IN PINACOTECA

Chiudo la mia tre giorni a Monaco con una bellissima serata : in un giorno in cui c’erano L’elisr allo Staadsoper e una Liederabend di un famoso baritono al Prinzgententheater pochi fortuna eletti si sono incamminati verso la Alte Pinakotehek per un evento discreto e prezioso: un  concerto di musica barocca.

Un pubblico direi domestico , poco turistico ,le voci basse ,signore più o meno giovani in tailleur, uomini con la giacca , senza quella eleganza sfacciata che ci si potrebbe aspettare.

Il programma è intitolato : il Mondo di Bach :suonano in quartetto quattro donne e un uomo al decoratissimo cembalo nero e oro.Due violini , una viola , una viola da gamba antica.

Le sedie sono messe in poche file ordinate che s’irradiano anche ai lati del piccolo complesso musicale.

Alle pareti i personaggi di Remband e i Rubens sembrano ascoltarci compiaciuti.

Difficile spiegare quanto sia piena la mia felicità : da anni ormai cerco di fare coincidere il mio programma a Monaco con questa serata particolare . Della prima volta che per caso mi capitò di andarci ( era un sera che sembrava vuota e diventò un evento bellissimo) io so che devo prenotare molto per tempo.

Le sedie sono poche , non sono numerate e chi arriva per tempo si mette seduto in posizione migliore. Io stavo benissimo in quarta fila , con alle spalle una elegante coppia di Rembrand, ne faccio la foto copertina.

Nell’intervallo il pubblico gira tra le ricchissime sale del Museo tra custodi impettiti e sorridenti: si sentono guardiani di un tesoro e guardano compiaciuti questo pubblico particolare.

Sulla scalinata all’esterno molti con il biglietto “Suche Karte”avevano aspettato invano speranzosi di qualche defezione che non c’è stata.

Il programma , tutto Bach , nella mia fretta di salire mi ero scordata di prenderlo alla cassa del Museo: un signore gentile alla mia sinistra me lo ha dato da leggere , una signora alla mia destra è venuta in mio soccorso  prestandomi una preziosa sciarpina perché soffiava una specie di tramontana dai bocchettoni del soffitto : per proteggere i quadri , mi ha spiegato ,quasi scusandosi ,uno dei custodi.

Vanamente ricercato sul programma on line so che la seconda parte era tratta dall’Arte della Fuga , di più non so dire , ma  anche se avessi riempito il mio blog di tutti i titoli dei pezzi , non avrei raccontato della serenità che questa musica perfetta provoca nella mia mente.

Bach è tutto questo : sembra che le idee di un’anima stanca si  distendano , tutto è riposo e insieme vigile attenzione .Comunque per la cronaca qualcosa ho ricavato, psicologicamente soddisfatta aspettando vanamente dei taxi all’uscita ( che non arrivavano ) sono rientrata a piedi all’albergo , anche i miei consueti dolori si erano acquietati.

INTERMEZZO , poi AGRIPPINA

I

Domenica mattina . Come un mulo ripercorro la stessa strada ogni volta che mi trovo a Monaco. Cinquanta metri , la scaletta e poi in Alte Peter , la chiesa con le Messe in latino e tanta , tanta musica.

Brillano sempre tutti i Santi nella navata centrale , al solito posto il solito orante sotto il pulpito laterale , la squadra di chierichetti abbondante e ordinata , ogni anno però sempre più scuri , alcuni addirittura neri.

Non ci sono più i chierichetti biondi  d’un tempo , signora mia!

Il latino del sacerdote è anche più oscuro del tedesco, ingolfato di parole gutturali e dure a volontà. Ma io mi sento a casa , questo mio rito nel rito fa parte del piccolo mondo vicino al Virktualenmarkt in cui si trova di tutto. 

Al Panis Angelicum , cantato benissimo da un tenore vero ,penso alle chitarre nostrane e sospiro, povera Italietta.

Prinzregententheater

Quando il cardinale Vincenzo Grimani scrisse il libretto non pensava al grandissimo successo dell’opera che Georg Friedrich Haendel avrebbe musicato per il Carnevale di Venezia  del 1709: messa in scena per 27 repliche consecutive ebbe grande successo di pubblico e di critica .

La storia riguarda la madre di Nerone , personaggio in parte tragico che ben si prestava ad una versione musicale. Haendel fu in Italia per tre anni , poi la sua opera , salvo una ripresa ad Amburgo nel 1718 , le sue opere passarono di moda e bisogna arrivare al 900 per vedere di nuovo Agrippina sulle scene.

Ormai è quasi opera di repertorio  viene considerata il primo capolavoro operistico del grande autore , piena di freschezza e di invenzioni musicali , comunque di difficile classificazione, viene correntemente definita “commedia satirica anti-eroica”.

Vi si narra dei raggiri che Agrippina , madre di Nerone attuò con spregiudicatezza per portare l figlio “problematico” sul trono di Cesare e della altrettanto famosa Poppea che poi in un tempo successivo ne divenne la moglie.

L’allestimento di Monaco si serve della regia di uno straordinario Barry Kosky e la direzione è affidata all‘inappuntabile Ivor Bolton , un maestro del genere e fedele presenza durante le estati bavaresi.

La compagnia di canto ha in Franco Fagioli la sua punta di diamante, il suo tossico-punk Nerone da solo vale la trasferta.

Ottime le due donne :Agrippina Alice Coote e la Poppea di Elsa Benoit, ma tutti sono straordinari cantanti/attori tra i quali brilla , per me ,l’unico italiano: Gianluca Buratto al quale devo inoltre l’avere attraverso di lui comprese  le parole del testo , che sarebbe in italiano , ma che viene ahimè cantato nel barocchese spinto di tutti gli altri.

Sua la bellissima aria di chiusa della prima parte , sulla morte di Claudio e che divide in due lo spettacolo , nato in realtà con la divisione consueta dei tre atti.

Stupendi e divertenti i costumi, la scena con grande parallelepipedo rotante che si apre come  una “boite à musique” a significare il ruolo massimo del potere  ad un tempo e a sfondi di alcova nella divertente scena della seconda parte compreso il colpo di genio di Barry Kosky ( forse per me il momento più esilarante ) quando il campanello di casa Poppea ripete come un jingle il refrain dell’Hallelujah di cotanto autore.

Da citare anche il Continuo Ensemble con arpa , tiorba , violoncello e e cembalo , ma sarebbero da citare tutti , davvero.

La chiusa triste con Agrippina che resta sola , citazione e presagio di quando essa stessa avvisata da un indovino che l’aveva messa in guardia , pensa alla sua triste sorte quando sarà addirittura uccisa dal figlio per il quale avrebbe  detto la famosa frase per cui tutto è lecito pur di arrivare al potere.

Seratona con teatro strapieno e divertito : risate e applausi , ovvero quando il teatro diventa il luogo privilegiato della fantasia e del godimento. 

Anche quest’anno l’evento del Prinzregetentheater,, questo elegante teatro Art Nouveau (risale al 1909 ) si è aperto con il consueto appuntamento  per la gioia degli appassionati barocchiani ( e non solo). 

Meisteringer von München

Quando alle cinque Kiriill Petrenko alza la bacchetta sul rullo di tamburi dell’inizio dei Meistersinger mi avvio lieta nel mondo di Wagner che più amo.

Questa opera felice, scritta nel tempo di mezzo ,in attesa di completare il Tristano è uno splendido affresco umano corale.

Il protagonista Hans Sachs , spesso intrepretato come alter-ego di Wagner , in realtà è uno stupendo personaggio ,la cui tristezza sulla fine della giovinezza si scontra con la vitalità del “nuovo” Walter von Stolzing ( ma forse allora Wagner sarebbe lui ?) , intorno a cui si muovono vivacissimi personaggi di questa felice commedia e per tutti c’è una specie di tenerezza da parte dell’autore .

A cominciare dal delizioso Davidino , il scolaro , che si accorge con stupore che il Johannistag è ..anche la festa del suo amatissimo Maestro, alla saggia Lena , alla forse un pò troppo velleitaria e civettuola Eva.

Che dire poi del povere Beckmesser in cui Wagner ha infilato tutta una serie di vendette personale contro la classe dei suoi detrattori , a cominciare dal perfido Hanslick?

Tutti si muovono intorno al grande tema della musica nuova e del rigore passatista dei Meistersinger , convinti depositari della tradizione e della fedeltà alla medesima.

Questa ripresa , ohne  Kaufmann , si avvale di un bravo sostituto , collaudato nel ruolo . Quando attacca il suo Preislied ce la metto tutta per non avere nostalgie , ma in quel momento preferisco concentrarmi su Petrenko, lo vedo da vicino e mi incanta il suo modo di dirigere i cantanti.

Poi come giustamente ha osservato una fedelissima del grande cantante : se tre anni fa era riuscito magicamente a interpretare il ruolo dimostrando la metà dei suoi anni , forse adesso il discorso avrebbe potuto essere in qualche modo diverso.

L’allestimento , collaudato e del quale avevo tanto parlato tre anni fa è lo stesso , la compagnia di canto modificata è comunque all’altezza della tradizione del BSO.

Pochi piccoli ritocchi alla regia, Eva e Lena solo le stesse : Sara Jakubiak e Okkaa von der Damerau, ma chi giganteggia è proprio Sachs, uno splendido Wolfgang Koch in ottima forma.

E’ cambiato il tenore che interpreta David : un bravo Kevin Conners , Beckmesser lo stesso Martin Gantner delle repliche di tre anni fa. I Maestri sono in parte gli stessi della collaudata squadra del BSO e in parte nuovi , ma sempre tutti bravissimi e integrati con la festosa messinscena.

Su Daniel Kirch che dire ? Il suo Walter veste la maglietta , che gli sta troppo grande , del suo ineguagliabile predecessore, è decisamente ingrato fare paragoni e il pubblico generosamente lo premia ,se non altro per il coraggio di essere lì, in quella parte difficilissima e dalle arie incantate.

Ovviamente si esce in fretta , non ci sono i chilometrici rientri alla ribalta , lo spettacolo è bellissimo,ma anche lunghissimo per la resistenza dei mediamente non giovanissimi spettatori.

Triste era stato vedere sulla scalinata del teatro tantissimi biglietti in vendita , anche a prezzo scontato; invece dei “suche Karte” molte offerte per lo più ignorate .

In definitiva si andava a sentire comunque la musica di Wagner , in un bel teatro , con un grande direttore e un bellissimo allestimento felice.

Per me e per molti altri l’appagamento completo quando sull’attacco di Eva parte l’avvio del Quintetto , una delle pagine più belle , a mio avviso , che siano mai state scritte nell’Ottocento e non solo.

In viaggio

Verso la Baviera , come ogni anno d’estate. In viaggio con gli amici , le file dei vacanzieri che vanno verso Sud, il caldo è notevole ,ma sappiamo che finirà presto , tutto sommato lo speriamo pure.

Il solito albergo amico , Marienplatz sempre piena di folle multietniche , solo la mia stanchezza aumenta di anno in anno.

Ieri non avevo fatto in tempo a scrivere qualcosa , ma stasera con calma , prima del meritato riposo ( spero) vorrei recuperare il pensiero di ieri . E’ morto Rudger Hauer , un bravo attore olandese , ma tutti i necrologi in rete lo ricordavano  per quel monologo finale di Blade runner , molti lo hanno addirittura citato parola per parola.

Mi ha colpito tanta corale partecipazione , una generazione , per semplificare tra i quaranta e i cinquanta citava quella sconclusionata geremiade come se si trattasse di un testo sacro.

Il film , a quel tempo avveniristico , ambientato in una città futuribile in cui pioveva sempre si svolgeva nel 2019. 

Ci siamo e non piove in maniera sottile e continua : piovono bombe d’acqua , poi abbiamo picchi di calore , la previsione romantica non mi pare si sia avverata.

A me quella sconclusionata scena finale con Harrison Ford che brillava , come al solito , per una sola espressione e quel replicante che ieraticamente parlava dei “bastioni di Orione e di porte di Tahnnauser (sic!) e finiva con le lacrime nella pioggia mi aveva sempre fatto un pò ridere , evidentemente il mio scetticismo culturale non era allineato col sentire dei giovani di quella generazione.

So di attirarmi strali e contumelie ma mi è rimasta la convinzione che la generazione successiva alla mia abbia letto troppo poco se è diventata una citazione importante il finale di quel film , comunque a suo tempo molto apprezzato anche dalla critica più smaliziata.

Hanno fatto anche il “sequel” , anche più buio e umido del primo . L’ho visto e non mi è piaciuto . Evidentemente non sono portata per i film del genere.

Democrazia

Rileggo la famosa frase di Churchill nella quale si afferma essere la democrazia il meno peggiore di tutti i governi possibili e poi guardo la foto di Boris Johnson e mi domando se la frase abbia in sé qualcosa di retorico e forse superato .

La galleria di personaggi che affollano il nostro quotidiano politico è impressionante : da Trump a Erdogan , da Bolsonaro ai nostri vice-premier è tutto un fiorire di personaggi “eletti” dal popolo , quindi niente da eccepire , siamo in democrazia.

Poi penso che la frase di Churchill risale alla prima metà del secolo scorso e forse ho trovato la chiave per capirne ,se non il superamento , perlomeno la deformazione che al presente la parola democrazia contiene di negativo al suo interno.

Perchè oggi in nome della partecipazione più ampia del convivere sociale si usa uno strumento drammaticamente deformante la percezione  della convivenza medesima: questo specchio deformante sono i “ social” con tutto il loro carico di demagogia e pressappochismo.

Viviamo in Bar dello sport planetario , in cui ciascuno si sente padrone di emettere sentenze , giustificare atteggiamenti demagoci , in ultima analisi di orientare le scelte globali senza peraltro avere conoscenze o titoli per farlo.

Invito a entrare in uno di quei post che hanno un seguito “ di parte”, l’esperienza può risultare devastante.

Allucinanti le argomentazioni , le ripetute frasi slogan ad effetto , il rincorrere le fake-news come vangelo.

Poi ovviamente Il popolo vota e il popolo crede di decidere . 

Intanto sempre più nel mondo comandano le oligarchie potenti , la virata a destra planetaria è ormai percepibile anche se non si è attenti osservatori della gestione politica nel mondo occidentale e non solo.

Più che la democrazia vince la demagogia . Con questa , ci piaccia o no , dovranno fare i conti le generazioni future.

Unica speranza , una allargata forma di partecipazione a livello culturale .

Solo attraverso una più intelligente forma di cultura diffusa si potrà tornare a sperare in un mondo in cui la democrazia ritorni ad essere il  “ meno peggiore dei governi possibili”.

La strada è lunga e in salita , alle giovani generazioni l’impegno di realizzarla.

20 luglio 1969 20 luglio2019

Io c’ero quel giorno davanti al piccolo televisore Admiral in bianco e nero. Lo tenevamo appoggiato sopra una libreria girevole inglese nel salotto della casa di Via Fabio Filzi quella casa malefica ,strana ,grande e scomoda che avevamo preso in affitto nel tempo necessario di potere  entrare nella casa nuova in costruzione.

Sui piloni del cancello di quella che un tempo era stata una villa fuori porta c’era scritto VILLA MALA , il resto era sull’altro pilone ma tutti la chiamavano solo Villamala.

Non mi ricordo se AnnaBice fosse con noi o se fosse già andata a letto con i fratellini. Me la godevo quanto più potevo da quando l’illustre professore dell’Hopital Saint Louis a Parigi , alla fine di giugno mi aveva detto : pour votre fille il n’y a plus rien a faire. 

Già, perché mentre il primo uomo metteva un piede sulla luna : un piccolo passo..eccetera, la mia bambina di dodici anni , la primogenita se ne andava dopo diciotto mesi di inutile lotta contro una leucemia mieloide acuta.

Forse per questo oggi non riesco  celebrare la data storica , per me è una data di angoscia , di attesa di una fine  che sarebbe avvenuta con l’avvio dell’autunno.

Quel tipo di leucemia infantile è ancora incurabile.

La Diva Tosca

Quando un Festival come quello di Aix en Provence mette in cartellone un must popolare come Tosca sicuramente non lo fa in modo banale , il risultato è sicuramente stimolante , in parte anche riuscito , ma ci pone alcune domande di fondo sulle quali mi piace riflettere.

In reltà la Tosca di Aix è una sorta di documentario sul mito popolare ,su cosa è nella mente dei molti che all’opera non ci vanno mai, di quelli che la Tosca è “vissi d’arte” e poco più. 

Quegli stessi che magari hanno un vago ricordo dell’unico spezzone tv della Divina per eccellenza : Maria Callas e del suo mitico abito rosso Impero.

Curiosamente ad interpretare il mito si sceglie una che diva non fu se non per essere stata la protagonista di un evento cinematografico girato a Roma : quella “Tosca nei luoghi di Tosca” che fu una operazione brillante  e molto popolare.

Oggi Catherine Malfitano interpreta la Prima donna ossessionata dai ricordi , persa nella sua vita di ex cantante , circondata dai suoi cimeli e forse anche dai suoi rimpianti.

Come riuscire a mettere in scena questa Tosca sul mito di Tosca? Il regista Christophe Honoré immagina un primo atto ( forse il meno riuscito) in cui nel bel salone della cantante arrivano i cantanti e anche i bambini ( quelli proprio lei non li vorrebbe ) e la Master class comincia .

Ovviamente la Tosca è giovane e abbastanza immatura , Cavaradossi invece è stagionato , tanto da usare anche galanterie per la vecchia cantante e,Scarpia senza ghigni e birignao, è forse il meglio riuscito.

Nel secondo atto , con la scena divisa in sezioni , si gioca meglio il momento clou del dramma , anche se con discutibili eccessi di volgarità come la cattiva digestione di Cavaradossi che ne giustifica il malessere o l’abbinamento sessuale tra la violenza di Scarpia e l’amore mercenario di Tosca.

In questo contesto la sfilata di immagini di Divine sul “vissi d’arte” della giovine cantante è la chiave di tutto.

Il terzo atto , scenicamente è forse il più riuscito : tutto si ricompone . L’opera in forma di concerto , l’orchestra sul palco e il l”Lucean le stelle” dedicato alla Tosca spettatrice privilegiata in veli rossi sul palcoscenico.

L’ovvio e a questo punto banale finale vede la Diva uccidersi ,  perduto ormai il suo ruolo cede il campo all’avvenire della giovine che la sostituirà nel futuro.

A questo punto mi pongo le domande : serviva tutto questo per raccontarci una Tosca non convenzionale ? 

e soprattutto può essere questa una strada per riavvicinare i giovani , o meglio tutti coloro che all’opera non ci vanno perché la considerano un’espressione d’arte superata?

Credo proprio di no : Tosca è un capolavoro perfetto musicalmente e scenicamente  e per questo è ancora uno dei titoli più frequenti nei cartelloni di tutto il mondo.

La compagnia di canto è di buon livello : Algel Blue è ancora acerba , come vuole il copione , Joseph Callejia se la cava , anche se notoriamente non è mai un grande interprete e i suoi acuti sono molto strillati , il migliore è Alexey Maikov , uno Scarpia convincente e ben calato nel gioco interpretativo.

La Malfitano , che pure canta la “canzone del pastorello” , con i suoi grandi occhi sgranati buca letteralmente lo schermo, ovviamente tanto abusato da diventare un leitmotiv banale delle attuali messe in scena.

Ora va di moda , come lo furono i cappottoni qualche anno fa.

Gli operatori in scena che salterellano qua e là cominciano francamente a stufare.

Mi è piaciuta la direzione intelligente di Daniele Rustioni , coraggiosamente a capo di un ‘ottima orchesta di Lione , virtuosamente coinvolto a dirigere in maniera anticonformista .

Devo dire , a onor del vero , che a mettere in scena la Tosca- Diva ci aveva già pensato con ben altro risultato e con ben altri interpreti Robert Carsen una quindicina di anni fa a Zurigo.

In morte di un Maestro

I

Lo sapevamo da tempo , il silenzio dopo il drammatico ricovero un mese fa , l’età tanto avanzata , tutto ci portava a pensare che l’ultima notizia sarebbe stata proprio quello che ho letto stamattina .

Però , forse , mi ha colto lo stesso impreparata , perché Camilleri faceva parte di quella rara specie di persone che se anche non lo avevo mai incontrato  era come se fosse in qualche modo una parte integrante della mia vita .

Ricordo esattamente quando una cara amica mi portò in regalo un librino blu della Sellerio :lo aprii distrattamente e vidi che era scritto in uno strano italiano e lo richiusi perplessa, ma quando lo riaprii e cominciai a leggere : era Il birraio di Preston , uno dei capolavori assoluti del grande scrittore ,uno dei suoi più felici libri storici , o per meglio dire di quei libri ambientati in un tempo lontano che ci raccontavano sotto un lieve velo di ironia il mondo di oggi , tra me e l’autore scattò un amore totale , incondizionato.

Ho scritto stamani di avere contati i trentasei libri blu , messi per taglio, più altri nove o dieci libri rilegati , quelli messi diritti ,proprio qua dietro le mie spalle mentre scrivo.

Non sono tutta l’immensa produzione dell’autore, sono quelli che ho sempre preso dal banco della libreria quando entrando ne vedevo la bella pila vicino alla cassa . Si perché Camilleri si vendeva bene , uno scrittore di enorme successo che era anche un grande fustigatore di costumi , un attento testimone del suo tempo ,politicamente e dichiaratamente schierato senza compromessi.

Quello strano italiano abbinato ad un siciliano inventato e prezioso lo hanno reso universale , non so in quante lingue sia stato tradotto , certo moltissime e la sua Sicilia è diventata nel mondo una terra anche più preziosa e universale di quanto sarebbe stato mai possibile immaginare negli anni novanta , quando cominciò il suo successo planetario.

Fra tutti i suoi libri uno in particolare mi è caro : uno strano titolo :L’ombrello di Noè, nasconde alcune preziose pagine sul teatro , lui che oltre a tutto era stato regista , sceneggiatore e insegnante all’Accademia di Arte Drammatica per un ventennio.

Amava il teatro di quell’amore profondo di chi lo sa fare , lo sa vedere , ne sa godere anche da spettatore.

Dietro il fumo della sua eterna sigaretta , con quella inconfondibile voce roca era riuscito lo scorso anno in una serata indimenticabile a immedesimarsi  nel ruolo di Tiresia al Teatro greco di Siracusa .Già cieco , senza nessun riferimento se non la su figura carismatica , aveva incantato gli spettatori silenziosi e meravigliati dalla lucidità del grande vegliardo.

Per fortuna di quella serata esiste la ripresa televisiva ed è un grande esempio di come si possa fare teatro , e che teatro , stando seduto , avendo simbolicamente accanto solo un bambino attento alle sue parole.

Aveva ancora in programma una serata in cui aveva intenzione di raccontarci la storia di Caino , il destino non ha permesso che questa serata , programmata proprio in questo mese  abbia avuto luogo.

So che aveva in mente anche di uccidere Montalbano , il commissario nato dalla sua penna felice , credo che ancora Camilleri farà in modo di stupirci con qualche effetto teatrale e credo anche che si divertisse a pensarlo.

Oggi ascoltavo una sua intervista nella quale rispondeva al giornalista che lo stava intervistando se pensava che l’Italia fosse un paese democratico.

La su risposta sorniona sembrava in prima battuta eludere la risposta : in Italia si fanno prove di democrazia , quando in teatro la prova generale va bene , poi non va bene lo spettacolo (verità assoluta!) ..ecco è bene che le prove vadano male , restiamo più sicuri per la riuscita dello spettacolo.

Ho cenato al Metropol

Correva l’anno Domini 1984 , gran bel viaggio in Unione Sovietica.

Arriviamo a Mosca dopo un lungo giro nell’anello d’oro : le città con tutti i Kremlini e le chiese con i i campanili a cipolla.

in teoria ci saremmo dovuti muovere solo in gruppo con la guida , ma il mio compagno era un po’ anarchico e una sera decidemmo di andare a cena da soli , nel nostro albergo non si mangiava un granché.

Arriviamo sulla Piazza Rossa e vediamo questo albergone illuminato : chiediamo se è possibile cenare : rispondono che dobbiamo pagare in dollari.

Ok.

L’atmosfera è fantastica , il cameriere premuroso ci porta al piano di sopra : nella grande sale suona un’orchestina di donne . Sembra di essere in un film anni trenta.

Occhieggio divertita nei Privé e vedo scenette notevoli: Popi goderecci con eleganti signorine in intime cenette romantiche, uomini stile spie alla Le Carré che mangiano silenziosi .

Ci portano in una sala abbastanza grande da contenere più tavoli. Nel tavolo vicino un’americana in vena di chiacchiere e un po’ su di giri per la vodka: stanno girando un film americano su Pietro il Grande e lei è un po’ stufa delle steppe; si è concessa una cena moscovita.

Menù di tutto rispetto , quello che mi ricordo di più un piatto di funghi con la panna , roba da nouvelle cousine!

Dalla finestra vedo brillare le stelle rosse sulle guglie del Kremlino , la chiesa di San Basilio sembra finta , effetto Disneyland garantito.

Siamo allegramente privi di passaporto che ci hanno ritirato in albergo , ma non ci succede niente di pericoloso. 

Si paga tranquillamente con la Diners e si esce nel bel clima settembrino , accanto alla mura c’è il famoso Mausoleo di Lenin , davanti i magazzini Gum nei quali non c’è praticamente niente da comprare. In metropolitana al ritorno in albergo un cordialissimo ubriaco attacca una delle sue tirate misteriose alle quali mio marito risponde serissimo , da, da da……

Sarei curiosa di sapere se l’albergone illuminato è ancora ben frequentato come nel secolo scorso. Mi pare che ancora ci cenino le spie e i cosiddetti uomini d’affari.

Gli italiani in questo non sono secondi a nessuno.

Ancora su ARTE

Colgo l’occasione del Festival di Aix en Provence per parlare ancora una volta del canale culturale franco/tedesco sul quale si possono vedere preziose e interessanti messinscene , non reperibili altrove.

In realtà . so di ripetermi perché questo argomento lo avevo già affrontato in passato ,il nome ARTE è un acronimo e non va confuso con il canale Sky Arte dallo stesso nome :
ARTE significa Associasion Rélative à laTelevsion Europeenne e fu creato con i soldi della Comunità europea per dare ai cittadine europei la possibilità di vedere “ in chiaro” spettacoli culturali e informazioni. generali.

Anche l’Italia avrebbe potutto partecipare al progetto , ma in quel momento le frequenze a nostra disposizione erano tutte impegnate dai canali berlusconiani e non si trovò il posto per noi!

Ricordo , era il 1992 ,un paginone di Repubblica che denuunciava lo scandalo , poi tutto finì li nell’indifferenza culturale del nostro felice paese.

Ci fu un periodo nel quale questo canale lo si poteva vedere sulla piattaforma Sky poi ovviamente avendo Sky pensato di farne uno con lo stesso nome per vederlo bisogna andare su satellite o attraverso varie piattaforme culturali che nel frattempo sono cresciute come funghi.

Ho un caro amico di web che si fa tutti i Festival possibili , c’è anche Francesco Maria Colombo che segnala queste cose interessanti e io che sono molto curiosa di cose belle  (o meno belle ,ma interessanti) vado spesso su questo canale.

Certo che gli spettacoli si dovrebbe poterli vedere dal vivo e so benissimo che qualunque ripresa tv anche preziosa non ci regala la stessa emozione dello stare lì , magari al caldo estivo provenzale , a godere dal vivo gli spettacoli.

Lo spettacolo di Romeo Castellucci ispirato al Requiem di Mozart è molto suggestivo,riprende la cifra stilistica del regista dai tempi dei Raffaello Sanzio , quando era molto più provocatorio , comunque seguita a raccontare spettacoli molto riconoscibili del suo stile.

L’ascesa e caduta della città di Mahagonny di Kurt Weil su libretto di Brecht ha un atout nella direzione di Esa Pekka Salonen e una regia interessante di Ivo Von Hove ; soprattutto ha due interpreti di notevole livello : una Karita Mattila ancora ottima attrice e Annette Dasch perfetta nel ruolo di Jenny .Il tenore austriaco che non conoscevo è notevole , ma sono tutti vocalmente molto bravi , solo non so se questa sia la migliore rappresentazione della parabola brechtiana.

La Tosca non la si può vedere in chiaro , ma mi si dice che fosse problematica ..se non brutta . Ne parleremo in seguito.

Otello versus Otello

  

Momentaneamente ( spero) a mobilità ridotta ,per festeggiare il Nostro mi guardo in sequenza l’Otello di Londra e quello di Monaco , questo secondo praticamente in simultanea della ripresa.

A Londra c’era Shakespeare , ridotto abilmente da Boito , al quale vanno perdonati “il ciurmador, Il mio pensiero è fello e soprattutto il ridicolo orai”…

ma soprattutto si sente tutta la forza del vecchio Verdi e c’è una logica orribile e facile insieme che è alla base della potente e straordinaria storia del Moro di Venezia.

Nella , per me sbagliatissima versione monacense c’è una signora che evidentemente ama di più le donne , ma non nel senso della  la povera giovinetta ingenua veneziana che cade in una trappola tanto semplice quanto inevitabile.

No , qui la signora Niermeyer ha deciso di raccontare di una signora stanca del marito un po’ cotto in tutti i sensi  e che ama giocarci un po’ come il gatto col topo.

Ma poi non torna il discorso , perché con questa logica il tradimento con il giovine Cassio ci starebbe tutto , un po’ meno la reazione dolente , rabbiosa e folle del marito .

Insomma ci racconta una storia ben recitata , accurata ma in lieve slittamento tra la musica , il testo e la rappresentazione che ne vuole dare .

Le sarebbe probabilmente piaciuto cambiare anche il nome del protagonista , a lei interessa molto più Desdemona agée che non lo stanco soldato ( peraltro interpretato magistralmente dal solito attore / mostro che riesce ,obbediente da vero professionista tedesco ad attaccare “ il carro dove vuole il  padrone”.

Dal confrono tra le due versioni è talmente vincente quella londinese da non lasciare il benchè minimo margine di dubbio , perchè anche il vituperato Vratogna risulta più aderente al ruolo del manierato Finley , che in qualche momento sembra addirittura uscito da una rappresentazione mozartiana , periodo Da Ponte.

Quello che invece Monaco ci regala è la lettura sublime di Petrenko , io amo tantissimo Pappano e il suo Verdi è forte e ineccepibile , ma Petrenko tira fuori dall’orchestra e dal coro momenti quasi inediti della partitura , non so giudicare musicalmente , sono una orecchiante ascoltatrice e forse la sua potrebbe essere una interpretazione molto personalizzata .

Certo che ascoltato ad occhi chiusi questo Otello resterà una straordinaria pietra di paragone.

Un giorno importante

Chi lo avrebbe mai immaginato quando tanti anni fa avevo cominciato a scrivere di lui che sarei arrivata , insieme alle folle oceaniche , a scrivere un pezzo sul suo cinquantesimo compleanno!

Ebbene , oggi 10 luglio 2019 Jonas Kaufmann , tra il rullare dei tamburi e osannato nei cinque continenti compie cinquanta anni.

Io , che avevo cominciato a tenere un blog proprio per raccontare di lui , delle tante , tantissime volte che gli sono andata dietro per sentirlo e vederlo calcare le scene di mezzo mondo non potevo proprio esimermi da non scrivere oggi su di lui e ho scelto , una volta tanto , di scrivergli una lettera , visto mai che un giorno magari la legga pure.

Carissimo Jonas 

da quando ci siamo incontrati la prima volta , ma tu questo non lo puoi sapere  perché mentre tu cantavi alla Scala  io ti vedevo da casa in televisione , sono passati tanti anni nei quali tante , tantissime volte ti ho sentito cantare e ti ho anche incontrato qua e la all’uscita dei teatri e anche spesso in backstage.

Ebbene in tutti questi anni in cui intorno a te cresceva quel successo planetario che ti meriti io sono stata gratificata e contenta dei nostri incontri .

Potrei dire che in qualche modo hai reso molto più allegra la mia vita quando ormai la vita di gioie infantili te ne da poche.

Ho scritto tanto su di te , addirittura quattro piccoli libri che devotamente ti ho consegnato , ho apprezzato le tue “prise de rôle”, le tue fantastiche Liederabend e piano piano mentre io invecchiavo e tu crescevi di fama nel mondo , mi hai fatto compagnia , come un figlio ( il mio quarto figlio ) come spesso ti dico e tu fai la tua grande sonora risata.

Oggi che anche te sei davvero grande e io sempre più piccina voglio mandarti il mio augurio speciale insieme al grazie sincero per tutto quello che attraverso la tua arte mi hai regalato.

Voglio chiudere con un ricordo , uno dei tanti , che mi racconta molto di te :

eravamo a Cesky Crumlow , ti consegnavo il mio secondo libro e ti ho detto che che sarei stata contenta di ascoltarti nell’aria di Marietta dalla DieTote Stadt.

Tu , con quell’atteggiamento gentile che hai con tutti , chinando la testa di lato verso di me che sono tanto piccola mi hai detto incuriosito : perché, ti piace davvero?

Perché questo è il tuo fascino , sei curioso con tutti , attento e sincero ; quella sera poi quell’aria non la cantasti anche se era nel programma ( forse la tua partner sudcoreana non la conosceva) e mi rimase la voglia di sentirti.

Ebbene , ho già in tasca la prenotazione e la data della rappresentazione di Die Tote Stadt futura .

Quella sera verrò ad abbracciarti e dirti grazie di persona per tutte le gioie che mi hai dato in questi lunghissimi anni che in qualche modo abbiamo passato insieme.

Oggi per te è una giornata particolare se anche il piccolo canale Classica della piattaforma Sky Italia ti regala l’intera giornata.

Spero tu sia con Christiane , con i tuoi tanti figli grandi e col piccolo V. di cui allegramente a Londra mi hai rivelato il nome.

Un abbraccio e arrivederci a Monaco , tra poco più di due settimane…

la tua affezionatissima grupie 

                                                 Adriana