Il professor Bortolotto

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la foto di Francesco Maria Colombo è bellissima, spero che l’autore mi perdonerà

 

Una piccola storia mi ha legato al grande musicologo e ne avevo anche parlato nel mio primo piccolo libro di memorie.

La breve scena si era svolta davanti al Festpielhaus di Salisburgo e non vale la pena raccontarla di nuovo.

Invece è molto curioso quello che avvenne in seguito: durante l’intervallo il vecchio gentiluomo si scusò per la sgradevole reazione del suo ospite nei miei confronti e mi disse :mi scriva quando vuole , sono sull’elenco del telefono,banalmente!

Ovviamente gli scrissi e grande fu la mia sorpresa quando ricevetti la prima di alcune sue deliziose cartoline.

Non corrispondevano mai le date e avevo l’impressione che le tenesse in tasca parecchio prima di ricordarsi di imbucarle.

Anche i soggetti delle cartoline erano strani :una era la pubblicità del Vascello fantasma, un’altra una vecchia immagine di Roma e sempre firmandosi per esteso ma con una calligrafia microscopica che la prima volta stentai a decifrare.

Mi scriveva “ a presto”, ma quel presto poi non si è più realizzato.

Ogni volta che andavo a Santa Cecilia speravo di reincontrarlo ma non ho mai avuto il coraggio di presentarmi a lui con tutta la mia ignoranza musicale.

Poi le cartoline si sono rarefatte, quelle che mi sono arrivate le mettevo come segnalibro nei suoi preziosi libri.

Su Classica è ripassato un breve ricordo di una sua visita alla Sagra Malatestiana,l’ho riguardato con grande tenerezza, ci si poteva ritrovare quel suo atteggiamento ironico e falsamente semplice che si divertiva a mostrare nei confronti del prossimo.

Sono contenta di averlo potuto avvicinare ,credo che vanitosamente avesse avuto piacere che una sconosciuta ammiratrice lo avesse fermato per strada.

I suoi difficilissimi libri sono stati per me una specie di lezione da leggere e rileggere.

Le sue cartoline sgualcite sono una piccola memoria personale di cui vado orgogliosa.

 

 

Una Svizzera da ripensare

 

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Pensare alla Svizzera spesso equivale pensare alle banche, poi alle montagne, agli orologi e alla cioccolata.

Tutti i luoghi comuni generici, poi volendo ci possiamo allargare al fatto che è una confederazione dove si parlano varie lingue ,difficilmente si riflette sulla storia e sulla cultura di una città come Zurigo e invece basta un breve viaggio per scoprire che questa bellissima città affacciata sulla Limmat e che si allarga sul grande lago è un’affascinante sorpresa culturale e storica.

 

Zurigo e la Riforma. In un breve percorso tra il Grossmünster e la Fraumünster ci sono secoli di storia e di lotte religiose crudelissime e fondamentali per i cambiamenti che hanno apportato.

Oggi queste severissime e nude chiese sono impreziosite dalle stupende vetrate di Giacometti e di Chagall ,si entra e quello che colpisce è quel Libro aperto, unico segno di nuda Fede .

 

Ripassando il MunsterBrüke si sale al Museo che ha una raccolta di opere d’arte di una ricchezza e abbondanza sconvolgente.Preziose le raccolte di arte antica ma dove veramente il museo è straordinario è nell’arte dall’Ottocento ai giorni nostri.Elencare i nomi può non bastare, spesso è la qualità delle opere rappresentate che fa la differenza.Stupenda e ovviamente ricchissima la presenza di Giacometti ma i tanti Munch, i Segantini lasciano senza fiato.Gli impressionisti ci sono tutti e l’arte contemporanea è rappresentata ai massimi livelli.

Forse si farebbe prima a dire chi non c’è!

 

Un po’ più avanti dove il fiume si allarga nel Zürich-See c’è la inconfondibile facciata dell’Opernhaus,qui avvennero le prime esecuzioni di opere diAlban Berg,Schöberg e Hindemith.

 

Poi viene da pensare a quanti intellettuali qui chiusero la loro vita:

a Zurigo c’è la ultima casa di Thomas Mann , qui morì Elias Canetti,

l’autore di quello stupendo affresco di cultura mitteleuropea che è La lingua salvata.

Sulla riva di questo lago passeggiarono illustri esuli dell’intera Europa.

Appare anacronistico pensare che qui non siamo nell’Unione europea, ma forse il discorso ci riporterebbe all’inizio della mia riflessione, in ultima analisi torniamo prosaicamente alle banche.

 

 

 

Onegin in campagna

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Un prato verde copre l’intero palcoscenico dell’Opernhaus di Zurigo.

In una splendida giornata di fine settembre si apre la stagione operistica con un titolo accattivante :l’Jewgeni Onegin di Tschaikowski,una volta tanto scritto correttamente.

Nella piccola preziosa sala il pubblico delle prime , eleganza discreta della ricchissima città svizzera.

L’opera facile ,orecchiabile, tanto amata sia patria che nel mondo sembra semplice ma dietro la storia tragica c’è un capolavoro letterario e per una volta non è male ripensare a Puskin, specie quando si hanno degli interpreti grandissimi come è stato in questa edizione.

Devo innanzitutto dire che questa messinscena quasi cechoviana , di una falsa semplicità ha fatto risaltare in modo particolare il coté maschile del cast.

Uno straordinario Peter Mattei tanto padrone del ruolo da essere un tutt’uno col suo infelice e tormentato personaggio come il sempre più maturo Pavol Breslik nel ruolo di Lensky

 

 

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E’ un’edizione al maschile che mette un po’ in ombra la pur vocalmente dotataTatiana di Olga Bezmertna e la Olga di Ksenia Dudnikova , ambedue al debutto nel ruolo.

La strada scelta dal regista ,questa bucolica spianata di campagna dove avviene tutta la storia può sembrare una via semplice, poi quando alla fine il salotto del principe Gremin viene smontato a vista dai servi di scena e Onegin si ritrova solo nel prato dove tutto era cominciato, fino a trovare per terra quel barattolo di marmellata nel quale la ingenua e infervorata giovane aveva messo il suo messaggio d’amore,si capisce meglio la sotttile e intelligente scelta registica.

Ugualmente sgomenti lascia anche la scena vuota su cui restano le giacche abbandonate dei due amici perduti nel momento dell’ira e dell’alcool.Il colpo di pistola è lontano, come è lontana la deriva fatale che decide il destino di tutti i personaggi di questa vita falsamente tranquilla nella quiete della campagna russa.

Ottima direzione di Stanislav Konchanovsky e ho già detto della bella intelligente regia di Barrie Kosky.

Sono tutti bravissimi gli interpreti di questa bella coproduzione con la Komischen Oper di Berlino,tutti festeggiatissimi nella bella serata aperta dopo la prima anche a tanti spettatori amici.

Si respirava un’aria quasi familiare , un backstage open e festoso di un teatro di grande tradizione e cordialità.

Sono molto lieta di averne potuto godere anch’io.

 

 

Carmen ad Ancona

CARMEN-Martina Belli e Francesco Pio Galasso (don josè) IMG_1488 doto di claudio penna

 

Da Siviglia a Siviglia.

Un esile filo conduttore lega la piccola stagione lirica di Ancona,filo tracciato dal raffinato direttore artistico Vincenzo DeVivo che poi proseguirà il suo colto lavoro nella successiva stagione lirica di Jesi.

La prima tappa di questo percorso è Carmen, l’opera più rappresentata al mondo e molto attesa dal pubblico anconitano e non solo.

Dirò subito la lietissima sorpresa :è nata una nuova bellissima Carmen che sono convinta dopo questo debutto nel ruolo volerà sicuramente molto lontano.

Martina Belli aggiunge ad un fisico splendente e una grande presenza scenica anche una bella calda ricchezza vocale e farebbe dire con poca originalità :è nata una stella se non fosse che Martina ha già calcato scene importanti come la ROH e sta per tornare di nuovo a Londra nel ruolo che già aveva ricoperto, la Lola nella Cavalleria con Pappano.

Ridendo mi dice che questo per lei pare essere l’anno di Lola, ma spera che questo debutto marchigiano la porti verso traguardi più prestigiosi,

io ne sono totalmente convinta.

Accanto a lei un terzetto di ottime voci : Francesco Pio Galasso ,voce potente esperto Don Josè,ha molto girato nei teatri in Germania e un po’ dappertutto nel ruolo ed è pure arrivato a cantare in Cina.

Francesca Sassu, Micaela dalla voce chiara e limpida, si muove bene e con sicurezza nel ruolo difficile e ingrato della timida innamorata .

Poi a chiudere l’ottimo quartetto l’Escamillo di Laurent Kubla, un sottile e altissimo torero di madrelingua,davvero non potevamo sperare di più.

La direzione attenta e sicura di Guillaume Tournaire ci conferma la sua conoscenza dell’opera e la particolare attenzione anche alla resa corale, con particolare garbo e tenerezza verso i bambini.

Qualcosa da dire anche sulla scelta registica intelligente di Francesco Saponaro: una Carmen “opera comique”con tutti i dialoghi generalmente tagliati, molto stilizzata nell’allestimento povero , curata con attenzione da chi venendo e lavorando abitudinariamente nel teatro di prosa conosce l’importanza dei particolari non sempre curati da chi fa solo lirica e invece dalla sottoscritta molto apprezzati.

Insomma non potevamo sperare di meglio con questi chiari di luna,lode al direttore artistico che è stato capace di coinvolgere l’intera struttura di MarcheTeatro nell’impresa.

Un’ultima doverosa menzione alla direzione del coro di Carlo Morganti e alla ottima prova dell’Orchestra Rossini di Pesaro.

Tutto ha contribuito a regalare alla città capoluogo l’occasione di ascoltare la grandissima opera e credo di poter dire con cognizione di causa che il risultato ottenuto non avrebbe sfigurato nel cartellone di ben più blasonati teatri.

 

 

Bucarest-e tre

 

FullSizeRender 3Forse non ci siamo resi conto abbastanza nel nostro paese quanto danno di immagine hanno fatto nel tempo alcuni sceneggiati televisivi di successo

Oggi il tassista romeno che mi portava in aeroporto in un basic e problematico inglese mi spiegava serio che la mafia dei taxi di Bucarest é la naturale copia della mafia italiana .

Mi racconta di quando da bambino aveva visto La piovra e il poliziotto Cattani era il suo eroe. Ricorda con emozione mista a nostalgia , ma l’immagine forte che gli è rimasta è quella dalla Mafia onnipotente .

Penso con angoscia che ancora qui non hanno visto Gomorra .

In questo paese , ancora faticosamente legato al ricordo di un regime comunista , l’idea di libertà dei commerci è molto lontana e il risultato produce tante piccole mafie locali legittimate , si fa per dire, dalla grande madre mafia italiana.

Che abbiano ragione i retrogradi conservatori del nostro paese che vorrebbero vedere esportata solo l’Italia dei mandolini e della pizza?

Quando Goethe parlava del paese dove crescono i limoni non pensava che un colto e intelligente tenore avrebbe intitolato un suo flop discografico Dolce vita , come a dire che l’Italia è ancora un paese irreale , romanzato e banalizzato anche da chi la ama di un amore romantico e infantile.

In questo sgarruppato aeroporto di Bucarest ho molte ore da passare , il mio volo è nel tardo pomeriggio e io sto seduta nell’unico caffè decente che ovviamente si chiama Lavazza . L’Italia che vorrei esportata è solo questa.

Bucarest-parte seconda

 

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Adoro Elias Canetti e la sua Lingua salvata . Finisco per scoprire sempre cose nuove e i nomi affascinanti come Bucovina e Galizia mi suonano sempre dentro come la musica di Gustav Malher.

Di nuovo questi pensieri durante il breve viaggio in Romania .

Ci ero già stata anni fa , quando la fine della dittatura di Ceausescu aveva fatto sperare in un rapido allineamento democratico .

Adesso Bucarest è ancora più grande , ci sono molte piû macchine in giro , ma direi che certi scollamenti del paesaggio urbano, certe sbavature nella qualità della vita fanno ancora pensare ad un difficile cammino non risolto.

Se lo splendido museo di arte europea , lucido di marmi e silente nelle sale vuote senza scolaresche vocianti e ´ un bellissimo esempio dì civiltà poi se capito nei bagni del ristorante dell’hotel Hilton il lavandino è otturato e il ventilatore per asciugare le mani è rotto!

La corruzione dilaga , mi dice un caro amico con vero sconforto e sento in lui quasi un desiderio di spiegarmi che non tutto quello che faceva la dittutura era negativo.

Il discorso ci porterebbe lontano e lo svuotamento delle campagne accompagnato ad una urbanizzazione selvaggia non sono argomenti positivi ..però…e qui mi fermo anch’io perché non sono assolutamente in grado di affrontare questi problemi.

Mi piace fermarmi dove capisco e vedo : i panni stesi su un antico un palazzo dietro l’Ateneum Enescu, la botteghina anni cinquanta con la vecchia sulla porta , le ragazze in minigonna sui trampoli , la sempiterna polo a righe dell’uomo medio.

Sono ancora tanto poveri , ma nel loro sottosuolo c’e l’oro , il petrolio ,il gas. La ricchezza al solito è nelle mani di pochi e spesso questi pochi sono in realtà delle multinazionali.

La democrazia é la piû difficile forma di governo , qui si capisce quanto ancora il cammino sia lungo e costellato di ostacoli. E mi rendo conto quanto sia inutile e retorica la bandiera europea che comunque non vedo proprio sventolare da nessuna parte.

Bucarest.parte prima

 

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Cominciato male perché odio la levataccia alle quattro e mezzo . Soprattutto perché finisce che non dormo neanche le ore che normalmente mi concedo .In macchina mi accorgo di avere scordato i fazzoletti di carta , poi di avere messo erroneamente in valigia gli occhiali leggeri che mi servono per la guida di notte .

Poi addirittura sbaglio strada perché non mi sono ricordata che ci sono lavori in corso e giro intorno due volte all’isolato prima di imboccare la strada giusta.

Fortunatamente arrivo al parcheggio in tempo per sentirmi dire che lo shuttle é già partito , poco male , lo raggiungiamo con la macchina mia!

Volo per Monaco regolare ,poi ricerca del gate per Bucarest , ovvero «  il deserto dei tartari «

Mentre aspetto molto perplessa mi arriva la lieta novella che il tenorissimo rifiuta la trasmissione della radio romena , Zorela preoccupata , per ora si garantisce comunque la presenza ….

Indagine aeroportuale e scopro il cambio di gate : significa fare qualche kilometro , riprendere il treno interno , molti Entschuldigung , finalmente con pazzesche scale mobili in giù ( che odio ) e in su , lunghissime, arrivo al vero gate . Imbarco normale, é già qualcosa.

Verso Est : sorvolo l’Austria , poi pare anche un po’ di Ungheria , Romania del nord e con cambio di fuso arrivo in una calda Bucarest.

Perfetto e gentile mi aspetta il marito di Zorela e mi porta a casa della figlia che lavora in Francia , piccolo appartamento molto ordinato . Schianto sul comodo lettone per qualche ora .

Passo il lento pomeriggio rprigioniera in attesa di niente …verso le otto locali ritorna il mio ospite che gentilissimo si scusa ma ha fatto tardi per custodire i suoi otto cucciolini di cane lupo e arriva carico di sacchetti di cibo , pane , frutta e le deliziose palacinche .

Senza tv , per fortuno riesco a trovare una radio italiana , la giornata è passata .

 

Mi sveglio riposata , colazione , lavaggi , ho letto praticamente tutta la guida del Touring .

Il primo ferale annuncio che il bavaro non vuole la tv romena è l’antipasto preceduto da una bella foto di gruppo a Parigi mentre prova il Don Carlos e poi la conferma : la sôla balcanica era nell’aria e si è definitivamente completata dentro l’ Ateneum Enescu prima dell’inizio del concerto di oggi.

Il caro ragazzo non viene . Stavolta dopo un sonoro Vaffa mi viene da ridere , era una trasferta fuori sacco, mi costa poco , sono ospite di cari amici , ho rivisto Bucarest dopo tanti anni . In fondo a casa non mi aspetta nessuno e pare pure che ad Ancona piova.

Io ho passato una bellissima mattinata museale , colazione all’Hilton , mi sono trattata bene.

La mia ospite mi ha dato il suo abbonamento e mi avvio per la prima volta all’ Ateneum pieno di un pubblico modesto di aspetto ma molto colto e partecipe.

Il concerto da camera : violoncello e pianoforte : Due giovani e raffinati solisti francesi , Poulenc, Enescu , Berg e Brahms. Questo festival è ricchissimo , tanti concerti ogni giorno con orchestre importanti e bacchette prodigiose. Sarebbe da strarci una settimana intera.

 

Per me oggi basta , io   rientro nel mio appartamentino fresco e silente su strada alberata.

 

Domenica : prospettiva di una bella passeggiata fino al Monastero Radu Voda . Ci ero già stata in un’altra vita : non riaprite quella porta!

Scendo verso casa , prima sosta ad un parco giochi . Aria lenta domenicale , venticello fresco , poi attirata dalle campane vado in una parrocchia vicino casa . Il giovane pope mi dice che si chiama Bona Veneru , forse buona visita …

C’e pronto un modesto banchetto su piatti di carta e in rapida sequenza coppie di giovanissimi si inginocchiano con candele in mano davanti al vecchio sacerdote . Inutile chiedere chiarimenti , non credo si tratti di matrimoni , forse una sorta di promessa? Li accanto un una modesta cappella ci sono le candele votive che galleggiano nella cera , come in Grecia.

Pomeriggio bellissimo a casa di Zorela , una bellissima accoglienza in una bella casa piena di quadri e di oggetti preziosi.

Ad attendermi due amiche di quella particolare amicizia che nasce in rete e poi è stranamente più forte delle amicizie di un tempo.

Una , la incontro spesso , viene da Parigi e l’altra simpaticissima poliglotta di origini romene viene dal Canada.

La nostra ospite ha preparato un sontuoso banchetto con tutte specialità romene .

In sottofondo la voce del tenore ….psso ore veramente piacevoli e alla fine Zorela mi fa l’ultimo regalo : il suo abbonamento al secondo concerto della sera . Accompagnata e poi anche riportata a casa dal solito gentilissimo Alex ascolto Olga Peretyakto cantare l’Exultate di Mozart e poi con un grande dispiego orchestrale e una corale parigina ( le donne in preziosi costumi rinascimentali ) una intera Messa mozartiana .

È quasi mezzanotte e questo è il terzo concerto del giorno. Sul programma giornaliero c’è anche il concerto annullato .

Forse qualcuno ha sottovalutato l’importanza e il livello di questo Festival.

 

Carlos écoute….

 

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Una piccola querelle italo-francese sulla superiorità o meno del testo francese di un’opera italiana dà luogo ad una interminabile serie di interventi su Facebook.

Sarebbe divertente se non rivelasse molta superficialità e un filo di supponenza tra le care amiche d’Oltralpe.

Partiamo dall’inizio: Giuseppe Verdi riceve una commessa dall’Opera di Parigi per un ”Grand opera”.

Ovviamente accetta e sceglie un dramma storico di ambientazione spagnola tratto da un testo di un autore tedesco a lui caro: Schiller,da cui aveva già preso il soggetto per altre tre sue opere.

Un bel mélange europeo verrebbe da dire.

L’opera si chiamerà Don Carlos , nascerà bellissima in cinque atti e sarà ovviamente commissionata a librettisti francesi .

Sappiamo che Verdi ,come sempre faceva, ebbe molti ripensamenti, lo tormentava in modo particolare la figura del Monaco e la fine misteriosa dell’Infante.

Poi, fatta al più presto una egregia traduzione, l’opera fu decurtata di un atto per motivi pratici ,ma se ne aggiunse una bella aria per il tenore all’inizio.

Come tutto Verdi, anche il bellissimo DonCarlo/Don Carlos ebbe molte vicende, ma certamente fu la versione italiana ad avere più rappresentazioni, il mio primo ricordo di quest’opera che amai tantissimo da subito infatti era in quattro atti.

Solo recentemente e per mio grande piacere si è ripresa la tendenza a recuperarla con quell’atto di Fonteneblau che mi pare indispensabile.

 

Tutto questo per dire che non ha molto senso scrivere che Verdi ritenesse più adatta la lingua francese per narrare la triste vicenda del povero Infante , si trattò banalmente di una preziosa commessa del grande teatro parigino che certamente il grande compositore onorò con piena soddisfazione.

 

Però alla cara amica parigina che rivendica la bellezza di molti versi che secondo lei esprimerebbero meglio la poesia della vicenda una battuta stupenda in francese gliela riconosco: quel “Tais-toi pretre!”secco come una cannonata che l’anticlericale Verdi dovette apprezzare di più dell’edulcorato ”non più frate” che Filippo secondo rivolge al Grande Inquisitore.

 

 

Bond forever

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Una serata tv , niente di interessante nei mille canali a scelta e finisco per rivedere Daniel Craig , alias James Bond e confesso il mio debole per questo attore scespiriano adocchiato tanto tempo fa in un film elisabetttiano , ritrovato nei panni del famoso agente i cui film snobbavo regolarmente.

 

Probabilmente il film l’ho già visto e seguo con modesto interesse tanto che finisco per non accorgermi che è finito e ne è cominciato un altro , stavolta col mitico Sean Connery.

Sto per spegnere quando mi attira una scena: si svolge in uin aeroporto e il nostro agente entra e esce senza metal-detector ,niente scanner eppure è armato e la valigetta che ha con sé non è proprio regolamentare.

Mi accorgo così di essere tornata in un tempo lontanissimo nel quale anche io ho vissuto ,quando si viaggiava col”beauty”pieno di bottigliette, con limette e forbicine, non si facevano file estenuanti di controllo e non c’erano poliziotti col mitra in giro.

Un mondo perduto di alberghi pieni di spie eleganti, di atmosfere molto letterarie e nel quale i cattivissimi erano comunque riconoscibili da subito per il loro ghigno sospetto.

L’agente 007 è sempre al servizio di Sua Maestà, lei incredibilmente sempre la stessa ,ma il mondo intorno invece è tutto cambiato.

Gli effetti speciali sono ridicoli, oggi un semplice videogame di un nipote piccolino è molto più sofisticato ma è l’aria che racconta di un tempo lontano anni luce dalla crudeltà in cui viviamo a colpirmi di più.

Quel nemico letterario si è materialiazato in sigle vere: Daesh e Isis sono reali come sono reali i morti sulle strade d’Europa falciati da innocui furgoni e allora appare irreale e lontanissimo il mondo nel quale abbiamo vissuto fino a poco tempo fa.

Forse la cosa che fa più impressione è il telefono preistorico con la ruota numerica . Il medioevo nel quale abbiamo vissuto.

Una confessione

 

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Devo confessare una terribile colpa: non ho mai amato Pavarotti e so dicendolo di crearmi molti nemici, ma in questa melassa del decennale mi sento sgravata confessando la verità.

Sono andata a rileggermi le mie memorie, ebbene nei tre piccoli libri che le contengono non lo nomino mai anche se sono certa di averlo sentito nei suoi anni importanti ,quelli in cui era un grande tenore davvero.

Ovviamente poi come ogni vero melomane non ho preso in considerazione il Pavarottidue quello oversize tutto capelli tinti e sorrisone pubblicitario.

La verità è che il solo tenore che amassi in quegli anni era José Carreras.  Il mio primo ricordo di lui come Rodolfo nella Bohème, aveva i pantaloni a scacchi e sembrava davvero un giovane poeta della Parigi “dai tetti bigi”.

Mi piaceva la sua voce , il suo recitar cantando,la sua dolcezza.

Neanche Domingo era come lui dentro il mio cuore e poi quando si ammalò di quella terribile malattia che mi aveva portato via una figlia lo amai anche di più.

Nel concertone dei tre tenori era lui che guardavo con trepidazione e devo dire ancora adesso che anche lui è vecchio e con quell’aria di sopravvissuto io seguito a vederlo con affetto.

 

imagesAnche non volendo in questi giorni ci si imbatte comunque in programmi e interviste pavarottiane e una frase giusta e sincera Pavarotti nel suo inglese maccheronico riesce a dirla ed è quando dichiara che la voce del tenore è la più terribile , la più rischiosa e la più pericolosa di tutte.

 

Sarà per questo che la vera primadonna della lirica è sempre e soltanto il tenore.

 

A proposito di Lohengrin

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Mi capita di ascoltare l’intervista che Jonas Kaufmann ha rilasciato per la BMW la scorsa estate in piazza a Monaco dentro la macchina,non l’avevo ascoltata a suo tempo perché sempre in giro per teatri e soprattutto perché ero praticamente anche senza connessione.

Stamani ho tempo e mi colpisce un passaggio quando , per parlare del modo di interessare i bambini all’opera, suggerisce che si raccontino loro le storie :lui dice letteralmente le favole delle opere wagneriane.

Stranamente quest’affermazione coincide con una mia recentissima esperienza con due nipoti ragazzini.

Domenica scorsa su RAI5 si replicava il Lohengrin che inaugurò la Scala cinque anni fa.

Invitata per pranzo sono arrivata a casa di mio figlio in tempo per il terzo atto.

Molto egoisticamente faccio spostare la tv sul canale culturale e mentre l’opera comincia io contemporaneamente racconto ai miei nipoti infastiditi dal cambio di canale la storia della principessa inguistamente accusata dalla strega cattiva e del cavaliere senza macchia che viene a combattere per salvarla.

Mai devi domandardarmi, con quel che segue.

Mentre racconto ( per fortuna c’erano i sottotitoli in italiano) i ragazzini cominciano a sgranare gli occhi,seguono con interesse, quasi un thrillig ,la storia….

Dopo il “ mein lieber schwann” penso si possa andare a tavola ma i miei nipoti seguitano ad avere gli occhi incollati alla tv e alla fine mi chiedono :ne sai altre di queste storie?

Non mi illudo di avere formato due wagneriani e neppure che abbiano ben capito che tipo di musica fosse.

Sicuramente però un piccolo seme di ricordo è entrato nelle loro teste di ragazzini curiosi e intelligenti.

Raccontare le storie….Il signore dell’anello è una versione appena rivisitata dell’anello del nibelungo…fra i tanti modi per avvicinare i ragazzi all’opera si può tentare anche questo.

Se poi lo dice anche Kaufmann!

 

Ancora pubblicità

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Sempre a proposito di pubblicità viaggiando un po’ per l’Europa ho fatto una scoperta divertente: molte pubblicità che io credevo fossero italiane le ho ritrovate pari pari ovviamente tradotte nelle varie lingue ma identiche in francese inglese tedesco …

Perlopiù sono pubblicità di telefonini, di compagnie aeree, ma anche una famosa pubblicità che riguarda la scelta degli alberghi al miglior prezzo pronunciata diversamente è però la stessa ovunque.

 

Lo shampoo è di una multinazionale come lo è l’automobile, a ripensarci è ovvio,ma ci si sente davvero in un paese piccolo piccolo proprio quando invece risorgono anacronistici appelli( a l’Italia del Nord per esempio).

 

A certi signori delle nostre parti credo farebbe bene affacciarsi qualche volta oltre il proprio orizzonte di paese anche se di questa mancanza di prospettiva si sono serviti e si servono ancora per abbindolare poveri cittadini ancorati a vecchi pre-concetti di patrie.

 

Patrie che non esistono più da un pezzo ma che restano fondamentali se invece pensiamo alle nostre culture, quelle sì diverse e importantissime e che dovremmo trasmettere come valore alle nuove generazioni e questo è il solito lamento di una vecchia zia noiosa.

 

Se per le strade d’Europa ci sono gli stessi mega-poster con gli stessi sorridenti giovanotti in mutande non è lo stesso discorso se ci si affaccia in un museo. La diffferenzaè tutta qui.