L’opera di Arrigo Boito ,ispirata al Faust di Goethe , fu scritta nella seconda metà dell’Ottocento .Dopo una Prima disastrosa alla Scala fu rimaneggiata dall’autore e andô in scena a Bologna col grande successo che la fece entrare gloriosamente quale titolo fisso nei cartelloni , prima in Italia e poi gradualmente in tutto il mondo .
Fino agli anni cinquanta , sessanta del Novecento rimase saldamente in scena con assoluta frequenza , poi lentamente scomparve , salvo alcune luminose eccezioni dovute soprattutto ai grandi bassi d’antan che si arrischiarono nell’impresa,
Credo di averla vista veramente tante volte : il classico diavolone col mantello svolazzante , il povero Faust fermo nelle due bellissime arie e la dolente Margherita che tutti aspettavamo nella sua aria ” l’altra notte in fondo al mare”.
Poi c’era Elena col peplo , i cori celesti , il Sabba . Insomma era un’operona alla quale si andava al matinée con i bambini .
Quando quelli del BSO hanno deciso di riprenderla devono avere pensato come nel film di Verdone : “famolo strano ….”
Devo dire che ci sono riusciti con successo , anche in virtû di una notevole compagnia di canto e dei cori strepitosi di cui sono dotati.
Ma per fare quel passo indietro necessario per capirci qualcosa magari ripercorriamo l’operona nei suoi quattro atti e un prologo, visto che attualmente di questo spettacolo uno spettatore impreparato potrebbe notare di piû i difetti che il tempo vi ha evidenziato piuttosto che le bellissime pagine che ne decretarono l’antico successo.
L’opera si apre su un Prologo ..nelle sfere celesti , poi ci troviamo a Francoforte sul Meno dove il vecchio professore passegggia col suo allievo Walter ( dai campi , dai prati _) mentre il popolo festeggia , qui ovviamente siamo all’Oktoberfest perché pare che proprio non ci rinuncino mai al loro festeggiare bavarese .
L’incombente frate grigio che incombe pauroso si rivelerà il diavolone col famoso fischio ( ma qui ne fa molti meno) .
Fatto il fatidico patto Mefistofele / Faust via a cavallo …ovviamente traformato in chopper e si va all’idillio con la povera vittima Maddalena con conseguente seduzione che qui per alleggerire ( si fa per dire ) diventa il classico stupro in scena .
Si passa al Sabba infernale , fuochi e fiamme si sprecano , la meravigliosa attrezzatura teatrale consente effetti speciali di tutto rispetto e i cori sempre notevoli nella loro perfezione raggiungono il loro massimo livello.
Poi la storia precipita . Margherita canta la sua aria , Faust si dispera , ma lei rifiutando la fuga si salva …e mentre il coro lo dice lei invece di elevarsi scende dritta dritta nel Paradiso …di sotto.
Ultima parte , che mi divertiva da bambina . Il vecchio Faust sta nel giardino delle delizie con Elena di Troia , qui tristemente in manicomio e la soccorrevole donna é una pietosa infermiera, detto per inciso una cantante strepitosa.
…e ” giunto sul passo estremo” rifiuta di mantenere il patto col diavolo che si contorceva sconfitto e si perdeva nei fumi del suo classico inferno.
Fine del racconto classico .
Nella rivisitazione resta poco , regia e scenografo fanno di tutto per levare ogni polvere dall’allestimento e gli interpreti si adeguano.
René Pape fa benissimo il diavolone da par suo , del resto lo avevamo già visto nel Faust di Gounod, spiritoso e istrione affronta la difficile prova vocale con qualche cautela, divertente e sornione forse perô non era nella serata migliore.
Joseph Calleja ha una ottima dizione e affronta con sicurezza le impervie vette del suo ruolo , peccato perô che gli mettano addosso un vestaglione accappatoio che mi ha fatto ricordare una sua antica indecisone sull’ intraprendere una carriera da pugilatore. Comunque il migliore in campo.
Kristina Opolais é bella e sa recitare , la sua presenza in scena é notevole e fa dimenticare la voce leggera ,in alcuni momenti soffocata e addirittura coperta. Un encomio a parte per Karine Babajanyan nel piccolo ruolo di Elena . Bella e sicura ci ha detto all’uscita che presto sarà Manon ad Hannover , una cantante da tenere d’occhio.
La direzione affidata a Omer Meir Wellberg sicuramente attenta alla preziosità del recupero filologico in alcuni momenti mi é sembrata perô un pô troppo fragorosa.
Allestimento nero fumoso , con grande dispiego di elementi mobili , diavoli punk metallari in classica rivisitazione “intzenierungregie”
di Roland Schwab. Buhne di Piero Vinciguerra e coreografie di Stefano Giannettl. Li cito volentieri , mi fa sempre piacere quando i nostri talenti italiani trovano spazio e lavoro all’estero. Una menzione particolare al direttore del kinderchor Stellatio Fagone , tedesco dal nome siciliano.
Perô tutto sommato posso dire di avere rimpianto il diavolo rosso col mantello svolazzante della mia infanzia?