miei passaggi da un blog ad un altro .

Ci ho trovato una quantità incredibile di articoli , foto di Kaufmann  non solo e poi soprattutto , nonostante credessi di avere tutto nella memoria del mio pc mi sono accorta con dispiacere di non risalire fino al mio primissimo pezzo che mi aveva aperto la porta di questo mondo parallelo .

E’ stato così che invece , scavando e risalendo più indietro alla fine ho trovato addirittura il mio primissimo articolo che trattava di due Don Carlo visti in sequenza da Monaco a Salisburgo .

Con un certo strano effetto ho ritrovato  alcuni mei pezzi e li ho letti in traduzione , evidentemente si sono salvati così e mi hanno procurato una certa ilarità. Buffo leggersi tradottti con i traduttori automatici , sembrano spesso pensieri molto più stupidi e banali.

Alla fine di tutta la ricerca ieri sera avevo pensato di stamparmi tutto su carta , la benedetta memoria cartacea che evidentemente ad una persona della mia generazione sembra ancora essere l’unico mezzo palpabile per mantenere la memoria.

Poi ho pensato alle biblioteche medioevali , al Nome della Rosa, mi sono mentalmente rivestita del saio di un amanuense e mi sono sentirta ridicola. Non credo che stamperò niente , in fondo se si perde la mia memoria del pc anche le biblioteche bruciavano e le memorie si perdevano .

Manuale o digitale questa è in sintesi la ineluttabilità della memoria umana.

Mia sorella mi ha mandato , tanto per cambiare , per What’s up , un pensiero ritrovato negli archivi arruffati della memoria familiare uno scritto della mia mamma: Serve all’anima serbare per ricordare.

Rivedere Werther

Ieri sul sito del Met tornava il Werther del 2014 , non avevo messo in programma di rivederlo ,ma il link messo generosamente sul web da un caro amico ha fatto si che ci abbia cliccato sopra , quasi meccanicamente.

Così sono rientrata dell’atmosfera straziante e fascinosa della storia del giovane infelice così mirabilmente raccontata da Goethe e poi per uno strano connubbio perfettamente musicata dal francese Massenet .

Tanti nomi gloriosi della lirica hanno impersonato l’infelice romantico , inizialmente addirittura scritto per la vocalità baritonale , passato poi attraverso la voce di Alfredo Kraus addirittura al tenore leggero.

Ma è con Jonas Kaufmann che Wether trova la personificazione ideale , soprattutto grazie alla stupenda e bergmaniana edizione parigina di Benoit Jacquot del 2010 che tanti cuori femminili fece palpitare .

Il mio tra quelli e quando dopo tre anni l’0pera fu ripresa al Met presi letteralmente il volo per andare a sentirla dal vivo.

La versione americana non aveva la raffinata eleganza di quella francese , in parte ne restai delusa anche se nel crescendo dell’opera la potente interpretazione di Kaufmann trovava accenti drammatici anche più forti e più tragici.

Ricordo un paio di momenti durante la rappresentazione : il suo apparire come uno spetttro alla porta della casa di Charlotte nel quarto atto , questo momento si perde nella ripresa streaming e quel disperato urlo silenzioso davanti alla porta chiusa della su amata fuggita dopo il momento di follia amorosa che segue la lettura dei versi di Ossian.

Il finale poi , mutuato chiaramente dalla versione parigina , fortissimo e crudele con quella piccola stanza che si avvvicina al proscenio, inquadra il gesto suicida con feroce realismo.

Così ho ricordato nella visione in ottima qualità HD trasmessa ieri tanti momenti che avevo forse un po’ scordato e mi sono di nuovo trovata a soffrire e a commuovermi come tanti anni fa.

Alcune osservazioni sull’ascolto rinnovato : intanto la bellissima direzione di Antinoglu, possente e senza le dolcezze di Planchon perchè spesso i direttori francesi non sono i migliori con il loro repertorio e soprattutto la mirabile rappresentazione in crescendo di Kaufmann , in un momento particolare della sua vita di artista e di uomo.

Non era al massimo della gioia e della serenità in quel periodo , la sua magrezza e il suo humor nascondevano un vero travaglio personale e questo , col senno di poi , lo si coglie appieno durante la sua esibizione.

In questo momento in cui non abbiamo tanto da raccontare di nuovo , solo sperare che piano piano questo virus che ci chiude nelle case e nei nostri confini ci consenta di evadere e di potere tornare a godere della grande musica nel resto di Europa , mi accontento di ri-guardare e di  ri-commentare le passate emozioni vissute.

Mascherine

Adesso scappa fuori che addirittura uno la mascherina se la può fare anche da solo e allora crolla tutta una specie di mito intorno a questo feticistica super mega protezione contro il Covid19.

Mi diverte vedere le varie interpretazioni del suddetto oggetto così desiderato e così difficile da trovare quando serviva drammaticamente di più.

Dato per scontato che agli italiani piace mascherarsi si nota la voluttà con la quale alcune sottospecie umane hanno reagito all  mascherina- libera- tutti.

Quella per me più cretina è quella tricolore del ministro Di Maio perchè se ancora era tollerabile sulla faccia della fascista Meloni lo è molto meno sul viso di quello che dovrebbe essere un serio e decoroso ministro della repubblica tanto è vero che il Presidente della Repubblica , il Presidente del Consiglio e in generale tutti quelli che fanno seriamente il loro mestiere usano la mascherina chirurgica , anche se è stata ed è tuttora fonte di polemiche per la sua introvabilità a prezzo calmierato dal governo.

L’ineffabile capo della Lega ne ha trovata non so dove una nera non senza una citazione tricolore laterale, il patriottismo da fiera di paese.

Ci sarebbe anche da osservare poi come la tengono quelli che credono sia una specie di para-collo  sottomento , come dire io ce l’ho in caso di controllo e la tiro su se proprio me lo chiedete , altrimenti mi protegge la gola , notoriamente non attaccata dalle dannate goccioline epidemiche.

La mascherina libera ha sviluppato tutta una serie di varianti secondo l’uso : ho già visto le mascherine abbinate agli abiti da sposa , tutte di pizzo , quelle fantasia floreale , molto primaverili , quelle con la frase ( ovviamente in inglese) augurante tutti i superamenti virali, quelle con la cifra padronale , quelle aziendali , quelle da bambino con i disegnini allegri e tutto sommato queste sono le più utili nel caso il bambino fosse restio a indossarle quando ancora è necessario.

Io ne avevo comprata una in farmacia, ce ne era un cesto pieno  in mostra e a mia domanda mi è stato chiesto un prezzo elevato , però la farmacista mi ha spiegato che era rilavabile e utilizzabile fino a quaranta volte .

L’ho comprata e l’ho trovata comodissima , ma uno dei miei figli quando mi ci ha visto con quel cencio sulla faccia mi ha detto : perché ti sei messa un paio di mutandine riciclate in faccia ?

Ho capito che sulla mascherina devo ancora cercare quella giusta , ma sopattutto spero che alla fine dei quaranta lavaggi non mi serva proprio fare una ricerca per trovarne una nuova  giusta per me , anche per risolvere il problema delle orecchie a sventola che non era una dei difetti che avevo e che invece implacabilmente questi oggetti di uso quotidiano procurano drammaticamente proprio a tutti.