BUNDESVERDIENSTKREUZ

 

 

 

Ieri mattina quando praticamente in tempo reale sono apparse sul mio computer le prime foto della consegna a Jonas Kaufmann della Croce al Merito Federale inviate dal suo press-agent nonchè fedele amico e biografo Thomas Vogt ho provato gioia per lui e insieme gratitudine per tutte le volte che attraverso la sua voce ho potuto passare momenti felici nella mia vita.

 

 

Mi sono subito ricordata della foto nel libro- biografia in cui il piccolo Jonas al pianoforte è guardato con attenzione e tenerezza dalla sorella più grande, quando le sue piccole manine non erano sufficenti per suonare il piano e il bambino tanto amante della musica fu mandato nel coro della scuola nel quale avrebbe poi scoperto il grande dono che aveva in sé , la sua voce.

Quella sorella affettuosa che poi in Italia lo avrebbe lasciato solo per andare a giocare con ragazzini più grandi costringendolo così ad imparare l’italiano se voleva farsi capire dai suoi piccoli coetanei.

Ho pensato anche a quella foto del bambino buono nel banco di scuola con il suo premio davanti e la cartella dietro , un’espressione di bontà orgogliosa che penso nella giornata di ieri sia ritornata sul volto del nostro amato tenore.

 

 

Le cerimonia di consegna delle onoreficenze da parte del ministro incaricato ci ha mostrato la sobrietà dell’evento..

Tutti i premiati seduti in circolo davanti all’oratore ,Jonas mi è sembrato addirittura il più giovane , persone molto normali tutti insigniti della onoreficenza che premiava il loro impegno nella vita sociale , culturale , educativa e artistica .

Infatti anche nella motivazione del premio a Kaufmann, oltre al riconoscimento ai suoi meriti artistici per avere portato la sua voce su tutti i palcoscenici del mondo non a caso è stato fatto riferimento al suo impegno nel progetto del Bayeriche staatsoper che riguarda l’avvicinamento dei bambini alla musica di cui lui è testimonial e sostenitore,teatro di cui Jonas oltetutto è anche Kammersänger.

 

Nella grande salone dopo la solenne cerimonia si aggiravano premiati ed invitati tra i quali c’era anche un veccho signore con tanto di barba e cappello e ho potuto vedere anche tanti dirdl come a testimoniare un senso della tradizione forte e commovente che posso definire con l’attaccamento a quella parola intraducibie in italiano e che si chiama Heimat.

 

La foto di Jonas con la sorella sta certamente a dimostrare l’importanza che la famiglia ha sempre avuto nella sua vita , nella foto hanno lo stesso sguardo e lo stesso sorriso e la semplice signora vista molto raramente a teatro mi ha dato l’impressione di una serenità compiaciuta nei riguardi del famoso fratello.

 

I frammenti di video e le foto ritraggono un Kaufmann soddisfatto che si guarda orgogliosamente il piccolo distintivo sul risvolto della giacca e spero che lo porti spesso nelle cerimonie ufficiali che certo non gli mancanoI

 

l suo sguardo tanto diverso dalle foto di scena e da quelle che lo ritraggono coni i suoi tanti ammiratori/ammiratrici è lo sguardo sereno di un uomo appagato e orgoglioso del riconoscimento ricevuto.

Questa specie di onoreficenza che in Italia può avere un equivalente nel Cavaliere del lavoro e delle Arti spesso è portata da signori un po’ più anziani di Jonas e spesso dotati di un po’ di pancetta e penso che anche nel suo caso ormai la potremmo pure tollerare perchè in effetti ci potrebbe anche stare!

 

Questa volta chiudo il mio pezzo con orgoglio ed affetto e con un bacio ed un abbraccio ,

da parte della tua vecchia amica italiana.

 

 

LA MEMORIA

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oggi è il 25 aprile , la più importante festa laica italiana : segnò la fine del fascismo ,riaprì le speranze di un popolo verso la democrazia.

Ci lasciavamo dietro una guerra terribile , a rileggere la storia del Novecento segnata da due guerre mondiali e dagli orrori del nazismo ci viene da domandarci perché oggi le nuove generazioni non siano state educate a leggere il passato in maniera adeguata .

Di fronte ad una nuova svolta epocale e biblica quale l’esodo di milioni di esseri umani in fuga ancora da guerre , genocidi di massa e persecuzioni l’Europa non è solo impreparata ma addirittura incapace di trarre insegnamento da ciò che fu per lei una realtà neanche troppo lontana.

Il tempo corre troppo veloce in questo nuovo millennio . Quelli che furono i nostri valori e per i quali morirono giovani di tutte le Resistenze europee oggi sembrano appannati e addirittura valutati col metro dello scetticismo e ricondotti ad immagini di fastidiosa retorica.

Lo spettro del nazismo si riaffaccia in questo vecchio paese stanco: ci siamo dilaniati per secoli , composti e ricomposti gli Stati , gli imperi , abbiamo sfruttati interi continenti e oggi l’Europa , quell’Europa che a prezzo di lacrime e sangue sembrava essere finalmente uscita dai gretti confini delle frontiere , oggi l’Europa recupera nella sua pancia molle ed egoista quella terribile malattia che altri non è che la paura del dover condividere quello che resta di questo nostro pianeta stanco e che abbiamo contribuito tutti ad impoverire.

Vedo con angoscia nuove generazioni abbrutite dalla poca scuola inadeguata e di conseguenza facile preda di consumismi venali.

Si allarga il solco tra le masse e le nuove élite che vinceranno di nuovo , lo sappiano gli sconfitti di domani , è la naturale selezione della specie .

Quelli con lo smartphone in mano , il berretto col logo girato di dietro ,quelli col percing saranno di nuovo strumento in mano alle demagogie pseudo ecologiste , pseudo liberiste e si avvieranno ad essere poveri strumenti in mano ai nuovi potenti della terra i quali non avranno più bisogno di armi , basterà loro il potere grigio della grande finanza internazionale.

Mi fanno pena tutti coloro che oggi pensano di combattere in nome di una rabbia plebea l’avanzata di milioni di esseri umani che premono ai nostri fragili confini sui quali stiamo rialzando assurdi muri e migliaia di reti spinate.

Il 25 aprile sembra avere perso ogni forza attrattiva della memoria ,

la scuola ha perso la sua battaglia , l’Italia ha perso la sua battaglia.
L’Europa tutta rischia di ricadere nelle sue perfide faide di confine .

Poche le voci illuminate in questo deserto di valori , mi pare che solo papa Francesco riesca a dire ancora qualcosa , tentando la strada della comunicazione più bassa e a radunare intorno a sé i giovani , ma dubito che una volta ottenuto il selfie papale resti qualcosa di più nelle loro menti leggere.

 

In Austria vince la destra xenofoba , festeggia Marie Le Pen, noi ci accontentiamo di un Salvini in felpe dagli slogan offensivi anche per menti solo normodotate.

In Germania i neo –nazi riempiono le piazze , l’Inghilterra che pensa alla Brexit come una formula salva-vita festeggia l’incredibile inossidabile regina che forse , come ha scritto un intelligente blogger altro non è che un robot salva immagine della Monarchia.

Nella mia città imbecilli notturni hanno imbrattato con svastiche il monumento alla Resistenza di Pericle Fazzzini , ma non se ne è accorto praticamente nessuno , la scalinata è da tempo coperta di erbacce e praticamente non transitabile.

Con tutto questo capiranno i miei 51 lettori il perché non ho voglia di esporre il tricolore in terrazzo….diciamo : ah, la bugia pietosa , che le condizioni meteriologiche non lo consentono.

 

Il Trittico

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Ogni tanto é bene fare una piccola follia , avevo letto una stupenda recensione ma gli impegni quotidiani mi avevano trattenuto , poi un attimo …e dopo avere controllato il calendario dell’Opera di Roma ho deciso , cancellati dentista , prova teatrale ed altro sono partita con lo scalcinato treno/ tradotta regionale.

Ho fatto bene , anzi benissimo . Credo di potere affermare che é come se non avessi mai ascoltato questo triplice capolavoro pucciniano.

Inchiodata alla poltrona , col fiato in gola e i pugni stretti ho vissuto letteralmente in totale partecipazione le vicende dei diseredati del Tabarro , ho pianto davvero con le povere carcerate di Suor Angelica , ho riso amaramente della grettezza dei parenti in Gianni Schicchi.

Oltre al genio del sor Giacomo , qui meravigliosamente valorizzato dalla raffinata direzione del giovanissimo Daniele Rustioni , non a caso collaboratore di Pappano a Londra , la vera meraviglia é la messinscena e la regia di quello straordinario Damiano Michieletto , da noi non abbastanza amato e valorizzato che riporta in Italia l’allestimento piû distante ed insieme piû fedele del Trittico pucciniano.

 

Intanto l’ambientazione , una meraviglia dello scenografo Paolo Fantin . Un deposito di conteiners al posto della chiatta sulla Senna , un eschimo sdrucito al posto del tabarro , lattine di birra al posto del vino , ma tutto é perfetto e credibile, anzi quest’aria da noir francese aggiunge tristezza e squallore alla vicenda di Giorgetta e Michele , accentuata da quello che Michieletto ha fortemente evidenziato , cioé la maternità perduta , il vuoto di un legame rotto dalla morte in cui si inserisce la rabbia sessuale di Luigi e la sua aria “hai ben ragione ” cantata con potenza da Antonello Palombi che ha anche scatenato uno dei pochi applausi a scena aperta di una rappresentazione che nella sua unitarietà lascia poco spazio alle interruzioni.

 

Sull’urlo finale di Giorgetta si aprono a scena aperta i conteiners e appare il convento/prigione col lavatorio in stile irlandese delle Madeleine. Ad Angelica vengono tagliari i capelli in scena , spogliata e rivestita di sacco ha solo il conforto nella sua cameretta con tante immagini sacre oleografiche della tradizione popolare.

Le suore , prigioniere , tutte protagoniste scenicamente , sono vessate da guardiane in rigidi tailleurs con vistosi crocifissi sul petto.

All’arrivo della zia principessa un colpo di genio registico , c’e anche il bambino vivo che vorrebbe correre dalla mamma ma viene respinto dalle implacabili guardiane cosî che la straziante scena in cui la zia , venuta per chiedere la firma alla rinuncia dei beni della povera Angelica, diventa anche piû tragica nella bugia crudele della morte del bambino. Nel delirio di Angelica arrivano tanti bambini uguali che si spogliano e lei che ne raccoglie le vesti se ne serve per farsi un ventre gravido nel quale cerca consolazione fino alla tragica fine in cui tutto rifiuta e l’arrivo del bambino sul corpo della madre suicida mi lascia col cuore stretto e le lacrime che non riesco proprio a trattenere.

Raffinatissimo particolare registico , anche i bambini del coro di voci bianche fuori scena é vestito con le divise di una scuola di tipo anglosassone . Decisamente Michieletto ci sa fare.

 

Prendo fiato e nell’intervallo vado a salutare una giovane cantante che ho apprezzato ad Ancona nel Falstaff. Scopro cosi che la straordinaria protagonista Asmik Gregorian é davvero incinta . Pallida e stremata mi ringrazia , anche se credo che il suo italiano sia ancora abbastanza scarso, é bella e mi ricorda un pô la Opolais , ma con molto piû volume . Brave davvero queste lituane.

 

Un inciso doveroso : in scena c’era il secondo cast , non posso fare paragoni   Ma credo di avere assitito raramente ad un livello professionale cosi alto ..e non sono una che si accontenta facilmente. Non vorrei fare troppi nomi ,dico solo che Isabel De Paoli ha sicuramente un avvenire davanti , che Anna Malavasi si fa con destrezza tre ruoli , che il basso Kiril Manolov ha tutte le carte in regola , e il volume , per passare dal Tabarro allo Schicchi, che Matteo Falcier si canta con sicurezza l’aria di Rinuccio , che Ekaterina Sadovnikova strappa il secondo applauso a scena aperta con la sua “o mio babbino caro ” di tutto rispetto.

Puccini recitato con la musica , autentica colonna sonora cinematografica ( e non é riduttivo né tantomeno dispregiativo , Puccini va fatto cosî , oggi piû che mai.)

 

Ritorniamo in sala , gli animi rilassati e il regista ci dà, attraverso una piccola trovata , la chiave di lettura che lega i tre episodi : basta un’ecografia esibita e un accenno di pancia per convincere babbo Schicchi ad architettare la burla a favore del matrimonio della figlia. L’ambiente ricco della casa di Buoso Donati é ancora nei conteiners aperti e decorati di carta di Firenze, i parenti gretti e lividi , il povero Buoso strapazzato non é un fantoccio , il bambino guarda in cuffia i videogiochi, tutto é crudelmente credibile.

Si ride amaro sulla casa , la mula e i mulini di Signa…il testo di Forzano é un capolavoro nel capolavoro .

Alla fine , sul canto degli innamorati si richiudono i containers , tutto ritorna in modo circolare all’inizio e Schicchi che si é rimesso il Tabarro chiude col saluto al pubblico che relativamente sollevato e decisamente grato esce sulla piazza del Teatro dell’Opera di Roma che sembra avere ritrovato una stagione veramente degna della capitale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli stonati della Verdi

 

 

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Ho sempre amato il canto corale : la settimana scorsa sono capitata per motivi istituzionali nella sede della Corale Bellini di Ancona , un’associazione gloriosa di cui mi onoro essere presidente non canterina (!) e mi sono attardata nella saletta auditorium dove la sezione maschile del Coro lirico provava l’inizio dell’Otello di Verdi che aprirà la prossima stagione del Macerata Opera.

Mi sono emozionata perché quaranta uomini sono una bella massa musicale e mi è dispiaciuto non potermi trattenere per tutta la prova : qualche giorno dopo ho pure  ringraziato il direttore per l’emozione provata .

Quando poi il canto corale diventa addirittura quasi una forma di lieta terapia per superare vecchi complessi la cosa mi diverte ancora di pù.

Tutto questo per dire quanto mi piaccia l’idea milanese di radunare gente che si crede stonata e farne un coro : appunto il Coro degli stonati della Verdi.

Ci canta un mio carissimo amico e quando me ne parla sento quanto orgoglio ci sia in lui per questa sua nuova avventura .

Un po’ lo invidio , cantare in coro è comunque una esperienza di vita straordinaria.

Persino Jonas Kaufmann , nel mio blog lui ci sta sempre bene, racconta in una delle rare interviste non d’agenzia che pure lui che ha cominciato a cantare ragazzino nel coro della scuola si era emozionato quando alla Scala tutto il teatro aveva accompagnato il coro in scena nel famoso Inno di Mameli cantato in chiusura del Lohengrin.

 

Pare inoltre , assicurano gli esperti del settore ,che in realtà gli stonati veri sono solo una piccola percentuale di tutti quelli che non osano aprire bocca convinti di stonare. Non a caso nel nostro felice paese che non definirei musicalmente progredito di rado si sente cantare il chiesa in maniera decente , ovviamente escludendo gli odiosissimi  canti tipo Scout che seguitano ad imperversare : giri di Do per chitarra , ancora di moda nonostante sia finita l’onda sessantottina che li ha creati.

 

A conferma di quanto dico il Coro degli stonati della Verdi inanella successi e incontra la curiosità della stampa : a quando il primo DVD?

Hanno pure una pagina Facebook che ne racconta le gesta , invito tutti ad andarla a cercare : si scopriranno volti felici di persone appagate .

 

 

Ah …non abbiam soprano…

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Foto di Angelo Capodilupo

Un pezzo da manuale , altro che fratelli Marx ! Jonas Kaufmann è un comico innato e un genio della lirica:
dopo avere bissato in maniera sublime “lucean le stelle” , meglio addirittura la seconda tutta giocata sul canto piano per esplodere sul finale , riesce   a giocarsi la battuta ironica in falsetto che diventerà un must su tutti i siti della lirica e allora gli si perdona anche la stecchetta sull’uscita con Angelotti , tanto a lui ci vuole un po’ per scaldarsi, lo sappiamo.

Poi potremmo anche dire che gli piace vincere facile . In fondo in Tosca il tenore ha tre arie in tutto .

E’ vero che sono cavalli di battaglia ma obbiettivamente la protagonista sarebbe lei , se non fosse che il superego di Jonas si diverte a cannibalizzare le partners , ne sa qualcosa la Netrebko sostituita ( non capiva il tedesco del regista!) nella Manon di Monaco.

A lui vanno bene quelle brave che gli lasciano tutto lo spazio , tipo Opolais o Anja diligente e fredda che si prende la sua parte e che da un po’ di tempo cerca di evitarlo o la povera Westbroeck che tenta di stargli al passo ,ma poi se lui parte non c’è ..trippa per gatti!

Infatti nell’Aida di Roma Anja è andata in babana nel terzo atto e lui allora fa il generoso o come con la sullodata Netriebka soccorsa in Koenigplatz con un bacio per coprirle ..la svista.

Non direi che sia generoso , lui è come Jessica Rabbit : non è colpa mia , mi hanno disegnato così……

Angela Gheorghiu ha voglia a rivendicare un diritto di primogenitura con la Traviata del Met . Nel frattempo ne ha fatta di strada quel bel ragazzo semi-sconosciuto che veniva da Zurigo.

Nel bene nel male ormai se oggi si vogliono riempire i teatri davvero basta il suo nome e il gioco è fatto , anche quando non è proprio in forma o quando , famoso “sòlatore ” ci lascia a bocca asciutta dopo che abbiamo spesi miliardi in biglietti , aerei e alberghi.

Per chiudere pregherei quelli di Radio tre suite ( e della Rai in generale) di smetterla di dire che lui è naturalizzato svizzero .Sono dieci anni che è tornato a casa a Monaco e oltretutto è anche Kammersänger del BSO.

 

 

 

KAKANIA STREAMING

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Dopo una serie di mail esasperanti e inutili tentativi a vuoto riesco attraverso la collaborazione di un figlio a iscrivermi allo streaming del Wienerstaadsoper ,

Ulteriori snervanti prove per aprire il login , spedisco anche un’altra serie di mail : non esisto , nonostante il numero di codice ben evidente che invio a riprova della mia iscrizione.

Alla fine esasperata minaccio le vie legali e , miracolo! mi si riconosce il diritto di accedere alla visione, dopo avere scoperto che per un banale “mistrake” avevo cambiato sesso! Il figlio esperto mi fa notare che la A e la O sono ben distanti in tastiera e che quindi l’errore non è nostro.

Penso che il General Regio Funzionario di Francesco Giuseppe che ha inventato il sistema sia da internare.

A conferma stamani mi arriva una mail così lunga che neppure un lancio della Nasa lo giustificherebbe.

Ma ecco alla fine arriva il magico momento e lo streaming incredibilmente parte .

 

L’allestimento antico ,direi storico di Nicola Benois sa un po’ di polvere , c’è un improbabile Angelotti nero , il sacrestano che non canta ma Jonas riscatta il tutto con una perfetta “recondita armonia” anche se noto una leggera incertezza verso l‘uscita di scena di Angelotti.

Poi ripiombiamo nell’allestimento d’antan del Te Deum pure con le guardie svizzere (sic!).

Anche Tierfel non mi pare granchè , urla troppo e la Divina , molto ex divina non mi convince , manca totalmente la regia e l’orchestra se ne va spesso per i fatti suoi anche se diplomaticamente si è ammalato l’infausto Mikko Frank della prima .

Lo sostituisce un decoroso rutinier : Jesus Lopez Cobos.

Rimpiango i 15 euro spesi , ma vado avanti : il “Vittoooriaaaa “non me lo voglio perdere , infatti vale la spesa .

Il resto del secondo atto ( Spoletta e Sciarrone modestissimi, si sente troppo anche il suggeritore) potrei saltarlo se non fosse per vedere lei che supplica letteralmente il pubblico dopo il” Vissi d’arte” perché insistano a farle fare il bis.

Niente da fare , l’applauso è normale e si tace correttamente. Fine del secondo atto .

E ora comincia il bello , in tutti i sensi …perché anche se il carceriere è coreano quando arriva Jonas tutto cambia :
parte dal buio e canta con tutta la sua maestria un” Lucean le stelle “da manuale ,il re della mezzavoce modula dolcezze e rapimento . Sale e scende tra le note finalmente pucciniane e finisce , bellissimo e ispirato ,in piena luce.

Boato pazzesco , pubblico in delirio , io in cuffia per godermelo meglio sono in attesa , capisco che forse si, forse si , il bis arriva!

ed è ancora più bello , più ispirato , più libero e spianato con il suo canto perfetto .

Poi….e qui comincia l’inimitabile scena che fa apprezzare tutta la trafila per ottenere lo streaming , i quindici euro potevano anche raddoppiare perché ..”non c’è il soprano” ..canticchia lui in italiano e poi comincia anche a ridacchiare :
evidentemente la ex divina si è barricata in camerino , offesa dal bis del bis ( lo aveva fatto anche la sera del 9) e per lesa maestà non vuole uscire .

Jonas si alza e al pubblico viennese garbatamente dice che adesso l’opera va avanti e chiedendo scusa prega di fare un applauso .

E Tosca arriva , poveretta , deve essere livida dentro ma canta abbastanza bene salvo che lui è talmente ormai in piena forma anche nel canto spiegato e rientrato magicamente in parte che se la mangia anche teatralmente.

Visibilmente ingrassato , con un brutto costume , un anellone di plastica ridicolo ma “ come è bello il mio Mario , così muore un artista!”

Seratona imperdibile , il pezzo diventerà sicuramente virale su Youtube, già mentre scorrevano i titoli di coda rivedevo il bis su Facebook.

Grazie al mio sistema integrato : vedo su Pc, chatto su Ipad e sento anche la radio sull’’Iphone negli intervalli ,ho passato una bella serata viennese in compagnia di cari amici .

Il problema che ora non ho sonno e vorrei essere a Vienna a cena da ‘O Sole mio.

 

PS: ho già trovato un video dell’Est che documenta 5 minuti e 49 secondi di applausi prima che lui conceda il bis .

 

 

 

 

 

 

 

 

Tosca , l’aperitivo

 

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E’ veramente divertente ricevere la richiesta da parte di una seguace del mio blog sul mio parere circa la Tosca di Vienna .

Ho risposto alla gentile amica che mi sollecita che ne scriverò dopo averla vista in streaming sabato sera anche se il sistema di iscrizione dell’Opera di Vienna seguita a fare capricci.

Intanto però , così per intrattenerci nell’attesa , dirò che mi sembra veramente uno strano fenomeno popolare ( inteso per quanto possa essere popolare un evento di lirica ) tutto questo entusiasmo per un’opera di cartellone , peraltro con una messinscena addirittura polverosa di decenni , risale al 1958 ! e con un cast che già insieme fece una Tosca niente male a Londra non molti anni fa e di cui si può avere con pochi euro un buon DVD, con una direzione di Antonio Pappano sicuramente di gran lunga superiore a questa di Mikko Franck che sembra essere il vero punto debole dell’intera messinscena.

Ho saputo di prezzi di bagarinaggio veramente folli e credo che tutta l’isteria riguardi proprio il fenomeno divistico innescato dal mio caro amico Jonas Kaufmann.

Penso che tutta questa pressione , sfociata anche nell’annuncio miracolistico dell’avere bissato “Lucean le stelle “ , evento non così epocale se ricordo l’identico bis fatto da Placido Domingo nientemeno che allo Sferisterio di Macerata ..qualche decennio fa.

Alla povera protagonista non è rimasto che dire “ lo perdono “ se non si sono rispettate le precedenze , lei a cui il pubblico di Vienna non aveva chiesto di bissare il classico “vissi d’arte”.

Se basta stare zitto per tre mesi per trovare folle isteriche al ritorno consiglio a Kaufmann di prenderne anche di più di periodi di riposo , così che la sua voce ritorni quella meraviglia che abbiamo ascoltanto tante volte .

Nel mio caso anche in una Tosca a Monaco , quella che verrà ripresa quest’estare e nella quale lui sostituiva addiritttura un tenore italiano malato.

Il fenomeno divistico è pericoloso per tutti , figuriamoci nella lirica dove sembra esserci allo stato una sorta di ecatombe di voci.

Colpa dei calendari troppo fitti , dei tempi forsennati a cui si sottopongono i cantanti facilitati dal fatto che oggi con poche ore di volo si raggiungono mete anche lontanissime fra di loro.

Parlerò quindi nel mio blog anche di questa Tosca viennese ben sapendo che molti più interessanti appuntamenti aspettano il nostro eroe , forse meno facili all’ascolto ma sicuramente più interessanti sul piano musicale .

Con questo chiudo il mio pezzetto aperitivo sul miracolistico appuntamento mi verrebbe da dire di genere “nazional-popolare “anche se si svolge in Austria!

Quando Micheli racconta l’opera

 

 

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In un saliscendi vertiginoso tra cultura alta e cultura bassa il grande affabulatore Francesco Micheli presenta a Macerata le tre opere del prossimo Festival.

Due serate con sponsors del territorio : la prima sera gli ordini professionali , la seconda le organizzationi di categoria .

In più la mattina le scuole secondarie della provincia.

La voce si è arrochita , parla per due ore filate , i mezzi sono modesti : uno schermo dietro su cui proietta di tutto , un pianoforte e una volentierosa soprano coreana con cui dialoga continuamente : lui Conte di Luna, lui Otello , lui Polione .

Si vede chiaramente che si diverte ma nel contempo incanta il teatro gremito .

A me , disincantata spettatrice di tanto teatro , ricorda il miglior Paolini , “i tellers” , i raccontatori abili che nel nostro teatro sono piuttosto rari.

Mi diverte la sua disinvolta commistione : un pò di Senso di Visconti , un classico per spiegare ai giovani l’importanza del melodramma nella nostra storia , poi velocemnete si serve di Spielberg con la musica dello Squalo per arrivare a Jago , ma non gli basta e ci mette anche Vasco Rossi così i più giovani restano avvinti .

Quando poi arriva a Norma con una ulteriore capriola divertente si serve di Asterix e Obelix per spiegare i Galli.

Disinvoltamente capriolando con la sua notevole capacità culturale lega insieme le tre opere ,qualche volta il legame è un po’ tirato , qualche volta un po’ meno.

Difficile mettere insieme le montagne della Spagna con il Mediterraneo , ma lì si serve del riferimento ai Rom ed il gioco è fatto.

Legami tutti validi intorno al” mare nostrum” in cui alla fine si gioca anche la carta “facile” del passaggio da Norma a Medea per chiudere con la casta diva della Callas..in certi momenti sembra che il suo discorso sia un po’ tirato per una come me , ma il pubblico è incantato e capisco che ha trovato una chiave di lettura ibrida e valida per arrivare a tutti .

Il silenzio con cui lo segue tutto il Lauro Rossi , pieno all’inverosimile ( per due sere di seguito) ne è la conferma e so che fuori c’è ancora la fila di chi vorrebbe entrare.

Certo che Otello era un extracomunitario , certo che la storia l’aveva scritta Shakespeare , e butta là anche i quattrocento anni dell’anniversario della nascita .

Ci mette di tutto , anche l’omaggio alle donne siriane e gli viene tutto bene .

Ce ne fossero in Italia di divulgatori come lui !

Ovviamente c’è anche un po’ di legame col fuoco : la Pira del Trovatore con la pira finale di Norma ..e per Otello?

C’è il fuoco dei festeggiamenti degli abitanti di Cipro ed il gioco è fatto.

S’è un po’ incartato sulla storia di Manrico / Garcia ma sfido chiunque a raccontare con chiarezza la trama del Trovatore , specie se come ha fatto lui la prende dalla coda.

Quando alla fine , sudato e stanchissimo e io entusiasta sono andata a salutarlo dicendogli che ci avrei fatto un pezzo mi ha detto che gli facevo più paura di Paolo Isotta!
No , Francesco , nessuna paura , io sono una tua fanatica ammiratrice :Il tuo spettacolo , perché di spettacolo si tratta ,meritava pure la registrazione anche se tu con leggerezza hai detto che era ..una cosina.

Una cosina di due ore abbondanti davanti ad un teatro incantato e gremito in ogni ordine di posti. Grazie a nome di tutti.

 

 

Krystian Zimerman e il Wanderer schubertiano

 

 

10.02.2009 Krakow Auditorium Maximum UJ Koncert Krystiana Zimermana w setna rocznice urodzin Grazyny Bacewicz N/z Krystian Zimerman  Fot. Anna Kaczmarz/Dziennik Polski/REPORTER

 

Una volta tanto non ho dovuto andare in aeroporto , prendere l’aereo , dormire in un albergo perché la grande musica è venuta da me , in questa mia piccola città , grazie alla benemerita istituzione degli Amici della Musica.

Non mi sembra vero , ma stavolta è nel teatro della mia città che posso sentire un grandissimo pianista che , bontà sua , nella scarna programmazione annuale dei suoi concerti , ben tre li ha fatti qui nelle Marche.

Krystian Zimerman è tornato ad Ancona , me lo ricordo in anni lontani biondo e giovanissimo e ora che i suoi capelli sono diventati decisamente tutti bianchi le sua mani , se possibile, sono diventate anche più prestigiose.

Prezioso programma: le due ultime sonate di Franz Schubert , un doppio regalo per me completato da piccoli pezzi , preludi e makurke di un autore polacco che non conoscevo , Karol Szymanowski.

Interessanti perché di un autore interessante del primo Novecento ma che tutto sommato sono stati come un piccolo aperitivo per i due pezzi forti : le sonate N° 20 in la maggiore D959 e la 21 in si bemolle maggiore D960  di Franz Schubert composte entrambe nell’ultimo anno di vita del compositore.

Specialmente la seconda mi è sembrata eseguita in maniera perfetta , mirabile , forse uno Schubert così non lo avevo mai sentito così vicino al suo più prezioso comporre : i Lieder.

Non a caso il professor Barbieri , direttore artistico degli Amici della Musica nella sua piacevole e dotta chiacchierata di introduzione aveva sottolineato quello che è il tema fondamentale in Schubert: il senso di perdersi in una sorta di paesaggio dell’anima, quel Wanderer presente in tanti suoi Lieder e soprattutto nella sua summa composizione : la Winterreise   che oltre a tutto rappresenta per me una sorta di musica del cuore.

Il nostro relatore ci ha anche evidenziato un’altra componente fondamentale nella musica schubertiana :una ininterrotta linea di canto che nascostamente si intreccia in ogni composizione.

Un vero tuffo nella nascita del Romanticismo , un perdersi nella Sehnsucht , il tutto preziosamente sottolineato dalla mirabile , personalissima interpretazione del grande pianista.

Un grande concerto che mi ha per una sera riconciliato con la mia città , spero che la sinergia instauratasi tra tre associazioni musicali regionali porti ancora tra noi i grandi interpreti che una volta erano abituali frequentatori dei nostri teatri marchigiani.

 

Aimez vous Mahler?

 

 

 

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parafrasando un vecchio libro di Françoise Sagan : Aimez vous Brhams? ho cominciato a domandarmi perché oggi la musica di Mahler sia quella che con più successo appare nei cartelloni più prestigiosi , diretta dai più grandi direttori , amata dal pubblico in maniera così totale e partecipata.

Io penso perché nel nostro amare Mahler troviamo nella sua musica tutta l’angoscia del nostro tempo e al tempo stesso tutta la speranza di ritrovare la felicità di un mondo perduto.

Amiamo Mahler perché in lui troviamo qualcosa di noi , gli echi del secolo breve e forse mi spingo ancora più in là, ci troviamo la straziante sensazione di tutto ciò che se ne è andato e insieme anche la segreta speranza infantile che tutto possa ricominciare di nuovo.

Quel suo ciclico andante musicale del non finito mi è congeniale anche se ricordo in tempi lontani una persona a me molto cara che mi diceva : mi serve Mozart , lì è tutto chiaro , concluso .

Mahler mi lascia in sospeso troppe cose .

Mi domando anche perché questo grande compositore non abbia mai scritto un’opera ; lui che nelle sue sinfonie ha messo molto spesso la voce umana tanto da essere essa stessa una parte rilevante delle sue composizioni.

La sua produzione liederistica mi è cara come la sua attività sinfonica : amo praticamente tutto il suo repertorio , ma se dovessi scegliere una pagina sarebbe di sicuro Der Abscheid , il Lied finale del Canto della terra che in qualche modo mi avvicina al finale della Nona , quello che si spegne nel silenzioso annullarsi nel Nulla.

Se qualcuno mi chiede quale sinfonia ami di più non saprei rispondere :amo il terzo movimento della Prima , l’inizio gioioso della Quarta , l’adagetto della Quinta , ma è come un gioco infantile a dimostrazione che Mahler lo amo tutto e ogni volta , in ogni ascolto c’è una pagina nuova per me , un attacco che mi era sfuggito , un regalo in più per la mia anima.

Mi piace pensare a questo ebreo boemo di lingua tedesca , summa di tanta cultura viennese e a quella sua bellissima moglie fedigrafa che passò allegramente da Gustav Klimt a Walter Gropius , passando per Kokoschka per sposare alla fine anche Franz Werfel , un raffinato scrittore austriaco.

Lei , bellissima e possente morì a New York addirittura negli anni sessanta .

Aveva attraversato tutta una serie di vite importanti , i nomi di chi l’aveva amata sembrano un catalogo di arte del secolo scorso.

Forse l’opera che Mahler non scrisse la visse nelle sue vicende familiari , nelle contraddizioni del suo farsi cristiano per ottenere il posto di direttore a Vienna , nella sofferenza per la morte e la malattia dellle figlie , nei tradimenti coniugali.

Mahler invece morì giovane , all’apice del successo per una forma di miocardite acuta . Aveva solo cinquantuno anni e dopo il grande successo in vita la musica di questo grande direttore scomparve un po’ dalle locandine del suo tempo .

Io devo ad un grande direttore da me molto amato , a Claudio Abbado , la sua scoperta .

Tutta una serie di sensazioni mi si annoda nella testa mentre tento di scrivere questa riflessione .

Forse su Gustav Mahler mi si apre una sorta di vaso di Pandora delle mie emozioni . Per oggi finisco qui.

La grande madre Russia

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Ai giorni nostri capita spesso e forse anche un po’ di moda vedere nei cartelloni dei grandi teatri opere russe .

Non era così all’inizio della seconda metà del secolo scorso quando per molti appassionati di lirica capitava di rado l’occasione di vedere in scena le opere di Mussorgsky , di Rimsky Korsakov , di Glinka e dello stessso Tchaikowsky , più considerato come autore di balletti.

 

Fu così che quando fu messa in scena a Firenze la Khovanschina la mia mamma si fece tutte le repliche entusiasta.

C’è da dire che lei amava i bassi: suoi idoli erano Nicola Rossi Lemeni e Boris Kristoff  ed è evidente che si trovasse nel suo elemento con questo genere di opere .

Il Boris Gudonov e la Khovanschina erano in testa alle sue preferenze , soprattutto la seconda , così ricca di cori che , parole sue, erano un concentrato , quasi una summa dell’anima slava.

In suo onore ho voluto risentire la Khowanschina , riproposta in questi giorni su Classica nella bellissima edizione di Monaco con la direzione di Kent Nagano.

Cinque atti , quattro ore abbondanti di musica , confesso di averla registrata e poi vista a rate perché una cosa è stare a teatro , un’altra sul divano di casa , laddove il rischio “ colpo di sonno” è pericolosamente in agguato.

Devo obbiettivamente dire che il regista Dmitri Tcherniakov quando ha a che fare con le opere del repertorio di casa sua è molto bravo e questa edizione lo conferma assolutamente.

Grandi voci russe, se si escludono i “giovani” Camilla Nylund e Klaus Kristian Vogt, su cui primeggia il grande basso ascoltato  nell’Onegin e anche  nel Boris :Anatoli Kotschenga.

 

Mi sono anche divertita a riprendere in mano la Storia russa del Gitermann , ascoltare e leggere si può fare benissimo e ho ritrovato anche la storia vera di questa congiura , una delle moltissime di cui è costellata la storia della Russia degli Tzar.

Quella lettura che mi aveva appassionato al tempo del mio viaggio in quella che allora si chiamava Unione Sovietica ogni tanto la rispolvero , soprattutto perché è impossibile ricordarsi tante storie complicatissime e tutte caratterizzate da orribili fatti di sangue e delitti .

Però aveva ragione la mia mamma : l’anima russa è ben presente in queste pagine di musica affascinante e soprattutto nelle pagine in cui emerge la liricità del personaggio di Marfa , la figura femminile più importante dell’opera.

Personalmente di quelle messinscene fiorentine ricordo un gran buio, grandi campanili a cipolla , le campane …e una certa noia aleggante sul tutto.

Devo dire che in questo caso i moderni allestimenti rendono queste opere corali molto più divertenti e personalmente mi mettono maggiormente in grado di apprezzarne la splendida musica.