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Credo che solo a Milano esista la possibilità di andare ad un concerto per l‘inaugurazione dell‘anno giudiziario all‘auditorium della Verdi dove , sotto la bacchetta di un eclettico magistrato napoletano si esibiscono un‘orchesta e una corale composti principalmente da magistrati e avvocati .

Mi dicono che la tradizione dura da sedici anni e quest‘anno il programma prevede la Messa di gloria di Giacomo Puccini , una rarità giovaniile molto interessante .

Anche perché il grande maestro aveva poi recuperato in altre opere alcune arie e fa un certo effetto riconoscere nell‘Agnus Dei , molto ieratico , il coretto finto barocco del secondo atto della Manon , dove il misticismo si trasforma in qualcosa di molto diverso e assume un colore quasi erotico.

Orchestra e coro semi professionali, ma molto formalmente in frack , l‘orgoglioso magister dirige e divulga con grande passione.

Poi in chiusura la Banda dell‘Aeronutica entra trionfalmente : Nessun dorma suonato da ottimi fiati e per chiudere tutti in piedi a cantare a squarciagola l‘Inno di Mameli .

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In questa intensissima due giorni ho avuto anche la gioia di incontrare i miei due primi nipoti , loro per diverse ragioni a Milano ci vivono ed è stato bello comunque passare due ore   per la nonna orgogliosa.

 

Finale interessantissimo al Piccolo teatro Strehler . Ne avevo letto e mettendoci pazientemente in lista d‘attesa con la mia amica molto dinamica siamo entrate e abbiamo goduto di uno spettacolo di prosa molto raffinato .

Io alla prosa ci vado ormai molto di rado ma quando il livello è cosi professionalmente alto mi riconcilio con il nostro teatro , spesso avvilito a livelli di consumo televisivo.

Un grandissimo Fabizio Gifuni interpreta Sigmund Freud e il suo libro L‘interpretazione dei sogni diventa una straordinaria pièce teatrale scritta da Stefano Massini . Visivalmente preziosa la regia di Federico Tiezzi ed anche nelle scelte musicali riconosco raffinatezze come l‘accenno a Schoenberg e un canticchiato Lehermann dalla Winterreise .

Fa un certo effetto vedere un teatro pienissimo di un pubblico attento seguire partecipe questa sorta di manifesto della fine di un’era. Prezioso anche il dotto piccolo libro che accompagna lo spettacolo.

Per chi vive a Milano ci sono anche tutta una serie di film da andare a vedere che si richiamano al padre della psicoanalisi .

Per chi , come me ritorna nella provincia, resta gioia di avere trovato posto in un‘affollata domenica pomeriggio.

 

 

Diario milanese

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Una piccola parentesi lombarda, Tante suggestioni perché a Milano succedono tante cose e veramente non si ha il tempo di vedere tutto!

Pur snobbando le mostruose file per la grande mostra di Caravaggio ho visto due bellissime piccole mostre „ laterali“.. una sugli splendidi costumi degli spettacolari scaligeri e una curiosa raffinatissima mostra sugli arredi di tavola attraversi i secoli . Per ogni secolo un film , divertentissima.

Ma questo primo capitolo lo dedico ancora una volta a Casa Verdi e al mio incredibile novantasettenne cugino Angelo che li ci vive.

Intanto , ma era un caso , ci sono capitata il giorno anniversario della morte del Maestro con tutte le suggestioni in più che l‘evento comporta .

Poi accompagnata da una cugina per la quale le parentele si perdono nei meandri ( in realtà vicinissima a me perché evidentemente una certa aria di casa si trasmette nei geni ) ho vissuro le solite tre ore in compagnia di una persona

lucida e spiritosa che mi riporta ogni volta in quel suo mondo della lirica in cui Von Karajan accogliendolo la mattina , in Germania , gli dice : con lei Loforese non ho bisogno di provare!

Poi le sue perle di docente di canto : non devi entrare nel personaggio . E’ il personaggio che deve entrare in te , così riuscirai a vivere le emozioni e il canto sarà naturalmente tuo.

Poi mi racconta che cantando la Manon ( civettuolo dice che Corelli non l‘ha invece mai cantata) alla romanza „Pazzo son „ un suo cavallo di battaglia, ha fatto crollare il teatro più volte con la sarta in quinta che gli diceva singhiozzando : le mi farà morire!

Poi quando decise di cantare il Don Carlo …alla tedesca e mi sillaba sottovoce „ io vengo a domandar grazia alla mia regina…“ dividendo vistosamente le sillabe ( e mi ricorda qualcuno ).

Mi fermo qui , salvo il suo tenero saluto mentre mi stringe la mano : il tempo mio è breve“ , ma lo dice con gli occhi che brillano ironicamente . Tanto lui lo sa bene che il tempo è breve per tutti.

Lo chiamavano “Il tenore con la valigia “, i teatri lo chiamavano anche all‘ultimo momento , ridendo mi dice: li ho sostituiti tutti! .

Gli hanno anche dedicato un libro intitolato proprio così , purtroppo non riesco a trovarlo .

Mi riprometto mentalmente in futuro di registrare le sue incredibili memorie

L‘attesa

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Quella che ho vissuto è stata una settimana strana e ho molto riflettuto prima di condividere la mia esperienza sul blog, poi ha prevalso la convinzione che certi momenti della vita sono comunque importanti e servono comunque per ristabilire la giusta proporzione tra il senso del nostro essere e la prospettiva della nostra vita.

Ad una persona a me molto vicina stava per nascere la prima nipotina e i giorni canonici passavano in attesa vana.

Contemporaneamente ad una carissima amica stava morendo il vecchio padre e anche quei durissimi giorni di attesa passavano lentamente , senza speranza ma senza la fine ormai ineluttabile.

Io ho passato giorni vuoti , col telefono sempre in tasca aspettando che la vita e la morte avvenissero così naturalmente e così vicine a me, dal nulla alla vita , dalla vita al nulla.

Ho conosciuto tante volte la magia di una nascita e ho contato tante volte le ultime ore di persone a me vicine , ma mai avevo misurato in modo così perfettamente simmetrico la nostra fragile dimensione di passaggio in questo mondo.

La bambina è nata , il vecchio papà è volato via . Niente di più banale , però questi giorni passati nella lentezza e nel vuoto li ho contati e pesati in modo strano .

Di questo volevo parlare questa volta.

 

Tradizione o innovazione

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Nel continuo interessante dibattito che anima le pagine dei social che si interessano di lirica e alla valutazione degli allestimenti più o meno tradizionali mi permetto di aggiungere una notazione basata sulla recente visione sul canale Classica di un Lohengrin “ tradizionale” che ci arriva da Dresda sotto la bacchetta di Christian Thielemann.

Grande interprete di Elsa di Bramante la grandissima Anna Netrebko con Piotr Beczala nel ruolo del titolo.

Con tutta la dovuta buona volontà nel non farmi condizionare da diverse e molto amate messe in scena ho avuto la sensazione , dall’inizio alla fine di assistere ad una rappresentazione anni ottanta, magari viennese.

La più pura banalità nella ubicazione dei cori , sempre simmetrici , sempre mossi senza un motivo realistico , sempre lussuosamente abbigliati con pericolose carrellate sui volti ravvicinati che non esprimevano nulla.

Tragicamente fuori tempo la grande divina che si ostina a infilarsi sulla testa delle improbabili parrucche bionde e il cui phatos teatrale consiste in due o tre mosse che mi hanno ricordato la famosa frase riferita a John Wayne , il quale era in possesso di due espressioni : col cappello e senza cappello.

Il suo tedesco è fatto di vocalizzi , bellissimi e pieni , ma impossibile ricavarne una sola indicazione di testo.

Molto meglio Beczala , con ottima pronuncia e grandissima voce spiegata , il suo è un Lohengrin degno di tutto rispetto , purtroppo anche lui condizionato a fare “la bella statuina” con sicura diminuzione della drammaticità del personaggio .

Il suo In fernem Land ha due momenti di diversa resa : la sua “taube” non è così leggera come la si vorrebbe ,in compenso “ein Ricter ich” è perfetto e non aggirato con la vocale aperta , come succede anche ai grandi…..

Evelyn Herlitzius anche vestita da regina cattiva di Biancaneve funziona sempre al meglio e Tomas Konieczny manteniene la sua voce inconfondibile e tutto sommato poco gradevole qualsiasi ruolo canti.

Ma dove veramente ho avuto dei problemi a riconoscere la mia amatissima opera è stato nella direzione enfatica e , mi si perdoni , teutonica del direttore.

Pieno d’orchestra sempre , scansione dei tempi rigidissima tanto che alla fine per cercare di capire il perché di tanta diversità dal Lohengrin da me tanto amato sono andata a risentire l’edizione di Monaco del 2010 diretta da Kent Nagano e mi sono bastate le prime note per capire che il problema per me stava proprio nell’impostazione orchestrale.

Laddove tutto era sogno e fiaba diventava a Dresda l’opera amata da Hitler , tanto per fare una banale semplificazione.

Il problema quindi non sta nel modernizzare o attualizzare dell’opera , ma nel rendere moderna e coinvolgente la rappresentazione, nel senso dell’educazione all’ascolto di un pubblico oggi sicuramente diverso dal pubblico della metà del secolo scorso.

Ho voluto citare intenzionalmente una messa in scena che a suo tempo aveva avuto delle reazioni non tutte positive ,sarebbe stato più facile citare il bell’allestimento della Scala , poi ripreso da Parigi .

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In quel caso non c’era stata una provocazione così plateale , le direzioni rispettivamente di Baremboim e di Jordan erano ambedue nel filo di una interpretazione attuale e tradizionale insieme.

Per tornare davvero indietro sono dovuta tornare al Semperoper …..un teatro bellissimo anche se visto dal vivo solo tanto tempo fa.

 

 

 

 

 

 

Pubblicità

 

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Per uno strano motivo che non so spiegarmi certe volte mi appassiono anche della pubblicità perché sono convinta che oggi in alcuni casi il pubblicitario sia qualcosa che assomiglia al poeta .

infatti sono vari giorni che mi incanta una particolare pubblicità di cui non dirò il marchio ma che mi piace raccontare.

Lo spot comincia con un bambino che sogna di essere un pilota di formula Uno ,prosegue con immagini di bambini incantati che guardano splendide fuoriserie che si susseguono bellissime e prestigiose.

Poi lo stacco .

Non si può chiedere ad un bambino di sognare …”la macchina del popolo”, la voce fuori campo lo dice chiaramente .

Poi si vede un bambino sognante che attraversa la strada mentre la macchina ..banalmente utilitaria si ferma da sola grazie ai sensori di stop. La voce fuori campo dice : lasciateli sognare….l’avvenire reale è delle nuove macchine di serie .

 

Ecco , io penso che quel pubblicitario sia un genio e ogni volta che vedo quella pubblicità sia , con tutte le dovute differenze ,l’opera di un poeta del nostro tempo.

 

Poi potrei invece dire quanto mi irritano le pubblicità idiote e banali di tutti gli sciroppi per la tosse che invadono tutte le reti televisive in questo periodo e mi domando anche di quanti mai divani abbia bisogno la nostra società se ormai ne fanno talmente tanti che protremmo averne uno anche per il gatto di casa.

 

 

 

 

Kaufmann alias Turiddu e Canio

 

 

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Vado a teatro nella mia città : da qualche tempo abbiamo una nuova occasione di incontro : le opere in streaming e visto che qui di opere se ne fanno davvero due di numero all’anno sono contenta dell’iniziativa .

Questa volta si tratta di qualcosa di veramente importante anche se dire streaming è un falso : Cavalleria e Pagliacci è un evento di Salisburgo che risale alla Pasqua 2015, ma il pubblico poco edotto non se ne accorge o quasi.

Solo io , che quella sera di quasi tre anni fa ero al Festpielhaus ho uno strano senso di spaesamento.

Ho rivisto tante volte lo spettacolo e lo so veramente a memoria ,ma l’emozione di quella Siciliana di spalle che apre la Cavalleria come la spiego a questo pubblico ?

Come spiego la ripartizione in sei scene con i primi piani scoloriti come un film neorealista anni cinquanta , come spiego quella mamma anaffettiva che sconcerta le vecchie signore abituate a una mamma Lucia tutta scialli e tregenda?

Come spiego il gioco della due comparse per l’urlo finale : una dentro e una fuori la chiesa ?

Come spiego la meravigliosa performance di Jonas Kaufmann , ai vecchi melomani presenti manca l’urlo becero dei cantanti “ veristi” , poi dicono anche che l’audio è troppo alto , insomma nell’intervallo vedo faccie perlopiù stanche e deluse.

Va meglio con i Pagliacci , tanto colore e una sottile psicologa (!) si accorge che il vestito di Nedda ricorda quello di Lola ( sono due adultere , sentenzia).

La lunga sequenza del trucco di Canio , anche se Jonas non canta , è da brividi , ma qui piace e non piace , mi sento lontana mille miglia dal resto del pubblico.

Lo sanno che sono una fanatica , una che gira il mondo per seguire questo tenore e sono guardata quasi con sospetto.

Generazioni di melomani abituati al tenore al proscenio a gambe larghe , alle scenette folcloristiche di un’Italietta di maniera hanno lasciato un segno indelebile .

Esco pensando che ormai la mia strada si è allontanata per sempre da queste degne persone che non sanno quanto diversamente si può mettere in scena anche un classico verista come Cav&Pag , secondo la dizione americana.

Resta comunque il problema di fondo della riproduzione video , anche se la regia di Philp Stöltz è raffinata e la regia di Brian Large non è da meno.

La prossima occasione d’incontro sarà un Giulietta e Romeo di Gounod. Mi domandano perplessi : ma sarà in francese ?

Mi limito a rispondere che probabilmente sarà uno streaming vero , credo dalla Spagna.

Certo che il solco tra chi ha fatto un pò di strada nel gusto operistico e chi invece è rimasto ai modo antico di mettere in scena le opere lo si misura tutto nel gradimento che è stato dimostrato allo Chénier della Scala.

Forse in Italia si fanno cose molto più interessanti in provincia , senza arrivare alla cretinata fiorentina della Carmen che non commento neppure.

Il dibattito resta comunque aperto.

.

 

 

 

 

 

Italienisches Liederbuch

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Anche se manca ancora un po’ di tempo all’inizio dell’atteso ciclo di concerti Damrau –Kaufmann che , speriamo , si svolgeranno durante tutto il mese di febbraio e toccheranno molte città europee già si cominciano a leggere notizie circa il ciclo Italienisches liederbuck di Hugo Wolf e si cominciano ricerche su questo interessante e abbastasta sconosciuto ciclo di Lieder.

Penso sia utile aggiungere qualche informazione in più , visto che comincio a leggerne delle belle…

Per quanto riguarda l’ascolto la ricerca è facile : su YouTube c’è solo l’imbarazzo della scelta .

Credo comunque che l’accoppiata Fischer-Dieskau/ Christa Ludwig sia la più preziosa , l’ho ascoltata con attenzione , forse però non basta un ascolto anche attento per capirne il valore .

Leggo che nel programma già consultabile del concerto si registra un ordine diverso dei Lieder da quello cronologico che è reperibile , con traduzione italiana accanto , nel prezioso libro dei Lieder di Erik Battaglia.

Quello che però ancora non ho letto e che mi pare interessante mettere in rilievo è l’origine popolare di queste canzoni .

Sono i cosiddetti “stornelli a dispetto” o Rispetti (che diventanto dispetti ) cantati spesso in maniera estemporanea , a due voci alternate .

Si tratta di un’antica tradizione popolare , molto diffusa specialmente nelle zone dell’Italia centrale , principalmente in Toscana.

 

Non dobbiamo però cercare questa origine nella musica di Wolf , il suo mondo trasfigurato non ha niente a che vedere con qualcosa di folklorico.

 

Era bello , bello e maledetto Hugo Wolf ,nato in quella Kakania in cui entravano anche le provincie come la Slovenia , da cui il nostro musicista veniva , aveva addirittura una mamma italiana e un caro amico con cui condivideva a Vienna gli studi e la misera e che si chiamava Gustav Mahler.

In quel mondo viennese in cui si consumava la fine di tanta storia si intrecciavano i destini di famosi musicisti e poeti.

Scrisse più di trecento Lieder Wolf e quello che lui considerò il suo capolavoro fu proprio l’Italienisches Buch ultimato quando stava sprofondando nella follia dopo un tentativo di suicidio all’età di trentasei anni,per viverne ancora altri cinque in un manicomio a Vienna dove morì.

 

Il ciclo tradotto da Paul Heyse si è tenuto generalmente fedele ai canti originali e dall’antologia il maestro si è scelto quelli di più diretta espressione mirando al tempo stesso ad una notevole varietà di contenuti,

i quarantasei testi sempre incentrati sul tema dell’amore vanno dall’ambiguo al grottesco fino alle componenti amare della passione.

Ma tutto rimane come filtrato da un’anima nordica ben lontana dalle solarità raccontate dai due amanti.

Ho letto che più che a cantanti ci si debba affidare a cantanti-attori . Da questo punto di vista credo proprio che saremo in buone mani.

 

per la curiosità degli ascoltatori italiani riporto l’originale n.27

 

E m’ero spolto per andare a letto:

Bella. tu mi venisti in fantasia.

Presto mi rizzo, mi calzo e mi vesto;

piglio il mio ribechino e vado via.

E per tutto la via canto e suono.

Fo innamorar le città e le abbandono.

E per tutta la via suono e canto:

fo innamorar le città e poi le lasso.

 

al quale in chiusa rimando il n.46

 

Ce l’ho un amante alla città di Penna,

E l’altro l’ho al bel porto di Ancona;

N’ho uno sul gran pian della Maremma,

l’altro a Viterbo , ch’è terra di Roma;

Ne ho uno giù pel pian del Casentino,

quello del mio paese è più vicino;

Ne ho uno verso il pian della Magione,

quattro alla Fratta e dieci a Castiglione.

 

 

 

 

 

l’anima delle cose

 

 

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Mi è capitata è una di quelle storielle che fanno pensare che anche le cose abbiano un qualche imput misterioso al loro interno.

Avevo un vecchio televisore in studio al pianterreno , una stanza molto vissuta quando eravamo in tanti e comunque il luogo della tv anche quando eravamo rimasti una vecchia coppia.

Poi la vita cancella tante cose e quel televisore brutto e grigio con tanto di enorme tubo catodico, grossa cornice e pochi pollici era rimasto lì , mai usato ,tanto che non mi ricordavo neanche tanto bene come fare per accenderlo.

Qualche giorno fa ho deciso di disfarmene chiamando il servizio raccolta rifiuti e buttare via nel contempo anche una lucidatrice rotta da tanto tempo anche se il sullodato apparecchio era in teoria ancora funzionante.

La raccolta sarebbe avvenuta il lunedì ma già da sabato l’antico reperto e la vecchia lucidatrice erano ben visibili in strada vicino al garage .

Tanto , ho pensato , che se qualcuno se lo porta via non succede niente di grave.

In realtà l’obsoleto apparecchio è stato tranquillamente snobbato , non l’ha rubato nessuno e così il lunedì il servizio raccolta se lo è portato via .

 

Ma la storia non finisce qui , sarebbe troppo banale! Due giorni dopo la sera chiudo il mio nuovo 42 pollici ( per la cronaca avevo rivisto l’Otello con la chiavetta USB ) poi per chiudere la serata un Tg e buonanotte.

Ieri , nel primo pomeriggio , momemto di relax pomeridiano , vado ad accendere il mio relativamente nuovo ultrapiatto beneamato elettrodomestico il quale non si accende proprio .

Chiamo il fido amico elettricista il quale mi promette di passare a vedere quale pasticcio possa avere combinato con il telecomando e quando arriva è convinto di metterci due minuti per ripristinare il tutto .

Poi con voce grave e solenne mi comunica che invece il guaio è grosso, sono saltati i led e bisogna portare via il malato grave, tanto aggiunge , lei ha quello vecchio di sotto!

A questo punto devo confessare che il vecchio l’ho buttato via proprio da due giorni…mi guarda incredulo e poi comunque rimediamo con una sostituzione per il tempo che ci vorrà a curare ( aggiunge “speriamo”) i’infartato di lusso.

 

A me è venuto il dubbio che una sottile vibrazione animi le cose e che il vecchio tv nell’andarsene sbattuto fuori malamente abbia lanciato un anatema raccolto dal suo più giovane collega :

mi vendica …mi vendica! ….tipo vecchia strega del Trovatore .

Amo troppo il melodramma per non pensare che sia andata proprio così.

 

 

La signora Ilse

 

 

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Una cara amica che vive a Berlino ha messo un’immagine su Facebook:

è un quadro che ritrae una piccola scena intima , non conosco l’autore e non sono sicura che sia un capolavoro ma mi ha detto tante cose , molte di più di quelle che normalmente provo davanti a un dipinto.

La vecchia signora in pantofole sta smontando il suo albero di Natale.

Lo fa con raccoglimento , guardando i suoi arredi uno a uno prima di riporli nella classica scatola , probabilmente il riuso di una vecchia confezione di biscotti.

Un’ultima palla blu è rimasta solitaria ancora sull’albero , si sente il silenzio di questa signora che pensa ai suoi ricordi , di sicuro il suo pensiero più intimo va anche al prossimo anno .

Ci sarà ancora a ripetere la cerimonia dell’allestimento?

Il tappeto sul divano, vecchio come lei, le pantofole e la veste dimessa rivelano comunque una vita dignitosa , sicuramente volta al passato.

Dietro la vecchia signora bene in vista  appese sul muro in schiera ordinata stanno tutte le vecchie foto delle sue memorie di famiglia.

Lei volge le spalle a tutte quelle immagini che però sono lì, quasi altrettanto presenti come i suoi ricordi .

Mi sembra di sentire i suoi pensieri , non è triste . Nella casa calda di ricordi i suoi gesti calmi e silenziosi mi ispirano la dolce malinconia di chi ha tanto vissuto e nella ritualità dei gesti antichi ripete i segni consueti come il ribadire di una fede lontana , magari consumata dall’abitudine ma non per questo spenta.

 

Lontana geograficamente , lontana nei gesti , lontana dalle diverse memorie mi sento un po’ sorella di quella signora solitaria ,sarà che anche io nel riporre tutte le scatole degli arredi ho comunque provato lo stesso senso del tempo che corre , lo stesso pensiero ricacciato indietro sul probabile futuro della cerimonia ?

Mi piacerebbe darle un nome , chissà se l’autore del quadro lo ha scritto da qualche parte , io ho deciso di chiamarla “ la signora Ilse”.

 

Aiuto , mi scompaiono le cose!

 

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Senza che noi ce ne accorgiamo scompaiono cose fino a ieri comunissime.

Comincio dalla prima . la più banale : non si trovano più i calendari , quelli classici che si appendevano in cucina , con le domeniche e le feste comandate evidenziate bene in rosso : te lo davano al supermercato , in farmacia , te lo regalava la banca che ti sommergeva anche di agendine .

Il classico calendario non c’è più , non lo regala più nessuno e ho finito per andarmelo a comprare dal tabaccaio perché mi faceva brutto quel chiodo solitario vicino al frigorifero .

 

Seconda scomparsa :vado dal solito tabaccaio e chiedo un francobollo . Mi guarda storto e mi dice : non li teniamo più , vada alla Posta .

Ma io ho ancora una vecchia amica che puntuale come una cambiale mi manda ogni anno da una sperduta isola tra l’Inghilterra e l’Irlanda il suo allegro cartoncino e ogni anno devo girare parecchi tabaccai prima di trovarne ancora uno caritatevole e gentile che non mi spedisca con fare sgarbato alla posta…

 

Poi avviene che chiuda l’ultima cartoleria ben fornita dalla quale compravo una strana cosa obsoleta : il reffil di ricambio per la mia preziosa biro griffata.

Non esiste più l’ipotesi di trovare reffil di ricambio , ovviamente le biro si buttano quando finisce l’inchiostro , non c’è storia .

 

Mi sembra di vivere in una vecchia striscia del Corriere dei Piccoli nella quale si raccontava dell’Arcivernice che faceva scomparire le cose ….ma forse ricordo male perché forse in quel caso le cose finte diventavano vere.

 

Ho letto da qualche parte quante cose non servono più perché tutte sostituite da un banalissimo smartphone . Le elenco con tenerezza :

l’orologio , la sveglia , la calcolatrice, ia macchina fotografica , il barometro , il termometro , il notes per gli appunto , la radio , il registratore , il regolo , il giradischi , la cinepresa , la pila e sono sicura che l’elenco è sicuramente molto più lungo .

 

Tutto questo nuovo modo di considerare le cose però ha in sé un pericoloso nemico . Se una volta si diceva : quello che conta è la salute adesso bisogna aggiungere “le password” e i PIN.

Perché senza i tuoi identificativi sei fregato , non sei più nessuno.

Per prudenza io ho da qualche parte una vecchia rubrica ingiallita con i numeri telefonici, non si sa mai , anche se per la verità più della metà di quei numeri proprio non servono più , sono spariti insieme ai loro proprietari.

 

 

di Capodanni e di Concerti

 

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Per me tutto è cominciato la sera del 31 : concerto di Capodanno da Dresda , nello stupendo Semperoper , tuttii i sassoni in gran tiro : pacchianissime luci e un programma perlomeno originale , anche se un po’ inquietante .

Thielemann ha pensato bene di riesumare le canzoni della casa cinematografica UFA , quella che confezionava i fantastici film di propaganda hitleriana.

Al direttore dal gesto più inelegante che conosca gli deve essere sembrata una idea bellissima , in fondo a lui manca solo la divisa da SS per sembrare un personaggio uscito da quei film a lui evidentemente così cari!

Ma gli sono sfuggiti due momenti bellissimi perché quando si ha a disposizione una cantante della classe di Angela Denoke (meravigliosamente vestita) e una canzone come Das Lied ist aus scatta una meravigliosa atmosfera letteraria anni trenta e si entra in un tempo magico senza storia .

i versi “ frag nicht warum ich gehe” ritornano alla memoria cantati dal solito Kaufmann ( che ciò che tocca oro diventa) e anche al per me illustre ignoto tenore è toccato un momento bellissimo :le trionfalistiche note di Ein Lied geht um die welt , sempre passate attraverso il solito filtro kaufmaniano mi hanno ricordato quel piccolo tenore ebreo Joseph Schmidt che l’aveva portata al successo e che poi era morto malato e abbandonato nel finale apocalittico della grande tragedia nazista.

 

Passo poi al concerto di Capodanno autarchico della Fenice di Venezia , sempre un po’ figlio di un dio minore , ma quest’anno aveva due perle a suo vantaggio : la elegantissima direzione del maestro Chung e la deliziosa , anche se un po’ malaticcia ,Maria Agresta in raffinate vesti( specie la rossa ) che con il suo stile raffinato e semplice ha reso con eleganza le solite arie banali da repertorio d’occasione.

 

E finisco col Concertone dei concertoni . quello viennese. Al grande Maeshtro in pesante doppiopetto con pesante partitura davanti proprio non devono piacere i walzer degli Strauss, gli dà giù con un pedale di troppo , i Wiener lo ignorano elegantemente , se ne vanno tranquillamente per i fatti loro.

Sottilmente cattivo Enrico Stinchelli ci ha riproposto ( San YouTube ) l’edizione di Kleiber del ’92…Sorridevano anche gli strumenti nella magica sala dorata del Musikverein.

Capisco comunque che questi eventi , tutti legati dal filo rosso del kitch più scontato,abbiano un loro perché tanto è vero che tutti poi finiamo per guardarli e per commentarli pure.

L’anno prossimo Thielemann emigra a Vienna , ne sarà contento il neo cancelliere austriaco con la faccia angelica di bambino cattivo, la destra pericolosamente si riaffaccia in questa nostra vecchia stralunata Europa.