La divulgazione dell’opera lirica

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Ho aspettato con molta curiosità la rubrica di divulgazione che Francesco Micheli ha inaugurato la settimana scorsa su RAI uno in un programma pomeridiano che si chiama Sabato In . Premesso che non guardo mai certi programmi per mia innata snobberia e che della Rai ( pagando rigorosamente il canone ) vedo solo alcune cose su Raitre  attraverso la piattaforma Sky anche perchè abito in una zona dove il segnale digitale si riceve a fasi alterne  ,ero comunque molto curiosa di vedere come poteva un grande affabulatore spiegare la lirica il sabato pomerigggio sulla Tv generalista. Ebbene , a parte che Francesco lì dentro è proprio sprecato , la mia delusione è stata totale. Non si può affrontare la Tosca raccontando il plot narrativo senza entrare minimamente nella storIa. La Storia con l’A maiuscola degli eventi di quel 14 giugno 1800 , giorno della battaglia di Marengo e senza spiegare  magari molto semplicemente  cosa ha rappresentato Puccini nel melodramma. Le facce distratte e distaccate inquadrate tra il pubblico del salottino buono per tutte le stagioni mi facevano tristezza .

Ho molto riflettuto prima di accingermi a fare questa valutazione che comunque non vuole essere una critica…a chi ci prova.

ROMA 18 SETTEMBRE 2015 FOTO AI CONDUTTORI DI  "SABATO IN"IN ONDA  DA SABATO 17 OTTOBRE  ALLE ORE 15 45 SU RAIUNO NELLA FOTO FRANCESCO MICHELI

ROMA 18 SETTEMBRE 2015 FOTO AI CONDUTTORI DI “SABATO IN”IN ONDA DA SABATO 17 OTTOBRE ALLE ORE 15 45 SU RAIUNO
NELLA FOTO FRANCESCO MICHELI

Ricordo anni fa un programma di Baricco che si chiamava L’amore è un dardo col facile gioco di parole sulla romanza del Conte di Luna nel Trovatore . Era un programma di nicchia , a tarda serata , niente a che vedere col tentativo Micheli ma aveva il raro pregio di esser abbastanza esaustivo sugli argomenti trattati e anche molto divertente . La strada della divulgazione della lirica oggi tra le giovani generazioni è decisamente in salita : un mio nipote che quando sale in macchina sente sempre qualcosa cantato da Jonas Kaufmann mi ha domandato : ma questo non riesce a cantare “normale”? Neanche l’ascolto delle Operette lo ha convinto , il cantare normale per lui è quel miagolio pop di cui sono piene le sue suonerie. Eppure una strada ci deve essere perché una volta in cui  sono andata in un circolo giovanile a parlare proprio della Tosca portandomi dietro un bel DVD ho visto le facce interessate , la vicenda li aveva presi e anzi mi hanno invitata a tornare con un’altra…storia. Credo che decontestualizzare le arie celebri non sia di aiuto , sono le “storie “ che interessano e del resto le fiction seriali di cui è piena la nostra Tv e non solo la nostra non sono altro che storie melodrammatiche di amore , morte e tradimenti : i temi forti di tutto il melodramma dell’Ottocento . Chissà perché sennò tante nonne si sono chiamate Leonora , Aida , Amalia … La strada banale è quella sì di raccontare la storia , Francesco aggiusta il tiro , io mi fido di te , fai che il tuo spazio diventi più riservato , più alto sennò come diceva Pazzaglia in Quelli della notte : è il livello che è basso!

Comunque devo giustamente aspettare le prossime puntate , intanto mi potresti dire : a discorre non è fadiga , come diceva il saggio Barigello genius loci della cultura popolare anconetana.

Il Falstaff alle Muse

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Se c’è un posto nell’iperspazio dove i geni si incontrano qualche tempo fa William Shakespeare e Giuseppe Verdi si sono scambiati un cinque dopo avere visto il Falstaff del festival di Ravenna che ci viene riproposto in questi giorni ad Ancona. Una delizia , musicalmente e registicamente mantenendo , raro caso , anche quel clima scespiriano delle Allegre comari di Windsor salvo virare con una intelligente e semplice trovata nel terzo atto verso quel plumbeo messaggio verdiano : va , vecchio John va per la tua via … non a caso le ultime parole di Verdi.

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Il Falstaff imbacuccato che canta una sorta di monologo davanti al monumento che le Roncole hanno dedicato a Verdi mentre nella retroproiezione emerge la casa natale del compositore è un tocco di regia che Cristina Mazzavillani Muti regala come valore aggiunto. Durante la conferenza stampa di presentazione la signora Muti ci ha raccontato di venire da una famiglia di burattinai e questo ritmo da commedia dell’arte si percepisce nell’allestimento. Allegria , coralità nonché una notevole qualità vocale nell’omogeneità della qualità delle voci . Vorrei citarli tutti cominciando dal giovane direttore Nicola Paszkowski che ha tenuto con intelligenza il suono permettendo a tutti i cantanti di emergere nei rispettivi ruoli.

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Dei due baritoni che si sono alternati nel ruolo del titolo Kiril Manolov e Sergio Vitale , ovviamente  uno con maggiore esperienza dell’altro , si sente  comunque bene la ricerca del ruolo. A Eleonora Buratto ho dedicato già un pezzo a parte , perfetta., come perfette la deliziosa Nannetta di Damiana Mizzi .la cui lunga nota su bocca baciata sembra veramente uno strumento musicale , l’umorismo stepitoso della  mrs Quickly di Isabel De Paoli e la professionalità della  Meg di Anna Malavasi. Nel reparto maschile bravissimo il Ford di Federico Longhi che ha saputo trasfondere tutta la tragicità nella sua grande aria è sogno...o realtà e bravissimo il giovanissimo Fenton di Giovanni Sebastiano Sala . Pistola e Bardolfo , rispettivamente Graziano Dellavalle e Matteo Falcier perfetti  e anche il dott Cajus di Giorgio Trucco  cui spetta anche il difficile compito di aprire l’opera.

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Figuranti della scuola di Cristina Mazzavillani Muti , si vede quanto lavoro e quanto amore mette in questa donna nella cura e nelle ricerca nei suoi laboratori con i giovani che lei dirige. Insomma uno spettacolo riuscito , un regalo ultimo alla nostra striminzita stagione .

Peccato che il pubblico di Ancona , disabituato dalla regola della stagione invernale inoltrata non sia corso in massa a sentire questo capolavoro verdiano. Personalmente me lo sono goduto tre volte , cioè tutte quelle che ho potuto vederlo. Falstaff non è un’opera difficile , difficile far capire che non esistono solo le grandi opere classiche del cartellone , ci si arricchisce di più quando si allargano gli orizzonti!

 

Un incontro con Eleonora Buratto

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Stasera ho incontrato Alice Ford , ma in realtà avevo già incontrato Adina alla Malpensa e in tempi  lontani , forse distratta da un Bacco leopardato, non avevo riconosciuto il volto bellissimo di Eleonora Buratto nelle vesti della ninfa  Echo nel Bacco ed Arianna a Salisburgo.

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Questa deliziosa donna mantovana , disarmante nella sua semplicità tra un paio di mesi esordirà al Met , poi a Chicago sarà Norina nel Don Pasquale col maestro Muti. In camerino mi racconta la sua carriera , dagli inizi quando quindicenne cantava il pop , poi il conservatorio , la scuola di Pavarotti e poi via via in un crescendo di teatri . Grata e riconoscente al maestro Muti e anche alla vulcanica Cristina Muti Mazzavillani  è venuta su cominciando con il ruolo di Susanna dei Due Figaro di Mercadante durante il Festival di Pentecoste a Salisburgo , ma lo racconta con doverosa semplicità e gratitudine queste sue tappe di una carriera importante  ancora in parte  da costruire  a partire dal quel suo inizio nel 2009. Un soprano lirico pieno  , nell’immediato futuro un concerto ad Amsterdam , tra qualche mese l’aspetta al San Carlo Micaela nella Carmen e poi finalmente , mi dice sorridendo , sarò Mimì. Mi racconta quando all’ultimo momento quest’estate  il 4 di luglio fu di nuovo Adina con Pavol Breslik a Zurigo , ha già calcato le scene del Colon di Buenos Aires, del Teatro Real di Madrid . Insomma non le manca niente per essere una diva e invece racconta grata di quando fu spinta dal maestro Muti a cantare nel Simon Boccanegra . Ammette di avere studiato un anno intero per arrivarci  preparata , evidentemente lo studio  poi le era riuscito bene. Una voce limpida e forte , una morbida figura femminile , un volto bellissimo e malizioso . Mi spiega quanto sia stato diverso cantare con le telecamere a distanza ravvicinata per quel divertente Elisir scaligero, ma tutto sommato alle fine di essersela cavata bene. Dal 2011, 12 ottobre , quando cantò nell’ultimo concerto che Riccardo Muti dedicò a Pavarotti ad oggi l’elenco delle sue presenze nei teatri del mondo è già fitta di ruoli e di date.

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Eleonora Buratto , sono contenta di averle rubato mezz’ora in camerino mentre si preparava ad andare in scena al teatro delle Muse di Ancona nel suo bellissimo abito rosso di Alice Ford . Appartiene a quella generazione di giovani cantanti italiani che ho incominciato ad incontrare e che in questo Falstaff eccezionale si amalgamano tutti in un insieme veramente perfetto. Tornerò ancora a divertirmi domenica alla replica e poi parlerò più diffusamente di questo Falstaff perché quest’allestimento felice del Festival di Ravenna , portato meritoriamente qui ad Ancona , merita molto di più di due righe .

Del sublime e di frivolezze

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Non è la prima volta che mi capita : già la scorsa estate ero stata ad ascoltare un concerto di musica da camera nella  Alte Pinacoteke di Monaco e il valore aggiunto di sentire musica mentre stavo guardando intorno a me dei capolavori del Rinascimento italiano mi aveva fatto godere di più sia la musica che la visione delle tele. Lo stesso momento di incanto l’ho provato sabato scorso nella chiesa di San Francesco alle scale ad Ancona per un concerto d’organo avendo per sfondo la bellissima Assunta del Lotto. Ne avevo anche scritto a caldo un piccolo pensiero sul social e visto il grandissimo numero di gradimenti penso sia giusto ritornarci sopra per riflettere ed analizzare perché il meccanismo del bello che si aggiunge al bello porta l’animo umano veramente in uno stato di grazia . E’ come se la somma dei due sensi : l’udito e la vista riuscissero  ad  interagire portando  la mente ad un più  alto livello di percezione. Non si riflette mai abbastanza quanto siamo fatti non solo di carne , la nostra componetene spirituale , nascosta dietro tante sovrastrutture quotidiane riprende il sopravvento solo semplicemente se ci mettiamo a ad ascoltare guardando una tela sublime.

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Pensiero estremamente più frivolo: guardo su 2ZF la cerimonia di premiazione degli Echo Klassic e mi diverto a vedere come la moda attuale si scatena nell’interpretazione di quello che una volta era un abito maschile rigorosamente d’ordinanza che permetteva pochissime variazioni : lo smoking detto anche tuxedo . Variazioni registrate , tra le più divertenti : smoking classico portato con maglietta nera a V tipo canotta , giacca regolamentare con pantaloni di pelle ( va molto ), giacca normale , non da sera con pantaloni smoking e camicia fuori tipo gita fuori porta , doppi o tripli revers con effetto prestigiatore in scena , ma il top lo raggiunge uno che non nomino che ce lo ha sì firmato , ma fatto col tessuto delle tende di velluto della nonna . Al confronto del quale tutte le varianti in velluto di altri elegantoni fanno la figura del banale impiegatizio . Salvo il clamoroso velluto portato col pantalone di cuoio che comunque comincia ad essere un must.

Le povere donne avevano tutte dei normali vestiti da sera, il mondo sta decisamente cambiando.

Pensieri dopo il silenzio

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Una settimana di silenzio . Ogni tanto non fa male fermarsi . Pioggia , autunno che mostra tutta la sua tristezza , la natura che ci ricorda anche se con ritardo che esiste il ciclo naturale. La folle caldissima estate ci mostra quanto sia pericoloso il surriscaldamento globale : frane , alluvioni , smottamenti e morte. Ascolto una meteorologa spiegare che si tratta di flash-flood , letteralmente diluvio lampo . Mi piace di più soprattutto in confronto all’abusato termine giornalistico bomba d’acqua. E poi mi ricorda una piccola opera di Strawinsky  The flood che ho sentita negli anni felici delle Muse. Fu allora che imparai che si dice flad e non flud come sembrerebbe dalle due oo,. Food come blood . Una delle cose che mi rende ancora giovane dentro è la gioia di imparare .

Gira e rigira finisco sempre per parlare di musica e per non essere monotona allora faccio una piccola digressione politica . Mi arriva un lunghissimo documento da parte del mio partito . Leggo con stupore che si tratta di 40 pagine , incuriosita comincio la lettura . A parte l’evidente ” taglia e incolla” è il solito libro dei sogni  di pretta matrice comunista nella lungaggine appena rinfrescato con tante parole inglesi che fanno tanto moderno. Parole che peraltro potrebbero essere tranquillamente sostituite da analoghi significati in italiano : ma found raising fa molto più figo che dire reperimento dei fondi. Fu così che scorri scorri , l’ho letto online , sono finalmente arrivata alla voce cultura : pagina 38 o 39 non mi voglio stancare a ricercarla …. E’ la solita stora del pastore : i giovani , le donne , la cultura . Sono quaranta anni che leggo simili documenti , ormai ci sorrido sopra , non mi arrabbio più.

Quando riuscirò a vedere un documento , non importa di quale partito che metta la cultura al primo posto?
Per quanto ottimista per natura , disperatamente e ostinatamente ancorata al valore del partecipare alla politica penso che un documento simile , forse , anzi spero che lo leggeranno i miei nipoti.

La boheme alle Muse

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In una regione ,le Marche , dove nacquero tanti geni della musica esiste una provincia musicalmente più povera delle più blasonate Pesaro e Macerata. Qui la punta di diamante è rappresentata da Jesi città che dette i natali a Giovanbattista Pergolesi e che ha un piccolo eccellente teatro di tradizione. Ancona in cotanto contesto è la città più povera di tradizioni anche  se ha il teatro più grande e più moderno della regione. Già . Il più moderno , perché rinato da troppo poco tempo ed il pubblico non ha più la tradizione necessaria per sostenere concretamente una attività del melodramma come giustamente le assegnerebbe il suo ruolo di capoluogo di regione. Fu così che tra errori , gestione difficile e varie beghe che poco hanno a che vedere con la cultura  addirittura per un anno si è praticamente saltata la già piccola stagione lirica.

Si riapre di nuovo adesso , nel mese di ottobre , fra la fine di Macerata e l’inizio della stagione jesina con un progetto dal pomposo titolo Albe e tramonti . In realtà le opere  Bohème e Falstaff avevano ben poco per essere cucite insieme , ma i soldi sono pochissimi , le risorse sono quelle tradizionali del territorio : Amici della musica , Amici della lirica , con la collaborazione di tutte le realtà cittadine culturali in qualche modo collegate. Ne è venuto fuori un cartellone che a leggerlo bene sa di pane fatto in casa , con tutto il profumo che può avere una pietanza così povera.

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Ma in cotanta miseria…e senza la patrizia prole (nel caso leggi la mancanza di sponsor) succede che la Bohème fatta con tanti pochi soldi da sembrare un’impresa impossibile sia uno spettacolo più che degno , godibile e di buon gusto. Un impianto scenico estremamente ridotto . La soffitta del primo e terzo atto un praticabile a metà scena basta e avanza per rendere la povertà dello spazio , il caffè Momus realizzato con un bancone da bar , tavolini e sedie e sfruttando l’idea zeffirelliana dei due livelli  riesce a creare quel senso di folla necessario . Quanto alla barriera d’Enfer non c’è bisogno della neve : alberi spogli e fumo nebbioso , due bidoni ed è fatta . Come si vede siamo quasi alla Inszenierung di stampo germanico. Complimenti alla regia di Nicola Berloffa che ha trovato la congiunzione tra le scene in modo intelligente quasi  in maniera cinematografica tra i primo e il secondo quadro e fra il terzo e li quarto col cambio di scena a vista legando molto semplicemente la vicenda breve che dalla vigilia di Natale alla stagion dei fiori racconta l’immortale storia d’amore dei giovani bohèmien.

Tutti giovani i cantanti , tutti comunque professionisti già collaudati tra cui spicca la Mimi di Grazia Doronzio , ma farei torto agli altri se non li citassi tutti . Preferisco pubblicare la locandina . Nel pomeriggio accendendo la tv su Classica c’era la Bohème di zeffirelliana memoria , ho spento perché la sera mi volevo godere la mia modesta Bohème di Ancona , senz’altro più rispondente allo spirito dei tempi.

Lo strano caso dell’omaggiato che diventa omaggiatore

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Strano caso quello del superdivo Jonas che riceve tanti enormi mazzi di fiori , patetici pacchettini , singole rose romantiche alla fine dei concerti che tutte le sue ammiratrici corrono velocemente  a fotografare per eternare gli attimi fuggenti. Poi arriva la data del compleanno delle medesime e allora  cosa avviene? Si inondano le suddette di auguri…da parte di Jonas ! Vale a dire che le foto di lui che veniva omaggiato diventano le cartoline d’auguri praticamente riciclate per fare gli auguri alle fans. E’ un vero uso perverso dell’immagine , mi domando quale sia la logica dell’abitudine  di fare gli auguri con le foto di JK con i fiori in mano. Fiori dati dalle fans che tornano perversamente alle stesse , quasi cartoline precotte di auguri tra persone che magari neanche si conoscono personalmente.

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Il povero tenore non lo sa , ma quanti baci lui riesce a mandare , quanti mazzi di fiori offre senza saperlo…Personalmente lo trovo un piccolo gioco ingenuo  e certamente lui proprio non lo sa e non si rende conto  quanto suo malgrado fa contente tante signore e signorine che lo amano. Personalmente non ho mai ricevuto nessuno di questi omaggi..riciclato e non ci tengo ad averne , amiche di Facebook siete avvisate ! E non mi mandate tazzine con lui sul fondo , bottiglie di vino con lui sull’etichetta  , cornicette fiorate e immagini del caminetto col caro Jonas che sorride dalle vostre case , il mio gusto italiano si ribella . Mandatemi le sue arie , quelle sì , anche quelle più antiche e ormai cimeli su Youtube. Anzi se qualcuno ce l’ha mandatemi il suo Fidelio di Monaco che mi era tanto piacuto e ormai è stato inghiottito dalla memoria del Tubo. Questo blog di oggi è una specie di messaggio nella bottiglia , nessuno si senta personalmente offeso da quello che scrivo,, in questo caso vale il detto “de gustibus non est disputandum”.

Dedicato a un ragazzo siciliano

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Potrei cominciare oggi dicendo come nelle fiabe  “c’era una volta” . C’era una volta e c’è stato per pochissimo tempo un teatro lirico rinato dalle ceneri dopo sessanta anni di vuoto . Il teatro delle Muse di Ancona fu parzialmete danneggiato  durante un bombardamento nel 1943. Un buco nel soffitto. ci entrarono i piccioni , la pioggia infradiciò i palchi e poi quando arrivarono i soldati marocchini usarono anche i velluti per farsi i turbanti ( ma questa forse è una leggenda metropolitana). Poi ci pensò l’uomo , o meglio la politica a lasciarlo marcire per decenni con progetti vari che diventavano sempre più costosi oltre che sbagliati. Poi quasi a furor di popolo alla fine degli anni novanta le cose cambiarono e infine come nelle novelle nell’ottobre del 2002 finalmente le Muse riaprirono le porte alla musica . Il teatro moderno non piacque a tutti , aveva ed ha vistosi problemi di acustica , gli spazi non ben distribuiti , ma c’era di nuovo il teatro nella città e per un decennio abbiamo avuto delle vere stagioni liriche , piccole magari , ma molto qualificate . Soprattutto grazie ad un direttore artistico , grande scopritore di talenti , sono passati di qui tantissimi giovani ed oggi è di uno di quellli che voglio parlare.

Il Teatro delle Muse

Il Teatro delle Muse

NEL 2011 fu messa in scena il Così fan tutte con due giovani Ferrando e  Guglielmo. Li incontrai a cena dopo lo spettacolo , giovanissimi e molto bravi il baritono Markus Werba lo riconobbi due anni dopo a Salisburgo quale fantastico Beckmesser nei Maestri cantori .

Invece il tenore Paolo Fanale lo avevo un po’ più perso di vista,poi lo ritrovai  marinaio a Milano nei  Troyens di Berlioz alla Scala , messaggero a Roma nell’Aida di Pappano ( ora anche nel disco ) e pochi giorni fa su FB in un frammento di prova delllo Stabat Mater  di Rossini da Parigi . Una voce piena , squillante ; bravissimo . Fra qualche settimana i due bravissimi cantanti saranno insieme ancora una volta con Mozart nel Flauto magico a Palermo. Se l’Italia non fosse così lunga mi piacerebbe andarli a sentire perché quando le giovani voci si fanno strada mi fa molto piacere e mi sento leggermente orgogliosa di averli sentiti ( e averne capito le potenzialità ) quando ancora i loro nomi non riempivano i teatri .

Non sono i soli nuovi nomi passati dal nostro teatro , diciamo così , nel decennio felice . Adesso in attesa che le cose cambino , perché c’è sempre la speranza che qualcuno che oggi conta possa ravvedersi oppure andare magari per premio a fare danni da qualche altra parte, il nostro teatro diciamo così eufemisticamente è in fase liricamente calante. Ecco perché ho voluto dedicare il mio blog a Paolo Fanale , un giovane tenore italiano che presto volerà , letteralmente , verso i prestigiosi lidi che merita. Magari in altra occasione parlerò anche di altri nomi affermati che sono passati  in questa piccola città . Il pezzo di oggi lo dedico a questo ragazzo siciliano , un Tamino notevole…e me lo ero perso , anche a Bologna la passata stagione.

Aida da centellinare

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Una giornata particolare : ieri ho presentato  per la prima volta il mio terzo libro ad Ancona .  Un piccolo locale in una piazza antica e bellissima : d’estate si fanno molti  eventi culturali all’aperto nello spazio sotto la chiesa di San Francesco. Ieri  ovviamente pioveva e non mi aspettavo molta gente , anzi lo speravo  perché all’interno lo spazio è veramente piccolo. Quando stavo  per uscire di casa mi è suonato  il campanello : è arrivato il Cd dell’Aida ! Se di segni qualche volta si può parlare questo per me è stato  davvero un segno : la presentazione andrà bene  con la benedizione di Pappano e del grande Giuseppe Verdi (senza parlare di chi nel cast è una specie di mio compagno musicale). Il gruppo di amici che è venuto alla presentazione era quello che desideravo di più , la metà  il  libro lo avevano già letto , la conversazione piacevole , l’aria affettuosa nei miei confronti.

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© Warner Classics

A casa mi aspettava il nero-dorato gioiello , raffinatissimo anche nella veste grafica. Si , l’Aida è questa : magia di suoni , i colori orchestrali incantevoli , il racconto drammatico si snoda con precisione quasi visiva. Un vero Cd da collezione. Mi limito all’ascolto del primo atto , voglio centellinarmelo perbene . Mi sembra di essere un goloso che mangia piano per gustare ogni minimo sapore . In realtà venendo dalla brutta Aida di Monaco avevo proprio bisogno di recuperare la magia che avevo vissuto a Roma , ma l’ascolto solitario ( non distratto dalla visione ravvicinata di quel Radames bellissimo nel suo frack ) mi consente anche di godere di più della musica.

Atto primo . mi domando come Pappano riesca a farmi sentire ogni vibrazione dell’anima , il grande Verdi della piena maturità che racconta la vita viene esaltato da una direzione insieme passionale e ineccepibile . Vado verso la prima grande aria di Radames . Dicono i detrattori che le edizioni discografiche non consentono davvero di valutare  la eccezionalità dell’esecuzione perché il suono si può selezionare e correggere : ma cosa si può correggere dall’aria cantata da Kaufmann? Siamo  veramente nell’eccellenza col diminuendo famoso recuperato alla scrittura originale. Orchestra e coro di Santa Cecilia , una compagine sinfonica che eccelle anche nella lettura di un’opera lirica. Stamani appena sveglia riprendo l’ascolto e cominciano le arie “difficili “ da mettere in scena : il coro e la danza delle sacerdotesse  , poi il secondo atto con la famigerata marcia trionfale . Pappano riesce a farci sentire le preziosità di una partitura niente affatto semplice , le grandi scene e i duetti si stagliano preziosi . Dal terzo atto fino alla fine persino nell’edizione di Monaco le voci hanno il sopravvento e l’ascolto è impreziosito dal cast internazionale.

Harteros , Kaufmann , Semenchuk , Schrott , voci preziose a livello mondiale sono stati radunati per questo progetto ambizioso e abbastanza inusuale ai giorni nostri nei quali prevale la supremazia dell’immagine. Se dovessi fare dei confronti direi che solo Tezier sembra un po’ sottotono rispetto a Vassallo , ma forse non stava già bene a febbraio. Le voci italiane : Spotti , Fanale e Buratto sono perfette e non sfigurano in cotanto senno. Consiglio a tutti l’acquisto , ci si può regalare un’Aida da amare forse in un modo diverso , addirittura la si può vedere meglio con la fantasia ascoltando questo prezioso disco.