Oggetti d’antan

Ho aperto un cassetto della scrivania e ho visto le mie macchine fotografiche abbandonate , ho girato gli occhi e una bella pila , di quelle “che se una volta mancava la luce” ormai inutile e con le pile scariche , ho aperto un altro cassetto e tristemente abbandonate stavano la calcolatrice  e una rubrichetta telefonica .

Per non parlare dell’arcaica macchina da scrivere , del calendario e dei vocabolari .

Sono scomparse tante cose di uso comune in pochissimo tempo e quasi non ce ne siamo accorti.

Quando ho detto ad un artigiano : le faccio un assegno mi ha guardato strano – mi faccia un bonifico che è meglio.

L’elenco lunghissimo non significa che tutto oggi sia migliore , ma certamente anche la mia sveglietta da viaggio non la metto più in valigia e se la memoria fa il brutto scherzo di non farmi ricordare un autore , la data di una battaglia , il titolo di un romanzo , il nome di una città lontana vado a “googlare” velocemente e ho anche imparato a  trovare le cose difficili usando le perifrasi e le cosiddette parole chiave.

Però in cucina mi piace ancora appendere il calendario mensile( peraltro ormai difficile da trovare ) e ancora uso l’agenda cartacea, anche se la devo ordinare a novembre !

Ovviamante e testardamente seguito a comprare il libri di carta e anche i CD malgrado abbia scoperto recentemente che neppure i computer nuovi hanno il lettore incorportato . 

La musica si compra a pezzetti sulle piattaforme dedicate e l’idea di avere qualcosa di mio , come erano i vinili di una volta sembra essere diventata una svogliatura snobistica.

Oggi quindi apro il dibattito sulle cose perdute , ditemi se me ne sono dimenticata qualcuna.

La spigolatrice e la violata

Fa molto scalpore in questi giorni la pubblicazione di foto di una orribile statua in memoria della Spigolatrice di Sapri.

Antistorica , volgare e anche offensiva nel ricordo di una mediocre poesia che nei miei verdi anni si imparava a scuola : eran trecento , eran giovani e forti..e forse morendo non hanno guardato quella pin up dalle lucide chiappe al vento che il modesto artista ha concepito in questi poveri tempi in cui evidentemente abbonda il cattivo gusto.

Ma per consolare gli offesi abitanti di Sapri e di tutti gli amanti del bello vi mostro un altro esempio di volgare scultura che purtroppo mi tocca vedere ogni volta che esco in macchina dalla Galleria San Martino ad Ancona.

Il titolo è “la violata” , praticamente la rappresentazione di una donna stuprata che guarda caso , nella postura e nello sfacciato mostrarsi è degna sorella della collega di Sapri.

Ci fu chi si ribellò quando la statua venne eretta con grande gaudio poi in una città sonnolenta e tranquilla il fatto che l’orribile e inutile scultura fosse piazzata dove si nota poco e tutto sommato prima che la Galleria avesse i due sensi di marcia la si notava anche meno , le proteste cessarono.

La poveretta ha le vesti stracciate ma tiene ancora orgogliosamente la borsetta in mano , ho sempre pensato che l’avrebbe dovuta sbattere in  faccia al violentatore e invece no ! Se ne sta fiera e impettita alla faccia di chi pensa che farle violenza sia stata una cosa da nulla .

Questo museo degli orrori maschilisti dimostra ancora una volta , se ce ne fosse bisogno , che anche nella testa degli pseudo (sic!) scultori l’idea di donna procace abbia ancora un suo fascino perverso .

Quello che mi preoccupa davvero è che ci siano ancora amministrazioni pubbliche o enti locali che trovino i soldi per finanziare certe brutture .

Mi viene da dire “ non statue ma opere di bene “ di cui sicuramente c’è più bisogno. 

Cambiamenti

C’è qualcosa di nuovo sotto il sole e non mi azzardo a fare pronostici sul futuro politico della Germania, anche se quel piccolo sorpasso socialdemocratico sulla CDU personalmente mi ha fatto piacere.

Quel qualcosa di nuovo lo leggo  dall’Islanda , dove per poco le donne hanno rischiato di essere la maggioranza assoluta nel locale Parlamento .

Lo leggo da San Marino , dove con una maggioranza bulgara hanno finalmente depenalizzato l’aborto e mi pare che fosse davvero ridicolo che ancora ci fossero certe norme nel piccolissimo stato nel cuore della Romagna.

Lo leggo dalla Svizzera dove in ogni Cantone hanno votato per la legge che stabilisce la libertà dei matrimoni gay , non solo ma anche con l’aggiunta che le coppie potranno anche adottare laddove se ne manifesti la volontà.

Insomma in questo nostro mondo sull’orlo del baratro ambientale , dove una ragazzina svedese riesce a radunare folle impensabili per i politici attraverso i suoi Friday for future  forse non tutto è perduto.

Certamente non per merito di noi vecchi che qualcosa si muove in maniera inequivocabilmente “ostinata e contraria “ al modo di gestire la vita , perlomeno nella vecchio mondo.

Anche se , perdendo un po’ di tempo a vedere un piccolo dibattito di uno streaming del Corriere della Sera con Peppe Severgnini che cercava di far parlare dei giovani notavo la difficoltà di espressione dei medesimi.

Discorsi brevissimi , pensieri abbastanza elementari , poca capacità di dialogare e soprattutto di argomentare il proprio punto di vista con capacità oratoria , anche minima .

Lodiamo la sintesi ,ha cercato di mettere in positivo il moderatore , basta che poi anche se non sanno esprimersi siano capaci di articolare bene i loro pensieri al momento delle scelte che contano.

Mi pare di potere affermare  di sì , vista la velocità con cui si raccolgono le firme per quesiti referendari che si rivolgono a questioni di etica e di libertà.

Non ci resta che sperare bene.

Confessione

Evidentemente c’è qualcosa di infantile e qualche residuo romantico anche quando l’età dei sogni è tramontata da un pezzo.

O forse sarà una tranquillizzante fuga dal reale , un ripiegarsi nel sogno ?
Oppure più banalmente il film lo sai a a memoria e ti diverte anticipare le battute , ormai entrate nella memoria colletiva ?

Qualunque sia il motivo ho finito per rivedere Pretty Woman ,per la centesima volta , credo.

Avevo cominciato giocherellando col telecomando e rifuggendo dalle News : viste le prime inquadrature ho detto alla parte di me seria e adulta che ne avrei visto solo i primi minuti ( che non me li ricordavo bene ).

Poi , ma guarda come erano belli tutt ’e due  , poi divagando in cerca nella memoria che forse in realtà la protagonista doveva essere un’altra , poi al primo stacco pubblicitario chiudo e mi metto a leggere . 

Morale , lo confesso , l’ho rivisto tutto e mi sono anche divertita al famoso “big mistrake” detto dalla elegantissima Julia Roberts alla allibita vendeuse ; anche se lo stavo vedendo doppiato mi divertiva lo stesso.

Credo sia l’effetto Casablanca , per restare in tema di film cult .

Forse quello è sicuramente più bello , col suo bel raffinato bianco e nero e il suo finale nelle brume aeroportuali ma il meccanismo della traquillizzante memoria è lo stesso .

Alla fine del film mi sono messa ad elencare tutta una serie di favolette romantiche che mi piacerebbe rivedere .

Non lo scrivo per pudore , ai miei lettori indovinarne qualcuna.

In ascolto

Sono andata a riguardare cosa facessimo tra il 4 e l’8 di giugno del 2020.

Eravamo in lookdown, verso la fine di quello durissimo qui in Italia ,ma anche in Germania più o meno era la stessa cosa  e prima di quella falsa ripartenza che poi ci avrebbe fatto precipitare in autunno nella seconda durissima ondata .

Ebbene in quei quattro giorni Deutch e Kaufmann registravano l’omaggio lisztiano , quindi dopo la meravigliosa e sconvolgente Diecteliebe con il teatro vuoto e lo sguardo di Jonas perso verso il nulla .

In quei giorni avevano prodotto il magico Selige Stunde che ho avuto la fortuna di sentire dal vivo verso la fine di ottobre quindi questo secondo capitolo della lunga stagione silenziosa viene dopo il primo felicissimo album.

C’era quindi tempo per pensare ai sogni nel cassetto del pianista innamorato di Listz , ed ecco che ,come ci era stato in qualche modo anticipato ,esce ora questo prezioso Freudvoll und Leidvoll.

L’ascolto richiede attenzione , ovviamente in maniera diversa se le pagine sono più o meno conosciute .

Il mio primo ascolto dei Sonetti del Petrarca risale addirittura al 2014 : ero alla Carnegie Hall e fu doppia emozione quel canto in italiano ; credo di essere sempre rimasta legata a quella prima volta riascoltandoli molte altre volte.

Ovviamente facili Es wunderbare sein e Der drei Zugeuner , questo ascoltato dal vivo a Milano insieme alle Ihr gloken von Marling nonché la preziosa versione del “liebesong” O lieb, solang du lieben kannst .

Mi sono innamorata di alcuni lieder ascoltati qui per la prima volta : la splendida Lorelei , Ein fichtenenbaum steht einsam e soprattutto Ich Möchte hingenh ma ad ogni ascolto cresce la voglia di poterli sentire dal vivo perchè sono preziose pagine molto raccontate e anche se scritte molto prima rimandano allo stile di Hugo Wolf di cui in qualche modo sembrano esserne una gestazione precoce.

Certo la vicinanza con Wagner si sente anche se non vado cercando il Tristan accord o le note accennate di un sonetto di Matilde Wesendork , non sono all’altezza musicalmente di fare questi raffronti.

Non mi pare invece di riscontrare nessun collegamento mahleriano , anche se di questo ho letto nelle raffinate recensioni.

Come non sono in grado di valutare le doppie versioni , mi piacciono tutte , impreziosite come sono dalla bravura dei due interpreti.

Se potessi chiedere un regalo vorrei vedere la leggenda del Re di Thule con la mimica che accompagna  la bellissima musica del Lied.

Gioioso e doloroso

Il nuovo CD è arrivato puntuale e puntualmente in un pomeriggio di settembre , luce tranquilla , pace in casa mi sono concessa un primo ascolto in raccoglimento .

Non è un ascolto accattivante come altri in cui la conoscenza musicale fa sì che divenga molto più facile la comprensione dei testi per quelli che come me non hanno grande dimestichezza con la lingua : il grande libro dei Lieder che sono andata subito a consultare ne riporta in traduzione meno della metà.

Scopro però che la poesia Loreley di Heine l’hanno addirittura musicata altri due autori oltre Liszt.

 Fortunatamente altri Lieder erano in un programma di sala della Scala , in definitiva l’ostacolo linguistico l’ho superato .

Occorrerà più tempo per entrare nella raffinata musica lisztiana , ma quello che mi sembra di dire subito è l’evidenza del grande ruolo di protagonista che in questa incisione ha quello che viene spesso banalmente indicato come piano accompagnatore .

In questo caso sembra piuttosto un concerto per pianoforte con accompagnamento vocale.

Evidentemente l’ex allievo ed ormai amico ha voluto rendere un omaggio al suo mentore , seguendolo in questa raffinata avventura che molto farà parlare la critica colta.

Avrà successo commercale un disco così raffinato e difficile ? Difficile dirlo , oltre lo zoccolo duro delle innamorate della voce di Kaufmann e delle bellissime foto del libretto di presentazione , mi auguro ci sia un pubblico più vasto di amanti del lieder romatico che lo sapranno apprezzare.

Helmut Deutch e Jonas Kaufmann ci hanno sicuramente offerto l’occasione di un ascolto raffinato e mai banale che in parte mi riconcilia con certe pericolose scivolate tenorili dei concerti con i bis programmati ( e per me quasi usurati.)

Qui ritrovo il Kaufmann del terzo atto del Tristano , il cesellatore di suoni e ascolto , forse con più attenzione ,la raffinatezza pianistica di Deutch.

Mentre scrivo la musica di Liszt mi accompagna in sottofondo .

Devo meditare per parlarne ancora.

Afganistan

C’è qualcosa nei talebani , tornati tristemente sulle prime pagine dei nostri giornali che mi provoca un senso di smarrimento .

Nei loro abiti cenciosi  e improbabili trovo qualcosa di artefatto , come se fossero in costume di scena per una rappresentazione medioevale , nelle loro faccie barbute con le loro chiome unte provo la sensazione di essere di fronte a fantasmi usciti dalla memoria del tempo .

Poi hanno nelle mani quelle terribili armi “ vere “ delle quali si pavoneggiano con espressioni a volte feroci ma più spesso sono come colti di sorpresa.

Sanno quello che fanno oppure sono strafatti ? ( non a caso da quelle parti le droghe sono davvero alla portata i tutti!) e si muovono come automi pilotati.

Sono forse anche stupiti di trovarsi in un paese che proprio non è più quello che credevano di trovare : Kabul oggi ha sette milioni di abitanti , Kandahar , la loro roccaforte,  si avvicina al milione e questi uomini abituati alle abitudini tribali delle montagne sembrano essere anche un po’ spaesati ma non per questo meno crudeli.

Fanno paura davvero , ma quella paura generata dalla loro stessa incapacità di levarsi quei cenci anacronistici , di scoprire la bellezza di un mondo meno tribale e più vicino ai molti telefonini nelle mani dei loro concittadini “liberati” che tutto vorrebbero meno che tornare alle faide passate.

Per non parlare delle donne , terrorizzate sì, ma anche non rassegnate a rientrare dietro la retina di un Burqua.

Ci sono foto in rete di bellissime donne in bellissimi e colorati abiti femminili afgani , sicuramente fatte in un altrove lontano dalle polverose strade di Kabul , ma la dicono lunga sulla voglia femminile di non arrendersi.

Questi studenti coranici non riescono neppure a fare un governo credibile , le foto di scena con quei vecchi marpioni dei Mullah sui divani contornati da bellicose guardie del corpo con i Kalashnikov bene in vista mi sembrano la fine del primo atto di una rappresentazione che non credo avrà fine con le stesse comparse .

Tramano troppi molteplici interessi alle loro frontiere , mi piacerebbe che l’Europa fosse un pò meno assente , non bastano pochi ponti aerei ad aiutare un popolo di antica storia e molteplici tradizioni.

Sono belli e civili gli afgani che conosco . Vecchio continente se ci sei batti un colpo, là hanno veramente bisogno di tutto.

Roturoa

Anche ai paesi qualche volta viene voglia di cambiare nome . Senza molto clamore Bombay ritornò Mumbay e Calcutta Chennay, Questi in effetti erano i vecchi nomi prima della lunga vita coloniale dell’India e non è stato un dramma cambiare per ritornare all’antico.

Leggo oggi che anche i neozelandesi vogliono ritornate alla loro antica storia : sono un paese della Polinesia e la loro lingua  un tempo fu quella Maori anche se oggi i maori sono una percentuale molto folkloristica della popolazione , molto tutelata ( a parole ) ma nei fatti sono ancora una componente molto più povera della popolazione .

Vorrebbero tornare a chiamarsi Aotrearoa  perché non si considerano una Nuova Zelanda , ovvero una nuova Olanda nell’Oceano Pacifico.

Ho un ricordo personale particolarmente divertente che riguarda quei grossi uomini tatuati e per questo oggi mi fa piacere ricordare la mia piccola storia di incontro con loro :
ero in quella che ancora chiamo Nuova Zelanda e tra un turno di regate e l’altro facemmo un bellissimo giro nelle due belle isole che la compongono.

Sulla via del ritorno sosta turistica obbligatoria a Roturoa con annesso spettacolo dei Geiser strepitosi e per finire un incontro con la locale comunità.

Eravamo un gruppo e per un motivo che mi spiegai solo con la sua aria molto british mio marito fu scelto come Chief per l’incontro . Io in quanto compagna del capo fui piazzata su una sedia “dorata” al centro della sala .

Poi cominciò la cerimonia : i Maori ci venivano incontro facendo orrende linguaccie ( pare che poverini pensassero di ricacciare così gli europei invasori !) , poi facevano la Haka , ma quella la si vede anche quando aprono le loro partite di rugby e poi alla fine ci accoglievano danzando .

Fu la mia esperienza più ridicola e divertente di viaggiatrice che abbia mai fatta e alla fine fui sommersa di felci e di urla festose da parte dellle donne molto poppute e tatuate .

Sarà per questo che oggi , divagando volutamente dai nostri tanti attuali problemi mi sono concessa questo ricordo-vacanza .

Se cambiano nome io sono d’accordo con loro.

A grande richiesta

Raramente viene pubblicato un DVD ..a grande richiesta .

La pubblicazione di Die Tote Stadt è avvenuta proprio perché tante persone che avevano visto l’opera a teatro e le moltissime che per la sopravvenuta pandemia non avevano speranze per una ripresa hanno inondato l’Opera di Stato della Baviera di richieste tanto che alla fine hanno ottenuto il risultato della pubblicazione di quell’evento particolare che fu la messa in scena dell’opera nell’ormai lontano 2019.

La registrazione c’era stata , ero presente la sera in cui con occhio allenato a certe situazioni, vidi i tanti microfoni e le telecamere qua e là , poi passò tanto tempo , probabilmente per le solite regole contrattuali che ne impedivano una rapida realizzazione e finalmente l’opera sotto la semplice etichetta di casa è uscita sul mercato.

In realtà una classica copia “pirata” era già in circolazione , arrivata chissà attraverso quali canali non ufficiali, ma era fastidiosamente modesta.

Ho comperato il DVD bavarese , semplicissima la copertina spartana , anche la piccola bochure di accompagnamento è scarsa ma la qualità audio e video è di pregievole qualità e anche il montaggio registico serve davvero a rendere l’emozione della visione teatrale.

Avevo a lungo parlato di questa opera che mi aveva tanto emozionata ma se ci torno ancora è per evidenziare quanto la regia di Simon Stone giovandosi di due interpreti straordinari e di una esecuzione musicale preziosa sia riuscita ,nel suo iperrealismo , a rendere un’atmosfera così allucinata da essere perfettamente in tema con la storia decadente e abbastanza datata all’origine .

Comincio dalla scenografia iperrealista : questa casa che si sdoppia, si contorce , si spacca in tasselli scomposti per poi riunirsi nell’ordine finale è una delle chiavi della riuscita dell’impresa pur mancando totalmente Bruges e le sue atmosfere decadenti.

Un clamoroso Jonas Kaufmann che riesce a procurare attraverso una serie di gesti minimali e impercettibili slittamenti fisici la strana tensione di una mente sconvolta e allucinata .

Marlis Petersen ha la rara qualità del phisique du ròle e la capacità attoriale di cantante sicura anche nei pericolosi passaggi delle difficile partitura .

Ma quello che unisce il tutto è il “mago” Kiril Petrenko. Gli slittamenti musicali dal lirico pucciniano all’esaperato cacofonico stridere delle musiche sono legati con tale sapiente sicurezza che mi fanno dire quanto la sua direzione sia parte preminente del successo di questa rappresentazione.

Capolavoro unico di Korngold , questo omaggio visivo di Monaco è un regalo per tutti gli appassionati cultori di questa strana opera, un regalo da farsi per ricordare un avvenimento straordinario. 

Scaffale di libreria

Una volta , girando per casa e vedendo tanti libri in ogni stanza , un mio nipote mi chiese stupito: ma li hai letti tutti ?

Dissi la verità e cioè tutti tutti no  ma una gran parte si  perché ce n’ erano di provenienti dalle case dei nonni.

Qualche giorno fa mi guardavo intorno per cercare un libro non letto da portare al mare in questi giorni di sole settembrino tranquillo e proprio vicino a me , su uno scaffale di libri perlopiù di letteratura tedesca ho trovato uno strano libro non letto a suo tempo , non mi ricordavo di averlo comprato e dall’etichetta del prezzo coperta della libreria Lutteri di Cortina ho pensato si trattasse del dono di qualche ospite nei lontani anni novanta .

Il titolo italiano : Le voci del mondo , leggerò poi che il titolo originale in tedesco , per quanto strano , fosse tanto diverso e capisco anche perché quel libro rimase intonso per tanti anni .

Quando mi fu regalato non avevo idea di cosa fosse il Voralberg, non andavo spesso a Salisburgo , non avevo cominciato a studiare il tedesco e soprattutto non erano anni in cui ascoltassi tanta musica austro-germanica.

Il libro è bellissimo , l’ho divorato in pochi giorni e ho scoperto la mia ignoranza riguardo all’autore : a suo tempi il libro era stato tradotto in una diecina di lingue , facendo una ricerca attuale le lingue sono diventate venticinque.

Farò sorridere molti lettori , ma non conoscevo Robert Schneider e la sua grande produzione letteraria . Una scoperta davvero entusiasmante perché questo suo libro di  esordio , una strana novella che sembra appartenere al Heimatroman , un raccconto paesano e bozzettistico in realtà è piuttosto un Bildungsroman , un romanzo di formazione , anche se si tratta di una formazione al rovescio .

Il protagonista , un inconsapevole genio musicale , vive la sua strana e tragica storia in uno sperduto paese e il mondo non saprà mai di avere perduto la sua preziosa musica perché si lascerà morire giovanissimo per una pena d’amore proprio quando il mondo aveva cominciato a scoprire il misterioso organista che non conosceva la scrittura musicale.

Un libro bellissimo , che scorre felice con una sottile vena di umoristico distacco tra l’autore contemporaneo e la storia ottocentesca grondante di quella violenza e durezza del cuore di chi viveva nelle valli sperdute dell’Austria interna.

Ho visto che l’autore ha scritto anche tanti altri libri , sarà mia cura di leggerne altri perché veramente ho trovato una possibile miniera , a questo punto spero che ce ne siano altri tradotti in italiano.

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Kammeroper alle Muse

Con una bella serata in cui il filo conduttore era un omaggio a Dante e alla sua Commedia si è conclusa questa prima parte delle  celebrazioni Corelliane.

Dopo uno strano inedito Canto del Conte Ugolino , musicato da Donizetti con la bella prestazione vocale di Luca D’Amico  ( strano effetto per una pagina notissima e imparata a scuola tanti anni fa!)

siamo passati ad un capolavoro assoluto di Giacomo Puccini:

Il Gianni Schicchi qui messo in scena con felice semplicità da Marco Baliani e da una compagnia di canto di tutto rispetto .

Non sempre questa pagina perfetta viene messa in scena con il ritmo  e la verve necessarie , penso all’infelice messinscena di Woody Allen al Festival di Spoleto che aveva addirittura spostato la storia in un basso napoletano .

Qui tutto è pulito , fedele e i cantanti , tutti, sono perfetti nei rispettivi ruoli.

Cito ,per le belle pagine che Puccini ha loro regalato , Veronica Granatiero e Pietro Adaini , due presenze di nuovo gradite in questo teatro. 

La bella aria “Firenze è come un albero fiorito “ affrontata con giovanile esultanza da Adaini e il pezzo forte “o mio babbino caro” che diventa una cosa zuccherosa in concerto qui rientra perfettamente nella storia e la deliziosa Granatiero l’affronta con bella sicurezza. 

Angelo Veccia nel ruolo del titolo è padrone della scena e del  suo ruolo e come si diceva una volta ( e qui è verissimo) : bene gli altri.

Un encomio mio particolare al Buoso Donati di Lorenzo Venturini , anni e anni di teatro classico gli hanno insegnato bene ..a fare il morto! 

Va segnalata anche la pregievole esecuzione dell’Orchestra   Rossini guidata da Marco Guidarini con elegante sicurezza. 

Nine eleven

Può sembrare un gioco la richiesta a molte persone più o meno famose di ricordare dov’erano e cosa facevano quell’11 settembre ma  un gioco non è perché quel giorno molti di noi hanno perso la sensazione di invulnerabilità e la speranza che con la fine della Seconda guerra mondiale nella nostra vita non ci sarebbe stato più l’orrore.

Infatti i ricordi affiorano precisi , il mio fu abbastanza strano : ero a Venezia per una breve vacanza , a palazzo Grassi avevo visto una mostra su De Pisis e sul traghetto che ci riportava verso San Marco ho ricevuto una telefonata da mio figlio che a quel tempo viveva a Roma :

-Papà, mamma hanno buttato giù le Torri gemelle a New York, un attacco terroristico , i telegiornali sono pieni delle immagini allucinanti .

Ho alzato gli occhi incredula , davanti a me la basilica della Salute in tutto il suo splendore , Venezia brillava nel sole settembrino e io ho pensato che stessimo vivendo in una realtà virtuale , in un film apocalittico , di quelli che mi piacciono poco e che vedevamo anche alla Mostra in quei giorni.

Piazza San Marco muta , non volavano neanche i piccioni , due ragazzi americani piangevano seduti sugli scalini delle Procuratie.

A cena , la tv del ristorante ripeteva angosciosamente le stesse immagini dello stesso aereo che entrava come un coltello nel burro dentro la Torre.

Come molti poi qualche anno dopo sono andata al cratere in fondo a Manhattan, ancora l’odore acre del ferro era nell’aria.

Questo nuovo millennio ci ha riportato alla cruda realtà del nostro destino (e ancora non portavamo tutti le mascherine.)

Precarietà , questa è la condizione umana in questo rinnovato Medioevo con l’unica differenza che le cose del mondo le sappiamo in tempo reale anche se questo non ci salva dalla sensazione di una fatalistica impotenza .