Nessuno è IMMUNI

Il senso civico mi aveva spinto a scaricare l’app IMMUNI  e poi ho scoperto la totale inutilità del mio gesto.

Comincirei così: la storia mia è breve….

Un certo giorno , verso le cinque del pomeriggio mentre stavo ascoltando musica dal mio I Phone mi è apparso un sinistro triangolo rosso sullo schermo :Rilevata esposizione a rischio con una persona Covid 19 positiva.

Seguono istruzioni.

Ovviamente chiusura totale del cervello , poi piano piano ho cominciato a capire meglio e aldilà delle banali raccomandazioni di chiudermi in una stanza isolata , di arieggiare la medesima , di misurarmi la febbre più volte al giorno , avvertire il medico, mettermi in isolamento per dieci giorni  (oppure quattrordici)  ,  eccetera eccetera ho cominciato a capire che l’incontro si riferiva a ben 5 giorni prima…e che se non avevo sintomi ero già a metà del percorso di quarantena.

Ovviamente il medico di base con il solito What’s up mi ha detto la stessa cosa e con questo si è chiuso ogni collegamento .

Garbatamente IMMUNI mi diceva poi che non sapendo se l’incontro era avvenuto di spalle (!) e se ambedue avevamo la mascherina l’allarme poteva essere sovradimensionato.

Evviva!  Ormai mollati gli ormeggi per praticare una qualsiasi forma di tracciamento non mi ha proprio contattato nessuno , la pandemia avanza per me come per qualsiasi altro cittadino meno dotato di sofisticate armi di avvistamento.

A parte che ho passato una prima notte d’inferno , vivendo soli si scaricano meno le tensioni , nella quale mi sono vista già pronata in una terapia intersiva non meglio identificata , senza avere lasciato nessun segnale alla mia seppur lontana numerosa prole e abbondanti nipoti , per il resto la famosa App proprio non serve a nulla.-

Meglio hanno fatto coloro che cinicamente non l’hanno scaricata  e che io guardavo con riprovazione.

Ho letto che nella da me ammiratissima Germania dove l’hanno scaricata bel venti milioni di persone , essendo loro ottanta milioni di cittadini, il risultato di inutilità è lo stesso e ben lo sa la mitica Merkel.

Non ho mai avuta la febbre , poi una gentilissima dottoressa che mi è vicina in  famiglia ha trovato un po’ del suo preziosissimo tempo per tranquillizzarmi del tutto e oggi racconto la mia avventura leggermente sollevata anche se uno dei miei figli mi ha detto : mamma fai la spesa abbondante perché in settimana si richiude tutto.

Avevo chiuso in bellezza la mia vita musicale e ora vedo un futuro molto grigio e nebbioso davanti a me , ma per favore non seguitate a dire che per difenderci dovrebbero rinchiudere gli over 70 , è una pia illusione , il virus si beffa delle App, ma si diverte di più a beffare gli imbecilli che seguitano a girare negando la pericolosità reale che può colpire tutti , ma proprio tutti quelli che si aggirano ancora senza le prudenziali difese di base.

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Piccole differenze

Una mattinata di sole , risalgo il Corso della mia tranquilla città di provincia e osservo le persone che incontro con lo sguardo indagatore per controllare che tutti indossino la mascherina in maniera regolamentare .

Per la verità ormai la portano quasi tutti correttamente , anche se spesso poi se l’abbassano per fumare , per rispondere al telefono e si scordano di riportarla subito in posizione corretta .

Mentre con lo sguardo indagatore controllo e spero che l’obbedienza alla norma banale sia osservata da tutti vedo venirmi incontro un terzetto di giovani donne nerovestite mussulmane .

Hanno tutt’e tre la mascherina chirurgica , parlano e sorridono , disinvolte dietro il loro velo , o perlomeno quello che è l’equivalente dello stesso.

Capisco la loro naturalezza a nascondere il viso e mi viene da sorridere : mi sembra quasi che questo ribaltamento di costume ci venga a ricordare quanto ormai si siano omologate le differenze rispetto anche alle norme.

Non la vedo assolutamente come una rivincita dell’Islam , lungi da me pensarlo . Probabiilmente quelle tre giovani donne sono ancora molto discriminate in casa , i loro uomini sono ancora molto più padroni dei loro corpi di quanto lo siano gli uomini occidentali , salvo forse che ad alcuni dei nostri connazionali piacerebbe e molto che questa sudditanza fosse ancora valida dalle nostre parti!

Quello che mi piace pensare è invece che loro sono naturalmente abituate a coprire il viso , mentre noi ci soffriamo molto a farlo.

Forse alla base dell’obbedienza allla mascherina  si deve anche il  diverso controllo che con  questa regola sia stato più facile combattere  il virus in Oriente , soprattutto in base a quello che abbiamo visto in Sud Corea ed anche in Cina.

Il mondo è diventato tanto più piccolo e il dilagare allucinante della pandemia ce lo conferma , siamo davvero tutti nella stessa barca solo che le tre ragazze nerovestite islamiche mi sono sembrate più naturali dietro il loro velo delle mie impacciate connazionali italiane.

Dilettanti allo sbaraglio

Ho fatto politica per molti anni , le idee abbastanza chiare e un cuore che batte a sinistra , senza tentennamenti.

Mi piacciono le rose, meglio se rosse , i cani perché ci danno tanto e i gatti che ci danno poco , ma sono bellissimi.

Informata quanto basta dalla accurata lettura di almeno due  quotidiani al giorno posso solo raccontare il mio sconforto nel vedere il livello di prressapochismo e mancanza di obbiettivi seri in cui è precipitata la classe politica che ci governa.

Un presidente del consiglio per caso , messo lì da una specie di non-partito ormai in crisi irreversibile , probabilmente un brav’uomo che avrebbe fatto meglio a restare in un buon studio legale a Firenze , come molti meridionali in cerca di affermazioni  ( Bonafede è un suo omologo).

Una ministra dei trasporti che oltre ad averne l’aspetto si è dimostrata quello che è : una efficiente segretaria arrampicata sui suoi tacchi troppo alti per l’incarico.

Un pallido e rigoroso giovane di sinistra , seriamente attento ai consigli degli esperti ( ma sono troppo e in contrasto tra loro)  che mi sembra il migliore in campo e poi si chiama speranza , il che volendo ( in prospettiva ) aiuta.

Uno che si occupa di sport ,ma per sua stessa ammissione ne capisce poco , uno che ha scritto un paio di libri , ambizioni letterarie di ogni italiano medio e che fa il ministro della cultura ma non pare di averlo mai visto ai concerti o all’ìOpera ( salvo quando istituzionalmente richiesto) .

Una prof di lettere con troppo rossetto che è inciampata su molte stupidaggini , dai banchi a rotelle alla DAD ,che sicuramente non ha mai praticato .

Insomma tutta una serie di persone  che avrebbero fatto meglio e più degnamente i loro dignitosi mestieri in ambiti meno impegnativi e ce li ritroviamo a gestire un paese preda della più tragica pandemia degli ultimi due secoli , con una crisi economica lacerante , un orizzonte pieno di incognite e di paure .

Come fa un paese , tutto sommato ancora saggio e democratico a non avere paura di una destra cialtrona e reazionaria che aspetta solo di godere una rivincita che ci porterà verso il vero naufragio nazionale?
C’è da sperare solo che siano davvero quei cialtroni che sono e che addirittura non riescano neppure ad afferrare una vittoria che stiamo loro porgendo su un piatto d’argento.

Speriamo davvero nell’immunità di gregge che però a mio avviso dovrebbe essere selettiva : risparmiamo i vecchi che hanno conosciuto il sapere e salviamo i giovanissimi che tutto sapranno e saranno preparati ad un domani migliore .

Quella che dovrebbe sparire è la generazione cresciuta a veline e milano da bere : l’era berlusconiana che ha fatto pù danni delle cavallette d’Egitto.

La cugina ritrovata

Milano , un giorno di pioggia autunnale , la visita doverosa e desiderata al cimitero per omaggiare l’ultima volta un grande tenore del secolo scorso che se ne è andato durante il triste periodo della quarantena totale nella scorsa primavera .

Centenario e lucidissimo mi aveva regalato preziosi ricordi e testimonianze importanti del mondo della lirica del 900.

Aveva cantato dappertutto nel mondo , messo in ombra dal terzetto magico di tenori DiStefano-DelMonaco-Correlli amava dire bonariamente : però li ho sostutuiti tutti e tre.

Era mio cugino e apparteneva al ramo musicale della mia famiglia : sua figlia Savina mi accoglie generosamente nella sua casa e mi mostra i tesori preziosi conservati amorevolmente . Mi invita anche a prenderne qualcuno . con devozione scelgo un paio di spartiti consumati dal tempo e pieni di sottolineature preziose.

Porto via con me il Gianni Schicchi e un Requiem di Verdi con due Ingemisco in più tra le pagine consumate dall’uso.

Mi invita anche a scegliere tra le tante foto , centinaia , raccolte alla rinfusa . Sono la rappresentazione di un modo lontano di mettere in scena l’opera , ne prendo tre , me ne promette altre , ma mi sento un po’ una ladra nel rubare queste preziose testimonianze .

E’ strano come la parentela , ormai lontana se guardiamo l’anagrafe diventi ben poca cosa davanti al fatto di essere così fortemente in comunione di memorie e di affetti.

Ci conosciamo fisicamente da poco ma è come se stessimo insieme da sempre . 

La pandemia , prima o poi finirà. Spero di essere ancora in forze per tornare a Milano per riprendere la nostra conversazione interrotta . 

La vita regala ancora gioie , anche quando si è al tramonto , grazie cugina ritrovata.

PS. il Don Carlo al Teatro Real di Madrid

L’ultimo spettacolo

Può sembrare strano cominciare un post su un concerto di arie operistiche partendo da un ricordo cinematografico lontano nel tempo.

Era il 1971 e usciva un film bellissimo intitolato L’ultimo spettacolo . Raccontava  una storia semplice : in una cittadina del Texas , nell’unico cinema del paese si proietta l’ultimo film prima della chiusura definitiva . Un gruppo di giovani destinati a partire   soldati per la guerra di Corea sono i protagonisti e l’evento segna la fine della loro giovinezza.

Il film di Peter Bodganovich , rigorosamente in bianco e nero vinse molti premi e mi è tornato in mente ieri sera al PalaDozza di Bologna mentre assistevo al concerto di Jonas Kaufmann.

Eravamo tutti lì consapevoli di assistere a qualcosa di bellissimo ma che forse non avremmo potuto più sentire per molto tempo : quella musica dal vivo che incanta i cuori e riempie le nostre anime dei pensieri più belli che possiamo formulare.

“Se mi levi il superfuo allora che campo a fare ?” mi frullava nella testa nella consapevolezza che comunque i miei pensieri erano i pensieri di tutti noi , cantanti , orchestrali , spettatori , tutti accomunati da questo senso tragico del momento che stiamo vivendo in tutta Europa , ma è più corretto dire , in tutto il mondo.

Le cose a Bologna le avevano fatto veramente bene : l’accoglienza trionfale al grande cantante , ahimè privato della partner ideale che si era scelta , quell’Anita Raschvelisvli bloccata dal rigore di una quarantena che ahimè sarebbe finita proprio ieri e che avrebbe avuto un ben diverso impatto nell’alchimia empatica dei duetti in programma, l’orchestra del Comunale in gran spolvero , un ottimo direttore e quel Palazzo sportivo che era stato arrangiato veramente bene per l’occasione , ovviamente con tutti i limiti di un’acustica comunque imperfetta .

Un ottimo programma fatto per far capire ai bolognesi quanto grande sia la qualità del tenore oggi più famoso al mondo , qui presente con un repertorio classicamente popolare, il  suo volto sui tanti manifesti occhieggiavano lungo i viali alberati della bella città emiliana , l’attesa che avrebbe giustificato un pienone ahimè comunque ridotto dalle norme anti-Covid.

Ma da ieri c’era qualcosa di più , si sapeva che era l’ultima sera in cui noi tutti avremmo potuto sentire quella musica , e che musica , dal vivo.

Fino a quando ?  Tristi i popoli che chiudono i teatri , ultimo posto in cui si puù ancora sperare che esista qualcosa di irrinunciabile per il genere umano ,l’afflato spirituale.

Jonas Kaufmann se lo sentiva addosso questo peso e lo vedevi , quando tra un pezzo e l’altro correva nel sotterraneo rimettendosi frettolosamente la mascherina , il passo svelto , lo sguardo , lui sempre tanto compagnone , volutamente fisso in avanti e , devo dire , una volta tanto molto tedesco.

Ci ha dato dentro con l’anima , ha cantato i brani più impegnativi del suo repertorio con vigore , il cuore oltre l’ostacolo , verrebbe da dire .

A scorrere il programma viene da rabbrividire : dal duettone dell’Aida , alla grande aria di Alvaro, al bellissimo “Rachel , quand du Segneur “dalla Juive  con quel “moi “terribile , fino al finale della Carmen , con la sua interpretazione perfetta.

Alla fine , generosi anche i bis , ci ha regalato l’ultima strofa del Du bist die welt für mich in italiano , non lo aveva mai fatto e lo ringrazio : Tu che mi hai preso il cuor è anche una canzone italiana delle nostre mamme , ma questo forse ancora  poteva non saperlo.

Non deve essere un’addio , dobbiamo , vogliamo tutti riabbracciarci presto nel nome della musica , nel nome dell’Arte qualunque sacrificio ci sarà richiesto per ottenerlo. 

Un tempo magico

A Milano piove , una pioggerellina fitta e triste come è triste l ‘animo della gente per le strade meno affollate del solito . Ieri sera alla Scala , vuote le poltrone con quei cartelli tombali bianchi ad indicare le sedute autorizzate , nei palchi , non tutti pieni in verità , solo una persona , spesso in piedi ad ascoltare in devota concentrazione.
Solo il loggione è gremito e applaude calorosamente .

In questa strana atmosfera anche la voce di Jonas sembra entrare anche più fortemente nei cuori .
È entrato svelto e si è messo in tasca la mascherina , è vestito dimessamente , mi viene da pensare alla sua figura elegante in frack impeccabile di qualche anno fa e stasera con un vestito abbastanza spiegazzato , smorto , sembra volerci dare anche un messaggio col corpo modestamente vestito. Ma la voce si spande stupenda e mi canta nel cuore .
Questo Selige Stunde che ho già tanto ascoltato e fatto mio me lo posso godere con la conoscenza ormai totale di quello che ci possono tramettere dei Lieder conosciuti da sempre insieme a delle preziose scoperte che ci ha regalato questo CD così particolare e prezioso
Lo sguardo ironico e paziente di Jonas verso il suo maestro-complice -amico Helmut Deutch quando alla fine di ogni Lied il pubblico interrompeva l‘incanto con l’applauso valeva da solo a commentare la pazienza con la quale il magico duo ci stava regalando tanta dolcezza .
Anche se il mio tedesco è scarsissimo questi versi li capisco perfettamente , ormai me li canto dentro anche per la perfette dizione di Kaufmann che sono in grado di apprezzare davvero.
Insieme a Deutch sempre più complice sornione hanno cambiato la scaletta del disco : con intelligenza , per i non adusi alle raffinatezze liederistiche , infatti ha chiuso con un Habe Dank ! la prima metà provocando un uragano di applausi .
Mi sono accorta che il Lied di Dvorak : Als die alte Mutter… tocca il cuore con più facilità di altre raffinatezze di Hugo Wolf ed è stato interessante capire anche questa sottile differenza di ascolto per chi non è così abituato al particolare canto romantico tedesco.
Per la mia personale scala di gradimento resto affezionata alla beethoveniana Adelaide , quanto Fidelio bisogna cantare per poi riuscire a cantarla così!
Poi ovviamente i grandi must come Mondnacht , Allerseelen , der Jüngling an der Quelle…. come scegliere qualcuna di queste perle senza dimenticarne altre !
Poi nei doverosi bis reclamati con forza dall‘alto del loggione anche due concessioni all‘italiano : il classico Ombra di nube per finire e dirci basta con un Core ingrato che personalmente quasi rischiava di interrompere l‘incanto , ma si sa che sono particolarmente snob in quanto alla liederistic
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La foto che accompagna il testo è dell‘amica Helga , bravissima come sempre che mi ha autorizzato ad usarla . Io non ho tirato fuori il telefono , avevo paura di interrompere l‘emozione .

sull’altalena

Crescono i numeri dei positivi e di conseguenza dei contagiati dal Coronavirus, cresce anche la paura tra la gente che , specialmente in Italia , si era sentita rassicurata dopo un’estate in cui i numeri erano scesi notevolemnte .

Adesso tutto risale , insieme ai dati anche la paura : si sta attaccati alla televisione in attesa dei nuovi provvedimenti , sempre più restrittivi e sempre più pericolosamente vicini a nuovi lockdown , magari localizzati , ma sempre di chiusure si tratta.

Conciliare la salute e l’economia sembra essere una chimera  , la speranza dell’arrivo di un vaccino a breve altrettanto improbabile , il “che fare” dei politici , in ogni paese europeo oscilla tra la volontà di non esasperare chi lavora e la certezza che comunque il prezzo da pagare sarà ancora altissimo nei prossimi mesi invernali.

Nel mio piccolo e con tutte le mie paure  mi interesso comunque delle vicende musicali di questi giorni ed è stato interessante seguire la storia di una ultima replica scaligera dell’Aida che avrebbe dovuto vedere Jonas Kaufmann addirittura come sostituto di Francesco Meli , rivelatosi positivo.

Tutti frementi , anche chi non pensava di partire all’istante , tanto lo sentiamo stasera , Invece no , l’opera poi non è stata proprio eseguita perché anche qualcun altro in teatro si è rivelato positivo al virus ai successivi controlli.

Al posto dell’opera un concerto e il gentilissimo Kaufmann ancora disponibile , ma ..la RAI ha trasmesso in differita una registrazione di qualche giorno prima , con Meli.

Il concerto se lo sono sentiti i pochi fortunati presenti e chi l’aveva registrato se lo è visto cancellare ( d’ufficio?).

Una vicenda che ha avuto il sapore di una telenovela , tutto sommato anche avvincente se non fosse stato per la beffa finale.

Intanto si va avanti , veramente giorno per giorno con la sensazione che sia del tutto inutile fare i benchè minimi programmi ,anche a breve.

Giorno per giorno , sperando di non svegliarsi con un febbrone e dolori dappertutto.

In fondo a ben pensarci è la naturale condizione umana.

Le ricette della nonna

Visto che tutti parlano della pandemia, visto che i virologi magari in contrasto fra di loro ne parlano , visto che i giornalisti  dai catastrofistici ai minimalisti ne parlano , visto che trovano spazio anche i cretini negazionisti anche la nonna vuol dire la sua e lo fa alla luce di alcune piccolissime esperienze familiari che forse però un certo peso ce l’hanno.

Cominciamo dai bambini : per ogni controllo scolastico abbiamo lo sport , irrinunciabile, del pomeriggio e un paio di feste di compleanno alla settimana.

Allora invece di colpevolizzare la scuola non cominciamo davvero a mettere nella testa dei genitori , prima che nelle regole scritte , questo semplice criterio di selezione dell’irrinunciabile?

Per gli adolescenti vale lo stesso discorso , con un’aggravante in più ,perché loro , i ragazzi , sono in grado di capire anche meglio ciò che sarà utile in futuro nella loro vita e a meno che non si tratti di aspiranti a ragione di atleti olimpionici in pectore tutte le tentazioni extra scolastiche possono tranquillamente essere sospese per un tempo necessario , perché tutto sommato il loro il tempo necessario per vivere ce l’hanno ancora tutto davanti. 

Ma la banale idea di affittare tutti i pulmann che giacciono inutilizzati e che servivano per le gite scolastiche e turistiche per alleggerire la calca sui mezzi pubblici non è venuta a chi avrebbe dovuto prevedere quello che sta succedendo?

Per gli adulti giovani : ma è proprio irrinunciabile l’apericena ? la più orribile delle parole inventate recentemente .Per non parlare del’idiozia di avere riaperto le discoteche , da lì sono ricominciati i veri grossi guai di questa nuova recrudescenza virale.Mi risulta che si campasse lo stesso senza , magari anche prendendo in mano un libro che non mi risulta scotti le mani.

Per i grandi , e la categoria è vasta perché tutti si sentono ancora “ragazzi” e questo credo arrivi tranquillamente ai sessantenni : si muore senza il campionato di calcio ? si muore senza il cenino del sabato col gruppo? si muore senza il calcetto e la palestra ?

Mi pare di no , semmai si muore di Covid se non si rinuncia a tutte queste piacevolezze e se non si muore di Covid si muore perché con le misure che verranno prese si morirà di fame con la perdita di milioni di posti di lavoro.

In quanto a noi vecchietti la ricetta sarebbe : state a casa  o nel peggiore dei casi stare nelle RSA, non ci rompete ,abbiamo cose serie a cui pensare.

Ma guarda un po’ , noi vecchietti siamo quelli che abbiamo poco tempo davanti e stiamo ben attenti a non sciuparlo : siamo quelli con la mascherina sempre sul naso e siamo anche una specie di guardia civil di controllo per le strade , in mancanza di controlli più seri che non ci sono .

Siamo quelli che vorrebbero andare a teatro e come ha giustamente e lapalissianamente detto il Maestro Pappano : a teatro si sta zitti e fermi , si ascolta e non si parla .

Invece no , a noi spetta la punzione più amara , contingentati in tutto : file mostruose per entrare nelle mostre , numeri risicati nei teatri , penalizzati nei trasporti ridotti e le sera …tutti a rincitrullirsi  davanti alla TV.

In attesa del vaccino che forse , ma non sa sa bene quando , arriverà , ma forse per noi ahimè sarà sicuramente troppo tardi.

Rivedere Parsifal

Sono passati otto anni da quando vidi per la prima volta il Parsifal di François Girard dal Metropolitan di New York e rivederlo a distanza è stato ad un tempo bello ma anche un po’ triste.

Non era il primo allestimento del “dranmma sacro” di Wagner che vedevo e non è stato neppure l’ultimo ma quella messincena ha rappresentato uno spartiacque sulla possibile rappresentazione della difficile leggenda wagneriana.

Intanto la prima osservazione è stata quella di rivedere uno spettacolo elegantissimo nella forma e fedelissimo nella sostanza .

Nessun artificio intellettuale : la scansione nei tre atti è rigorosamente scandita formalmente , l’assenza di costumi di scena rende tutto semplice e privo di effetti .

La prima lunghissima parte col grande racconto di Gurnemanz e le due drammatiche apparizioni di Amfortas ( gioco di parole per Infirmitas) si svolge in un terra riarsa , forse già una precognizione di un domani del pianeta inaridito.

C’è solo la spaccatura appena accennata tra gli eletti di Monsalvato e il mondo reale , ma l’acqua scorre ancora limpida nelle mani del narratore.

I cieli , importantissimi e variati , segnano come la musica il passare dei sentimenti narrati .

L’arrivo di Parsifal è un momento di stacco : la morte del cigno , l’innocenza totale dell’intuso , la cacciata : “vai oca stupida “ e quel guardare verso l’abisso che si apre sanguigno segna un passaggio elementare e iconico verso il viaggio di conoscenza nel dolore del Puro folle.

Il secondo atto breve e bellissimo si apre sull’invettiva di Klinstor e l’ordine verso Kundry. Lei deve obbedire all’angelo caduto e portare nella perdizione l’ancora inconsapevole ragazzo.

Visivamente non ha paragoni l’eleganza tutta europea della scenografia : le fanciulle fiore che arrossano la loro bellezza in  quel sangue , mestruo o liquido amniotico in  cui si immergono lentamente , quelle lance moltiplicate nelle loro mani , il loro aspetto orientale e lo sfondo allargato del peccato , quella spaccatura che già esisteva all’inizio e che diventa il passaggio da cui escono un Parsifal ancora stordito e poi , idea raffinata ,quel letto da parto su cui Kundrky tenta fino al bacio rivelatore della ferita di avvolgere nellla perdizione il giovane sperduto Ed ecco la consapevolezza nella conoscenza e nella pietà verso la peccatrice . Sarà facile allora strappare la lancia al colpevole e nel contempo demolire il’illusorio dominio del Male.

Nella terza parte si ritorna nella Landa desolata , ormai persa ogni speranza , come dopo uin’esplosione nucleare :l’arrivo del Parsifal stanco di mille battaglie , ferito nel fisico e invecchiato riporta attraverso la consegna della lancia la luce del perdono e della conoscenza alle genti.

La lancia che sanerà Amfortas e che brillerà nella consegna finale del Graal nelle mani dell’innocente segna il passaggio verso il Perdono dell’Umanità.

Kundry muore perdonata ,i cielii si colorano di nubi dorate  e mi viene da pensare che tra tanti allestimenti questo resta veramente il più bello tra i tanti visti nel tempo.

Vuoi per la compagnia di canto . Kaufmann bellissimo nei suoi anni d’oro , Pape mai così coinvolto come qui nell’ingrato ruolo del narratore e la splendida rivelazione di Peter Mattei , un grandissimo e tragico Amfortas. 

La tristezza mi è venuta pensando a tanti altri Parsifal visti nel tempo : da uno banale di Vienna ( per la verità segnato dalla defezione kaufmaniana che mi fece veramente male ), ad uno per me sbagliato di Tcherniakov visto a Berlino  fino a quello straordinario dal punto di vista musicale di Monaco.

La direzione di Kiril Petrenko forse è il punto più alto della rappresentazione di cui mi rimangono come ricordo pesante le alterate figure delle sfatte donne-fiore di Baseliz e invece in positivo la bella strana armatura finale di Parsifal  .

Ma la Kurdy che ho più amato è Evelin Helitzius , se dovessi scegliere un cast perfetto lei per me resta l’interprete ideale della strana maga wagneriana.

Ci sarebbe anche da parlare dei più o meno recenti Parsifal di Bayereuth e Salisburgo  ma su quelli stendo un velo pietoso. 

10102020

Chissà  se ieri i cosiddetti negazionisti anti-tutto lo sapevano quando si radunavano , non in folle oceaniche  obbiettivamente , per manifestare la loro posizione che era una data strana , cabalistica , direbbe qualche scettico.

La data di ieri , così semplice e così fantastica avrebbe dovuto  suscitare ad un tempo  pensieri di fatalità e casualità. 

Non a caso ne scrivo oggi , giorno decisamente con una data più normale perché la superstizione cova dentro tutti noi e con i numeri della pandemia che crescono a livello esponenziale ( ovvio ricordarte la profezia semplice di Angela Merklel ) uno più uno due , due più due quattro e così via contando si arriva pericolosamente ai numeri da brivido dei paesi più colpiti dal virus.

Poi ci rendiamo conto che anche questa precauzione può non essere sufficiente , soprattutto quando ci tocca ragionare con persone , magari anche mediamente acculturate che ti sparano domande tipo: ma li sai davvero il numero reale dei morti causa virus o per cause le più varie che in qualche modo hanno il virus come concausa ?
Non ho in tasca i dati elaborati nel modo richiesto e neanche mi interessa , so che di questa pandemia si può morire e so soprattutto che per molti ,magari usciti felicemente dal ricovero ospedaliero , resta tutta una serie di conseguenze di affaticamento e di difficile ripresa della vita normale.

So che per le persone come me sarebbe molto difficile raccontarla “dopo” , so che l’ala nera che ci opprime fa saltare anche la capacità e la tranquiliità della vita serena in cui vivevamo “prima”.

So che sono quintuplicati i casi di depressione , so che molte persone sono schiacciate dal temere sia la malattia che  le conseguenze della crisi economica che ne è seguita e che potrebbe riaffacciarsi a breve.

So che guardo con acrimonia per strada le persone senza protezione , li guardo con uno sguardo feroce aldisopra della mia protezione e penso quanto devo sembrare scema , con i miei capeli bianchi , a combattere questa battaglia comportamentale .

Ovvio , penseranno i più giovani , a quella fa paura di più perché è vecchia , ma noi che siamo forti , che abbiamo molte più frecce al nostro arco quella sua paranoia fa un po’ ridere .

Non realizzano bene quei giovani e forti che loro sono stati e sono tuttora il mezzo con cui la pandemia ha ripreso vigore anche nel nostro paese che a caro  prezzo era riuscito a contenere il diffondersi pericoloso avvenuto nei nostri paesi vicini.

Dieci dieci venti venti : avevo sperato stamattina che quella data strana potesse essere un limite , magari solo temporaneo e invece stamani , ma era scontato , i numeri crescono ancora , anzi arrivano anche a lambire la mia sfera ravvicinata .

Una data come un’altra di questo cammino che sembra proprio non avere fine .

Riusciranno i nostri eroi a concedermi la grazia di tornare ancora a teatro o devo rassegnarmi a nutrirmi di bellissimi ricordi senza alimentare speranze future?

Sul Nobel della Fisica

Sui quotidiani di oggi ci sono articoli divulgativi che riguardano il premio Nobel a uno scienziato, Roger Penrose, che ha indagato sulla realtà dei buchi neri , quei misteriosi vuoti i nell’universo di cui cominciò a pensare  Einstein , ma si fermò prima della loro definizione e sui quali studiò , insieme all’odierno vincitore quello strano scienziato tanto popolare che fu Stephen Hawking.

Io non capisco nulla di fisica e mi perdo anche davanti ad un articolo di giornale banalmente divulgativo però mi è risuonato in testa una voce :

Gurnemanz che dice a Parsifal :Du siehst mein Sohn , zum Raum wird hier die Zeit.

Davanti al Puro folle stupito di non capire come stia passando il tempo che sta vivendo il vecchio saggio dice “ vedi ragazzo mio, qui lo spazio diventa tempo” . La frase mi ha sempre colpito e adesso ad un tratto mi sembra anche di capire il concetto di Buco Nero, dove nel vortice tutto si annulla . 

Mi è servito Richard Wagner , quel genio della musica che tanto amo per farmi entrare nel più irrealistico concetto della fisica che oggi trova addirittura un riconoscimento da premio Nobel e attraverso la poesia di una frase magica aprirmi una porticina nella testa , una testa del tutto refrattaria ad ogni pensiero difficile che riguardi le leggi della fisica.

Mi sembra quasi di capire perché quella frase misteriosa me la sia appuntata sul quaderno di tedesco , quando il tedesco proprio non lo conoscevo per niente e quando mi capita di ascoltare l’opera ( ogni tanto ho la gioia di riascoltare il Parsifal ) aspetto sempre quel momento del lunghissimo primo atto perché mi pare il punto più alto dell’intera ora di musica.

Forse scopro l’acqua calda , ma non mi era mai venuto in mente che Wagner nel suo delirio poetico avesse addirittura anticipato il concetto einsteniano della relatività.

Potenza della lirica , come diceva Lucio Dalla . Io stasera ho cercato di aprire un po’ la mia testa refrattaria al pensiero puro attraverso una frase misteriosa cantata da uno strano personaggio che viveva in uno strano posto che si chiamava Monsalvato.