Ancora Elektra

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Sono arrivate le foto dello spettacolo e come avevo promesso ci torno su perché con l’aiuto di foto mi è più facile spiegare anche tutto il lavoro che c’è stato dietro alla messa in scena. Intanto c’è da ringraziare il padre di uno dei miei attori che a differenza di molti , io per esempio , a teatro faccio sempre delle foto bruttissime ma è anche vero che bisogna avere delle attrezzature e delle conoscenze molto differenti dalle mie dell’uso di una macchina fotografica . Abbiamo avuto anche un altro padre bravissimo che è venuto con una mostruosa attrezzatura video e così in futuro potremmo anche arricchire il nostro sito web anche di questo nostro lavoro. Ma vengo alle foto e ai momenti dello spettacolo che ne sono testimonianza.

Avevamo il problema della mostruosa lunghezza della parte di Elektra e allora le abbiamo affiancato due “doppie” ovvero in realtà le battute di Elektra se le dividevano in tre .

Nel testo di Sofocle , e comunque sempre. L’amico Paride è silente , noi invece avevamo un ragazzo bravissimo che non volevamo sacrificare e allora nella lunga tirata della falsa morte di Oreste si è diviso in due il ruolo del messaggero . Quindi da noi Pilade parla! Cucire Hofmannsthal con Sofocle è stato abbastanza semplice . Abbiamo lasciato l’antefatto (cioè l’arrivo segreto di Oreste alla reggia degli Argivi) dal testo sofocleo come il già citato racconto della morte presunta di Oreste (il motivo per cui con l’inganno riescono ad entrare nella reggia) e poi tutti i cori che commentano sviluppandola l’azione. Per il resto è il libretto/testo di Hofmannsthal che la fa da padrone e quindi le parti attoriali vere e proprie sono state tratte fedelmente da un testo del primo Novecento.

Collante prezioso i momenti musicali: tutti di Richard Strauss.

L’invocazione “Agamennon“ che (anche qui una collaborazione) il musicista padre della regista ha reinventato eliminando la voce di Elektra viene ripetuto come filo conduttore più volte ed è soltanto un accordo musicale . Poi un breve brano di apertura da Tod und Verklärung, il potente ingresso di Klytämnestra in tutta la sua potenza e per finire un altro piccolo inserto da Ein Heldenleben per l’arrivo di Egisto .

Ovviamente alla fine è la danza sfrenata di Elektra che cade a terra a chiudere lo spettacolo. Detto così sembra semplice , ebbene ci sono voluti sei mesi due ore tutti i sabati , più qualche ora in più con i protagonisti e tante classiche scene para-isteriche che fanno tanto regia….

In più un omaggio segreto a Patrice Chereau della cui ultima messa in scena di Aix en Provence abbiamo saccheggiato tante suggestioni.

Elektra

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Credo che a tutti quelli che fanno teatro : prosa , musica , danza sappiano cosa succede dopo il debutto. Si prova un senso di vuoto , di stanchezza e di pena per quello che è costato tanto tempo per le prove e che poi si consuma nell’arco di tempo di una rappresentazione. Maggiore è questo senso di finitezza quando il lavoro è di quelli particolari , come il fare teatro con i ragazzi, il cosiddetto teatro della scuola che occupa per la preparazione un tempo infinitamente più lungo di quello che generalmente serve a dei professionisti dello spettacolo- Si lavora per mesi alla preparazione del testo , a cercare di entrare “nella storia “ , qualunque essa sia e in modo anche più coinvolgente quando si fa teatro classico antico , quando si affrontano certi testi magari rivisitati come avviene da un po’ di tempo , ma comunque con la difficoltà di avvicinare ragazzi alla difficoltà del teatro antico… Nei paesi anglosassoni il fare teatro a scuola è molto più diffuso , direi che è una forma di acculturamento curricolare , da noi resta sempre affidato alla buona volontà di chi ci crede.

Da molti anni faccio questo tipo di teatro , prima dentro il Liceo Classico frequentato dai miei figli e da qualche anno , quando una preside “illuminata” ha preferito adeguare la scuola alla moda molto più accattivante di fare un musical come momento finale dell’attività teatrale scolastica, , ma noi del Centro Teatrale Rinaldini anche fuori dell’ambito strettamente scolastico , con i giovani che comunque seguitano a venire per condividere queste esperienze difficili seguitiamo a mettere in scena i classici.

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Quest’anno Elettra da Sofocle con notevoli inserti dell’Elektra di Hofmannsthal , ovviamente con estratti musicali di Richard Strauss. Ebbene , ieri sera nel piccolo delizioso teatro Valle di Chiaravalle , laddove un’amministrazione illuminata ancora consente questi spazi per esperienze “ diverse” siamo andati in scena e quel senso di stanchezza e di vuoto oggi me lo sento tutto addosso. I ragazzi bravissimi , la giovane regista che con amore li ha preparati e la vecchia anima del centro (che sarei io) ci siamo trovati ancora una volta a condividere un successo annunciato perché sappiamo di lavorare con rigore , di fare sacrifici per raggiungere un risultato di qualità , per creare quella magica sensazione di “esserci” insieme al pubblico in sala in un tutt’uno di vibrazioni e di partecipazione globale. Ce l’abbiamo fatta , ancora una volta e questa volta il percorso era anche un po’ più impegnativo del solito , l’applauso finale ha sciolto tutte le tensioni accumulate, tutte le lacrime trattenute dalla povera Marta che si sbagliava regolarmente tutto gli accenti (poverina , viene dall’Emilia e con le “e” proprio non ci azzecca!) , tutti gli urli al povero Seneca che non riesce a stare fermo , tutti i richiami “ voce!” al povero Carlo che parla sempre pianissimo , tutte le sgridate per chi arrivava in ritardo , per chi si scordava il costume anche alla generale .

Insomma tutti hanno un po’ sofferto , ma per tutti ieri sera c’è stata la vera gratificazione ed è quella del magico momento del sipario che si apre e si parte in un’altra dimensione , si vive un altro essere da sé fino all’applauso finale che riporta nel reale , qualche volta anche con la fatica di ritornare nel vero : alla pizzetta tra gli amici , al compito per domani , all’esame ormai alle porte.

Del fare teatro

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Un gruppo di funzionarie dello Stato mi chiama: vorrebbero fare teatro, ma non è una cosa banale.

La proposta è di celebrare l’8 marzo con un reading che tratti della violenza sulle donne. In altre parole di quell’orribile neologismo che si chiama femminicidio, ma che purtroppo è solo la sola parola che riesce a rendere l’idea di questa mattanza nei confronti delle donne che sembra essere una caratteristica di questa epoca confusa nei valori.images-3

Vado all’incontro e mi fa una certa emozione sentire il piantone dire: lei è la regista, è attesa al quinto piano.

Mi sono preparata, ho letto il libro che mi hanno proposto, ho preparato una linea di lettura, ho selezionato i brani, ma vorrei che il lavoro fosse il più possibile collegiale.

Quando parlo di teatro sono nel mio elemento, ormai l’esperienza maturata è tanta, ma mi da sempre come un brivido l’avvio di una nuova avventura .

Questa poi in particolare è un’avventura diversa per me che ho sempre lavorato con giovani e giovanissimi.

Mi trovo davanti delle persone attente, civilissime e già molto coinvolte nel progetto.

La prima riunione: una lettura dei brani scelti da me dai quali fare una ulteriore scrematura, sentire le voci, valutare le capacità attoriali.

Ho una piccola delusione, mi aspettavo più accenti marcati, dialettali e invece le donne delle Istituzioni sono tutte colte, preparate e con buon accento italiano.

Pazienza, non avremmo quell’effetto tipico dei film italiani degli anni sessanta in cui il funzionario era terribilmente solo del Sud!

Ci aggiorniamo alla prossima settimana, un’altra delle mie imprese comincia.

Se poi penso che settimanalmente è già cominciato l’altro progetto, quello di teatro classico antico e che la scelta è caduta su Elektra (Sofocle e Hofmannsthal) mi rendo conto che la vecchia femminista quale io sono si aggira sempre intorno al pianeta donna.