Elektra

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Credo che a tutti quelli che fanno teatro : prosa , musica , danza sappiano cosa succede dopo il debutto. Si prova un senso di vuoto , di stanchezza e di pena per quello che è costato tanto tempo per le prove e che poi si consuma nell’arco di tempo di una rappresentazione. Maggiore è questo senso di finitezza quando il lavoro è di quelli particolari , come il fare teatro con i ragazzi, il cosiddetto teatro della scuola che occupa per la preparazione un tempo infinitamente più lungo di quello che generalmente serve a dei professionisti dello spettacolo- Si lavora per mesi alla preparazione del testo , a cercare di entrare “nella storia “ , qualunque essa sia e in modo anche più coinvolgente quando si fa teatro classico antico , quando si affrontano certi testi magari rivisitati come avviene da un po’ di tempo , ma comunque con la difficoltà di avvicinare ragazzi alla difficoltà del teatro antico… Nei paesi anglosassoni il fare teatro a scuola è molto più diffuso , direi che è una forma di acculturamento curricolare , da noi resta sempre affidato alla buona volontà di chi ci crede.

Da molti anni faccio questo tipo di teatro , prima dentro il Liceo Classico frequentato dai miei figli e da qualche anno , quando una preside “illuminata” ha preferito adeguare la scuola alla moda molto più accattivante di fare un musical come momento finale dell’attività teatrale scolastica, , ma noi del Centro Teatrale Rinaldini anche fuori dell’ambito strettamente scolastico , con i giovani che comunque seguitano a venire per condividere queste esperienze difficili seguitiamo a mettere in scena i classici.

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Quest’anno Elettra da Sofocle con notevoli inserti dell’Elektra di Hofmannsthal , ovviamente con estratti musicali di Richard Strauss. Ebbene , ieri sera nel piccolo delizioso teatro Valle di Chiaravalle , laddove un’amministrazione illuminata ancora consente questi spazi per esperienze “ diverse” siamo andati in scena e quel senso di stanchezza e di vuoto oggi me lo sento tutto addosso. I ragazzi bravissimi , la giovane regista che con amore li ha preparati e la vecchia anima del centro (che sarei io) ci siamo trovati ancora una volta a condividere un successo annunciato perché sappiamo di lavorare con rigore , di fare sacrifici per raggiungere un risultato di qualità , per creare quella magica sensazione di “esserci” insieme al pubblico in sala in un tutt’uno di vibrazioni e di partecipazione globale. Ce l’abbiamo fatta , ancora una volta e questa volta il percorso era anche un po’ più impegnativo del solito , l’applauso finale ha sciolto tutte le tensioni accumulate, tutte le lacrime trattenute dalla povera Marta che si sbagliava regolarmente tutto gli accenti (poverina , viene dall’Emilia e con le “e” proprio non ci azzecca!) , tutti gli urli al povero Seneca che non riesce a stare fermo , tutti i richiami “ voce!” al povero Carlo che parla sempre pianissimo , tutte le sgridate per chi arrivava in ritardo , per chi si scordava il costume anche alla generale .

Insomma tutti hanno un po’ sofferto , ma per tutti ieri sera c’è stata la vera gratificazione ed è quella del magico momento del sipario che si apre e si parte in un’altra dimensione , si vive un altro essere da sé fino all’applauso finale che riporta nel reale , qualche volta anche con la fatica di ritornare nel vero : alla pizzetta tra gli amici , al compito per domani , all’esame ormai alle porte.

Riassumendo

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Ripensare tutto , come si dice , a bocce ferme.

La kermesse di operette : mi è rimasto questo tagliando per un assaggio di Prosecco omaggio . Mi pare il simbolo della commercializzazione di un grande artista ad usum popolare. Ho letto solo due recensioni intelligenti : una da Vienna e una da Parigi. Per il resto un peana delirante di un concerto che solo la grande qualità umana e interpretativa di Jonas Kaufmann ha salvato da essere una cosa modestissima. A Vienna il giornalista faceva notare il contrasto tra il suo tentativo di essere un crooner e la pompa orchestrale di alcune arie decisamente cantate in piena voce lirica. Non a caso il meglio di sé Jonas lo ha dato nei bis dove prevaleva il tono intimista. Sarebbero bastati un’abatjour e uno sgabello , dice il commento , per renderlo più vicino a quello cui tutto sommato l’artista aspirava a trasmettere.

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Da Parigi invece si faceva notare che l’orchestra più che ricordare le atmosfere berlinesi dell’epoca ricordava nei suoni bombastici più un’atmosfera da Oktoberfest monacense , il tutto ovviamente salvato ça va sans dire dalla classe del nostro. Firenze si è meritata una recensione a parte , ma devo trasmettere al mio caro amico e talentoso regista che una fiorentina difficile , abbonata da una vita , ha preso due biglietti per tornare a rivedere lo spettacolo portandoci un figlio (per la verità già grandino) ma al quale non è mai tardi far vedere quanto può essere piacevole anche andare a sentire e a vedere qualcosa di diverso che non sia solo uno spettacolo considerato adatto alle nuove generazioni. Per finire : Roma . Credo che oggi l’auditorium di Santa Cecilia , grazie soprattutto al grande lavoro fatto da Antonio Pappano sia diventata una punta di diamante nel panorama musicale non solo in Italia , ma in tutta Europa. Col clima di modestia culturale nel quale è precipitato il nostro paese non c’è altro da ribadire che dirgli orgogliosamente grazie convinta come sono che solo attraverso le eccellenze si può tornare a sperare di riottenere quel ruolo di primaria importanza che una volta la nostra Italia aveva nei confronti del mondo.

Grazie dunque sir Tony e lunga vita alla sua permanenza da noi.

Candide

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Mi pare giusto ritornare su Candide di Benstein , come avevo promesso , adesso che la prima a Firenze c’è stata e quindi la mia recensione non anticipa più niente. Avevo detto che mi aveva molto divertito alla generale e non avevo detto i molti perché del mio gradimento. Intanto va a onore del rinato Maggio Musicale Fiorentino il percorrere strade non banali nella formazione del cartellone. Candide fu scritto nel 1956 e il suo autore accompagnò tutta la vita la sua creatura , sicuramente meno famosa della sua opera successiva : quel West Side Story che ebbe una fortuna mondiale maggiore. Ma l’ouverture di Candide ormai è un pezzo entrato regolarmente nel repertorio sinfonico , comunque sicuramente di più nel mondo anglosassone che non in Europa .

Infatti per avere il Candide in scena , peraltro in una edizione che fece molto scalpore non per l’audacia del testo ma per essere una divertente messa in scena di Robert Carsen che veniva da Parigi e approdando alla Scala mise in subbuglio la stampa molto provinciale italiana per una ironica citazione politica nostrana, era comunque il 2007 ed evidentemente questa prima fiorentina , con una messa in scena originale rende onore sia a Bernstein che alla città toscana. Della regia lieve e spiritosa di Francesco Micheli avevo già accennato nel precedente articolo adesso mi pare doveroso citare anche gli interpreti a cominciare da una Lella Costa non solo come sempre spiritosa ma anche , e qui sta la mia meravigliata invidia , per la sua abilità e disinvoltura di pattinatrice. Ottimi e sicuri nella vocalità Laura Claycomb (Cunegonde ) e il leggero ma sicuro Keith Jameson (Candide) . Di Chris Merrit ho già detto , ma direi che la omogenità di tutta la compagnia di canto contribuisce non poco alla riuscita dell’insieme. Aggiungo che la direzione di John Axelrod , oltre a dare continuità storica alla lettura della partitura (è stato l’ultimo collaboratore di Bernstein nella messa in scena) ce ne fa apprezzare con allegria i 27 pezzi lirici che la compongono.

Definire Candide un musical o un’operetta mi pare decisamente riduttivo e l’intelligente testo mutuato da Voltaire , a cui partecipò attivamente anche Lillian Hermann , ci rende evidente che lo spirito ebraico di Bernstein si sposa perfettamente con la spiritosa allegoria volterriana della inutile ricerca della felicità ricercata nei vari Eldorado del mondo quando invece va ricercata nella propria essenza e nel quotidiano accettarsi con semplicità.

Ottava di Bruckner

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Ci ho messo qualche minuto ad uscire da una sorta di aura musicale , un’apnea spirituale chel’immensa Ottava di Bruckner mi ha procurato ascoltandola sotto la mirabile bacchetta di sir Tony Pappano.

L’enorme partitura scandita nei tempi come mai l’avevo sentita ; in una sorta di fermo immagine ( se così si può dire di un ascolto) ad ogni passaggio , soprattutto nel Largo qui reso in maniera sublime.

Forse è durata pochi minuti , oppure un tempo incredibilmente lungo , non lo so .

I miei pensieri vagavano in un non essere pieno di tutto .

Ho anche tanto pensato alla mia mamma che tanto amava Bruckner quando io ancora immatura musicalmente non ci arrivavo proprio.

Il gesto largo e armonico del Maestro che ho cominciato ad apprezzare tanto tempo fa faceva scaturire dalla sua orchestra di Santa Cecilia un suono compatto ed a un tempo perfettamente scandito in ogni particolare.

Se è possibile parlare di momenti totali dell’essere questo di ieri per me è stato uno di quelli.

Nel grande Auditorium di Renzo Piano , con una compagna gentile e soprattutto attraverso quell’uomo magico che facendo scaturire dalle sue braccia tutta la musica del mondo come se la evocasse abbracciandola , mi sono sentita in una dimensione di totale compiutezza.

Sono arrivata a Roma con gli Amici della Musica di Ancona al termine di una settimana che mi ha portato da Berlino fino a Roma passando per Firenze in una sorta di felicità culturale che non mi ha fatto assolutamente sentire nessuna forma di stanchezza.

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Dire che ho chiuso in bellezza è riduttivo. Il grande componimento di Bruckner , molto bene illustrato nel dotto saggio che accompagna il programma ci spiega i tanti anni di ripensamenti , le difficoltà iniziali per un’esecuzione ai limiti del possibile , le tante significazioni del testo che possono anche tentare una ricerca del concluso che non si trova mai perché il fluire ricchissimo della partitura non ce lo consente.

Per me sta qui il fascino di questa immensa sinfonia , il non trovargli un senso del finito che aprendosi continuamente ci procura una voglia di camminarci dentro , perdendosi .

Questa lettura di sir Tony (quanto Wagner ha diretto per arrivarci!) a mio avviso segna una tappa importante del suo cammino di grande direttore.

Devo a una cara amica , ormai viaggio sempre da città a città , tra amici che mi regalano , anche in questo caso, una bella occasione d’incontro col grande maestro di cui mi impressiona sempre la disponibilità , il sorriso e l’attenzione a ciascuno di noi che lo andiamo a salutare .

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Quando gli ho detto che venivo da Berlino ha convenuto con me mentre gli dicevo che il nostro comune amico Jonas lavora troppo , quando gli ho detto del Candide di Firenze mi ha detto sorridendo di conoscerlo bene perché un tempo un po’ lontano lo ha studiato come maestro ripetitore…

Arrivando al grande auditorium romano ho avuto come una sorta di nostalgia al ricordo della magica serata di Aida , partendo so che adesso avrò la nostalgia di questa serata di grande musica . Posso ben dire come Josephine Becker : j’ai deux amours…

Candide a Firenze

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Un giorno a Firenze : la città vittima di un traffico caotico e il mio gentilissimo cognato per portarmi al nuovo teatro dell’Opera di Firenze in un percorso che in teoria data la modesta distanza da casa avrebbe dovuto svolgersi in un quarto d’ora dura quasi tre volte di più: evidentemente Firenze non regge il traffico ordinario in mancanza di strutture pubbliche che non furono pensate tanti anni fa e adesso invece risente , oltre al traffico indotto dai pullman turistici anche dei tanti cantieri in cui si cerca di porre rimedio alle strutture mancanti da troppo tempo. Comunque arrivo felicemente in tempo per godermi anche esternamente il nuovo teatro : vicino alla stazione Leopolda e all’imbocco delle Cascine mi fa un’impressione esteticamente bellissima. I teatri nuovi mi mettono sempre allegria e poi questo si rivelerà alla fine della serata anche dotato di una splendida acustica. Mi dicono che dalle gallerie ci siano dei punti da cui si vede male e che anche in platea ci siano dei problemi verso il fondo , ma io per la verità non riesco a coglierli. Anche le piccole crepe sull’intonaco dell’atrio non mi sembrano gravi. Insomma personalmente lo trovo bellissimo.

Poi io sono li per una serie di ragioni molto positive : la prima volta del Candide di Bernstein a Firenze e la prima volta che vedo durante la prova generale una regia del mio amico Francesco Micheli , direttore artistico dello Sferisterio di Macerata (e non solo) che mi ha invitato molto gentilmente. Trovo lo spettacolo divertentissimo : Francesco usa la sua fantasia leggera a servizio del testo musicale , mai volgare , molto spiritoso , con un cast davvero di tutto rispetto tra cui spicca una vecchia gloria della lirica: Chris Merritt , nel ruolo divertente del vecchio Governatore. Giovani cantanti decisamente di livello , coro strepitoso , vivacità di colori dei costumi sgargianti. Si muovono in scena , a occhio e croce , più di centocinquanta persone e la macchina funziona perfettamente. La prima dello spettacolo è prevista per domani e quindi non posso e non voglio anticipare una recensione , magari ci torno su dopo la prima. Oggi mi piace raccontare il sorriso del giovane regista , la gradevole compagnia di un’amica del Macerata Opera orgogliosamente seduta accanto a me e il piacevolissimo profumo di legno e di nuovo di questo nuovo spazio musicale.

Il Maggio Musicale Fiorentino , nel quale si è formata in anni lontani la mia passione musicale , mi pare stia piacevolmente risorgendo dalle sue ceneri e questo fatto , nel panorama culturale del nostro paese può essere solo considerato un evento decisamente positivo. Grazie Francesco per questo invito , grazie a mia sorella che mi ha accolto nella sua bella casa in Santissima Annunziata in un 5 stelle di lusso , grazie Firenze . In fondo le radici sono sempre quello che conta di più nella memoria.

E per lo spettacolo : toi toi toi.

Frammenti di viaggio

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Durante la lunga passeggiata sull’Unter der Linden arrivate in prossimità della Sprea notiamo un enorme edificio spoglio con una strana torre circolare centrale che sembra avere un’aria molto repubblica democratica. Ci meravigliamo perché ci stanno lavorando e poi , lette le numerose iscrizioni sui pannelli che circondano il cantiere scopriamo che si tratta della ricostruzione del Berliner Stadtschloss , abbattuto durante il regime della DDR nel 1950 per far posto alla Marx Engel Platz perché doveva servire uin grande spazio per le adunate oceaniche della Germania comunista . Attualmente lo stanno ricostruendo com’era e dov’era però l’effetto di questo enorme edificio squadratissimo fa l’effetto di un castello di sabbia al quale mancano tutte quelle decorazioni che i ragazzini fanno con la sabbia bagnata sulle spiagge romagnole. Il progetto della ricostruzione l’ha vinto un’italiano , tra cinque anni sarà finito e spero vivamente che le decorazioni “sabbia bagnata “ gli tolgano quell’aspetto sinistro che invece ha attualmente.

Schermata 2015-05-20 alle 22.00.40 Notarella scherzosa. Nell’ecologissimo albergo scandinavo non avevo fatto molto caso ad una macchinetta al muro proprio all’ingresso della sala per le colazioni. La lunga parola tedesca mi ero ben guardata da tradurla e quindi avevo ignorato questa sorta di distributore a muro finché l’ultima mattina mentre stavo aspettando di entrare vedo uscire dall’ascensore una coppietta giovane che si avvicina allo strano erogatore e poi comincia a sfregarsi le mani. Capisco allora che si tratta di un distributore per disinfestarsi prima di entrare in sala . Infatti i due si allontanano a mani alzate , tipo chirurghi in sala operatoria con grande attenzione a qualunque cosa potesse contaminarli. Dato che venivano dalla camera e non dal deserto del Gobi ho pensato quali mai malattie potessero avere contratto nella discesa verso la colazione. La visione dei due fanatici igienisti mi ha confermato nella mia naturale avversione ad ogni forma di fanatismo igienico/ ecologico . Sono nata in un tempo in cui si diceva “quello che non strozza ingrassa”.

E per finire : un peana per la Lufthansa. Parto da Berlino in lievissimo ritardo e per prudenza controllo il tempo per la connection a Monaco. Mi accorgo che è molto stretto e lo dico alle hostess sedute sul fondo le quali con grande sorriso mi dicono che nell’arco di venti minuti di ritardo non ci sono problemi , quindi stia serena . Già che la serenità può anche essere una situazione dello spirito da evitare mi rassegno e mi metto a consultare compulsivamente il mio orologi . Putroppo il volo , che sarebbe breve si allunga in grandi attese prima dell’atterraggio . Alla fine mi accorgo che i venti muniti utili per prendere l’altro volo me li sono giocati tutti e mi rassegno mentalmente a prendere il volo successivo per Bologna e poi ahimè anche il treno. Ma uscendo il capo steward mi rassicura sorridendo : in fondo al finger troverà un nostro addetto. Infatti puntualmente uscendo dal tubo si materializza un gentile signore con cartello ben in vista ANCONA per me sola . Mi dice di seguirlo e fatte un po’ di scale mi indica il posto accanto a sé in una bella macchinina che parte sgommando per la pista. Arrivo sottobordo del mio aereo e le due hostess sorridenti mi fanno cenno di non correre sulla scaletta. Appena mi sono seduta il mio splendido aereo per Ancona è partito all’istante . Sono arrivata anche in orario…mi piace molto l’organizzazione germanica , quando c’è ovviamente!

Variazioni berlinesi

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Secondo giorno a Berlino. Mi ha raggiunto un’amica per il concerto di stasera. Lei ha molte idee carine di musei , ma oggi è lunedi e…anche nella splendida Berlino i musei di lunedì sono chiusi. Le propongo una passeggiatona : dall’albergo , ex Berlino est dalle parti di Potsdamer Platz , fino alla porta di Brandeburgo e poi…utto l’ Unter den Linden praticamente oltre la Sprea e ritorno . Roba da maratoneti. Fortuna che il tempo romanticamente capriccioso ci ha trattato bene e poi la mia amica camminava con i bastoni da montagna tipo traversata della Mer des glaces e mi ha fatto sembrare il tutto una cosa quasi sportiva. Lei sostiene che camminando con i bastoni non ha più il mal di schiena però alla fine ha ammesso che in compenso le facevano un po’ male le braccia! Sosta tecnica con un comodo brunch al bar dell’albergo sotto l’occhio attento di una testa d’alce ( di alci è pieno l’albergo , ne ho anche un faccione dipinto in fondo al corridoio di camera) e poi riposo in attesa del concerto alla Philarmonia. Buffo questo albergo molto ecologico , nei corridoi si avverte un discreto cinguettio di uccellini , idem negli ascensori , sui muri si arrampicano pareti di bosco e in camera c’è scritto che se piove o tira vento a noi va bene , perché siamo alimentati con le energie naturali…Molto scandinavo.In camera invece di riposarmi vado sul terrazzo e giro il sequel di Wim Wenders, ho anch’io il mio cielo sopra Berlino.

https://youtu.be/I8loWjKNqeQ

 

Del concerto che dire: che Jonas si è cambiato due cravatte , tipo primadonna che si cambia il vestito tra la prima e la seconda parte, che l’ultimo bis lo ha fatto addirittura senza cravatta , che secondo Rieder ha realizzato il suo sogno di ragazzo che sarebbe stato quello di dirigere l’orchestra alla Philarmonia di Berlino ( e infatti lo ha fatto con grande soddisfazione e grande divertimento del pubblico quando il direttore gli ha generosamente ceduto il podio per un pezzo musicale), che è stato rumorosamente contestato da un signore seduto molto in alto che pare non sentisse bene per in difetto di altoparlanti. Gli altoparlanti, in effetti, sono diventati sei anche se spiritosamente Jonas ha risposto che sarebbe stato peggio se fosse stata la sua voce a non funzionare. Che dire di più? Mancano ancora due tappe della tournée tanto sponsorizzata, personalmente penso meno due e credo che lo pensi anche lui che forse quando ha cominciato pensava con più allegria a questa Kermesse. Obbiettivamente però devo dire rivedendolo che ha acquistato una maniera un po’ più disinvolta di porgere , diciamo più recitata e accattivante rispetto ai primi concerti .

Il pubblico di Berlino era in gran parte formato da coppie di anziani che amano le musiche di quel periodo al quale per la cronaca devo aggiungere le kaufmanniane itineranti , anche qui ben rappresentate , ormai ci conosciamo tutte e ci salutiamo con l’augurio di rivederci ai prossimi appuntamenti : la domanda di rito e’ quella che concerne il luogo d’incontro della prossima tappa del calendario del Nostro . Ho rivisto per un attimo le newyorchesi e ho incontrato una new entry australiana. Per il resto , oltre ovviamente alle berlinesi tra cui primeggiava la biografa ufficiale in lungo fiorito, il solito mix di Europa dell’Est ,fedelissime di tutta la Germania , un po’ d’Italia. Mancavano chiaramente le francesi che lo aspetteranno in massa a Parigi. Poi lo aspetta la tournée in Estremo Oriente. Che dire ? non mi pare una gran bella vita quella del tenore di successo e mi pare di aver colto questo pensiero anche nei suoi occhi stanchi nei pochi momenti di incontro ravvicinato del terzo tipo che ho avuto con lui nel backstage.

Tornando verso l’albergo l’aria berlinese nella notte era ancora più piacevole , i palazzi modernissimi splendevano di luci , ma certo Kaufmann non se le stava godendo incastrato nella solita cena di sponsor del dopo concerto.

 

Berliner Luft

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Sono a Berlino , stamani passeggiata di riflessione da Potsdamerplatz fino alla Brandenburger Tor. Scatto un po’ di foto , ma soprattutto penso alla storia di questo paese , alla sua capacità di ricostruirsi senza rimuovere , anzi accettandosi senza retorica. Le foto mi servono per ricordare : la mia prima volta , Berlino 1989 , Potsdamerplatz uno spazio vuoto , il muro ancora in piedi , solo il Checkpoint Charlie per andare di là…..e poi la seconda volta quando c’era già il Center Sony ma ancora il vuoto dall’altra parte.

IMG_3189Dalla cupola del Reichstag era una tutta una selva di gru, poi sono passati più di dieci anni ed eccomi qui , tra torme di giapponesi che fotografano tutto , anzi si fotografano davanti ai mega pannelli che ricordano com’era il mitico Unter den Linden alla fine della guerra. Davanti alla porta di Brandenburgo sventola una fantastica bandiera : no all’omofobia e la musica a palla richiama le folle alla manifestazione mentre un gruppo di ragazze pompon dalle belle cosciotte teutoniche in mostra si fotografa dal lato del Tiergaten. Ma un vero brivido l’ho provato camminando tra le lastre mortuarie del Stiftung Denkmal für die ermordeten Juden Europas di Eisermann. L’avevo visto tante volte in fotografia , ma il senso di angoscia che procura lo sprofondare del pavimento diseguale, quell’incertezza degli equilibri visivi le foto non me lo avevano reso, capisco che oggi l’arte può rappresentare solo cosi’ il suo farsi racconto e memoria.

La tanto decantata Berliner Luft oggi c’è tutta , anzi fa piuttosto fresco, ma completo il mio giro con un sopralluogo alla Philarmonie , anche per capire dov’è la stage door , magari domani mi serve. Al solito mi colpisce il fluire ordinato del traffico , il silenzio dei clacson , la cura maniacale delle aiuole, la pulizia per terra. Un patetico pezzo di muro piantonato da un ragazzo in divisa pseudo DDR con sventolante bandiera capisco che fa lo stesso lavoro dei gladiatori al Colosseo , aspetta i turisti per fare le foto ricordo. Mi impressiona di più il piccolo sentiero di mattoni per terra con la mini targa 1961/1989. Sarà che fa parte della mia memoria personale ma è la cosa che mi porta maggiormente a riflettere sulla colpa e sulla sofferenza di un popolo che in qualche modo ha pagato attraverso questa ferita la follia generata dal nazionalsocialismo che si trasformò nell’orrore nazista.IMG_0013

Il pomeriggio comincia con un incontro bellissimo. Una mitica amica che col suo sito web informa il mondo degli appassionati di tutta la musica lirica e sinfonica che si può sentire quel giorno e spesso anche per i giorni successivi nelle radio , tv e satelliti praticamente in tutta Europa e non solo. Karin rappresenta per me un appuntamento quotidiano , una finestra sul mondo musicale e averla li davanti in un delizioso locale dietro l’angolo dello Schiller Theater mi sembra quasi la realizzazione di un sogno. Inutile dire come mi sia volato il tempo in sua compagnia , la promessa è un arrivederci a Berlino!

Passo al bellissimo spettacolo allo Staatsoper in Schiller Theater : Die Entführung aus dem serail. Il teatro è vecchiotto , abbastanza piccolo , ma con un pubblico meraviglioso , con tanti , tantissimi ragazzi. Non ho letto niente dell’allestimento , ma già dopo pochi minuti mi accorgo di essermi atteggiata ad un sorriso interiore completo. Un Mozart concentrato in un allestimento tanto scarno quanto perfetto. Senza intervallo le due ore abbondanti di musica mi appagano l’anima , e continue trovate registiche mi lasciano sbigottita.

Fotos von Monika Rittershaus

Fotos von Monika Rittershaus

In questo ratto non c’è il Serraglio , non c’è la scala , non c’è niente se non cinque sedie ma i costumi sono strepitosi , le voci perfette , l’orchestra pure. Tanto per dirne una : prima che inizi l’opera Pavol Breslik viene a sedersi accanto a me in terza fila e io che non ho letto la locandina entrando penso che in scena ci sia un sostituto , va be’ pazienza . Per la verità è un po’ troppo platinato e biancovestito ma si vede che non ha voce…e poi si alza e comincia a cantare . Infatti l’opera comincia così e prosegue con una pochezza di mezzi e una sovrabbondanza di trovate che accompagnano perfettamente il fluire della musica. C’e una certa aria da cabaret berlinese , leggo poi tornando in albergo che l’allestimento non è nuovo , si tratta di una ripresa , ma certo valeva la pena di riprenderlo. Come al solito scopro l’acqua calda. Ho sottomano la locandina che una simpatica ragazza italiana della reception mi ha stampato e la condivido. Direttore Christopher Moulds., regia Michael Thalhemer, scene Olaf Altmann, costumi Katrin Lea Tag, luci Olaf Freese. Gli interpreti oltre al già citato Breslik Laura Aikin , Sonia Grané Manuel Günter , Wilhelm Schwinghammer…con Peter Moltzen e il coro diretto da Frank Flade.

Comincio ad amare Berlino di un amore totale…

Forse piove

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Certi giorni l’aria è più pesante , arriverà il solito ciclone dal nome altisonante? Una volta tutto questo avveniva in modo naturale , tutt’al più ci si affidava agli strumenti casalinghi. Ricordo il gesto abituale di mio marito quando la mattina usciva di casa : una toccatina al vecchio barometro in ingresso e poi il commento : sale oppure scende ed era tutta la nostra meteorologia. Adesso previsioni apocalittiche accompagnano normali cambi stagionali anche si è sempre saputo che quando fa troppo caldo a maggio poi lo paghiamo più tardi . Ora però tutto diventa altisonante e anch’io , come i media , quando non so cosa scrivere mi rifugio nel meteorologico!

Personalmente mi dispiace un po’ se le rose , fiorite furiosamente tutte insieme nel giardino abbasseranno il capo avvilite dal temporale annunciato o se invece non succederà niente e la linea temporalesca passerà qualche chilometro più a nord o più a ovest? Mi piace questo residuo di incertezza. La nostra vita di incertezze ne ha così tante e di certezze così poche che anche la speranza di un modesto errore di calcolo faccia sì che ci possa massacrare la grandine oppure di restare boccheggianti all’’asciutto con tanta afa e niente pioggia. In fondo tutto ciò mi riporta alla normale condizione umana.

Pensierino del giorno : non ci sono più i Berliner di una volta. Finite le teutoniche certezze anche in terra di Germania , si dividono tra progressisti e tradizionalisti e rinviano con una sublime tecnica che sembra mutuata dai nostri traccheggianti italici modi : ci aggiorniamo. Sarebbe come usano dire i nostri politici: apriamo un tavolo…

Il mito del tenore

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C’è una fllastrocca che si riferisce ai mesi dell’anno e dice : trenta dì conta novembre , con april giugno e settembre , di 28 ce n’è uno…tutti gli altri ne han trentuno…Mi è venuta in mente questa filastrocca guardando il documentario “il mito del Tenore “ su ARTE ieri pomeriggio. Di 28 ce n’è uno…tutti gli altri ne han trentuno . Ovviamente quel “28 ce n’è uno “ si riferiva a Jonas Kaufmann …tre o quattro intorno e tutti gli altri…trentuno. Non è fatto male il documentario , molto divertente anche perché mi ha permesso di rivedere alcuni momenti della straordinaria Manon di Monaco , di salire le scale del mitico grande magazzino Ludwig Beck di Monaco , di rientrare nelle Philarmonie della stessa città , insomma di viaggiare laddove mi piace stare più spesso.

Però , come al solito , si dicono le stesse cose di sempre : i tenori di una volta , la svolta data da Caruso , l’invenzione del Do di petto , il concerto di Caracalla dei tre tenori , qualche frammento qua e là, ma anche delle notevoli sbavature come quella di mettere sullo stesso piano Jonas Kaufmann e Klaus Florian Vogt: con tutto il rispetto , basterebbe guardare la vastità del repertorio di ciascuno dei due per capire da che parte pende la bilancia! Comunque il documentario contiene dei momenti divertenti e preziosi : l’attraversamento di Piazza San Marco a Venezia di un Mario Del Monaco drammaticamente già vestito da Otello è una perla degna di Una notte all’Opera dei fratelli Marx, la vivacità di insegnamento di Vittorio Grigolo che spintona l’allievo al proscenio per fargli cantare l’aria del Conte nelle Nozze è da manuale.

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Devo dire che Grigolo , per la simpatia e la carica umana , è quello che si salva meglio ed è l’unico che regge il confronto con Jonas la cui deliziosa battuta rubata : peccato lasciare questa bella aria… e canticchiare uscendo dall’Helen Fischer show verso quel Fidelio della Scala che i trecento chilometri che mi separano da Milano non mi hanno permesso di godere…Un programma comunque divertente da cui si evince solo , e sono le parole di Giancarlo Del Monaco , che ci sono cento soprani ma che il Tenore è il tenore e qui ci dobbiamo fermare: con tutta la fragilità della voce umana , che non è uno strumento da suonare ma che esce dal corpo questa è la Voce , quella che fa vibrare le platee , quella che ci fa soffrire quando le corde vocali non rispondono a dovere , quando finalmente salendo emotivamente si scioglie nel famoso acuto che ci strappa l’anima.

Ce ne fossero più spesso di programmi come questo , per esempio alla Tv italiana che si ostina a chiamare Bocelli tenore , ma anche in giro per l’Europa dove comunque quando si affrontano questi temi si pecca sempre per superficialità. A Jonas il solito messaggio in bottiglia : non tema per la sua carriera e se dovesse avere meno voce sai quanti film potrebbe fare!…drammatici , romantici e comici perché oltre a tutto lui è anche un grande attore comico, lo sa bene chiunque anche per uno solo momento si sia divertito a sentirgli fare le imitazioni con la sua voce perfettamente educata ma che sa essere anche comicamente duttile.Per chi se lo fosse perduto il documentario è sul Web di ARTE e sarà replicato l’8 di agosto più o meno alla stessa ora.

Lo smartphone

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Una volta , quando erano interrotti i collegamenti sulla Manica gli inglesi dicevano: il continente è isolato con uno spiritoso rovesciamento di valori.

Allo stesso modo a me è successo quando per dieci giorni non ho avuto più accesso al mio telefono di nuova generazione : ebbene il mondo si è isolato. Ho passato questo lunghissimo periodo di astinenza nella disperata ricerca di sentirmi libera da una schiavitù e l’ amara verità è stata invece quella di essermi accorta di quante cose questi diabolici nuovi oggetti riescono a sostituire .

Non ricevevo più posta , ovviamente non avevo la mia fantastica guida telefonica , non mandavo messaggi , non facevo foto , mi mancava la sveglia , non sapevo se uscire con l’ombrello o meno , ho perso appuntamenti e scadenze perché ormai tutto mi era più pratico segnarmelo lì.

Niente pila se mi andava via la luce , la musica non era più a portata di mano , anche per le News bisognava aspettare di tornare a casa e accendere la televisione.

Tanti anni fa in un giorno di blackout elettrico causa neve , ancora non esistevano neppure le radio a transistor, mi ricordo di essermi aggirata per casa dicendo : va bene , vado a stirare ed accorgermi di non poterlo fare , allora sento dei dischi e di nuovo l’impotenza , mi lavo la testa e poi come me la asciugo? Ogni cosa che pensavo di fare mi sbatteva contro la necessità della corrente elettrica .

Cose ridicole del secolo scorso , ma quel giorno misurai quanto eravamo schiavi dell’elettricità.

https://youtu.be/l4-naSf9y_o

Ebbene in questi dieci giorni senza telefonino (ma perché chiamarlo così se è un sofisticato computer?) ho provato di nuovo la stessa sensazione di disagio e di impotenza.

Morale , se ancora non siete passati ad un smartphone non lo fate , si diventa schiavi senza accorgercene . Quello che sembra una conquista è l’ennesima forma di schiavitù che ci autoinfliggiamo.

Comunque , da ieri il mondo mi si è riconnesso , scusate tutto il mio ritardo nel rispondere , tutte le mie inadempienze della scorsa settimana.

E non mi è bastato avere ancora un telefonino giurassico col T9 che non sapevo più usare , anche i messaggi non riuscivo a selezionarli e poi il povero fedele servitore ha pensato di abbandonarmi proprio alla vigilia della riconquista del diabolico successore. Come un cane fedele è morto proprio nel momento in cui mi si annunciava l’arrivo del nuovo mostruoso oggetto di cui sono decisamente diventata schiava.

È la solita storia…

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…è la solita storia del pastore…
…il povero ragazzo voleva raccontarla e s’addormì!
Questo mi è venuto in mente vedendo le foto della kermesse di autografi che Jonas Kaufmann ha fatto presso il grande magazzino Ludwig Beck a Monaco insieme al suo amico, biografo e press agent Thomas Voigt:
capisco la necessità del divismo , io sono la sua prima fan , ma temo che questa esposizione mediatica non faccia bene né alla voce né all’immagine del grande tenore che passa in seconda fila rispetto alla semplice sua presenza…

Photo owned by Hanna Klug. Many thanks

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Per fortuna se venisse a firmare i suoi libri nelle Marche non credo che ci sarebbero file , neanche a Roma o Napoli. Forse solo a Milano , dove ha cantato tanto ed è veramente conosciuto.
Anche al Met , dove peraltro è di casa , le file per gli autografi sono state abbastanza contenute .
Certe file di adoranti ammiratrici mi irritano perché sono sicura che ne apprezzano di più i tanti caratteri comunque piacevoli che non la voce : la gentilezza , l’ironia e soprattutto l’aspetto fisico  (con barba e senza).
Io che vorrei poterlo ancora sentire in alcuni ruoli che saggiamente ancora non affronta ( soprattutto Tristano ) spero in due cose :
di campare abbastanza ( io ) e soprattutto che lui , aldilà delle faticacce che fa , si mantenga la voce per arrivarci con il fiato giusto.
Mi fido comunque della sua intelligenza , spero anche che la vendita dei libri sia andata bene e che il libro esca anche tradotto perlomeno in inglese!

https://youtu.be/s00G8QvErTE