Firenze

Chiudo questo mese di aprile , strano come tutto quello che abbiamo vissuto con un ricordo che mi è tornato alla mente quando ho letto che forse le future visite ai musei avverranno  con modalità distanziata , con ingressi contingentati e con prenotazioni ristrette.

Potrei cominciare così : c’era una volta una ragazzina che viveva nel centro di Firenze , sfollata per caso con la famiglia nel centro storico e che viveva una estate di  libertà andando a giocare in Piazza Signoria , salendo a cavallo del leoni della Loggia dei Lanzi.

Quella ragazzina entrava e usciva dagli Uffizi come fossero casa sua , sostava con calma davanti alla Venere del Botticelli , poi correva nei corridoi 

dove riposava nel mezzo una statua di Ermafrodito che la incuriosiva sempre.

Quella ragazzina andava a giocare a Boboli , la sua mamma intraprendente aveva ottenuto dal Comando alleato il permesso di portarci le bambine a prendere aria  .

Quella ragazzina girava in una città piccola e bellissima e che non c’era più ormai da tanti anni infatti  la ragazzina  divenuta adulta finiva per non avere tanta voglia di tornarci se non per andare a trovare la famiglia.

Quella perduta era la sua Firenze , quella di Pratolini, di un perimetro stetto tra la sua scuola elementare Dante Alighieri , la casa di Dante , la bottega del babbo , piazza Santa Croce fino a via del Corno , dove c’era la bottega del legatore di libri  nonché pittore dove conversavano altri pittori che si chiamavano Miniati e  Annigoni in caldi pomeriggi assonnati.

Poi era andata ad abitare in San Gervasio : quello della poesia di Soffici che comincia così “Palazzeschi eravamo in tre…” e finisce con la malinconia.

Anche quella periferia dolce e profumata dei glicini che cadevano dai villini era stata inghiottita da nuovi palazzoni anonimi , difficile ritrovare l’atmosfera dannunziana della Cappuccina sulla via per Settignano.

Chissà se nel prossimo fututo questa battuta di arresto che lo strano piccolo elemento infernale che chiamiamo Covid19 ha provocato nel mondo intero non possa riportare la calma nei musei , il vuoto nelle strade di Firenze non più intasate da torme di cinesi irreggimentate dietro guide turistiche inalberanti vessilli fantasiosiosi e improbabili..

Chissà se la vita , con tutte le dovute cautele non possa ritrovare un suo ritmo meno frenetico .Forse non saremo noi vecchi a goderne , può darsi però che potrà essere dato alle nuove generazioni la possibilità di ritrovare un mondo più a misura d’uomo di quello che incoscentemente avevamo consegnato loro.

I regali di Jonas

in pochi giorni attraverso il web abbiamo avuto regali inaspettati da parte di Jonas Kaufmann : ha cominciato con la deliziosa canzone per il concerto di Vienna . Da casa sua con il meravigioso maestro e amico Helmut Deurch ci ha regalato un attimo di dolce serenità In ein einem cafè in Ernals; ha proseguito con il concertone del Met dalla stessa location facendoci  ascoltare l’aria di Eliazar dalla Jiuve :Rachel , quand du Segneur. Un momento diverso con la bellissima chiusa a salutare due amici italiani a Lugano , la solita grazia e sensibilità.

Poi ieri dal teatro di casa a Monaco una pagina unica e straordinaria : nel teatro vuoto i suoi Diechterliebe sono risuonati come mai perfetti e impreziositi dall’accompagnamento del suo mentore amico Deutch.

La semplicità dell’abbigliamento , la maestria e il dolore nella voce , lo sguardo verso le amate poltrone sulle quali molti di noi hanno passato ore indimenticabili ci hanno raccontato la tragedia di un mondo ferito da un virus infinitesimale che ha interrotto le nostre vite , forse in un modo irreversibile.

Poco più di  venti minuti di grazia e chissà in quanti nel mondo eravamo a condividere l’esperienza straordinaria . 

La musica di Schumann , i versi tratti dal Buch der Lieder di Heinrich Heine hanno fatto di questo ciclo uno dei momenti preziosi del Romanticismo tedesco . Rileggevo stamani che furono composti in pochi giorni  , dal 24 maggio al primo giugno a Lipsia nel 1840 , il compositore trovò una felice affinità con i versi del grande poeta , il risultato generò un capolavoro di cui ancora oggi possiamo godere l’omogeneità e la completezza.

Con tutto l’amore del mondo e la voglia di poterli condividere con più amici possibili ho cercato ( mi sono inventata un mezzo artigianale personale) per riprodurne tre dei sedici che compongono l’intero ciclo.

Penso che presto il tutto sarà su YouTube , ma l’emozione dello streaming dal vivo questa volta ha funzionato , almeno per me.

Non era la prima volta che li sentivo , dal vivo perlomeno due volte , ma la serata magica di ieri resterà nel mio cuore e forse è servita a ridarmi un minimo di fiducia per un domani ancora indefinito.

Ancora una volta il mio carissimo amico lontano mi ha regalato , insieme al suo prezioso mentore , l’illusione che la vita possa ricominciare , che la musica possa di nuovo diffondersi in quella sala tanto amata e che con tutta la speranza possibile possiamo coltivare nel cuore la speranza di essere di nuovo lì ad ascoltare tutti insieme , usciti dall’incubo , le spledide musiche di una Liederabend che oggi possiamo solo sognare.

Lockdown

  • Ci sono caduta dentro talmente piano da avere pensato di non  essermi fatta male , come quando si casca e per levare di imbarazzo gli altri che hanno assistito alla tua caduta si dice : non mi sono fatta niente.
  • Invece mi sono fatta male eccome , me ne accorgo giorno dietro giorno , quando le giornate sono sempre più vuote e soprattutto la voglia di fare diventa una specie di marmellata indistinta : lo farò domani.
  • Forse fra i tanti effettti collaterali di questo Lockdown questo per me è il più grave.
  • Più grave anche del fatto della sensazione di capolinea che ha preso la mia vita : si sa che si invecchia , si sa che si deve andarsene , ma si spera che questo avvenga sempre più in là e comunque attraverso dei concreti segnali : la malattia o l’incidente che mi avrebbero levato da questo mondo .
  • In questo modo no , non l’avevo pensato proprio.
  • Forse mi salva dal nulla questo piccolo spazio in cui riverso i miei ormai scarsi pensieri , non sono ancora arrivata al rancore verso il prossimo , ma mi ci sto avvicinando a grandi passi e se dovessi elencare i miei desideri futuri mi accorgo che sono davvero poca cosa .
  • Mi fa quasi paura l’idea di potere ritornare a progettare , a desiderare , in fondo essendo praticamente già catalogata tra i superflui potrei davvero chiudere qui e non pensarci più.
  • A pensarci bene   c’è una categoria umana che non sopporto davvero più  sono gli scenziati onnipresenti sulla stampa e sugli schermi televisivi : pare che godano a dirci di lavarci le mani , di stare distanziati  , bella pensata la distanza sociale! come se non bastasse il grande detto di Lucy “ non è il prossimo che non amo è la gente “ e ultimo ma non il più cretino è l’obbligo della mascherina , irritante anche nel nome festoso: che serve , ma forse si , forse no : è’ per te , no, per gli altri , insomma non si sa bene a cosa serva questa mascherata colletiva che di carnevalesco ha solo il fatto di farci tutti simili nell’aspetto ai dottori di Pinocchio.

Oggi m sento un po’ anarchica , non ho messo la cintura in macchina per andare al supermercato , non ho messo il contrassegno del parcheggio ,piccoli segni di disobbedienza civile , in fondo vorrei solo andare dal parrucchiere , al cimitero e magari anche entrare in una chiesa , non mi piace la Messa , anche se del Papa ,in streaming ; mi fa lo stesso effetto delle opere liriche nella stessa modalità .

Cronaca di ieri

Forse il 25 aprile di quest’anno è stato più sentito di tante altre ricorrenze passate tra rituali un po’ stanchi e cortei sempre meno affollati.

  • Il fatto di non potere manifestare insieme ha risvegliato in chi aveva a cuore la ricorrenza la necessità di partecipazione più sentita , almeno è quello che ne traggo dalla più forte partecipazione virtuale che ne è seguita .
  • Anche io mi ero svegliata con l’idea di partecipare , non come facevo ogni anno al corteo cittadino , ma attraverso qualcosa di più visibile e la ricerca  tra le carte e le memorie di casa mi ha portato via tutta la mattinata .
  • Anche se poi all’ora stabilita non c’erano molte voci a intonare il Bella ciao che invece ho cantato a  voce spiegata con un bel sottofondo di Goran Bregovich , non abito evidentemente in quartiere popolare .
  • Bellissima l’immagine del Presidente della Repubblica all’Altare della Patria : immagine più forte di qualsiasi commmento l’ho vista come una specie di ripartenza , è la mia speranza per quando ricomincerà una fase di ritorno graduale alla vita sociale anche se ho paura che un ritorno troppo veloce ci potrebbe portare a fare un pericoloso passo indietro . Speriamo nella saggezza degli italiani , magari un po’ per paura un po’ per ragionamento una volta tanto riuscissimo a dimostrarci un popolo civile !

Serata dedicata al gran concertone del Met : solita curiosità di vedere le case dei cantanti più che per sentirne le voci , queste specie di campioncini vocali spesso provocano più tristezza che godimento , escludendo ovviamente il solito Kaufmann  che riesce nei tre minuti ad entrare nel  pathos e a trasmettere un brivido insieme al suo straordinario Helmut Deutch , sempre più incantevole Babbo Natale. Divertente anche il suo passaggio di testimone ad Armilliato e Maestri  con quel suo : che disastro, Madonna santa!  Ho chiuso la giornata riguardando per la millesima volta Il generale Della Rovere . Un film bellissimo che non invecchia , con un grandissimo De Sica e del quale ho apprezzato una volta di più la grande capacità di Rossellini , con i pochissimi mezzi a disposizione , di riuscire a fare un grande cinema . Memorabili i momenti del bombardamento a San Vittore . Cinema civile di cui credo abbiamo ancora tutti bisogno

Riletture

Riprendere in mano un libro letto tanti anni fa e trovarci tutto quello che stiamo vivendo adesso: la vita che si ferma improvvisamente , la sottovalutazione iniziale di un fenomeno “esterno” , le autorità che inizialmente tendono a minimizzare , a nascondere , sicuramente a non capire.

La Peste di Albert Camus è tutto questo e non solo , impressiona l’accettazione inevitabile della peste come evento ricorrente nella storia dell’umanità.

In questo senso assomiglia e in qualche modo è simile  a Cecità di Josè Saramago.

Strano , mi ero fermata al Manzoni , il più facile e vicino alla nostra cultura degli esempi di pandemia , ma in realtà le pandemie sono sempre state uno spartiacque nella storia dell’umanità, ne hanno marcato le ere , ne hanno determinato le svolte epocali.

Gli scrittori ne hanno sempre raccontato lo svolgersi , scavando    nei risvolti minori , nelle pieghe degli animi umani , raccontandoci quanto in realtà noi siamo piccole pedine di un gioco millenario in cui restiamo imbrigliati e contro il quale niente possiamo fare delle nostre banali vite che crediamo di programmare attraverso la nostra volontà.

Colpisce nel libro di Camus il senso del fermo immagine che provoca la consapevolezza dell’essere entrati nel tunnel, poi tutto l’orrore di quello che succede “ durante” può cambiare nella vastità dell’oggi , non cambia però quello che succede nell’animo umano : la peste di Orano era piccola cosa circoscritta , il nostro virus infinitamente microscopico corre veloce in tutto il globo e si è allargato smisuratamente nell’informazione planetaria  ma provoca  lo stesso senso di impotenza negli animi , la nostra pochezza di fronte al male.

Quando ieri col cuore stretto ho chiuso il libro che avevo riletto in poche ore ho pensato tante cose : una banalissima riguarda i ragazzi che faranno la maturità quest’anno : chissà se qualche prof intelligente ne segnalerà la lettura nelle ormai uniche e scarne lezioni , quelle online.

La peste finisce , un giorno qualsiasi , come in un giorno qualsiasi i topi avevano cominciato a uscire e a morire per le strade. Erano ritornati i gatti , segno inequivocabile di vita , come allo stesso modo i personaggi di Saramago che avevano cominciato a non vedere più nulla si erano ritrovati ad un tratto a  riscoprire attraverso la vista tutto l’orrore che avevano passato.

Noi siamo nel mezzo del cammino , questo stop delle nostre vite non credo ci farà cambiare in meglio la nostra vita futura . Tutto tornerà come prima ma niente sarà più come prima se nel ricostruire sulle macerie ci sarà anche  solo la speranza che qualche errore  di un mondo che si credeva invincibile e superprotetto dal male  venga definitivamente sepolto.

La natura che si è ripresa la vita nelle città , le acque che sono tornate limpide ,l’aria che si è fatta più pulita , gli animali che sono tornati tra noi sono segnali che qualcosa in meglio forse potremo ancora rimediare.

Ma soprattutto ci deve restare la consapevolezza della nostra ineludibile fragilità di specie.

Lo spitzseite del BSO

Succede di andare in crisi quando si è inventato un modo di dialogare con persone che abbiano gli stessi interessi dei miei e ci si inventa un modo divertente che si chiama Blog.

Il mio blog parlava di musica , di lirica soprattutto e in grandissima parte per colpa o per merito di un grande tenore che avevo incontrato per caso guardando una prima alla Scala nel lontanissimo 2009.

Piano piano il mio blog , forse perché i miei interessi sono molteplici è diventato qualcosa di più di un semplice blog kaufmanniano , ci ho cominciato a scrivere di tutto e i miei lettori hanno sembrato di gradire questo allargamento di argomentazioni.

Poi un giorno arriva il Covid 19 , buio pesto sul futura della lirica , anzi di ogni tipo di vita a livello musicale e allora veramente il mio piccolo povero blog si è dovuto nutrire di tante altre piccole cose, fortunatamente devo dire i miei lettori hanno molto bonariamente dimostrato lo stesso interessse di prima.

Ma qualche giorno fa , per caso , saltando qua e là in web ho trovato una bellissima occasione per parlare di musica in una prospettiva lontana , direi quasi in lontananza galattica perché di tratta dello Spitzseite del BSO della stagione 2020/21.

In Germania però hanno tracciato una bella riga netta : fino a dicembre di questo sfigatissimo anno bisestile “coronato” tutto chiuso , se ne riparla l’anno prossimo.

Il serafico Nikolaus Bachler seduto sulla solita sedia del ridotto ci ha raccontato le meraviglie prossime future sparando titoli eccellenti , direttori eccelsi , registi molto noti e anche in  qualche caso innovativi in maniera preoccupante.

Comunque mi sono divertita a segnare o meglio direi a sognare una serie di opere in programma nel lontano 2021 ( fino al dicembre ) che fanno venire l’acquolina in bocca ad ogni melomane curioso.

Cito a caso  : Un Rosenkavalier rinnovato da Barry Kosky sotto la bacchetta del futuro nuovo direttore Vladimir Jurowsky , un Freischütz con la regia di Tcherniakow, il Lear di Reimann , bellissima opera scoperta a Firenze lo scorso Maggio, e dulcis in fundo il Tristano tanto atteso diretto da Petrenko , ma sarà a dicembre del prossimo anno ( arrivarci!) con la regia un po’ preoccupante di Warlikowsky. 

Ma i nomi importanti sono tanti ( praticamente tutti!) Breslik , Opolais ,Jelo, Gherharer , non facevo in tempo a leggere i nomi dei direttori , dei cantanti , dei registi : mi sentivo come un ragazzino davanti alla vetrina di un pasticcere molto famoso . Troppa graziadiddio!

Adesso il problema è attraversare il deserto di questo lunghissimo anno vuoto , sperando che il virus si deformi , , si indebolisca o meglio venga ucciso da un fantomatico vaccino di la da venire del quale potrei anche iniettarmi in vena una dose “ottima e abbondante”.

Forse in paesi  più civili del nostro gli abitanti , quelli che hanno kantianamente” il cielo stellato sopra di loro e la legge morale dentro i medesimi” si potrà sperare in riprese accelerate rispetto alle buie prospettive nostrane, laddove il pressappochismo e la velleità vanno di pari passo con l’impreparazione.

Io posso solo sperare di arrivarci in piedi al 2021 , nel frattempo nutrendomi di streaming e di improbabili concertoni tipo quello viennese dell’ultima settimana , ma del quale francamente si può fare anche a meno perché se si eccettua il delizioso momento viennese di Kaufmann il resto era degno di una recita parrocchiale o giù di lì.

Sul silenzio

Non credo che rimpiangeremo niente di questo tragico intermezzo della vita che ha fermato tutte le nostre azioni , le nostre prospettive future , solo forse una cosa impalpabile che ho avvertito fortemente oggi  mentre nel primo pomeriggio stavo seduta in terrazza.

Ho sentito il silenzio , quello vero duro e compatto , rotto appena dal verso di un gabbiano nel cielo e poi , dal nulla , una risata giovanile da un terrazzo lontano.

Non lo conoscevamo più il silenzio , c’era sempre un sottofondo che tutto sommato si poteva anche chiamare vita : le macchine che passavano , gli aerei nel cielo , qualche volta anche le voci dei pescatori giù in basso in mare , vicino alla costa .

Quello lo chiamavamo silenzio ,anche la musica lontana della discoteca estiva presso la Piscina comunale .

Ricordo che quando mezzo secolo fa venni ad abitare in questa casa mi stupirono il canto degli uccelli al mattino e la piccola insistente civetta la notte.

Poi mi abituai ai suoni della vita scandita dal rumore dei pescherecci all’alba e dalle sirene nei traghetti in partenza la sera  quando luminosi e imbandierati partivano uno dietro l’altro nelle sere d’estate per la Grecia.

Era tutto un sottofondo vitale: adesso invece siamo in un vuoto cosmico , spettrale.

Così senza rendermene conto mi sono trovata a canticchiare “The sound of silence “ e da quel mio canticchiare soprappensiero sono arrivata ad un ricordo di una frase che mi aveva tanto colpito tanti anni fa leggendo    un piccolo prezioso libro.

Una frase che Marguerite Yourcenard nel suo bellissimo racconto mette in bocca al suo protagonista Alexis: ho sempre pensato che la musica dovrebbe essere soltanto silenzio , il mistero del silenzio  che cerca di esprimersi.

La musica non dovebbe essere che l’eccedenza di un grande silenzio.

A questo punto non ho potuto fare altro che alzarmi per andare a cercare  quell’eccedenza dal silenzio che amo e  goderne l’ascolto: Das Lied von der Erde di Gustav Mahler.

Cronache virali

  

Si comincia così: si trova una mascherina da muratore , ci si adatta , tanto non si deve uscire che per un minimo di spesa .

Poi questa mascherina  blocca il respiro e tornati a casa è diventata una specie di covo-covid , ma non importa , la si lava e disisnfetta per la prossima volta.

Passano le settimane , in farmacia finalmente si trovano le mascherine chirurgiche , ne ottengo tre , ma hanno dei nastri laterali che si legano dietro , scomodissime.

Studio un “selfmade  “attaccandoci degli elastici , ovviamente quelli da mutande che trovo in casa , fa un po’ schifo , ma perlomeno se devo soffiarmi il naso riesco velocemente a calarla un secondo, colpevolissimamente.

Passano i mesi e ormai sono arrivata all’isteria da mascherina : mi si appannano gli occhiali , mi sento scema e quando incontro qualcuno che forse , ma non è sicuro , sembra riconoscermi faccio come John Wayne nei western di John Ford : sguardo fisso , annuisco lentamente , esco dal Saloon, che poi sarebbe il supermercato.

Ovviamente non si trovano i prodotti usuali  ma quello che capita, inutile cercare i sedanini , trovi solo i sedanoni , gli spaghetti numero cinque poi sono più rari di un diamante in Sudafrica. Un pericoloso pensiero mi comincia a serpeggiare in testa : ma sarà veramente utile tutta questa sceneggiata di protezione ?

Nei paesi limitrofi , a parte la Cina che poi si scopre che aveva nascosto un po’ di polvere sotto il tappeto , le misure restrittive ci sono lo stesso , ma  sembrano meno rigorose : Francia e Spagna parlano di programmare riaperture per non parlare della Germania ( ah! inutile fare i paragoni ) loro in realtà non hanno mai chiuso veramente tutto , ma seri seri con accorta disciplina hanno permesso anche le corse nei parchi ( ho un nipote che vive a Colonia) , fidando nel rispetto delle persone .

Dopo quasi due mesi in Italia sembra di essere affidati a dilettanti allo sbaraglio , anche i conti e le statistiche si fanno a braccio , ognuno conta quello che vuole contare , mai due statistiche a confronto sennò si diventa scemi.

Abbiamo più taskforce noi che il Pentagono , solo che forse non si parlano abbastanza fra di loro .

Poi si pensa che qualcuno in Europa ci prenda sul serio quando riusciamo a fare delle sceneggiate anche al Parlamento Europeo?

Ne avevo parlato più di un mese fa e adesso si scopre quanti poveri miei coetanei se ne siano andati silenziosamente nelle case di riposo del Nord industrializzato e non solo . Ci è arrivata la magistatura : corsi e ricorsi come in uno sceneggiato : si ritorna al Pio Albergo Trivulzio , come una soap opera neanche tanto originale.

Sir Tony e il Parsifal

Quando non si hanno da recensire spettacoli (e non ne avremo ahimè per tanto tempo ) si può cercare di riempire il proprio spazio parlando di alcuni regali che comunque la rete ci offre.

Sir Tony Pappano ha iniziato una serie  di lezioni “chiacchierata” seduto al piano , con il suo delizioso inglese che  miracolosamente capisco benissimo, la prima volta analizzando il duetto del secondo atto della Traviata , quello tra la povera fanciulla e il cattivissimo padre Germont.

Sarà che quel duetto lo conosco come le mie tasche , ma soprattutto che è il momento dell’opera che mi fa più rabbia anche ascoltare per la centesima volta , non avevo ritenuto di soffermarmi troppo sull’argomento.

Diverso è stato la seconda volta : mi sono bastate le prime tre note dell’accordo e ho sorriso subito :il Parsifal! neanche fossi nella cabina di un vecchio quiz anni ’60.

Infatti durante questo periodo di grande magra musicale ho ascoltato talmente tante volte il Parsifal , quello di Gatti del Met , poi quello di Petrenko del BSO tanto da coglierne le diverse sfumature ed apprezzare le differenze e le sottigliezze interpretative.

Devo dire che dal punto di vista visivo mi era talmente piaciuto quel Parsifal americano  con lo sprepitoso allestimento francese di François Girard che quello bavarese , nonostante i disegni di Baselitz , non è stato  di uguale resa visiva. Sul piano musicale sono due direttori che amo , non voglio fare classifiche.

Non ho voluto invece sentire quello di Saltzburg perché Thielemann proprio non mi piace e l’allestimento era pure troppo pasticciato.

Qui vengo a Pappano e alla sua piccola chiacchierata al pianoforte : ovviamente non possiamo parlare di interpretazione musicale , ma per la prima volta attraverso la sua esposizione , la definirei quasi una garbata lezione , ho capito il valore dei silenzi  così importanti del preludio e finalmente ho capito qualcosa di più del famoso Amen di Dresda , di cui potrei parlare per ore , tanto ne sappiamo tutti , ma Pappano ha fatto riferimento ad un particolare importante : quell’accordo Wagner ce l’aveva in testa per la sua formazione religiosa , faceva parte del suo io più recondito.

Il Maestro al pianoforte ha dato una interpretazione molto “cristologica” dell’opera , anche se sappiamo che le fonti ,magari complicate e complesse dell’ultimo Wagner forse arrivavano davvero ad una spiritualità più cristiana di quanto il grande affabulatore musicale avesse professato nella sua più  giovane età.

Comunque sull’argomento il dibattito è aperto anche senza scomodare Nietzsche.

Lunedì dell’Angelo

profanamente detto Pasquetta : il giorno dopo Pasqua , per solito il tempo non è bello ,anzi spesso piove per uno strano fenomeno meteorologico che fa  sembrare anche pù cretino il rito della gita “ fuori porta” :
Quest’anno invece è un giorno qualsiasi , non si va da nessuna parte né come ieri e neppure come domani.

Tempo sospeso: noiosissimo vuoto , non ci sono neppure i giornali.

Mi ricorda il vuoto infantile : mi annoio ! terribile grigio mentale che mi assaliva da bambina e che mi faceva anche un po’ paura , perché se uno si annoia vuol dire che in realtà non ha proprio voglia di far niente , soprattutto neppure pensare , il che è gravissimo.

In realtà i pensieri ci sarebbero , ma sono grigi come il mio cervello , silenzio .

Ho la sensazione di vuoto che in altri tempi avrei definito pigrizia , oggi non mi pare neppure il caso di scomodare un bellissimo vizio pieno di voluttà.

 Era bella la prigrizia che in fondo significava riposo , uno la pigrizia se la poteva godere , colpevolmente godere.

Chi è riuscito a rappresentare questa sensazione è stato  Giorgio Gaber nella sua bellissima canzone :

 non si muove una foglia
ho la testa ovattata
non ho neanche una voglia
non c’è via di scampo
devo farmi per forza uno shampoo.

.

Ecco , ho trovato il canto di oggi : lo vado a cercare su YouTube , lo consiglio ai persi nel vuoto come me , ammesso che perlomeno scatti la voglia di ascoltare una bellissima surreale canzone e non è neache detto che poi alla fine quel famoso shampoo uno se lo faccia davvero.

BUONA PASQUA

all’amica di Riga , a quella australiana, ad Annamaria, al mio amico viennese , a quello triestino e a quello di Pavia ; ai wagneriani , mahleriani , pucciniani ,verdiani, al gattolico insigne , al professore dei mille teatri , all’amica bavarese che ama l’Italia , al milanese che poi tanto milanese non è , a quelli che ho perso per via , a quelli che ho ritrovato , a Paola , Carla e tutte quelle di Note in Viaggio con le quali ci ritroviamo accanto nei teatri , all’amica americana , alla canadese a Brita …a Luisa con la quale ci siamo divertite a programmare un bel viaggio virtuale,  a tutti quelli che non nomino e che siete tanti se nel mese di marzo il mio picccolo blog ha avuto 3311 visite , senza contare quelli che invece restano su Facebook , alle amiche russe , ai cantanti che mi leggono ,a Pavol , alle meravigliose Anita e Maria ,alle coltissime amiche francesi che mi onorano della loro attenzione…

al dedicatario al quale il blog è dedicato , al quale qualche volta mi permetto anche di non dare sempre ragione,

ai miei nipoti che mi onorano della loro attenzione , ai figli che mi commuovono, 

a tutti , proprio a tutti buona quarantena , sicuramente più bella se si vede il mare anche se da lontano o un giardino , un prato , un terrazzino , o almeno  una finestra al sole , felice giornata a tutti. 

La cultura cenerentola

Come avevo previsto cominciano ad arrivare gli annullamenti di tutti gli spettacoli che avevo prenotato per la stagione in arrivo.

Era una bella serie di eventi , ma già l’annullamento di Festival importanti e la chiusura dei teatri mi aveva fatto capire che la mia bella estate ( e non solo) se ne stava andando in fumo.

Niente in confronto alla tragedia che questo virus ha provocato nel mondo : migliaia di morti , crisi economica dai contorni in prospettiva ancora da comprendere nella sua terribile vastità .

Certo che i miei piccoli ( o grandi progetti di musica e di viaggi ) sono una cosa talmente modesta da non essere neppure minimamente paragonabile alla tragedia che l’intero pianeta sta vivendo.

Ma alla mia età ogni rinuncia , ogni viaggio che salta , ogni opera di meno che potrò andare a vedere rappresentano un accorciamento della mia vita , il Covid si sta mangiando anche il tempo che mi restava da vivere.

I vecchi , cioè noi che viaggiavamo , che spendevamo per la cultura , che sostenevamo con le nostre ultime passioni un intero settore culturale in tutta Europa e non solo , contiamo talmente poco che siamo messi in fondo ad ogni tipo di rinormalizzazione della vita futura.

Ma insieme a noi salta il lavoro a migliaia di persone , quelle sì ancora massimamente giovani : gli orchestrali , i cantanti , i coristi , gli scenografi , i macchinisti . cioè tutto l’intero settore dello spettacolo non solo musicale.

Come saltano gli organizzatori di mostre , i custodi dei musei , i lavoratori del turismo alberghiero , i ristoratori , le agenzie di viaggio , i treni e gli aerei.

Cioè insieme ai pensionati girovaghi salta una grandissima parte dell’economia basata sul tempo libero , che non era poca cosa in questo nostro mondo globalizzato dove era facile reincontrare le stesse persone in giro per il mondo a godere , dopo  gli anni della vita lavorativa quella fetta più lunga della medesima grazie all’allungamento in buona salute di molta parte dell’umanità  che rappresentava una bella fetta dell’economia non solo culturale.

E’ giusto ed essenziale pensare alla ripartenza dell’industria , dell’agricoltura ,della scuola , del commercio , cioè di tutto quello che significa vita intesa nel significato più ampio del termine.

Non bisogna però pensare che riaprire i teatri , i musei , le mostre sia una   fetta di attività da rinviare sine die. Dalla nostra ripartenza riprende  una parte non trascurabile dell’intera economia globale , non la si deve considerare cosa frivola.