Rotte mediterranee

 

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Con ritardo rispetto alla data tradizionale si è svolto alla fine di ottobre il Festival Adriatico Mediterraneo.

Ridotto nei giorni ,ma non nella qualità degli eventi :tre spettacoli interessanti con Nicola Piovani ,Alessio Boni e Daniele Sepe accompagnato da un gruppo O‘Rom…che già nel nome dichiara la sua origine.

Molto interessanti gli incontri di cui normalmente mi occupo io ,riuniti sotto la tutela del Garante dei diritti di adulti e bambini della Regione Marche ,sono stati tutti momenti pieni di emozione e di interesse.

Di due in particolare mi piace parlare:

il primo “cose turche! Democrazia e diritto di parola “ ha visto la testimonianza di una giovane giornalista che ha passato anche quattro mesi nelle patrie galere.

Bella e colta Asli Erdogan (soltanto omonima del premier turco) ci ha raccontato la difficile vita di chi tenta l’opposizione al regime e ha anche spiegato che adesso non riesce più a scrivere,ha come un pesante blocco emotivo.

Deliziosamente femminile al termine dell’incontro coordinato da Marco Ansaldo, giornalista di Repubblica,nei pochi minuti in cui abbiamo scambiato due parole mi ha fatto vedere con civetteria le sue collanine etniche, i suoi piccoli monili, deliziosamente femminile nonostante la sua vita dura.

 

Il secondo incontro “Matrimonio siriano. Il diritto all’infanzia” in cui una giovane coppia ( lei giornalista Laura Tangherlini, lui cantautore Marco Ro) hanno fatto del loro matrimonio un evento sociale trasformandolo in un momento d’amore nei confronti dei bambini siriani ospiti di campi profughi in Turchia e Libano.

Le loro voci, il loro video , le faccie dei bambini ora sorridenti ora piangenti valgono da sole a raccontare una storia d’amore che si è moltiplicata nel donare amore anche a chi oggi non ha più niente.

A lei ho chiesto off record il perché della sua conoscenza dell’arabo, mi ha risposto con un sorriso:l’ho studiato perché volevo parlare con i palestinesi….semplice no?

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Il pregio vero di questo festival sta tutto qui . nell’ascolto di vicende diverse, di voci fuori dal coro , come sta scritto nel titolo dell’ultimo incontro . Diritti e Rovesci, la tutela dei diritti in un mondo che cambia.

 

 

 

 

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la sovraesposizione di Jonas

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Quasi in contemporanea con il fiume di elogi , recensioni e foto puntualmente riversate sui siti a lui dedicati durante le repliche del Don Carlos parigino esce un documentario di più di un’ora sul tenore del secolo Jonas Kaufmann.

Il documentario porta la firma di un noto giornalista inglese e sembra la cronaca di ben due anni di vita artistica del tenore molto bien aimè.

Cronogicamente parte dal successo trionfale del tenore tedesco ai Proms del 2015 e si snoda nell’arco temporale fino ad arrivare alle prove dell’Otello londinese.

Ovviamente essendo inglese gran parte del docu-film parla degli eventi londinesi con exursus cronologicamente saltellanti del Nostro alla partita di calcio all’Alleanz-Arena di Monaco fino al saluto estivo dal Machu Picho.

Un prodotto ben fatto e che forse potrebbe accontentare le migliaia di fans sparse nel globo.

Ammirati testimoni della sua arte si alternano nel formare il coro : sir Tony Pappano, Eva MariaWestbroek , un raffreddatissimo Jochen Rieder e Helmuth Deutch ,l’abituale accompagnatore nella sua specialità liederistica.

Sappiamo così che Jonas si porta dietro i sacchetti di orsetti di Haribo, che è goloso di dolci , che va in visita dal foniatra, che raschia la suola delle scarpe nuove prima di entrare in scena e che torna in camerino di corsa a riprendersi la spada dimenticata del Moro di Venezia ad opera iniziata…ma il documentarista era sempre lì pronto a riprendere ogni attimo di curiosità?

Deliziose immagini private con la sua graziosa compagna sembrano essere l’unica concessione alla sua vita vera.

Molte risate a chiudere ogni discorso ,l’insieme ci da un ritratto così poco veritiero da rasentare l’effetto di una ageografia da rotocalco.

Nessun cenno ad una vita vera. dove sono i tre figli, dov’è la fatica del lungo silenzio dopo la crisi napoletana?

Dov’è quel generoso uomo che anche dopo la fatica di una intera opera si ferma a fare la foto con l’ammiratrice invalida sulla sedia a rotelle che lo aspetta devotamente all’uscita?

Manca totalmente nel documentario l’anima vera di Jonas, manca la sua intelligenza che è la chiave più intimamente vera del suo essere unico.

Ricordo che un giorno un amico giornalista scrisse di lui che era un ossimoro vivente: tenore e intelligente.

Sarò troppo esigente ma questo lato importante della personalità nel documentario inglese un po’ mi è mancato.

 

 

 

Streaming alle Muse

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Qualche volta succedono cose positive anche nella mia città : dopo molti anni grazie all’Associazione dei palchettisti il teatro si è dotato dell’attrezzatura e adesso nello spazio del Ridotto si è inaugurata la stagione lirica con un Ballo in maschera dal Liceu di Barcellona.

Una messinscena mediamente tradizionale,anche perché il pubblico qui non è abituato alle attuali rivisitazioni o meglio non ne apprezza la novità.

Scena abbastanza asettica con qualche svolazzo risibile,ma una compagnia di tutto rispetto,perlomeno per gli standard attuali.

Io però mi soffermo su un particolare verdiano che ogni volta mi colpisce per la modernità della frase geniale e modernissima.

Nel drammatico momento in cui Amelia si raccomanda al marito perché le faccia ancora una volta riabbracciare il figlio e si dispera per ben due volte Renato la interrompe con un banalissimo “hai finito?”che io trovo uno splendido e realistico intercalare di marito che in cuor suo ha già deciso chi in realtà dovrà scontare la colpa,l’amico traditore.

Un attimo di genio , lo zampino del grande uomo di teatro che tanto teneva al recitar cantando.

Per quanto riguarda la messinscena catalana punto di forza il Riccardo di Piotr Beczala, una gradita sorpresa la sostituzione nel ruolo di Renato con un grande Carlos Alvarez ,il più perfetto del cast e calato totalmente nel personaggio .

Unì’Amelia con la classica non pronuncia dell’Est .giovane oversize  Ekaterina Metlova ,potenza vocale tanta, aderenza al ruolo zero.

Una vecchia gloria Dolora Zajck nel ruolo di Urlica e un’ottimo Oscar,di cui putroppo non ho ritrovato il nome neppure nel sito del teatro, anche lei una sostituzione dell’ultim’ora.

La direzione di Renato Palumbo, direi da buon routinier, i costumi di Cristian Lacroix ,aldilà del nome altisonante erano il solito mix di antico e moderno che va oggi per la maggiore.Regia di Vincent Boussard , non particolarmente incisiva.

Coproduzione catalana, francese e germanica come oggi avviene normalmente.

La speranza che questo avvio abbia un seguito all’altezza,la direttrice del Teatro mi ha detto di affidarsi per la scelta delle proposte al mio amico direttore della stagione lirica Vincenzo DeVivo . Un nome di garanzia assoluta.

Prossimo appuntamento il 12 dicembre con una Boheme da Parigi.

 

 

 

 

 

 

Pappano alla Carnegie Hall

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Questo mio pezzo di oggi è un omaggio e insieme un atto d’amore per un grande direttore d’orchestra che amo di un amore tenerissimo.

Sir Tony è per me qualcosa di più che il grande interprete di autori che amo, il perfetto manager di una orchestra che lui ha portato al livelli mondiali che oggi tutti gli riconoscono, è anche una persona speciale che sa trasmettere attraverso la sua persona un calore umano straordinario.

Ricordo ancora la prima volta nella quale lo incontrai in casa di amici: era venuto ad Ancona per un concerto nel quale generosamente si esibiva come pianista.

Il suo italiano era ancora molto indeciso e comunque rispondeva divertito alla curiosa domanda se la regina Elisabetta gli avesse messo sulla spalla lo spadino per dichiararlo Sir.

Da quella volta ho avuto il piacere e l’onore di incontrarlo molte volte ,ma soprattutto di ascoltare le sue preziose interpetazioni, per anni con quel gesto a mani nude,tutto suo ,di accompagnare la musica,adesso di nuovo con la bacchetta con la quale ci ha regalato un Kroll Roger sconvolgente.

Lo amo quando “canta” con i cantanti , quando ne segue il respiro :non tutti i direttori sono così piacevoli da seguire durante una prova come lui , ci mette sempre uno strano valore aggiunto fatto di partecipazione molto fisica ,di affetto verso gli autori e verso le voci.

Non per niente ,guarda caso,il mio tenore del cuore si affida volentieri al suo amico direttore per la preparazione dei ruoli nuovi.

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Quando mi piace di più? E’ facile rispondere ”sempre”,ma se dovessi proprio scegliere fra le tante emozioni che mi ha dato mi sbilancio e dico Puccini.

Il suo Puccini ”è” senza concessioni sentimentali ma parla dentro ,come se fosse il Maestro in persona a dirigere. Perlomeno a me fa questo effetto.

 

Oggi però mi piace pensare a questo direttore straordinario mentre esce da quel tempio iconico che è la Carnegie Hall (quando ci entrai per la prima volta mi fece davvero una certa emozione) con la mamma al braccio , orgoglioso e tenero.

L’immagine mi ha davvero commosso anche perché ho realizzato che ha la stessa età del mio primo figlio e devo dire che quando mi capita di rado di avere questo onore è una cosa particolare , che intenerisce davvero.

Bravo sir Tony, questa volta amo di te (in questa specie di lettera d’amore mi viene da darti del tu) anche il tuo amore di figlio e oltre la tua grande arte di musicista  la tua anima dolce di ragazzo italiano.

God bless you.

 

 

 

 

 

I Mostrifici

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Da anni vengo tacciata di snobismo perché non amo andare alle Mostre d’arte e soprattutto le considero una forma pericolosa di bassa cultura.

Finalmente qualche giorno fa ho letto sul Corriere della Sera che due critici d’arte hanno dato alle stampe un libro intitolato “Contro le Mostre” nel quale spiegano con articolate argomentazioni quanto io in maniera più semplice cercavo di spiegare polemicamente ai miei occasionali interlocutori.

I due autori Vincenzo Trione e Tommaso Montanari parlano addirittura di”mostrismo”.

Le loro argomentazioni coincidono perfettamente con la mia conclamata antipatia per queste manifestazioni che nel loro libro gli autori non esitano a paragonare alla logica dei “cinepanettoni”.

Si va alle mostre come si va ai centri commerciali in festose compagnie familiari o in gruppi organizzati , le mostre viste come pretesto di gite.

Spesso le opere esposte si potrebbero tranquillamente vedere nei musei delle stesse zone ,ma l’occasione di festa mancherebbe e anche il guadagno di chi le organizza e propone alle Amministrazioni andrebbe perduto.

I due autori si divertono a citare percorsi ironici :da Raffaello a Schiele o da Giotto a Morandi….e potremmo proseguire allegramente in alcuni casi con effetti esilaranti .

Spesso si ricorre ad un titolo “civetta”. Il nome importante nel titolo poi nel percorso della mostra dell’autore importante le opere si contano sulle dita di una mano.

Ovviamente ,ma solo in pochi rari casi ,le mostre valgono davvero e comunque hanno in sé qualche rischio non sempre calcolato.-

Gli autori ci ricordano che sopra le nostre teste sugli aerei volano i Rembrandt, i Vermeer, sottratti alle tranquille sale dei musei dove normalmente stanno così che mentre le opere rischiano i poveri visitatori che comunque ancora vanno nei musei trovano squallidi cartellini annuncianti la momentanea assenza dei capolavori in gita.

 

Non voglio fare di ogni erba un fascio : una volta al MART di Rovereto vidi forse una delle più belle mostre che comunque mi sia capitato di vedere :il tema era “ la montagna nell’arte”e credo che raramente si sia potuto in maniera così approfondita fare una bellissima mostra su un tema originale e poco affrontato dagli studiosi.

 

Al contrario e per chiudere con una risata :vicino a me si è fatta una mostra pomposamente intitolata daTiziano a Tiziano .

Ebbene, nella stessa città ci sono in effetti due opere del grande pittore , ma stanno a cinquecento metri di distanza una dall’altra: una in chiesa e una al museo cittadino .

Tutta da verificare l’utilità di una simile mostra, salvo forse per chi ha pensato di organizzarla.

 

La versione video

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Dopo avere visto lo spettacolo dal vivo a Bastille ero molto curiosa di rivedere il Don Carlos in video , anche perché generalmente quando si hanno così grandi cantanti-attori lo streaming aggiunge o addirittura migliora il risultato.

Così non è stato ed ecco le mie considerazioni finali:

raramente ho visto scene così brutte e squalllde , addirittura nel campo lungo peggioravano perché il gran vuoto ne accentuava pure lo squallore.

Orribili anche i costumi che oltre ad essere di un tempo non identificabile pesanti e ingoffanti sacrificavano anche i movimenti , addirittura la più imbruttita risultava la Youncheva che in realtà vista da vicino è una bellissima ragazza.

 

Invece qualcosa è migliorato perché penso che durante lo streaming siano ricorsi a equilibrare il sound attraverso una sorta di bilanciamento vocale infatti mentre in teatro spesso l’orchestra copriva le voci ed io pur essendo io in ottima posizione faticavo a distinguere le varie vocalità soprattutto nelle scene corali, questo nella ripresa non si è verificato ed è stato uno dei pochi vantaggi della qualità del video.

 

Ovviamente la parte del leone l’ha fatta Jonas Kaufmann , aiutato dalla sua mimica attoriale fantastica, sempre in parte anche nelle controscene , la sua grande arte ha recuperato tutta la drammaticità del personaggio e ci ha restituito  il Don Carlo tanto amato delle diverse edizioni viste in passato.

Per esempio , tutta la controscena della prigione grazie ai primi piani risulta migliore e come al solito il suo contributo al risultato finale supera di gran lunga la visione più penalizzante del ruolo vista a teatro.

 

Tutta la grande squadra messa insieme da uno Stephane Lissner grondante orgoglio patriottico ha dato il meglio si sé, è difficile sbagliare quando si hanno ,se non proprio i più grandi cantanti al mondo come da lui pomposamente affermato ( forse non saranno contenti tutti gli esclusi) certamente un cast degno di tutto rispetto .

 

Il vero pazzo è Warlikowsky, vedere la sua intervista durante l’intervallo (in cui Kaufmann tranquillamente parla in tedesco(!) ,può spiegare molte cose del personaggio , sviolinante e manierato ci racconta la sua versione dei fatti , orgoglioso di tanta bruttezza di cui pare serenamente orgoglioso.

Oltre a tutto seguita a ribadire che solo lui ha recuperato l’atto di Fontainebleau quando personalmente perlomeno negli ultimi anni ,in italiano , io questo primo atto l’ho sempre visto e ho anche sentito il Lacrimosa recuperato .

Anzi , dirò di più. Al confronto con questa messinscena anche quella banale di Peter Stein di Salisburgo è bellissima , ma soprattutto resta eccelsa quella di Monaco con Jonas capellone e della quale ho avuto anche la fortuna di vedere una ripresa con Tezier nel ruolo di Posa.

 

In questa seconda visione comunque meno partecipata emotivamente risulta evidente e si capisce quanto Verdi , nella versione italiana in cinque atti nel rimettere mano al suo capolavoro abbia saputo introdurre dei tagli teatralmente efficaci , forse liberato dall’obbligo della lunghezza del Grand’opera .

Un esempio per tutti :nel dialogo Filippo/ Posa del secondo atto tutto è più stringato, ci sono poche note ,un vibrato di archi per descrivere il sospetto di amore tra il figlio e la moglie.

Sembra un brivido e basta a far capire quanto potrà avvenire…ti guarda dal grande Inquisitore….

Che poi Rodrigo sia costretto a cantare a Eboli la raccomandazione per chiedere l’udienza di Carlo destinata a Elisabetta è una bella forzatura registica , anche se non è l’unica.

 

La più lapidaria reazione a commento della messinscena l’ha fatta la persona semplice che passava spolverando accanto al mio pc. mentre guardavo l’opera:

tutto qui? ha detto delusa guardando il palcoscenico disadorno. Non mi pare servano commenti ulteriori .

 

 

 

Un prezioso Don Carlos

 

 

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Per la cronaca visto che sembra tutto merito di Lissner l’avere recuperato il Don Carlos in francese mi sembra giusto ricordare che nel 1985 Claudio Abbado con l’orchestra della Scala lo aveva registrato corredando il Cd di tutte le parti tagliate nelle successive rivisitazioni .

Quel prezioso Cd fu un regalo che mi feci e che purtroppo stando in una libreria in basso in una stanza con tanta umidità salina mi si è in parte rovinato, ma anche se non riesco più ad ascoltarlo per intero rappresenta un prezioso ricordo .

 

Il cast davvero stellare,si direbbe oggi:

 

Don Carlos Enfant d’Espagne -Placido Domingo

Philippe II, Roi d’Espagne- Ruggero Raimondi

Rogrigue,Marquis de Posa-Leo Nucci

Le Grand Inquisiteur- Nicolai Ghiaurov

Un Moin-Nikita Storojev

Elisabeth de Valois- Katia Ricciarelli

La Princesse Eboli-Lucia Valentini-Terrani

e un divertente Alessandro Corbelli come boscaiolo.

 

Nelle preziose note del libretto ho scoperto che il nome “La Peregrina”dato alle danze di scena ,unica parte tagliata in questa edizione integrale era dovuto al nome di una perla scoperta verso il 1560 donata a Filippo II da uno schiavo, appartenuta poi a Napoleone III e chel’ultimo proprietario fu Richard Burton il quale la regalò alla moglie ElisabethTaylor.

 

Forse se Lissner lo avesse saputo magari ce le avrebbe anche rimesse!

 

 

 

 

l’Opera Garnier

 

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Mi concedo un giorno di più a Parigi perché voglio ritornare all’Opera Garnier, ci sono stata in un tempo tanto lontano che quasi non ricordo più.

Mi capita in calendario Così fan tutte, sicuramente un Mozart amato e che conosco quasi a memoria, accetto volentieri.

L’Opera Garnier supera addirittura l’emozione del ricordo: lo sfavillio delle luci, gli stucchi, il foyer strepitoso e una vista su Rue dell’Opera in questo caldissimo ottobre che mette allegria.

Mi turba un po’ l’effetto “Fanthome of the opera”, l’avevano ricreato davvero bene a NewYork…sembra quasi di vedere il teatro riprodotto!

Poi comincia l’opera , la mia ennesima messinscena del capolavoro Mozart-DaPonte e comincio ad annoiarmi.

Ne ho viste di tutti i tipi e ne riassumo mentalmente le messinscene più belle o quelle classiche che ho visto nel tempo,mi distraggo pericolosamente.

Una classicissima alla Fenice di Venezia ,una napoletana a Spoleto ,una solare ad Ancona…

Forse la più interessante quella di Claus Guth a Salisburgo,moderna e torbidamente sensuale.

Qui siamo dalle parti dei”doppi”, fanno tanto rivisitazione.

Nella fattispece i doppi sono ballerini bravissimi ,l’allestimento è già molto collaudato , non c’è bisogno che ne faccia una recensione, ma..io mi annoio pericolosamente.

Sarà che sono in giro da tre giorni , sarà che ho anche sonno ma tendo a passare da un’aria all’altra con gaudio aspettando la riconciliazione finale :

“belle o brutte così fan tutte” e amen!

L’ho già scritto ma forse chi valeva la pena ascoltare su tutti è stato Edwin Crossley-Mercer,oltre tutto anche bravo a ballare!

 

Mi risveglia all’uscita lo scoprire anche qui come a Zurigo pochi giorni fa decine di coppie allacciate in tango esibirsi sul “sagrato” per il divertimento dei passanti incuriositi.

Una moda divertente, in questa Parigi appesantita dall’incubo del terrorismo misurare una tale “Joie de vivre” per la strada allarga il cuore.

Riprendo fiduciosa la via verso Bastille: Metro 8, entro nel ventre di Parigi con la musica nel cuore: Mozart e Piazzolla…strano connubbio parigino.

 

nel ricordo di Zedda

 

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Seconda e ultima opera della piccolissima stagione lirica di Ancona.

Siamo di nuovo a Siviglia ma tanto tempo prima…

Un capolavoro assoluto , forse troppo usurato dal troppo essere stato visto da generazioni e generazioni.

Dal testo rivoluzionario di Beaumarchais sono nati il barbiere delle Nozze di Figaro di Mozart , il Barbiere di Paisiello e questo rossiniano che in origine si chiamava “Almaviva,ovvero dell’inutil precauzione “proprio per non confonderlo col già celebrato omonimo italiano.

Con intelligenza e fantasia il direttore De Vivo ha pensato ad una compagine giovane, a ben pensare una chiave positiva per la messa in scena.

I giovani cantanti vengono tutti dall’ Accademia di canto rosssiniana di Pesaro e sono già di per sé una garanzia di qualità e omogeneità di canto:

tutto il progetto è un omaggio ad Alberto Zedda , la cui scomparsa recente viene in questo modo ricordata dal maggiore teatro della regione.

Inoltre , e non è evento da poco , è il primo Rossini al Teatro delle Muse dalla sua riapertura, anche questo segno intelligente e pieno di significato per un teatro che prima o poi dovrà riprendere il suo ruolo trainante nelle Marche.

Anche il regista è marchigiano e ha cominciato a lavorare proprio da queste parti, si chiama Matteo Mazzoni e mi racconta di lavorare attualmente spesso fuori dall’Italia ,in Romania lo amano molto e ha lavorato pure a Vienna, il solito caso di “nemo profeta”.

Vengo alla compagnia di canto : mi ha molto impressionato la voce pura e possente di Xabier Anduaga, un giovanissimo tenore belcantista, quando sono andata da lui per complimentarmi dopo lo spettacolo ho saputo che in futuro ha già un contratto con l’Opera Garnier , questa voce andrà lontano

 

Xabier-Anduaga-Il-conte-di-Almaviva-IL-BARBIERE-DI-SIVIGLIAIMG_7781K9-650x433Ma sono tutti bravissimi : la Rosina di Martiniana Antoine , il Don Bartolo di Pablo Ruiz, Don Basilio Bourzthan Anderzhanov nonchè ovviamente il Figaro di GurgenBeveyan, cast molto internazionale con un’unica italiana Giorgia Paci nel ruolo di Berta..

Anche il direttore d’orchesta, giovane con militanza rossiniana è spagnolo-pesarese: Josè Miguel Pérez-Serra ,le allegre scene e costumi di Lucio Diana.

Una festa per gli occhi e per le orecchie, un bell’omaggio a Zedda , per un barbiere.-..di qualità….

 

 

Carlos in gabbia,

 

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L’avevo già capito dalle sfocate immagini rubate da Twitter e soprattutto dalle mezze frasi ironiche di Jk quando aveva detto che ci sono registi il cui obbiettivo è distruggere il mito Kaufmann.

Devo dire che questo Don Carlos alla francese è un capolavoro di psicanalisi , non per la messiscena piuttosto per quello che è passato nella testa del regista .

Riusciranno i nostri eroi Verdi e Jonas a combattere tanta stupidaggine ?

Verdi ce la fa , la sua musica è talmente bella e sublime da reggere gli stravolgimenti gratuiti del suo capolavoro, in quanto a Kaufmann ha tanto carisma da riuscire con pochi sublimi accenni , anche quando è praticamente invisibile nella prigione , da rendere palpabili le sue controscene.

La versione francese , più lunga e più complessa , ha qualche momento di troppo ma aggiunge anche pagine bellissime , specie nell’atto più politico, quello nello studio del re.

Il problema vero è che se per caso un ragazzo arrivasse , magari anche col libretto in mano a vedere questo Don Carlos penso che ci capirebbe ben poco.

Forse sulla carta è affascinante cominciare dalla fine , tutto un ricordo nella mente di un uomo fragile ( e Kaufmann ci va a nozze!) ma si perde la meraviglia dei tre duetti d’amore , si perde lo strazio di Carlo per la morte di Posa e si aggiungono scene volgari per la splendida Eboli di Elina Garancia , si fa di Filippo secondo un ubriacone e per il Posa di Tezier ,vocalmente perfetto, una sorta di quell’Jago che l’estate scorsa non ha potuto cantare.

Serviva tutto questo “ pour épater les bourgois” ?

Evidentemente si anche se c’era pure bisogno delle didascalie per spiegarci che si era a Fontenebleau, al chiostro di San Giusto e via cantando ..

Ho avuto qualche momento di incertezza a capire a che punto eravamo quando è apparsa una sala d’armi poi mi ha aiutato la musica : era l’aria del velo , con tutte le spadaccine in bianco e la principessa Eboli , lesbicheggiante in nero.

Non parliamo dell’Autodafé , che non c’è proprio : un solo tristissimo prigioniero e via la …« voce dal cielo », nell’insieme siamo piuttosto dalle parti di un paese satellite comunista degli anni cinquanta, il che in ultima analisi ben poco spiegherebbe il potere della chiesa , ma questo il regista chiaramente non se lo è domandato .

Nell’insieme tutto diventa un conflitto molto borghese , con arredi che ne accentuano la meschina modestia.

Il momento più bello resta comunque il Lacrimosa cantato da Jonas tutto in mezzavoce sul corpo di Posa , il canapé dunque serve a qualcosa , nel caso coperto da una vistosissima bandiera spagnola,

 

Uno spettacolo tutto sommato bruttino , peccato sprecare un cast così lussuoso e, con tutto il rispetto per i bravi cantanti del secondo cast credo che questo Don Carlos fililogico non avrà vita tanto lunga,

Comunque sarà interessante vederlo al cinema il 19, o su Arte per chi non ha il cinema a portata di mano.

 

 

 

 

Carlo a Parigi

 

 

 

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Che strano effetto straniante questi piccolissimi momenti rubati delle prove del Don Carlos parigino!

Mi sembrano cantanti doppiati in un ambiente assurdo pseudo moderno e infatti Kaufmann in una bella e lunga intervista a Salisburgo nel 2013 aveva saggiamente detto che non era possibile trasportare la storia in un’altra epoca: ma tutto è possibile oggi secondo i registi ed ecco questa ennesima rivisitazione.

Ci sono già commenti ironici e a quanto ho capito dal raffinato e criptico discorso di Jonas nella frivola trasmissione televisiva lui ha già detto che ci sono registi intenzionati a distruggere il mito Kaufmann….e forse siamo da quelle parti.

Sarà interessante vedere chi la vince, se il regista dissacratore o il grande interprete capace di girare a proprio favore anche una messinscena dissacrante.

Perfino Jordan dice di amare di più la versione italiana e sette camicie pare le abbia sudate anche Tezier a impararsi la parte nella sua lingua materna.

Certo che l’attesa si fa spasmodica e la speranza di tutti è che gli scioperi e i virus non ci mettano lo zampino, ognuno sperando di salvaguardare la propria replica e il proprio relativo costosissimo biglietto.

 

Intanto oggi festeggiamo il compleanno del nostro amatissimo Verdi ricordandolo con il suo capolavoro politico , con o senza la S finale.

Ruggero in Sicilia

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Come faccio abitualmente non voglio arrivare troppo preparata ad ascoltare una cosa nuova, così ho fatto per il Kroll Roger che ha inaugurato la stagione dell’Accademia di Santa Cecilia.

Per la verità qualcosa ne sapevo e avevo sentito quando Sir Tony lo aveva diretto alla ROH e soprattutto avevo raccolto in un backstage a Monaco il desiderio di un famoso baritono che di quella edizione era stato protagonista:

mi piacerebbe cantarlo a Palermo, mi aveva detto.

Quando ieri sera ho cominciato a sentire le note sconvolgenti del bellissimo inno iniziale mentre sul maxischermo si vedevano i mosaici dorati della cattedrale siciliana eseguite dal mirabile coro delle voci bianche ho capito il perché di quel desiderio e ho anche immaginato l’emozione di Karol Szimanowsky quando è arrivato in Sicilia.

Difficile spiegare tutta la serie di sollecitazioni che questa opera –non opera provoca all’ascolto .

Si stratificano i pensieri e le emozioni : i tre asciuittissimi atti corrono veloci,un solo ascolto non basta.

C’è tanta cultura del Novecento in questo capolavoro e non sarò io a spiegare tutte le implicazioni culturali e i rimandi che suscita.

Per questo c’è il prezioso e ricchissimo programma di sala al quale attingeranno i cultori dei siti specializzati ma un breve “taglia e incolla”me lo concedo pure io:

Scrive Gianandrea Gavazzeni”…l’ambiente per noi italiani è carico di riferimenti..fusioni di miti ,gli ori di estremi riflessi alessandrini arditamente congiunti ai richiami gregoriani che sorgono nei canti chiesastici del primo atto….una Sicilia evocata,un panico desiderio solare e marino…

 

Mentre uno strano Dioniso che ha in sé vaghi accenni ad un sotteso cristianesimo appare nelle vesti del misterioso Pastore ripensavo a questa creatura incantevole nata dalla coscia di Zeus che veniva dalla lontana Asia portando questa sua fascinosa trama di voluttà  mi ritornavano in mente i versi di Euripide quando nelle Baccanti le Menadi chiamano il Dio dello strepito invocando questa creatura misteriosa che sconvolge e fa sì che si perdano anche i potenti.

Là Penteo, qui Ruggero che resterà solo nel bellissimo monologo che chiude l’opera.

Ruggero alter ego di Szimanowsky?

Certo che al raffinato compositore polacco quel sole , quel mare e quelle pietre suscitarono sicuramente una forma di perdizione che riuscì a tradurre nel suo capolavoro.

Tante le sollecitazioni musicali : Rossana sicuramente parente di Elektra/Ariadne e azzardo anche una lontana parentela con Isotta nel suo mirabile canto rappresenta il sogno del momento più lirico e cantabile dell’opera mentre il canto del Pastore ha in nuce nebbie lontane ,fascinazioni di un Oriente filtrato da una cultura molto impressionistica e molto mitteleuropea.

 

La raffinata forma semi-scenica ( sirTony per l’occasione ha ripreso in mano la bacchetta) ha messo in evidenza la grande qualità della pregevole compagine orchestrale e la qualità altissima dei cori diretti da Ciro Visco.

Nomino tutti i cantanti perché veramente si sono sottoposti ad una prova di alta professionalità .

Il Re Ruggero di Lukasz Golinski, il fascinoso Pastore Edgaras Montvidas, l’Arcivescovo di Marco Spotti e l’Edrisi di Kurt Rasker sono la componente maschile del cast che ha nella Rossana di Lauren Fagan e nella Diaconessa di Helena Rasker il completamento di una compagine perfetta.

 

Un discorso a parte, molto mio e probabilmente discutibile è l’apporto della regia “in presa diretta” delle immagini dei Masbedo.Mi hanno distratto , anche quel loro armeggiare alla consolle mi portava a seguirli (purtroppo li vedevo troppo bene) e non sempre a mio avviso le loro immagini servivano veramente a commentare la stupenda musica.

Comunque in definitiva una serata culturalmente memorabile , peccato non abitare a Roma , sarei ritornata a sentirlo volentieri.