Cosa mi metto

Ero stata redarguita perché mi ero divertita a sottolineare un certo cappotto bianco della presidente Meloni che mi sembrava un accappatoio e mi ero ripromessa di non dire più niente su nessuno in fatto di abbigliamento .

Ma la risonanza cattiva nei confronti dell’intervista di Elly Schlein a Vogue mi ha fatto capire che ormai l’occhio sulle persone in vista va ben oltre una mia piccola osservazione un po’ malevola.

Premesso che non mi interessa molto quello che dice la nuova segretaria del PD perché ancora non ho ben capito a chi voglia parlare  : la vedo tanto ondivaga nelle sue posizioni politiche di fondo e non mi pare che rappresenti un vento di novità da impensierire il mediamente moderato elettore di sinistra.

Devo dire che dal punto di vista estetico la giovane ragazza ha dalla sua una figura elegante e molto snella , una certa aria snob che le consente di vestirsi davvero come le pare , anche con l’Eskimo d’antan senza sembrare ridicola .

Semmai lo è di più in posa col blazer doppiopetto modaiolo.

Comunque siamo ancora una volta di fronte al diverso interessamento che riguarda le donne quando salgono all’attenzione pubblica , purtroppo ancora siamo meno libere di vestirci come ci pare dei nostri colleghi maschi ai quali nessuno , salvo qualche malignità sulle troppe felpe o sui costosi mocassini ,non viene mai in mente alla stampa di farne elemento di notizia rilevante.

Per quanto mi riguarda confesso che il dilemma amletico sul cosa mi metto domani in valigia o comunque per andare a teatro si risolve in un buon argomento per abbandonarmi al dormiveglia propedeutico…

Tanti ormai mi sembra di essere Mary Poppins , i vestiti mi vengono addosso da soli!

PRESS

Spesso mi sono domandata quanta passione ci sia dietro la faccia di un inviato di guerra.

Ce ne sono tanti in tv , tanti sulla stampa : alcuni di questi volti ho anche imparato a riconoscerli quando parlano con dietro qualche rudere , qualche paesaggio violentato e mi sono accorta di considerarli come degli amici lontani che stanno facendo un lavoro duro anche per me.

Non è un mestiere nuovo , i giornalisti ci hanno aiutato nel tempo a capire meglio la realtà di molti conflitti ; è più utile una foto di tante parole o un piccolo trafiletto per inquadrare situazioni ingarbugliate in terre lontane o con nomi sconosciuti fino a ieri.

Ci sono anche tante donne che fanno questo strano mestiere che visto da lontano e in chiave letteraria ha il suo fascino .

Poi tutto diventa molto più duro da accettare quando succedono cose tragiche come quella accaduta ieri all’inviato di Repubblica e al suo fixer ucraino che purtroppo è stata ucciso da un   cecchino russo mentre si apprestava con il collega e amico italiano a fare un video sulla sponda di quel Dniepro che divide la zona di guerra nella tanto tormentata terra ucraina.

Mentre scrivo ho in mente un nome di donna : Francesca Mannocchi , che ci racconta le guerre con una sensibilità femminile che mi pare un valore aggiunto , oppure penso all’inviato Domenico Ciriaco che fu addirittura prigioniero per mesi in Afganistan .

Io penso che siano tutte persone un po’ speciali che si fanno occhi per noi , protetti solo da uno scudo scuro con su scritto Press ,che rischiano ogni giorno la vita su tutti i campi di guerra in tutto il mondo per aiutarci a tenere gli occhi aperti e a darci la possibilità , attraverso le loro cronache , di capire le vicende crudeli che attraversano il nostro pianeta.

Libertà e Liberazione

C’è una bella differenza fra le due parole anche se hanno la stessa matrice : dire amo la libertà è come dire amo la mamma , la luce del sole, amo le rose …può essere anche banale.

Dire amo i papaveri già un po’ meno , sono il simbolo della Resistenza e possono sembrare di parte , evitiamo.

Dire amo la Liberazione , la festeggio , ne serbo la memoria è riconoscere che siamo stati un popolo oppresso , sotto una dittatura che con un moto di popolo ,e non furono solo comunisti , ma anche cattolici , liberali, contadini , studenti , professori ,militari che salirono in montagna , andarono a combattere quasi a mani nude contro lo spietato e disperato esercito tedesco in fuga  alleato ai disperati , crudeli e orribili fascisti della repubblica di Salò.

Fu una guerra civile : un bellissimo saggio uscito nel 1991: Claudio Pavone- Una guerra civile . Saggio storico sulla moralità nella Resistenza fu uno dei primi atti di coraggio storico che ce lo spiegarono con articolata documentazione.

Può sembrare difficile a distanza di tanti anni riconoscere questa verità storica , ma noi vecchi che anche se in quegli anni lontani eravamo bambini abbiamo il dovere di trasmettere le testimonianze  che a loro volta ci furono date dalla viva voce di chi in montagna ci salì davvero.

Chiedere ai giovani cosa significhi il 25  aprile e sentire le risposta fa venire i brividi : tra i boh , i sorrisetti e qualche concessione alla telecamera viene fuori un vuoto pauroso, ma la colpa non è loro .

La colpa è nostra , di noi che abbiamo accettato una scuola incapace di educare , una scuola che ha lasciato spesso fuori programma la storia recente , (a primavera si è spesso in ritardo col programma), meglio ripassare il Risorgimento e anche quello ben sganciato dal contesto europeo. Così che diventi una serie di cartoline o indirizzi di vie cittadine. 

Ecco perché anche quest’anno , nonostante gli sforzi tentati ancora non ho sentito dalla viva voce di chi ci governa la frase definitiva :io ripudio il Fascismo.

Ricordiamo ai giovani che il nazionalsocialismo tedesco prese a modello i fascismo italiano per la sua affermazione , ricordiamo loro che la seconda guerra mondiale nacque da un atto di invasione tedesca verso un popolo : i sudeti  e che l’Europa non mosse un dito per impedirlo

Ricordiamo ai giovani che oggi quello straccio di Europa unita che alcuni illuminati Padri Fondatori cercarono di creare ci deve servire per difendere , tutti insieme , i popoli aggrediti da coloro che con nostalgie sovietiche vorrebbero ricostruire una grande URSS.

Essere oggi dalla parte dell’Ukraina non è essere asserviti ai grandi poteri …(Soros? Gli USA ?)….  ma semplicemente essere dalla parte di chi è aggredito contro un nemico prepotente e invasore .

Tutto qui, in linea con la nostra Resistenza di 80 anni fa.

Una sera all’opera

Seduta tra due eleganti signori di mezza età: wagneriani in doppio petto gessato blu ,mi metto in quel piacevole attimo che precede l’ascolto della musica tanto amata .

Corre il lupo affannosamente nel preludio della Walkiria , comincia un ascolto raro e molto più emozionante del solito.

Il mio vicino di sinistra è francese ed è reduce di un intero Ring al Semperoper di Dresda , poche parole e siamo ormai in comunione fraterna.

Il vicino di destra è torinese , ma ugualmente raffinato spettatore : un breve commento su Okka Von der Dammerau : “sembra un Dosso Dossi “ mi fa capire di quanta cultura sia dotato .

Ci scambiamo brevi frasi nel primo intervallo , devo dire che non mi sento mai sola a teatro , anzi addirittura sento di essere tra amici che magari non leggeranno mai il mio blog ma ai quali voglio mandare comunque un ringraziamento per la raffinata compagnia.

In scena la tragica breve storia di Sigmund me la canto dentro accompagnata dalla ineguagliabile voce di Kaufmann tanto dentro nel personaggio da intenerirmi quando si scoglie nell’abbraccio con la amatissima Siglinde , una dolce piccola e tenera lituana dal nome strano :Vida e dal cognome che dovrò imparare meglio a scrivere, voce fortissima e pathos totale che regge bene in simbiosi col grande tenore che canta come fosse tutto un dolcissimo lieder.

Inutile dire che la morte di Sigmund , quel suo ascoltare trasognato l’infausta profezia  del suo destino di eroe nel Walhalla, quella sua testarda rinuncia quando capisce che la sua amata non potrebbe essere con lui  mi fanno davvero soffrire.

Il lento incedere della musica : Brunilde che spiega , cerca di essere convincente in quel basso legato che si contrappone al diniego dolcissimo di Sigmund piegato sul corpo dell’amata dormiente mi commuove, il cuore è stretto stretto e le mani stringono la borsa sulle ginocchia , quasi per farmi coraggio.

Devo dire che difficilmente il terzo atto mi provoca lo stesso livello di emozione , ma stavolta , sicuramente anche per merito della preziosa acustica napoletana tutto mi corre dentro con una forza maggiore .

Cristopher Maltman grandioso , la sua impervia lunghissima parte scorre nel lento incedere in contrapposizione al dolore di Brunilde quasi inchiodata alla condanna straziante .

Quel lacerato addio tra padre e figlia è una pagina di bellezza struggente , il gentile signore alla destra si accorge delle mie lacrime trattenute , alla fine quel Wothan piegato dal dolore sulla lancia lo fa esclamare : è già il Wanderer!.

L’incantesimo del fuoco comincia a circolare nella mia testa , non mi abbandonerà per molte ore nella notte .

Emozioni di ogni tipo , raramente ho vissuto una Walchiria così partecipata emotivamente.

Il segreto me lo aveva spiegato un sorridente Jonas davanti alle mie gambe tremanti dall’emozione : è una musica meravigliosa ! Tutto qui , detto da lui ,serenamente.

Da Luisa a Maria

Sono passati già dieci anni quando un giorno sugli scalini esterni dell’Auditorium di Santa Cecilia a Roma conobbi una ragazza bionda , svelta e gentile.

Me l’aveva segnalata un amico comune del profondo Nord quando io avevo ammirato una foto di scena del Rienzi , bellissima inquadratura.

L’ha fatta Luisa , mi disse, e cominciò così una preziosa amicizia.

Attraverso lei sono entrata dentro tanti teatri , ho conosciuto persone bellissime , persone interessanti e soprattutto una stupenda giovane creatura alla quale sento il bisogno di dedicare un mio omaggio particolare.

Maria Agresta non è solo una bellissima donna , una soprano eccellente , una vera attrice in scena : per lei il “recitar cantando” è dote naturale anche se basata su una rigorosa preparazione musicale e professionale.

Maria è un’anima dolce , la sua naturale gentilezza ,che non è affettazione ma un moto dell’anima che la fa amare in palcoscenico dai colleghi e dietro le quinte da tutte le persone che la aiutano nella sua trasformazione nel ruolo.

Maria corre leggiadra nel mondo non sempre celestiale della lirica , Maria corre a comprare i dolci speciali da condividere con colleghi e amici quando finisce un’esperienza, Maria lascia dietro si sé il sorriso , come il gatto di Alice.

Ogni tanto mi concedo la gioia di riabbracciarla , nella mia agenda sempre un po’ più rarefatta dei viaggi musicali per lei faccio ancora qualche follia perché ne vale la pena.

Ho avuto anche il raro piacere di conoscere la sua famiglia , sorelle in gamba e un papà adorante la sua piccolina che è salita così in alto e mi dispiace davvero di non avere conosciuto quella mamma venerata nella memoria che è tanto presente  nell’animo di Maria.

Fra i pregi nascosti della mia beniamina c’è anche la sua deliziosa imitazione della sua illustre maestra , ma è una esibizione segreta concessa ai pochi fedeli , un lato leggiadro di una ragazza cui pare che la vita, i guai della salute , le pene inevitabili per tutti gli esseri umani sembrano averle donato una dote in più: la gioia di condividere la bellezza del suo canto con la grazia della sua persona.

Ma ora ho fatto una scoperta : deve assolutamente pensare a Carmen! Io l’ho già intravista…..

Sigmund e Sigfried

Il mito dell’eroe wagneriano per eccellenza, così come lo si evince dalla vulgata popolare sembra essere il Sigfrido , così caro anche alla terribile era Nazista,.

In realtà , ascoltando per l’ennesima volta la Walküre si coglie appieno la grandezza dell’eroe puro ancorchè sconfitto : è Sigmund segnato nel dolore di una vita difficile , separato dall’amata sorella Siglinde e a lei ricongiunto in un amore purissimo , infine colpito dal suo stesso padre che , creando una legge è poi costretto a seguirla , abbiamo il vero e puro eroe wagneriano.

Da Lohengrin a Parsifal , passando per tutti i grandi personaggi dell’incredibile affabulatore si ripetono le costanti familiari : il segreto del nome , la nascita nel dolore ( Herzelaide) , l’incapacità di amare alla luce del sole (Tristan) , tutto sconfitti gli eroi wagneriani ripetono una sorta di cammino predefinito al quale non potranno sottrarsi.

Ascolto Walküre e penso a quanto sarebbe oggi in nome della ridicola “cancel culture” tutta la storia dei gemelli welsunghi.

Del resto in un piccolo e quasi introvabile racconto di Thomas Mann : Sangue welsungo , si trova lo stesso spinoso tema , del quale lo stesso Mann aveva in qualche modo vissuto l’esperienza in ambito familiare.

Non a caso infatti le pagine più pure del Sigfrido sono quelle delle pagine sinfoniche del Sigfried Idill e del maestoso  funerale nel Göttendammerung.

A Sigmund Wagner invece le più felici e pure note della Winterstürm l’opera felice scritta in un tempo brevissimo , ancora  oggi la più ascoltata , anche separata dal resto del Ring, di tutta la saga.

Al San Carlo rinnovato vediamo una edizione già storica , premiata a suo tempo , ma ancora validissima nella struttura elegante.

Preziosa la compagnia di canto cominciando ovviamente dalla debuttante nel ruolo del titolo Okka Von der Dammerau, tante volte ascoltata a Monaco , alla preziosa e bravissima Siglinde di Vida Minkeviciuté,  di cui conoscevo una splendida Salome da Helsinki, vista su ARTE, a Christopher Maltman , eccelso Wotan.

Ovviamente in chiusura parlerò ancora una volta del mio amatissimo Jonas , al quale devo molto di tutte le mie elocubrazioni sugli eroi wagneriani.

Il suo canto legato , possente e dolcissimo , il suo fraseggio prezioso , il suo “essere Sigmund” è qualcosa che va aldilà di ogni disquisizione  sulla sua voce personalissima e irripetibile.

Forse invecchio davvero ma ieri sera “ mi sono tanto divertita signora mia!” Ho pianto dall’inizio alla fine.

Dittico disgiunto

Parte prima : dimenticarsi la Senna , la chiatta , il tabarro e ascoltare la musica tanto moderna di Giacomo Puccini.

Non so perché certi registi abbiano paura di lasciare soli i cantanti in scena : riempiono vuoti che non ci sono , figure forse simboliche che non servono a niente altro che a distrarre lo spettatore .

I personaggi pucciniani hanno una loro drammatica verità nel canto e nelle parole del bellissimo libretto sul quale sono state musicate.

I cantanti , bravissimi nei rispettivi personaggi fanno di tutto per restare nel testo : il dolore di Michele , la vita straniata di Giorgetta , i tristi amori di Luigi  e poi la meravigliosa Frugola  con le sue cianfrusaglie che sogna , un personaggio che da solo vale l’opera.

Bella e suggestiva l’idea di Michele Mariotti di mettere a confronto , scomponendolo , ilTrittico per accostarlo a capolavori del Novecento che ne rafforzano la vivacità e il valoro innovativo musicale.

Anche i progetti futuri , dei quali ho già letto gli accostamenti sono molto stimolanti ,spero però che si faccia a meno di registi davvero irritanti che tentano di raccontare cose diverse che magari hanno in testa solo loro

Ottima compagnia di canto a cominciare da Maria Agresta , una cantante sensibile e perfetta che sa entrare nel personaggio , un’attrice vera . Ottimo Luca Salsi al debutto nel ruolo e sempre eccellente Gregory Kunde , ormai un miracolo di resistenza vocale.

Insomma bravi tutti , eccellente direzione dell’ormai affermatissimo Michele Mariotti.

Parte seconda : In teoria sarebbe stato più facile per il solito regista 

dalle inutili presenze mettere in scena questa opera straordinaria di Béla Bartock, ma anche qui i mimi invadenti che avvolgono la povera Judith che avrebbe già molti problemi del suo , curiosità morbose nei confronti del passato di quell’uomo amato e temuto che affronta spavaldamente .

Si apriranno le sette porte e alla fine anche lei sarà inghiottita dal vortice del maschio dominatore .

Questo perché ho letto il libretto e avevo visto l’opera in ben altri allestimenti .Qui c’è solo la voglia di dimostrare un collegamento che non c’è tra le due trame : un dramma tutto fisico nel Tabarro e un dramma metafisico nel Castello di Barbablù.

Ottimi cantanti attori , direzione impeccabile , buona l’idea alla base del progetto.

Solo , per piacere , cercate registi meno cervellotici.

Orsi e cinghiali

Il primo orso che ho visto dal vivo era nel fossato di un castello sotto il ponte levatoio a Ceski Krumlow.

Se ne stava triste e accuciato , ma quando si è mosso mi ha fatto davvero impressione per la sua mole poderosa.

Poi ho visto gli orsi alla catena dei girovaghi in Romania , anche loro tristi e sporchi.

Pensandoci bene capisco perché l’orso sia così frequente nelle favole : si erge in piedi e allora è tanto più grande di un uomo , immagine terrificante e incombente.

Il suo posto è la foresta dove semmai è l’uomo l’ospite che entra nell’habitat naturale del plantigrado e se gli capita l’incontro con l’animale deve solo sperare che non sia la femmina che sta accudendo i cuccioli perché allora l’incontro può essere davvero pericoloso.

E’ andata molto male a quel giovane trentino che correndo nel bosco e tagliando la strada nel folto di un sentiero nel grande orso si è imbattuto senza volerlo fare intenzionalmente , una vita spezzata per quel destino incrociato del Fato che ti fa essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Da questo fatto tragico farne una stupida battaglia ideologica : animalisti contro  inflessibili rigorosi abbattitori c’è la via di mezzo, ovvia e da praticare come pare sia stato fatto anche in Italia nel Parco Naturale d’Abruzzo.

Vivo in una zona di pericoloso e sovraddimenzionato ripopopolamento di cinghiali , bisogna andare piano la notte sulla strada del Monte Conero perché si rischia di fare un frontale con un animale molto grosso , ci sono persone che ci hanno rimesso la carrozzeria della macchina e altri che in moto ci hanno rimesso molto di più.

Ma abbiamo imparato a stare molto attenti e ad andare piano in certi attraversamenti pericolosi nell’ora del tramonto.

Però mi ha fatto tenerezza incontrare mamma cinghiale con i suoi cuccioli al seguito attraversarmi la strada a passo lento mentre io stavo ferma in macchina in attesa che si allontanassero pacificamente.

Mary Quant

Me la ricordo bene la mia prima minigonna , ero molto giovane , ma dato che ero già una signora sposata l’averla adottata mi sembrò un atto di ribellione anche più provocatorio .

Seguirono nell’ordine , e per contraccolpo , le gonnone lunghe tipo zingara accattona e poi addirittura gli Hot pant’s !

La moda di quegli anni lontani , proprio iniziando da Mary Quant e poi da Courreges era molto fantasiosa e a ripensarla oggi era ancora molto elegante ed equilibrata nei volumi.

La stilista inglese sicuramente rappresentò un vento di novità che la accostano alla musica dei Beatles , al 68’ francese , ad un vento di gioventù che in Italia arrivò con il giusto ritardo che le mode allora ci mettevano nel camminare attraverso i giornali dedicati .

Fu un fenomeno di costume che partì allora e che credemmo portasse davvero una speranza di libertà per tutti.

Ho cercato invano tra le mie foto ingiallite una mia immagine in mini. Non ne ho trovate nessuna perché quella volta le foto si facevano soprattutto in vacanza : neve in inverno e in costume d’estate .

Mi manca perciò la documentazione personale  ,ma non è un gran male .Neanche io mi riconosco tanto nelle immagini di quel periodo.

La stilista inglese se ne è andata alla ragguardevole età di 93 anni, una volta sarebbe sembrato un vero record , oggi comincia ad essere un tempo molto più diffuso ma non saprei dire che questo allungamento della vita porti sicure gioie e non invece un appesantimento della memoria , quando nelle foto del tempo che fu ti accorgi di essere l’unica sopravvissuta del gruppo.

Un mito

Quante volte avrò rivisto Pretty Woman? Sicuramente tutte quelle che in momenti di tristezza per ragioni serie sono entrata nel tunnel dell’evasione come terapia , tanto le favole piacciono da zero a novant’anni ( e oltre)  dico io, ma lo diceva anche Collodi a proposito  del suo Pinocchio.

Ho scoperto di ripetere in coro con mia nipote la famosa frase : “Quella gran c**o di cenerentola “ e di godere ogni volta che Julia Roberts torna nella boutique di lusso che non l’aveva voluta servire e chiedere alla commessa allibita : voi lavorate su commissione ? 

E dopo l’ammissione della sventurata aggiungere  : Big mistrake! La sua esclamazione in lingua originale , perché in effetti dopo averlo visto millemila volte in italiano ormai mi diverto di più a vederlo in lingua originale.

Non doveva nascere così perfetto il piccolo film cui non credeva neppure il protagonista , poi la favola ha preso il sopravvento e il portiere d’Hotel fata benigna ha contribuito alla creazione del capolavoro involontario.

C’è anche per noi melomani il contentino lirico con La traviata in forma molto americana , ma  “l’intorcinamento” delle budella della escort intelligente ci conferma quanto di vero e di universale ci sia nel capolavoro verdiano.

Succede con Pretty woman quello che era successo con Casablanca , ma questo forse riguarda una generazione precedente , quella del  bianco e nero e del Play it again Sam….

A pensarci bene sono due storie che riguardano due epoche diverse . 

In comune hanno solo il fatto di avere la lunghezza giusta , senza l’elefantiasi dei film di oggi . 

Quando “la brevità gran pregio “ , non la commenta solo Rodolfo nella Bohème.

Loggiato degli Innocenti

In piazza Santissima Annunziata a Firenze c’è il bellissimo Loggiato degli Innocenti decorato con i tenerissimi tondi robbiani dei bambini in fasce.

Sono “ gli innocenti” che venivano lasciati anonimamente dalle madri in quella ruota che per prima Firenze istituì tanti secoli fa.

A Firenze infatti il cognome Degli Innocenti è diffuso da sempre , come peraltro è diffuso a Napoli il cognome Esposto e la derivazione Esposito che hanno la stessa matrice di quello fiorentino.

Se a Milano agli albori del terzo millennio hanno pensato a qualcosa di simile alla antica ruota fiorentina è solo una cosa buona e che ne abbiano usufruito “ solo “ tre madri  in  tanti anni è segno che non è stata pubblicizzata a dovere quando fu creata.

E qui mi fermo perché la parola pubblicizzata non va intesa come cassa di risonanza per un evento sofferto e segreto come quello che ha spinto una mamma sicuramente disperata a metterci dentro una sua creatura tanto amata da darle nome e raccomandazioni per il suo futuro.

Malissimo ha fatto il primario a pubblicizzare l’evento con appello pietistico alla mamma autrice del gesto : con quello che resta per sempre nel web un giorno quel bambino potrebbe sapere anche troppo del suo abbandono , quando ormai grande  ( e mi auguro sereno ) in una famiglia che lo crescerà come proprio e con l’amore che cresce nella consuetudine di una vita raccolta al suo sorgere, potrà andare a ricercare quella sua vicenda che in teoria potrebbe anche non sapere mai.

L’adozione è un atto bellissimo e generoso, difficile  come è difficile talvolta anche il crescere dei figli propri , lasciamo alla sfera privata  questa storia dai risvolti umanamente difficili .

Spero vivamente che la stampa non cerchi di raccontare il seguito della vicenda che doveva restare nel silenzio e nell’anonimato .

Brillare semmai di quella luce che illumina i deliziosi bambini in fasce dei Della Robbia che si illuminano al tramonto di una luce celestiale come celestiale è la vita che deve rinascere anche nell’abbandono.

Pablo Casals

Nel mare vastissimo dell’offerta di film sui vari canali ci si può perdere , magari si passano lunghi minuti a cercare un film che attiri la curiosità , ma poi magari si finisce per tornare su vecchi film già visti in passato.

Ma quello che mi è capitato in un giorno vuoto di Pasquetta è stata la scoperta di un docufilm , oggi si direbbe un byopic il cui titolo mi ha incuriosito : Pao , la força d’un silenci.

In catalano e con i sottotitoli ,ma quasi non ce n’era bisogno , racconta senza enfasi la scelta di Pablo Casals , forse in il più grande violoncellista al mondo , di non suonare più nella sua amata Spagna perché governata da una dittatura fascista .

Allo stesso modo e con lo stesso rigore non suonò più in Italia fascista e nella Germania nazista .

Si ritirò in un piccolo paese francese dietro le cui montagne sapeva esserci la sua patria , ma con rigorosa coerenza non andò neppure negli USA perché non condannavano il fascismo europeo.

Dal suo rifugio continuò ad aiutare i fuorusciti , gli esuli e ogni contributo che versavano ammiratori lontani lui ne faceva offerte per tutti quelli che politicamente fuggiaschi chiedevano il suo aiuto.

Il film non è un capolavoro , la voce fuori campo e il pretesto di un allievo come voce narrante sono abbastanza ingenui , ma raramente si ha la possibilità di sapere perché ancora oggi , ogni anno in quel paesino sotto i Pirenei si svolge un festival importante dedicato a Pablo Casals.

Il Festival fu creato nel 1950 e si può trovare il programma su Internet : si svolge a Prades nei Pirenei orientali nei prossimi mesi di luglio e agosto.

Se fossi più giovane avrei davvero tentata l’avventura di andarci .

Se non altro per rendere omaggio , oltre al grande musicista , all’uomo rigoroso che a modo suo combattè senza esitazioni il fascismo in tutte le sue forme.

In Italia oggi ce ne sarebbe ancora bisogno di persone come lui.