opera buffa?

 

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In Germania sei mesi di tranquillo lavorio politico per la formazione di un governo e poi alla fine ci sono riusciti magari attraverso una serie di compromessi , ma con dignità.

Nel “bel paese” tutto diventa più teatrale : siamo a ottantacinque giorni dopo le elezioni e assistiamo inorriditi ad accoppiamenti e tradimenti , giravolte , drammi ed equivoci , tutto un repertorio che va dalla commedia dell’arte fino al più classico repertorio del melodramma.

Così nel bel mezzo di una crisi in cui non invidio i giornalisti che comunque qualcosa devono inventarsi ogni giorno mi è venuto spontaneo paragonare la vicenda italiana ad un andamento operistico nella nostra più pura tradizione .

C’è il crescendo rossiniano , su quello siamo bravissimi : basta pensare alle dichiarazioni folli , sempre più folli , poi smentite clamorosamente in quei finali a sestetto , tutti in fila al proscenio a dirsi uno sull’altro la stessa frase.

C’è soprattutto il grande dramma verdiano con colpi di scena : tradimenti più o meno consumati e alla fine tutti morti in scena , salvo poi rialzarsi allegramente per gli applausi sulla levata del sipario.

Non siamo un paese serio e questo lo sapevamo da un pezzo , ma ora che la stretta si fa drammatica (e mentre scrivo questo ameno pensierino non so bene ancona come andremo a finire )mi sento solo di dire che si ha la sensazione di vivere in un incubo.

Beati i nostri avi che perlomeno sapevano da che parte stavano i valori per cui combattere : c’era la Patria , pensiero importante e c’era anche il nemico contro il quale combattere .

La nobile figura del padre non veniva mai messa in discussione , anche se non era del tutto specchiata , c’erano i biechi traditori , le vittime designate , il copione , anzi il libretto rispettava la gerarchie.

Le donne al contrario adesso contano sempre meno  nel nostro dramma giocoso , in questo siamo tornati decisamente indietro , il tenorino di grazia comincia ad avere l’aria spaesata , il baritono è sempre più protagonista .

Gli spettatori pagato il biglietto sempre più salato e la blogger si tace in attesa dei nuovi colpi di scena.

 

 

Un grande amore

 

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Una confessione molto privata : nella mia vita ho avuto tanti amori : umani , letterari , veri o presunti ma sotto a tutti sempre ha serpeggiato un amore profondo ..l’amore per il teatro .

Mi si può domandare quale tipo di teatro : di parola , musicale , classico , moderno , di ricerca ..

Se scatta la magia il teatro è tutto bello , a me basta l’odore delle tavole di palcoscenico ed è subito incanto.

Scrivo questo oggi perché ieri sera si è ripetuto per l’ennesima volta il miracolo di una serata particolare : in un piccolo teatro all’taliana della provincia di Ancona , nell’ambito di una altrettanto piccola rassegna di teatro della scuola è andato in scena uno spettacolo un po’ speciale dal titolo sibillino : da Orfeo a Orfeo .

Una piccola cosa , davanti ad un pubblico perlopiù di familiari,( lo spettacolo andrà in Sicilia nell’ambito della rassegna di teatro classico dei giovani e poi si replicherà ancora una volta …in città) ma la tensione e il successo ottenuto mi spingono a spiegare ancora una volta quanto sia prezioso il fare teatro,  ma soprattutto farlo con rigore perché ai giovani questo serve , la serietà e la disciplina e questa è una esperienza che permette loro di farne un tesoro prezioso per il resto della vita.

 

Un po’ di storia dello spettacolo di quest’anno : ..mi trovavo a passare di lì, non per caso , a Monaco di Baviera ,Prinzregententheater : l’Orfeo  di Monteverdi in versione hippy , mi piace moltissimo e comuncio a studiarmi il mito di Orfeo , un mito complicato e trasversale , ma non abbiamo un testo classico unico a cui attingere e alla fine della ricerca trovo un testo che mi  porta fino a  Pavese : i Dialoghi con Leucò ..e il cerchio si chiude.

Grazie al lavoro prezioso di una ottima operatrice teatrale il testo viene cucito , i ragazzi provano , la fantasia al potere ,perchè i soldi sono sempre pochini o addirittura nulli .

Le musiche dal vivo in scena , i costumi trovati in cantina , la contaminazione tra classico e moderno ( una carta vincente ) , si lavora per un anno e mi trovo a pensare al miracolo che si ripete , puntualmente !

Una prova tecnica luci , neanche una generale , neanche un’”italiana” ma le cose vanno , la platea attenta e l’applauso alla fine con quel momento di silenzio in più che racconta più di ogni altra cosa che lo spettacolo ha funzionato.

 

Ormai sono tanto avanti negli anni da permettermi anche il lusso di scordarmi quante volte la magia si è rinnovata , ma io so che certe esperienze che nascono da altre esperienze ( colpevole spesso un riccioluto straordinario attore –cantante, un amore nell’amore )   mi fanno ancora sentire giovane dentro : nel pomeriggio zoppicavo per un’antipatico reumatismo ad una gamba .

La sera saltellavo sulla perigliosa scala del palcoscenico …il  teatro come terapia anti-age.

 

 

 

 

 

 

 

Kaufmann al Barbican

 
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Quando nella primavera del 1948 il figlio Franz e la nuora Alice andarono a Pontresina a trovare il vecchio compositore deluso e avvilito dalle molte vicende storiche e personali che lo avevano immalinconito Richard Strauss accolse con poca voglia i testi di tre poesie di Hermann Hesse che la nuora gli mise in mano , poi lui ne aggiunse una che aveva in mente da tempo ed era di Eichenndorff.

Buttò giù quel miracolo musicale che lui stesso chiamò “ die Letzen “ con l’intenzione di farne una quaterna e li riconsegnò alla nuora , tornata a trovarlo dicendole : questo sono i Lieder che tuo marito mi ha ordinato di scrivere!.

Naquerò così , dall’animo stanco del vecchio amareggiato un capolavoro assoluto , quella che Qìuirino Principe definisce una delle opere più terribili di Strauss e sembra avvolgere l’ascoltatore come in una sfera fisica.

 

Sono pensati per voce di soprano , anzi addirittura in parte dedicati ad una bellissima cantante : Maria Jeritza.

Per soprano li ho sempre sentiti e se ne hanno bellissime testimonianze , l’ultima in ordine di tempo Diana Damrau , ma anche Hanja Harteros ne ha fatto un suo cavallo di battaglia .

E adesso , per le solite vie misteriose del web ,mi è arrivata la registrazione di Jonas Kaufmann al Barbican due giorni fa.

Per la verità si tratta di un rinvio , questi Vier letze Lieder due volte annunciati , due volte deluse le folle plaudenti , due volte anche la sottoscritta rimasta con la curiosità di ascoltare una musica bellissima e molto amata  cantata diversamente.

Per quello che vale una registrazione pirata convengo che non abbia deluso le kaufmaniane corse a Londra , mi resta il dubbio che sia stata una operazione utile ad aggiungere qualcosa ad una pagina magica.

L’intervento “beide Stimmen” su Das lied von der Erde aveva un altro significato , là la voce maschile per me addirittura aggiungeva fascino all’intera partitura.

In questo caso , forse coadiuvato da una direzione “casalinga “ del sodale Jochen Rieder, non certo da una più titolata  bacchetta ( vedi Pappano) l’orchestra mi è sembrata decisamente piatta e poco vibrante.

 

Ma si sa , è sempre riduttivo giudicare da una registrazione e mi riservo di tornarci su quando , se ne avrà voglia e se giudicherà positivamente il risultato ,Jonas Kaufmann canterà di nuovo questa pagina mirabile.

Oppure .se risulterà un po’ troppo ipnotico il canto di un tenore sulla musica straussiana questa esibizione resterà un unicum irripetibile.

 

 

 

 

 

 

A proposito di lirica

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So benissimo che è molto difficile parlare di lirica e non solo in Italia.

L’opera costa troppo , lo sanno tutti ed anche in paesi più sensibili del nostro al richiamo culturale dell’opera  lirica non è che le cose vadano benissimo.

Mi riferisco in modo particolare alla Germania , dove ci sono ottanta teatri ,ma non tutti godono di larghezza di fondi come un tempo.

In Francia , aldilà di Parigi , ci sono poche piazze importanti , idem in Spagna e potrei parlare a lungo della situazione americana , dove tutto si basa su contributi privati , a cominciare dal mitico Metropolitan.

Solo in Cina pare che si costruiscano ancora teatri e la fame di cultura musicale la si misura anche con la grande quantità di straordinari artisti che arrivano a noi  dal lontano Oriente.

Ma l’opera è nata in Italia , si parla italiano nel mondo musicale , l’opera fa parte in modo molto rilevante della nostra formazione storica nazionale ed è tristemente avvilente vedere come invece alla voce cultura non esista in tutto l’arco della politica nessuna sensibilità nei confronti di questa parte rilevante del nostro essere  italiani.

Nella migliore delle ipotesi i politici parlano di opera lirica come se parlassero una lingua straniera , senza traduttore , ripetendo slogan e affidandosi al generico riconoscimento di un fattore italico folcloristico.

Avviene così , e forse è il caso più clamoroso ,che venga nominato responsabile di un teatro importante un personaggio abbastanza incredibile , tale da suscitare addirittura la rottura  con un importante direttore d’orchestra che era vanto di quel teatro.

 

Esistono però nel contempo situazioni positive , laddode si creano importanti sinergie tali da produrre eventi bellissimi quando si riesce a creare collaborazioni , traduco per i non addetti “coproduzioni “ anche internazionali che riescono a trovare nel mettersi insieme l’energia e i finanziamenti necessari  finalizzati alla riuscita di eventi straordinari .

Certo bisogna affidarsi a chi ci capisce , a chi conosce i teatri , le lingue , i cantanti e ha l’esperienza necessaria per mettere in atto tutti questi necessari legami che alla fine producono eventi importanti sotto ogni profilo.

 

Questo pensavo mentre guardavo ammirata il Billy Budd di Roma , ne ho già parlato nel mio piccolo blog , questo pensavo anche mentre ascoltavo persone incompetenti parlare di lirica come se invece parlassero della saga della focaccia , ma tant’è , e il peggio forse deve ancora venire nel nostro felice paese nel quale nacque non a caso anche la Commedia dell’arte e ne vediamo quatidianamente gli epigoni.

 

 

 

 

 

 

 

Un cambio di programma

 

 

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Ho una cara amica viennese che qualche volta gentilmente mi compra i biglietti delle performance di Kaufmann.

Gentilissima e colta parla un buon italiano e ci siamo conosciute in uno strano paese che si chiama Cesky Krumlow proprio in una occasione ..kaufmanniana .

Quest’inverno ero con lei a Vienna per il bellissimo concerto Italienisches liederbuch di Hugo Wolf e per farmi cosa gradita mi aveva già comprato il biglietto per il concerto “l’Opera” di maggio.

Ma io , che il concerto delle arie francesi lo avevo già sentito a Monaco ho preferito , ringraziandola molto , rinunciare alla trasferta e lei molto gentile ha subito rivenduto il prezioso biglietto attraverso un magico sito.. unofficial.

 

Questa premessa serve a raccontare come , quasi per grazia ricevuta io sia in realtà andata a Roma ad assistere a due preziosi eventi , di quello che si ricordano ..per il resto dei propri giorni.

La Nona di Mahler e Billy Budd di Britten , due serate davvero uniche e tutto grazie ad una mia rinuncia ( forse saggia) di andare ad ascoltare un concerto che sarà stato anche divertente ma che niente avrebbe aggiunto alla mia sete di conoscenza e di arricchimento spirituale.

Ne ho già parlato sul blog , sono state due serate uniche e magiche insieme e sono anche la dimostrazione che essere monomaniaci non porta molti frutti.

 

Contemporaneamente però leggendo molti commenti estatici delle neofite seguaci del tenore  ho capito che Kaufmann è diventato un fenomeno mediatico che poco a a che vedere con la lirica .

Basta che si inventi un bis in cui canta l’aria della soprano nei Contes di Hoffmann , peraltro stravisto in tutti i siti, che la faccenda diventa ..indimenticabile!

 

Non a caso affezionate seguaci di un tempo sono meno fanatiche di tutto quello che canta, le vere melomani seguono un panorama più vasto di cantanti e di conoscenze musicali .

Comunque , se la kaufmann-mania porta più gente a teatro non è affatto disdicevole . Basta sapere che gli idoli restano tali , anche nella memoria e dobbiamo essere grati a chi , magari per vie traverse , porta ancora le folle ad ascoltare della buona musica , cantata divinamente , nei teatri d’Europa ed oltre.

 

Un capolavoro indimenticabile

 

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Era bello Billy Budd , gabbiere di parrocchetto, solare e buono , felice della sua vita di trovatello che “amava cantare con gli uccelli”.

Ma aveva un difetto , quando si emozionava balbettava di brutto e non solo , con animo candido aveva salutato con slancio la nave da cui era stato prelevato : vi saluto Diritti dell’uomo!

Frase pericolosa , nella Marina di Sua Maestà nel 1797 , quando venti di rivoluzione soffiavano dalla odiata e nemica Francia.

Parte da qui la storia terribile e tragica raccontata nello stupendo ultimo racconto di Hermann Melville , poi divenuta un capolavoro musicale attraverso la musica di Benjamin Britten con la pregievole e importante collaborazione al libretto di Edward  M.Foster.

 

L’opera di Roma , guidata dal raffinato direttore musicale Alessio Vlad , l’ha messa in scena in questo scorcio di stagione facendone , a mio avviso l’evento più bello dell’anno e non solo per l’Opera di Roma.

 

Un universo virile ,la nave da guerra della Marina britannica con l’incubo della “floating republic” e la parola sussurrata dagli ufficiali sottovoce  “mutiny”.

Il capitano Vere è un bravo ufficiale , un uomo colto che ama ragionare di greci e romani , che vive dignitosamente il suo ruolo , amato quanto basta dalla ciurma , in gran parte arruolata forzatamente dati i tempi storici difficili.

Un “capitano d’armi “ Claggart ,anima livida e perduta che incrocia l’innocenza di Billy e così si compirà il tragico destino di entrambi.

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La messa in scena preziosa: si sente l’odore del cordame ed è fatta di sartie , drizze e  scotte issate in una luce diffusa che esalta i corpi seminudi dei marinai come   la nebbia che cala sull’inseguimento della nave francese.  Tutto è raccontato dalla musica straordinaria di Britten nella perfetta esecuzione di James Conlon.

Imperdibile spettacolo , ed è particolarmente pregievole l’idea che la regia sia di una donna : Deborah Warner che è riuscita con una rara sensibilità molto anglosassone a raccontare questa terribile storia con una cura preziosa ad ogni particolare della suggestiva rappresentazione.

Mirabile in modo particolare la scena in sottocoperta con le amache dondolandi che accolgono i corpi stanchi dei marinai addormentati.

Anche le luci sono perfette  e l’ascesa al pennone di maestra del povero Billy ci lascia nel cuore il gesto di pietà che il povero trovatello riesce a donare all’incapace capitano Vere .

 

La compagnia di canto perfetta :a cominciare dal Billy Budd di Phillip Addis , che ha sostituito perfettamente il  più titolato Jaques Imbrailo , al capitano Vere di Toby Spence ( nel ruolo creato da Britten per Peter Pears) ,a John Releya nell’ingrato ruolo di Claggart  ,sono tutti bravissimi .

Da citare anche il Novizio di  Keith Jameson e il Donald di Jonathan  Michie.

Ma sono bravissimi tutti , anche i ragazzini di coperta !

Un grandissimo elogio per i cori stupendi , così importanti per l’atmosfera della nave , magistralmente preparati da Roberto Gabbiani.

Forse , se proprio devo cercare il pelo nell’uovo, mi sono un po’  mancati i costumi da “Master and Commander “, oltretutto necessari per i precisi riferimenti storici e il fatto che pur bravissimo e scattante il protagonista non sia biondo: lo sventurato gabbiere di parrocchetto , io l’avevo sempre immaginato così!

 

 

 

 

 

 

 

Aimez vous Mahler?

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Sono arrivata ad amarlo pienamente , incondizionatamente attraverso un lento cammino di conoscenza e probabilmente anche di maturazione personale.

All’Accademia di Santa Cecialia sir Tony Pappano ci ha regalato una esecuzione vibrante , preziosa e fragile della Nona Sinfonia.

Siamo nell’ultimo Mahler , il musicista provato dalla morte della figlioletta , dalla paura della perdita di Alma , dalla consapevolezza che il suo tempo sta per finire.

Tutto questo lo infonde nella sua musica disperata , composta nella piccola capanna del bosco di Dobbiaco , tra le montagne tanto amate.

Con tutto l’amore per la terra , per la vita che se ne va , alternando lo strazio dell’Abschied in un Lebewohl che chiude inesorabilmente , implacabilmente ogni speranza.

Ma riesce ad essere sempre amaramente ironico e compone una strana sinfonia che apre e chiude nell’angoscia e nel silenzio ed insieme ci racconta ancora la verità della vita umana con i due tempi intermedi pervasi di ironica conoscenza della vita banale che lo circonda.

Non si può raccontare il mare di musica mahleriana se non si conosce lo strazio di questa vita : ebreo tra i cristiani , boemo tra i tedeschi , straniero fra tutti ,  come ha sempre detto di sé stesso.

In questa sua quasi estrema sinfonia troviamo tracce di Das Lied von der Erde, si ritrova “Ich bin der welt abhanden gekommen” , in ogni nota l’autore ci parla della sua vita , della sua fragilità.

E’ il  suo addio di quella intraducibile Sehnsucht che è insieme ricerca di una patria mai trovata , una Heimat dell’anima che ci coinvolge tutti.

Grazie a Pappano questa mirabile pagina è entrata ancora una volta con violenza nel mio cuore , con una grande orchestra di cui essere orgogliosi , una volta tanto , anche a casa nostra.

Roma brucia

 

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Anche chi non conosce molto bene Roma sa che Via del Tritone è proprio nel centro della città e vederci la foto di un pulmann di linea in fiamme , tipo effetti speciali da film apocalittico ,fa effettivamente impressione.

Siamo ahimè abituati allle immagini terribili di attentati terroristici , soprattutto in paesi tanto lontani da noi e anche in Europa purtroppo assistiamo a momenti di terrore , di stragi , di follia collettiva.

Ma un’immagine così emblematica e ad un tempo così simbolica come un bus di linea che brucia nel cuore della città non lo avevamo ancora visto .

Riflettiamo bene ; non è successo per terrorismo , per follia individuale , no è successo per incuria , per abbandono della gestione ordinata di una grande cittè europea che anche se sembra essere sempre più una città del Terzo mondo è pur sempre la capitale di un grande paese europeo.

 

A Roma qualche giorno fa , ci ero andata per un concerto , mi avevano colpito le strade sporche con la spazzatura abbandonata tra le macchine , a un passso da San Pietro per giunta.

Ho pensato cercando di sdrammatizzare che veramente è molto difficile tenere pulita una città così grande e caotica , così piena di turisti , cosi male amministrata da decenni .

Ma l’immagine del bus che brucia in pieno centro supera ogni apocalittica fantasia letteraria.

Roma brucia , letteralmente.

In fondo niente di nuovo , Nerone suonava la lira mentre Roma bruciava , praticamente rinnoviamo la tradizione storica .

Intanto siamo tranquillamente senza un qualsivoglia governo decente , l’Europa ci guarda con apprensione nell’indifferenza degli italiani che pensano comunque alle vacanze e sperano vivamente non siano rovinate dall’ipotesi di un inutile ritorno al voto.

Stiamo ballando sull’orlo di un abisso o forse sarebbe meglio dire siamo come quei signori che ballavano al suono dell’orchestrina mentre il Titanic affondava.

 

Addio a Olmi

 

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Ormai mi sto abituando . Quelli della mia generazione vedono piano piano sparire tutti i grandi registi , gli attori amati .

Qualche volta faccio prima a domandarmi se qualcuno è ancora vivo…..

E’ di oggi la notizia della morte di Ermanno Olmi , e questa mi ha fatto particolarmente male perché Olmi lo avevo amato già tantissimi anni fa , quando vidi un film sulla storia di un modesto impiegato nella Milano del boom economico.

il film si intitolava Il posto , in un rigoroso bianco e nero e lo amai come si amano le scoperte personali che in  qualche modo diventano anche parte della propria vita.

Poi ci fu l’Albero degli zoccoli , un film di una poesia incredibile , rigorosamente ( e coraggiosamente) recitato in dialetto , con i sottotitoli in italiano.

Non mi fu difficile entrare nella storia , era universale il racconto della vita di una famiglia di contadini ambientato nella campagna bergamasca .

Poi , per me il suo film più bello : Il mestiere delle armi : un film in costume che raccontava di un Rinascimento duro , povero e senza retorica.

C’era sempre , al fondo di ogni suo film , una profonda carità cristiana , un senso di comunione con i fratelli che mi lasciava ogni volta piena di tanti pensieri e interrogativi.

Regista di una religiosità pudica , di un raccontare per sottrazione , Olmi è stato un grande narratore di una semplicità purissima.

 

Un cinema di valori , come quello di un altro che ci ha lasciato solo pochi giorni fa , la metà di un sodalizio incredibile : Vittorio Taviani . Resta il fratello Paolo , spero che ci regali ancora qualche momento di quel buon cinema dei valori universali , che una volta facevano l’orgoglio e il vanto del miglior cinema italiano.

 

Solo pochi giorni fa raccontavo nel mio blog la tristezza dell’attuale cinema cialtrone , purtroppo sembra che nel nostro paese, perso emblematicamente come nelle spazzature romane, non ci sia più spazio per chi invece attraverso le immagini ci ha insegnato l’amore e il valore della vita.

 

 

Cala la tela

 

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Finite le repliche viennesi dell’Andrea Chénier mi sento autorizzata a condividere l’opinione riportata da Alberto Mattioli nel suo primo sacro libro circa la opinabile validità del polpettone storico.

Purtroppo la messa in scena viennese ,vecchia e polverosa , mette in evidenza tutte le magagne e la retorica del libretto .Certo non aiuta la scenografia su cui troneggiano un carretto rovesciato ,valido per tutti gli usi , qualche decina di sedie “d’epoca” riciclabili all’occasione e pure grossi candelabri recuperati  da non so quanti Te deum della Tosca .

I volti dei coristi e dei figuranti , non esaltati dalla ripresa televisiva , anche loro ,hanno espressioni valide per ogni occasione , : dall’Aida al Nabucco , indifferentemente .

Questo avviene anche a gloria del prestigioso teatro che ogni sera mette in scena un’opera diversa e quindi si fa anche di necessità virtù , ma le damine con i vestiti di satin rosa e il cerchio di bambù in bella vista sembrano uscite dalle mascherine povere dei Carnevali d’un tempo.

Anche la povera Harteros non sa proprio dove mettersi , nella scena del tribunale sta impalata di lato e non riesce a trasmettere neanche un’ombra di pathos , (come siamo lontani dal bellissimo Chénier di Monaco! ) e ne risente anche “ la mamma morta” che diventa uno stupendo esercizio di stile , ma che non mi ha trasmesso il brivido che qualche volta ho provato anche cantato dalla stessa fedele compagna di Kaufmann.

L’unico che ci crede e che ci fa credere alla storia è il solito mostro incredibile , lui è in parte sempre ed ovunque . Riempie la scena anche con la giacca verde troppo larga e i pantaloni oversize ma basta un accenno della mano , una carezza , uno sguardo in più a Rocher e abbiamo il poeta maledetto che seguitiamo ad amare in tutte le salse.

Riesce persino a beccare l’”Ora soave” , quasi…

Adesso però riponiamolo questo Chénier e torniamo a cose serie , dopo tutto ci aspetta una gran bella estate!

 

 

Se la va ,la va

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Modesta serata televisiva casalinga, mi rifugio sul benemerito canale satellitare musicale e poi , non ho ancora sonno , guardo un film italiano. Sulla carta una commedia , appunto  , all’italiana . L’idea di base non è male , però ci sono troppo gags sgangherate e nonostante l’ottima prestazione di un paio  di attori grandissimi della nostra scena italiana che sicuramente meriterebbero di più ,il film lo vedo fino alla prevedibilissima fine.

Ma proprio verso la fine , quando si dovrebbe inquadrare l’Accademia di Svezia , laddove si consegnano i Nobel , ho un attimo di soprassalto:
l’inquadratura ritrae inequivocabilmente il Bayerischestaadsoper , addirittura con le decorazioni in bianco e nero che ne decoravano le colonne l’estate scorsa.

Ovviamente non è un monumento famosissimo in Italia , anche se recentemente faceva anche da sfondo ad una pubblicità sui luoghi celebrati del pianeta per conto di una altrettanto nota compagnia aerea.

Mi sono chiesta per quale sciatteria non hanno neppure cercato di trovare un’inquadratura originale dell’Accademia svedese , forse bastava andare su Google!

Ma prendo questo modesto segnale di banale pressappochismo per segnalare , ancora una volta , il modesto livello della nostra produzione cinematografica.

Una volta il nostro cinema era apprezzato nel mondo , adesso aldifuori di alcune eccellenze , siamo ridotti a fare i film tra il tinello e la cucina , se ci fate caso le location delle serie televisive qualche volta sono anche più ricche e spesso anche più curate .

 

Ma il segnale di per sé non sarebbe così  importante da farne una riflessione approfondita se non fosse che questo è il livello italiano. La produzione avrà pensato “se la va la va” …e così ci ritroviamo un cinema che non esce , se non in rari casi dal circuito nazionale .

Per lo stesso pressapochismo ci ritroviamo nomine senza decenti curricula in Enti importanti come un grande teatro lirico ,se la va la va, e come diceva il professor Pazzaglia in quella straordinaria trasmissione di Renzo Arbore  che si chiamava Quelli della notte : è il livello che è basso .

E mentre lo diceva indicava con la mano il tappeto . Ebbene , ci siamo arrivati al tappeto , tristemente possiamo solo constatarlo.