Ragazzi in piazza

Colpisce la foga con cui i giovani studenti ,dalle superiori alle università ,si riversino sulle piazze sventolando bandiere palestinesi e magari indossando la kefià anche se non ne sanno il valore.

Furore pacifista che porta anche alla violenza e sono le ragazze le più arrabbiate ,in nome di un popolo di cui poco sanno e niente hanno studiato.

Ovviamente il nemico è Israele con la sua violenta risposta all’infame eccidio del 7 ottobre ed è pericoloso aggirarsi con la Kippà in testa con questi chiari di luna.

Il ceto docente sotto tutte le latitudini però dovrebbe interrogarsi di più sulla colpevole mancanza di informazioni storiche e per l’Indifferenza con  cui hanno  liquidato gli eventi anche nel recente passato.

Corrono ai ripari i senati accademici condannando le manifestazioni studentesche , ma quanti degli illustri professori avevano dedicato il loro tempo a spiegare la storia di due popoli  destinati a convivere sotto lo stesso cielo , a rubarsi gli spazi di vita in cui la convivenza avrebbe potuto essere possibile?

C’è un pericoloso vuoto culturale nel furore giovanile “contro Israele” e mi sembra troppo tardi per cercare di recuperare il raziocinio che serve a spiegare le motivazioni storiche di una realtà che , almeno adesso , sarà molto difficile riportare alla serena convivenza.

Spiegare la differenza tra sionismo ed ebraismo : raccontare il perché di una difficile piccola nazione democratica circondata da tutti popoli che la democrazia non solo non l’hanno mai praticata ma nemmeno conosciuta nelle sue più elementari forme avrebbe dovuto essere un dovere della classe dirigente delle democrazie radicate sia nella vecchia Europa che nel nuovo mondo che dall’Europa nacque.

La violenta risposta israeliana all’eccidio di Hamas è frutto di un governo che era in crisi , contestato da gran parte dei suoi stessi cittadini , un governo distratto dalla ribellione interna che non si è saputo difendere in un momento di chiara debolezza.

La risposta è terribile , la striscia di Gaza con i suoi due milioni di civili ammassati al limite della sopravvivenza  dimostra che due sono stati i nemici di quel disgraziato popolo : il governo israeliano in cerca di una vendetta e Hamas che si è servita della massa di un popolo ammassato facendolo vivere sopra una rete di cunicoli  a ragnatela di esplosivi che lo ha fatto diventare quel  popolo in fuga dentro una gabbia , anime perse nella polvere delle loro case , schiacciati tra il deserto e il mare . 

I ragazzi che sventolano le bandiere si danno risposte elementari ad una tragedia che di elementare non ha proprio  niente , nel più evidente dei casi serve solo a far ritornare l’antisemitismo laddove neppure la tragedia della Shoa era riuscita a debellare.

Un post privato

Cambio di canale per caso : un illustre medico e scienziato parla di una malattia terribile :la leucemia mieloide acuta infantile che fino a ieri era considerata incurabile.

Mi scoppia in testa la notizia che finalmente sia  stata trovata una nuova possibilità per combatterla : non capisco niente delle cellule killer, non capisco niente di una speranza nuova ma con il cuore stretto guardo un disegno sul muro : ritrae una bambina che nel 1969 mi diceva : vedrai mamma che troveranno  la medicina che mi guarirà.

Sono passati cinquanta anni e forse ci sono arrivati davvero.

Guardo emozionata il disegno e le parlo : vedi che avevi ragione , ci sono arrivati davvero!

Lei non c’è più da tanto tempo ormai e la ferita della sua perdita è di quelle che non si rimarginano mai ,mi basta una emozione come quella di ieri sera per sentirmi dentro tutto il peso di una perdita che nessun nuovo affetto , nessuna grande gioia che il fluire della vita mi ha regalato mi sia servita per sanare quella piaga lontana.

Forse ha ragione il mio coetaneo Woody Allen che bisognerebbe nascere vecchi per poi finalmente morire infanti , rovesciando il peso della vita si vivrebbe con più logica tutto quello che di illogico la vita ci riserba.

Comunque la notizia è vera , si apre una nuova speranza per i genitori che vivono oggi la tragedia assurda di vedere crescere i figli sapendo che il destino non concederà loro la possibilità di vederli diventare grandi .

Ci inondano di tutte le pubblicità che invitano a contribuire versando fondi per la ricerca , le voci patetiche di chi ringrazia innanzitempo , è tutta un’insalata di richieste che finisce per creare una specie di corazza di indifferenza.

Ma la notizia vera e concreta che l’illustre medico ha raccontato in un programma molto  popolare mi spinge a scrivere questo post privato : rompiamo la corazza , aiutiamo davvero i ricercatori che combattono , di tempo ne è passato davvero tanto da quando quella bambina mi diceva “ vedrai che la troveranno la medicina che mi guarirà”, ma se quel tempo è venuto  oggi io sento il dovere di aggiungere la mia voce all’appello .

Sono solo canzonette

Da tempo su un quotidiano  che leggo abitudinariamente appare un invito a dichiarare quale per i lettori sia la più bella canzone della propria vita  o almeno quella che ha un forte significato per ciascuno di noi.

Sembra un gioco ma ci si accorge che non lo è appena si comincia a pensare alle tante canzoni che hanno punteggiato i nostri ricordi .

Me ne venivano in mente tante mentre selezionavo nella memoria i momenti in cui anche un brano breve , le canzoni durano mediamente tre minuti , avesse per me un significato più importante rispetto ad altre , magari bellissime musiche che non avevano lo stesso impatto emotivo .

Mentre passavo in rassegna autori , cantanti , voci che uscivano dal cuore mi sono accorta di stare canticchiando qualcosa di inconscio e ho capito che la mia mente aveva scelto da sola : stavo cantando Gracias a la vida di Violeta Parra , la musica del cuore si era scelta da sola.

Poi l’elenco delle mie preferenze era comunque abbastanza lungo e mi sono resa conto che è cambiato col passare degli anni anche se certi momenti restano legati nei colori del tempo con il sottofondo musicale che ha scandito la vita e le vicende che l’hanno accompagnata .

Chissà perché un motivo riesce a riaprire una porta del tempo senza che ce ne accorgiamo consapevolmente?

In questo elenco lungo e filtrato dalla memoria comunque ne resta uno sopra tutti gli altri ed è una canzone di Luigi Tenco , un autore particolarmente caro ai miei ricordi e si intitola Lontano lontano .

Pare che piacesse pure a Frank Sinatra.

Un centenario

“Addio  Giovanni Castorp onesto beniamino della vita ….” Cominciava così la domanda che chiude quella che nella vecchia traduzione si chiamava La montagna incantata.

Forse non ebbi mai altro libro di formazione che questo immenso romanzo e ricordo esattamente il mio gesto di chiudere l’ultima pagina con religiosa commozione.

Queste parole le ho sempre recitate come un mantra e ancora adesso sono in grado di ricordale perfettamente anche se ormai so che il titolo del libro è più correttamente tradotto come  La montagna magica.

E’ passato un secolo esatto dalla sua pubblicazione e a Davos ci sono andata in religioso pellegrinaggio per osservare quell’edificio elegante che racchiudeva il sanatorio dove capitò quasi per caso l’antieroico protagonista del romanzo.

Quante colte ho pensato a madame Chauchat e a quel suo gesto veloce di raccogliere i capelli e al lamentoso “ tous les deux” della madre angosciata dei figli malati.

Ricordo  la fatica di leggere i dotti duelli verbali di Naphta e Settembrini , ero giovane e faticavo un po’ a entrare nelle loro argomentazioni filosofiche .

Solo recentemente , ho scoperto , riprendendolo tra le mani che un amatissimo Lead della Winterreiese ha un suo ruolo nel libro.

Tuos se tiens…si vive nell’accumolo di tante emozioni e penso con tristezza che forse certe emozioni antiche possano mancare alla gran parte dei giovani d’oggi.

Certamente però è colpa mia , ad ogni tempo la sua formazione culturale , quella è stata la mia , spero solo che i miei tanti nipoti possano avere altrettante forti emozioni dall’apprendimento delle loro attuali letture.

Gioconda ripensata

Con l’ultima replica si è chiuso trionfalmente il ciclo napoletano di Gioconda , capitolo chiuso.

Ho passato giorni a replicare agli innumerevoli detrattori di Kaufmann che sembravano scatenati circa la fine definitiva della carriera del tenore , ma un divertente siparietto di Jonas su Instagram di ieri mi ha fatto capire che in realtà l’umore ( e la salute) del sullodato sono ottimi e che finalmente aveva anche trovato la chiave di lettura del personaggio di Enzo.

Ho così pensato di tornare sopra a quanto già pensato dell’opera che , se la moda del tempo ne fosse stata matura , avrebbe dovuto intitolarsi Barnaba o meglio La spia.

Mi sono così divertita a pensare un ipotetico allestimento  che contenga  già un perfetto sceneggiato cinematografico : una torbida storia di acque putride , di gloria e splendori veneziani e di cupe atmosfere lagunari.

Dallo splendore marmoreo di Palazzo ducale con la grande Bocca del Leone in primo piano ( il ricordo della Venezia di cartapesta di una lontana recita maceratese!) al misterioso approdo all’isola della Giudecca con i suoi miasmi dei “morti canali” in cui galleggiano   cadaveri degli annegati , tutto nell’opera ci racconta di acque adriatiche.

Un marinaio “dalmata” , in realtà un nobile genovese che arriva nella città ricca e corrotta con i suoi mefitici miasmi lagunari , un mistero , un ballo , le barche che dondolano sulle briccole , l’attesa dell’amata in fuga che arriva anche lei su una barca …

Tutta la storia si svolge sull’acqua e anche la fuga finale dei due amanti si perde nelle nebbie mattutine dei vapori lagunari mentre i due sconfitti protagonisti del male si distruggono nella morte e nella crudeltà le loro misere vite .

Mentre lo sfarzo nobiliare resta nei grandi palazzi la povera cantatrice e l’ignobile spia vestono modeste vesti dagli sbiaditi colori dell’usura.

Una storiaccia criminale con crudeli omicidi , col veleno e i suoi antidoti , con i marinai che scivolano nell’ombra portando cadaveri finti e con cadaveri veri che galleggiano nelle acque morte.

Che bell’allestimento sarebbe ! e come piacerebbe cantarlo a chi so io!

Ne era così convinto quando ne abbiamo parlato in pizzeria citando l’entusiasmo di sir Tony per il recupero culturale in atto.

C’era  voluto Claus Guth per fare di Calaf un vero eroe, purtroppo è mancato il tempo a Kaufmann per farne uno anche con Enzo Grimaldo, prence di Santafiore.

Paragoni

Inevitabile paragone tra la messinscena di  Salisburgo e quella di Napoli : se fosse una partita di calcia direi uno a zero , vince nettamente Napoli.

Ma con quali motivazioni ? Cercherò di esaminarne alcune , con serenità.

Salta all’occhio la diversa scelta di base : là un tentativo di attualizzare la storia , qua una serena e semplice accettazione del plot narrativo che rispecchia un gusto molto datato .

Siamo alla fine dell’Ottocento , Arrigo Boito scrive , compone  ; è un eclettico protagonista del gusto del suo tempo e i suoi testi lo rispecchiano.

Amilcare Ponchielli ha sentito molta grand-opera , è influenzato da tanta musica che scorre attorno a lui ma non è un genio.

Riuscirà col suo massimo impegno a creare un’operona di successo, questa Gioconda , cantatrice di strada che diventerà il cavallo di battaglia di grandi dive fino alla sublime Maria.

Poi calò il silenzio  e oggi dobbiamo riascoltare l’opera con lo spirito di un recupero storico.

La strada di Salisburgo era sbagliata , questa di Napoli è onesta e quasi didascalica .

Ci potrebbe essere una terza via ? Occorrerebbe molta cultura e forse un guizzo di genio in più ma nell’insieme ci possiamo accontentare.

Scena semplice , di giusto telo dipinto , costumi bellissimi ed eleganti ; una pacchia per cantanti che se ne sentono gratificati , luci ed effetti quanto basta , fumo , fuoco e fiamme e siamo a posto.

Intelligente anche l’uso delle maschere della commedie dell’arte e felicemente storici anche i costumi del coro.

A Salisburgo una grande bacchetta e una grande orchestra, a Napoli tutto meno eclatante ma onesto e pulito , lo stesso si può dire per il coro ed i balletti.

Il discorso del cast è un po’ più complesso : grandissimi nomi , quasi tutti gli stessi, forse una chance di più a Napoli , ahimè tutti un po’ provati dal caldo improvviso e dalla fatica , nessuno è al massimo delle proprie possibilità.

Ma il divismo ha i sui perché e per i fans della diva e dei divi il successo è assicurato.

Passato il raffreddore è probabile che tutti brillino ancora della luce che ha illuminato le loro strepitose carriere.

Ci possiamo domandare se vale la pena questo recupero che sono certa provocherà altre riprese  ; mi piacerebbe che provassero l’impresa dei giovani cantanti ; in questo senso mi è sembrata positiva l’esibizione del giovane basso dello spettacolo napoletano ; i grandi nomi che abbiamo amato e che amiamo ancora ascoltare lascino questo titolo a imprese più confacenti al loro attuale momento delle rispettive carriere.

Ci potranno dare ancora molto , ne sono convinta.

LUBO

Si nascondono nelle pieghe della Storia eventi terribili e assurdi che qualche volta sembrano addirittura impossibili da immaginare . 

E’ quello che è successo nella vicinissima e civile Svizzera nel secolo scorso , quando migliaia di bambini furono sottratti alle loro famiglie per un perverso senso di civiltà e per rieducarli secondo i modelli di quella che pareva essere la cultura vincente –

I bambini delle famiglie zingare di etnia jenisch, I cosiddetti zingari bianchi, furono vittime di questa tragica vicenda e ci ha pensato Giorgio Diritti , un cineasta straordinario , il cui cinema civile seguo ormai con ammirazione da molti anni a raccontare la vicenda.

Il film è intitolato Lubo e narra una storia vera , avvenuta lontano dal clamore dell’Olocausto , ma che ne ha a tratti la stessa crudele assurdità.

Il cinema di Diritti , lo scoprii anni fa attraverso il suo bellissimo “ Il vento fa il suo giro “ nel quale si raccontava il razzismo segreto e minore di cui è vittima una famiglia francese che tenta un inserimento in un territorio piemontese in cui si parla ancora occitano , poi ho visto il suo straordinario “L’uomo che verrà” che apre uno spiraglio di speranza raccontando un eccidio feroce sull’Appennino emiliano.

Altri film , altro impegno : questo Ludo , un artista di strada che vede la sua famiglia disperdersi nelle assurdità di regole feroci è una storia vera ed è raccontata con il solito rigore e la solita pulizia formale alla quale ci ha abituati lo straordinario uomo di cinema che vive appartato dal clamore dello showbusinnes e ci regala film di grande contenuto storico e sociale.

Non è un film perfetto , ispirato in parte ad un romanzo intitolato Il seminatore , ha qualche lungaggine che lo appesantisce , ma i suoi minuti finali meritato un applauso a scena aperta , presentato al festival di Venezia è adesso presente su una piattaforma.

Interpretato da un grandissimo attore tedesco , cui basterebbe la voce per rendere la rudezza e la realtà del suo personaggio segnalo la visione a tutti coloro che vogliono sapere di più su quello che nel secolo scorso è successo anche in paesi civili e spesso considerati solo come rifugio per emigrati politici e per la forza del danaro delle proprie  banche.

Rimpianto

Forse tra i rimpianti di ciò che non si è realizzato nella vita ce n’è uno particolare : non avere studiato musica quando la mente è aperta alla conoscenza e l’apprendimento è cosa facile.

Ma nell’inverno del ’43 faceva tanto freddo e nel grigiore di una memoria filtrata forse anche dalle immagini dei film neorealisti dell’epoca quella bambina dalle cosce viola dal freddo che doveva prendere due tram per attraversare Firenze e andare a studiare il solfeggio dal nonno smise di studiare musica e si limitò a trimpellare poche note sul pianoforte che restava muto per lei mentre la nonna suonava le sue amate melodie di Mascagni.

Tempi lontanissimi , si doveva solfeggiare per tanto tempo prima di mettere le mani sulla tastiera e poi quando ci si arrivava erano solo le scale , le scale , le scale.

Così finì la mia scuola di musica e da allora ho sempre guardato con una strana specie di invidia tutti coloro che la musica la leggono , la seguono sugli spartiti e la trasmettono con i loro strumenti.

Il mio strumento preferito sarebbe stato il violoncello , amo il suo suono morbido , la sua dolcezza triste.

Pensavo a questo riguardando le foto del mio recente viaggio a Salisburgo : ho fotografato tante musiciste dell’orchestra , amiche di una cara amica romana e le foto dei loro volti sorridenti sul palco o in buca forse nascondevano in me quel rimpianto così antico da essere addirittura rimosso e ormai nascosto nelle pieghe inconsce di una vita nella quale sicuramente non mi è mancata la musica .

Ne ho ascoltata tanta , forse ho anche capito il significato di pagine incise nelle mia anima , mi manca però la conoscenza che nasce dalla capacità di trasmettere la gioia attraverso uno strumento.

Un ricordo ogni tanto mi attraversa la mente : ero a Spoleto e faceva tanto caldo nel loggione , biglietto trovato per miracolo all’ultimo minuto.

Nel palco sotto di me due mani sfogliavano la partitura : era il Don Giovanni di Mozart e io ero davvero invidiosa anche se a ripensarci bene non ho mai avuto bisogno di leggere le note per capire la magia di quella musica tanto amata , semmai nel tempo ho allargato le mie conoscenze musicali e ne ho affinato la scelta.

So che in Metamorphoses di Strauss si nasconde una frase disperata di Re Marke e non è poco per una ignorante come me.

Ponti di civiltà

Leggo oggi una riflessione di una ottima giornalista che trovandosi ad attraversare la Francia ha notato degli strani e all’apparenza inutili ponti sopra le autostrade e si è chiesta a cosa servissero .

Le hanno spiegato che sono per gli attraversamenti degli animali

 che specie la notte hanno imparato ad usarli evitando la morte su quelle strade sulle quali sfrecciano gli umani a bordo delle loro potenti macchine  abbagliando e spesso immobilizzando le bestie che fanno così spesso una brutta fine.

Ebbene quei ponti , eleganti e inutilmente pieni di verde i li avevo già visti una diecina di anni fa in una strada tra Monaco di Baviera e Cesky Krumlow, un delizioso paese nella Repubblica Ceca .

Anche io , incuriosita avevo chiesto la motivazione di quei ponti e anche io rimasi colpita dalla risposta: evidentemente in Europa ci sono dei paesi molto più avanti di noi nel rispetto della natura in tutte le sue forme.

E’ vero che nel nostro bel paese le autostrade non sono circondate da foreste ma da capannoni industriali che si susseguono con orrida monotonia , ma da qualche parte abbiamo ancora momenti di bellezza naturale , qualche splendido scorcio di mare , qualche attimo di quella quieta bellezza che era la nostra più eloquente immagine del paese che fu.

Forse , tra i tanti progetti di imbruttimento quotidiano che segnano il nostro tempo potrebbe essere una buona idea quella di progettare anche dalle nostre parti i ponti “salva fauna” che fanno parte dell’Europa civile alla quale puntigliosamente ci onoriamo di appartenere.

Gentiluomini

Capita che una vecchia signora sola nei lunghi anni di frequentazione dei teatri di mezza Europa finisca per fare dei curiosissimi incontri.

Spesso sono eleganti e attempati gentiluomini che garbatamente le siedono vicino , solitudini di vecchiaia con forti affinità musicali.

Guten Abend , poi qualche piccola frase o un gesto gentile , come quello di un gentiluomo che avendomi visto soffrire il primo atto del Rosenkavalier per colpa di un armadio a due ante seduto davanti , alla ripresa del secondo atto con un Bitte  accompagnato da un inchino mi dette il suo posto molto più gestibile dal punto di vista visivo.

Oppure quel signore australiano che a Bayereuth mi chiese di indovinare quanti Ring integrali avesse rincorso nella sua lunga vita.

Io azzardai un dieci interrogativo e lui orgogliosamente mi rispose : diciotto ! elencandomeli più o meno tutti a spiegandomi che per riuscirci li aveva rincorsi ai quattro angoli del globo.

Ma l’incontro più recente e curioso è avvenuto a Salisburgo : il vicino , volto già notato in qualche teatro di area germanica , riconosciuto soprattutto per il forte accento piemontese si è intrattenuto garbatamente spiegando il problema che angustia molti di noi che abbiamo accumulato libri , longplain e cd e dvd e abbiamo case troppo grandi per le nostre solitudini utili solo a raccogliere tutte queste preziose testimonianze culturali.

Ebbene , alla fine della elegante chiacchierata il gentiluomo mi ha mostrato la foto di casa sua e indicandomi il pavimento che vedevo di marmo chiaro con strani disegni neri mi ha detto orgogliosamente che era la Seconda di Mahler , la sua preferita che l’architetto era  riuscito a fargliela avere incisa nel marmo.

Gli dedico questo mio piccolo pensiero sperando di ritrovarlo ancora da qualche parte , non so dove , come recita una canzone francese dei nostri tempi lontani.

Piccola riflessione

Dobbiamo alle fertile penna di Victor Hugo il dramma “Il tiranno di Padova” dal quale trasse il libretto dell’opera La Gioconda un facondo intellettuale della fine dell’Ottocento : quell’Arrigo Boito che poi sarebbe stato anche il librettista di Verdi per il suo capolavoro Otello.

L’opera vide la luce alla Scala nel 1876 e l’autore del libretto usò lo pseudonimo di Tobia Gorrio

Anche il fratello dell’eclettico Arrigo fu scrittore e dobbiamo a lui la bellissima novella Senso da cui poi Luchino Visconti avrebbe tratto il suo omonimo film capolavoro

Boito fu anche compositore : gli dobbiamo Il Mefistofele e Il Nerone , un’opera data molto raramente ma con pagine bellissime  e a me particolarmente care perché una frase dell’opera è incisa nella base dell’altare della piccola cappella di famiglia in un paesino della campagna toscana vicino a Empoli.

Era il gusto dell’epoca , la nonna Beppina le aveva volute incise nel marmo:

 quando torna la sera , col mesto incanto delle rimembranze, unite anche il mio nome alla preghiera…..

Leggo in questi giorni della presentazione della Gioconda a Napoli.

Il regista dice chiaramente che non è possibile ambientarla diversamente che a Venezia , tanti sono i riferimenti ambientali con la Serenissima , a cominciare da quella Bocca del leone nella quale i delatori mettevano le loro missive di spie per il Consiglio dei Dieci e del Doge in persona. 

L’isola della  Giudecca e i canali morti sono raccontati con dovizia di particolari e si inneggia anche alla Ca d’oro .

L’innamorato principe genovese ( un nemico ) arriva travestito da marinaio dalmata , anche questo un preciso riferimento.

C’è tanta acqua nel testo e in qualche modo anche nella musica di Ponchielli , tutto questo per dire che la messinscena di Salisburgo è stata deludente e incolta.

Leggo che i costumi rinascimentali ,dell’allestimento napoletano  che mi dicono bellissimi , sono di Christian Lacroix , un nome dell’alta moda che mi fa bene sperare per quello che vedremo.

Forse , aggiungo in chiusura , anche Jonas Kaufmann avrà la strada più facile per entrare nel personaggio senza un ridicolo cappellino e un binocolo di plastica al collo.

La Gioconda

 

Per me la Gioconda è sempre stata la Danza delle ore , vuoi nella stupenda versione Disney con gli elefanti che ballano o nel mio privato quando ne facemmo uno sketch a carnevale con gli uomini in tutù.

Per il resto , se levi Cielo e mar e Suicidio c’è ben poco di altro per giustificare una ripresa salisburghese, se poi ci metti una regia stupida e volgare quel poco di buono lo si perde del tutto.

Mettere in fila l’inutile antefatto , l’elettrochoc,il trenino del coro , l’assassinio di Badoero fuori programma , la testa di Laura nel piatto ed altre amenità si capisce perché, mentre la Netrebko in versione Anna Magnani ce la mette tutta , Salsi fa “ cattivissimo me” , Jonas Kaufmann appare notevolmente distaccato dal ruolo.

Si vede a occhio nudo che non ci crede e gli dedica il minimo sindacale.

Diversa è la motivazione di Pappano che si è sicuramente appassionato all’idea del recupero culturale di un’opera un tempo popolare e ormai uscita dal cartellone per il cambio di gusto musicale del pubblico.

Ne ha fatto una doppia sfida : portare in buca la sua preziosa orchestra sinfonica romana con il coro incorporato e l’azzardo del recupero di un titolo desueto. 

Lui la sfida l’ha vinta gloriosamente e di questo l’orchestra gliene è veramente grata.

Ultima considerazione : se qualche volta la intzegnerun-regie ha irritato, generalmente si deve riconoscere che il regista di turno sia partito da una idea , magari non condivisibile ma coerente ; in questo caso siamo davanti a un ibrido.

Non è una regia tradizionale ma non c’è neppure  un’idea alternativa ,; purtroppo il regista non ha capito nulla dell’Italia , del periodo storico in cui Boito scriveva e di Ponchielli che probabilmente aveva in mente il grand-opera alla francese.

Visto il successone salisburghese questa mia è sicuramente una voce fuori dal coro.

 Vedremo la prossima settimana a Napoli se con una regia più tradizionale l’opera risulterà degna di rientrare definitivamente in cartellone.