cose di oggi

Uscita del Teatro , verso le undici di sera . Mi dirigo abbastanza lentamente verso la macchina che non è vicinissima . 

Ho la sensazione di alienità che si prova in una citta di provincia dove quasi nessuno si è accorto che a teatro si faceva musica . La città è sorda musicalmente , penso con tristezza che mentre stavo andando allo spettacolo , ancora era  giorno e nella Piazza Roma rimbombava  forte la  musica dagli altoparlanti : un gran cerchio di persone intorno ad uno spettacolo circense : una ragazza ruotava nel cerchio , non è un esercizio difficile ma qui ci si accontenta di poco e ho pensato sorridendo al Rinoceronte in piazza del Longhi : il livello di stupore è quello.

L’operina buffa , dovrebbe essere un colto repechage donizzettiano e a teatro abbastanza vuoto con pubblico caloroso di parenti il successo è comunque assicurato.

Una palpabile aria da filodrammatici , anche se sono cantanti veri che credo in gran parte studino all’Accademia di Osimo.

Nessuna critica da parte mia , con pochissimi soldi si fa quello che si può.

Risalgo piano piano e davanti alle Tredici Cannelle , una bella fontana storica ad un tratto provo un’autentica paura mista a sgomento.

Tre ragazzi e una ragazza : belli , alti con divise ginniche d’ordinanza , tutti in nero e griffatissimi.

Uno spintone , una collanina buttata per terra , ira e violenza nello guardo dei litiganti : la ragazza un po’ in disparte intimorita.
Non capisco il motivo della lite ,ma quello che so e che mi fa veramente paura è l’ipotesi neanche tanto improbabile che salti fuori un coltello da qualche parte.

Nessuno intorno interviene a fermare la rissa , tutti si allontanano e capisco che la violenza cieca è ormai di casa dappertutto.

Come galletti in battaglia i due si misurano a distanza ravvicinata . Poi fortunatamente qualche briciolo di sopravvenuta civiltà li ferma.

Resta per terra la collanina strappata , un gingillo da pochi soldi con un cuore rosso di brillantini.

Riprendo la mia strada lentamente ,ovviamente la mascherina la portavo solo io anche se la zona era ancora piena di gente molto “assembrata”.

L’estate sta finendo

Un’ombra d’autunno sulla fine dell’estate anche se pensare positivo aiuta e con questo la convinzione che ci saranno belle giornate settembrine piene di quel sole meno violento di quello terribile della torrida estate trascorsa.

Nessun programma di viaggi per il prossimo mese , forse metterò mano ad un progetto di scrittura che mi ronza in testa da un po’ anche se il solo averlo accennato al destinatario principe dei miei piccoli “fogli” letterari ha procurato solo un effetto di repulsione.

Eppure parlare di pandemia so che mi servirà anche se è decisamente troppo presto il parlarne al passato. Ma i quasi due anni perduti alla mia età sembrano davvero un’ingiustizia vera e propria  e non è che non abbiano lasciato tracce nella mia psiche come in quella di molti altri.

Leggo con piacere che molti hanno ripreso a viaggiare , che i Festival a me cari hanno di nuovo programmato le stagioni , sento che quest’autunno dovrà essere per forza un po’ più normale , che riapriranno le scuole e i luoghi della cultura anche se a ranghi ridotti.

Ho un rapporto costante con questo mio diario in forma di blog : se parlo di  musica ha un certo tipo di lettori , se parlo delle cose del mondo i lettori sono molti meno ,se parlo di JK le classifiche schizzano verso successi quasi letterari ….

Per il prossimo immediato mi rassegno a numeri bassissimi , non andrò girando come facevo un tempo , i miei affezionati lettori  perdoneranno la mancanza di materiale nuovo se escludiamo l’uscita di un nuovo CD già molto prenotato per la metà del mese.

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Requiem

La foto in prima pagina di Repubblica è terribile . 

E’ molto difficile commentare l’orrore di quello che sta succedendo a Kabul  e che probabilmente a cascata provocherà una stagione di terrore che arriverà di nuovo ad insanguinare anche la nostra lontana Europa .

Non ci dobbiamo fare illusioni , si sta riaprendo una stagione di terrore  e non saranno gli studenti coranici a fermarla .

Nel grande grogiolo islamico Jaijdista si è aperto un nuovo varco di sangue e l’Afganistan rappresenta l’occasione per ritornare all’attenzione del mondo intero .

Grave colpa degli Stati Uniti  ed è persino patetico il vecchio Biden che minaccia : ve la faremo pagare . Mi ha fatto pensare ad un vecchio guerriero cieco che brandisce un’arma nel vuoto , perché niente è più difficile per gli USA entrare nelle logiche integraliste islamiche.

C’è però un risvolto personale in questo mio angoscioso pensiero: quella bellissima foto mi ha fatto pensare ad un Caravaggio e di questo mia considerazione vergognosamente estetizzante mi sento in colpa , come se non riuscissi a cogliere l’orrore senza legarlo a qualcosa di mio , a qualcosa che invece riguarda la bellezza a cui siamo abituati noi europei.

Il solo paragone che posso fare è musicale : quella foto è un Requiem , non riesco a guardarla senza cercare una preghiera musicale dietro il volto abbandonato di quel giovane , in lui trovo l’immagine della sofferenza del mondo e questo mi fa molto male.

Il bis incorporato

Non sono andata a Graz , nonostante l’esempio dei miei cari amici girovaghi , nonostante il cast che era stellare e lo è rimasto anche col cambio last-minute causa indisposizione del Barone Scarpia che è stato egregiamente sostituito da un altro eccelso baritono che stava appunto cantando lo stesso ruolo a pochi chilometri di distanza .

Mi incuriosiva il nome del luogo : Kasematten , chiaramente uno spazio che fu militare , mi incuriosiva la Opolais nel ruolo di Tosca , mentre  non mi incuriosiva per niente l’ennesimo Cavaradossi , un personaggio senza spessore al quale però Puccini ha regalato due memorabili arie evergreen.

Detto poi senza polemica , ma con un filo di perplessità , ripensavo all’affermazione di Kaufmann quando in una recente intervista ha dichiarato che il ripetere spesso gli stessi ruoli provoca un “ automatismo” (lui ha detto proprio così) pericoloso per la resa artistica .

Sono passate solo quarantotto ore ed ecco l’opera completa già su You Tube e questo è il  mio pensiero streaming, per quello che vale.

Intanto direi che Tosca quest’anno abbia battuto i suoi già grandissimi livelli di rappresentazione , nelle graduatorie banali credo sia riuscita anche a superare la sua eterna rivale Carmen ed è tutto dire.

Per quel che ho capito la location mi è sembrata abbastanza infelice e i poveri cantanti si sono mossi letteralmente in pochi metri nei quali amarsi , odiarsi , uccidere e morire : bravissimi tutti!
Una rivelazione la Opolais , si vede che lo ha studiato davvero questo ruolo per lei impervio ed ha ben centrato l’obbiettivo.

Niente da dire sull’eccelso Tezier , qui alle prese con uno Scarpia meno problematico di quello salisburghese  e infine chapeau al nostro inesauribile Kaufmann ; ma mi domando non si stufa addirittura a cantare la sua celebre aria addirittura due volte ?

Sembra che abbia ormai il bis incorporato nel contratto, non fa nemmeno più notizia .

Meno male che questa volta perlomeno l’ha presa in ridere.

Dell’Afganistan

In questi giorni giornali e televisioni sono pieni di  notizie che si riferiscono all’Afgani-stan laddove stan significa terra ,come anche altri paesi asiatici vicini a cominciare dal Paki-stan , uno stato  inventato qundo fu diviso il vecchio Ray , di qua gli induisti , di là i mussulmani.

Cosa è storicamente questa terra definita anche “ la tomba degli imperi” : una grande miniera a cielo aperto che oltre ad essere il più grande raccoglitore di papavero da oppio è ricca di rame , ferro e soprattutto litio , guarda caso che tanto serve per le batterie dei nostri telefonini.

Ma questo grande vuoto montagnoso , senza sbocchi sul mare e che confina con Iran , Iraq e soprattutto con la Cina è oggi di nuovo nell’occhio del ciclone anche grazie alla demenziale sortita disorganizzata degli americani che ci avevano buttato miliardi di dollari inutilmente cercando di esportare in quelle terre un modello di democrazia del tutto inutile in quella realtà storica.

In Afganistan si parlano ufficialmente due lingue : il Panshi e il Dari , in realtà si contando perlomeno una diecina di dialetti e difficilmente gli afgani si capiscono anche tra di loro.

C’è quel piccolo confine con la Cina che riguarda  gli uiguri , che sono quella minoranza mussulmana vicina alle frange jiahdiste , problema difficile da gestire anche per una grande potenza .

Poi ci sono i Paschtun ,non mi vorrei sbilanciare ma credo siano sunniti e i poveri Hazari , molto maltrattati anche in patria e anche i tagiki.

In questo meltin-pot sono ritornati trionfalmente fuori i Talebani , quegli studenti coranici integralisti contro i quali si mosse il pensiero occidentale inoridito dalla loro intolleranza .

Il collegamento (abbastanza forzoso) con Al Kaeda e quindi  la mobilitazione americana per vendicare l’11 settembre non era del tutto fondato infatti si vide poi che Osama Bin Laden se ne stava ben protetto in Pakistan,

I poveri Afgani che sono morti precipitando dagli aerei in decollo credevano di stare attaccati fuori , come fanno sui tram in India , questo è il livello culturale di quel povero paese , uno dei più disgraziati nel quale andare a nascere in questo nostro mondo.

Ma se io oggi ne parlo è per un motivo personale e direi sentimentale : avevo una sorella molto amata che si era laureata in architettura all’Università di Firenze con una tesi di gruppo ( afgano-fiorentino ) e che riguardava il restauro dei grandi Buddha di Bamyan .

Lei aveva studiato molto all’Istituto Arabo di Parigi perché non aveva i soldi per andare fin laggiù, uno dei tre studenti ( l’afgano) aveva fatto i rilievi in loco. 

Il suo più grande sogno era quello un giorno di potere entrare nel grande spazio circolare che era la testa del Buddha più grande.

La morte  l’ha portata via prima che i suoi adorati monumenti fossero distrutti dalla furia iconoclasta degli studenti coranici , io avevo cinicamente pensato che la sua morte precoce le aveva impedito di subire quasi un affronto personale  e un grande dolore.

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Leggo ogni giorno il diario del dottor Alberto Cairo su Repubblica .  Lo avevamo già conosciuto tanti anni fa quando i suoi resoconti semplici e senza retorica ci raccontavano di quel Centro della Croce Rossa dove ricostruivano gli arti ai tanti poveri amputati vittime delle bombe occidentali nascoste nella polvere del deserto.

Lui non è venuto via , ha ricominciato a raccontarci con semplicità quello che sta accadendo ogni giorno in quel martoriato paese.

Io sono una sua affezionata lettrice.

Il Gala all’Arena di Verona

Sulle note festose del Vorspiel del terzo atto del Lohengrin si è aperto il grande Gala veronese con la grande Arena piena a metà causa restrizioni ,comunque un bell’effetto di circa ottomila persone.

Poi l’ansiosa fuga iniziale di Sigmund  ci ha introdotto un Kaufmann in frack ( Wagner oblige ..)  con un Wälse a freddo da accapponare la pelle. E’ seguito un incontro po’ troppo ravvicinato con la Siglinde di Martina Serafin , ma         qui all’Arena non se ne accorto nessuno e praticamente la prima parte del programma si è incentrata tutta sul primo atto di Walkure , opera che personalmente adoro e che mi sembra sempre addirittura troppo corta .

Riconoscimento dei gemelli e Wintersturm con finale festoso : Notung è uscita dal frassino , fine della prima parte . 

Non è facile suonare e cantare Wagner all’Arena di Verona e Kaufmann lo sa bene tanto è vero che solo nella seconda parte , tutta italiana si sono liberati gli applausi da stadio che comunque ci saremmo tutti aspettati.

La Forza per cominciare : con la grande aria di Alvaro  ( cambio di abito , tutto meno formale ) , poi in un crescendo sempre coadiuvato dalla Serafin che è di casa a Verona  si è passati da Verdi a Giordano compreso un intermezzo pucciniano della Manon. Il sodale amico direttore Jochen Rieder al quale va dato l’enorme merito di compattare le orchestre con pochissime prove è stato come sempre un prezioso attento collaboratore di Jonas  e anche stavolta è riuscito nella non facile impresa.

Ma dove Jonas si è scatenato è stato nella serie clamorosa di bis: tutti in fila dal “nessun dorma “ a “lucean le stelle” passando per Mattinata di Leoncavallo per virare disinvoltamente alle operette e finire in gloria con Ombra di nube di Recife , un settimo bis da fare accapponare la pelle.

Rotto l’incantesimo perché c’è sempre una prima volta per tutti , adesso la Sovrintendente tenace lo aspetta per il futuro con un’opera intera perché è nell’opera che veramente si può apprezzare in pieno la grande arte teatrale e musicale di Kaufmann.

Sul Liston

Del gran Gala parlerò domani . Stasera poche righe per parlare di tutto quel mondo di amici e amiche che si muove intorno a questo incredibile personaggio che risponde al nome di Jonas Kaufmann.

Complice il fascino del Belpaese , il richiamo della mitica Arena di Verona un numero davvero esagerato di persone che hanno vite lontane , che vengono da paesi tanto lontani tra di loro , che nelle  loro vite coltivano interessi diversi , lavori diversi , storie diverse si ritrovino insieme grazie ad una voce , ad un sorriso di un ragazzo che seguita a non invecchiare nonostante la ostentata chioma grigia.

Il mondo sembra fermarsi nella gioia di questi brevi incontri , poi ciascuno riprende la propria via , il proprio vissuto .

 La sosta lieve, cercando di non pensare troppo al mondo impazzito che ci circonda , alle maschere che ci rendono tutti uguali e talvolta ci si riconosce solo per lo sguardo sorridente che riesce a bucare questo nostro assurdo filtro protettivo  fa si che l’incontro di Verona si trasformi in un attimo di festosa allegria , una parentesi simile ad un gioco infantile . 

Io c’ero ,diranno in molti e se lo ricorderanno . E non mi si dica che i social sono solo una brutta imitazione della vita .

La deliziosa Sovrintendente e Direttore artistico della Fondazione Cecilia Gasdia ,così affettuosamente gentile con me , può essere orgogliosa di questo evento particolare  tenacemente voluto .

Speriamo sia solo il primo di una lunga serie perchè credo che anche Jonas si sia sentito sufficentemente appagato.

Di voci e di taglie

Tutto  parte da una telefonata curiosa mentre sto prendendo l’aperitivo godendomi il tramonto in Piazza Unità d’Italia a Trieste .

Una persona semplice , una conoscenza occasionale , mi telefona da Ancona Stai vedendo l’Aida sulla Rai? no , le rispondo perché sono fuori città e non ho il coraggio di dirle che quelle opere areniane in genere non le guardo mai in tv.

Lei allora prosegue : non si possono proprio guardare : sono troppo grasse Aida e Amneris ! Detto da una che dieci anni fa al fisico dei cantanti non ci avrebbe mai pensato mi viene quasi da ridere , poi le spiego che in realtà Amneris ( fra l’altro una mia carissima amica ) è in dolce attesa  e che non è così importante la taglia, piuttosto da valutare, laddove il suono riprodotto lo permette , la qualità del canto.

Poi i giorni seguenti seguito a leggere molti altri commenti , quell’Aida areniana ne ha suscitati parecchi e alla fine capisco che ormai un certo costume estetico ha preso piede anche nello strano mondo ultraconservatore dei melomani di un tempo.

La polemica cresce , gli interventi pure e allora mi permetto di aggiungere un mio modesto pensiero ai tanti discorsi letti e ascoltati in questa bollente estate in cui succede di tutto , compresa la ripresa estiva del teatro musicale all’aperto.

Modestamente però cerco di spostare il nocciolo del problema : non sono i chili di troppo che fanno la differenza ma la capacità attoriale che rende credibili le vicende rappresentate in scena .

Oggi e non solo per colpa del teatro di regia si richiedono ai cantati quelle doti attoriali minime alle quali ci si abitua andando un po’ in giro per i teatri del mondo .

“Recitar cantando “ a pensarci bene quello che lo aveva detto chiaramente tanto tempo fa si chiamava Giuseppe Verdi , tanto per restare nella tradizione.

Ovviamente, aggiungo ,cantando bene tutte le note , studiando il ruolo da interpretare , non accentuando  la portata dell’acuto e via cantando.

Se poi a tutto questo si aggiunge anche un po’ di phisique du rol non è proprio che guasti.

Ormai è dimostrato che non sono i chili in più che fanno aumentare la voce. Finito il tempo del tenorazzo a gambe larghe al proscenio che spara “ la pira”e mi viene da aggiungere che se la soprano non è “oversize” magari a qualche giovane televisivamente condizionato verrebbe più facilmente in mente di commuoversi vedendo morire di tisi certe improbabili Mimì o Violette.

Come diceva la sublime moglie del tenore raccontata da Franca Valeri : a queste le ha rovinate la Callas !

Eccezion fatta per le walkchirie  wagneriane , loro sono quasi tutte sempre un po’ troppo grandi per i miei gusti , ma anche da quelle parti il vento sta cambiando . Senza far nomi : non sempre l’altezza fa bellezza.

Lubijana – Slovenia

Un viaggio lampo , l’estate caldissima , una meta abbastanza improbabile , ma c’è uno strano motore che muove le persone appassionate e così si parte anche se non si pensa di arrivare ad assistere ad una serata eccezionale .

E invece ….il sorprendentemente sempre più bravo , più nel pieno della sua splendida vocalità sicura ,Jonas Kaufmann ci ha regalato un concerto di quelli da ricordare , da mettere nell’album di ricordi più prestigiosi e più vividi.

Intanto il luogo in cui il concerto si è svolto :doveva essere una piazza ed invece è stato un moderno auditorium dotato anche di una splendida acustica .

L’ambiente magari di un modernismo un po’ datato : la grande piazza , le scalinate ricordano un passato di regime , ma la grande orchestra della Radio Slovena è degna di essere citata per la alta professionalità e l’intero programma del Festival mi fa capire l’alto livello di tutte le partecipazioni.

Il programma del concerto è stato decisamente molto interessante con tre grandi arie italiane nella prima parte e la preziosità del tutto Wagner nella seconda .

Anche i quattro bis sono stati all’altezza, piuttosto impegnativi per chiunque data anche l’asperità del programma ,ma la clamorosa standing ovation finale era tutta meritata .
Con generosità il cantante si è speso fino alla fine diretto dal suo fedele amico e direttore Jochen Rieder attento e preciso nel coadiuvare il suo importante interprete.

Tanti gli attimi importanti che mi hanno colpito : il feroce stringere la mano convulsamente durante l’aria di Canio ; mi sembrava di essere tornata a Salisburgo , quella mano vuota in realtà stringeva il pugnale assassino.

L’esasperante lunghezza del Wälse , una vera apnea anche per me che ascoltavo e alla fine del secondo appello ero sfinita tanto che mi sono dovuta levare la maschera per respirare.

La preziosità di cantare l’aria del Lohengrin In Fernem Land compresa della parte finale che non si canta durante l’opera e che abbiamo sentito solo in registrazione . Un regalo in più per i wagneriani in sala.

Il coraggio di cantare come quarto bis addirittura Ombra di nube , quando ormai è evidente che la fatica del canto ,per quanto si tratti di un mostruoso fuoriclasse ,cominciava a sentirsi anche per lui.

E poi la delizia della sua domanda affettuosa all’uscita : avete avuto caldo là dentro ? rivolta in italiano al piccolo gruppetto di persone alla porta degli artisti , tra di loro molti musicisti e anche tanti giovani , una volta tanto !

Grazie Jonas , ancora una volta la tua voce è veramente un dono che tu generosamente regali a tutti noi che ti seguiamo con tenacia.

Firenze -agosto 1944

Un ricordo lontanissimo : oggi otto agosto 2021 ad un tratto mi sono ritrovata bambina a Firenze , stranamente sfollata nel centro storico , con una specie di sfollamento rovesciato quando tutti scappavano dalla città e la mia famiglia era invece rifugiata sopra la bottega del mio babbo : una cartoleria in Via Condotta a due passi  tra Piazza Signoria e il Bargello.

Fu lì che vissi la notte in cui i tedeschi in fuga fecero saltare i ponti sull’Arno nella notte fra il 3 e il 4 agosto.

Fu in quelle strette stradine che si combattè la guerra partigiana , fu lì che la mattina dell’otto di agosto vidi per la prima volta quattro alieni in tuta verde che ci dissero : noi siamo americani!

Poi l’undici d’agosto suonò la Martinella , la campana di Palazzo Vecchio che ci annunciò la definitiva ritirata delle truppe della Wermarch dalla città.

Durante quei giorni la mia mamma , la vedo ancora con una strana improbabile vestaglia di seta giapponese a capo di un gruppo di donne agguerrite , riuscì a forzare  la porta del Bargello e con la carrozzina di mia sorella piccola piena di fiaschi li andò a riempire dell’acqua del pozzo che si trovava all’interno del museo.

Fu da dietro quelle mura che sentii gemere tutta la notte un partigiano ferito che chiamava mamma , finchè la sua voce si spense per sempre .

Fu lì che a due passi c’era il Comitato di Liberazione Nazionale ( ma questo lo seppi tanti anni dopo quando lessi una targa sul portone a pochi metri dalla nostra bottega.)

Fu in piazza Signoria , a cavalcioni su un leone al lato dell’ingresso delle Loggia dei Lanzi che vidi per la prima volta gli scozzesi in gonnellino fare il loro spettacolo con le cornamuse.

Poi fu la bellissima ricostruzione di Rossellini in  Paisà che mi riportò fra quelle macerie di Por Santa Maria . Ormai  i miei ricordi ormai si confondono con quelli del bellissimo film.

Ecco , oggi come un lampo , ho ritrovato questo ricordo nel cassetto troppo pieno della mia memoria.

La Cina è vicina

Un notiziario della notte : a Wuhan di nuovo chiudono tutto , torna il lookdown .

Undici milioni di persone di nuovo prigioniere nei loro fantascentifici condomini, transenne sulle strade , vietato viaggiare , muoversi anche per brevi percorsi.

In Cina , una città grande come tre regioni italiane medie , di nuovo sono piombati nel passato che non era tanto lontano , era solo ieri.

La variante Delta sta moltiplicando i contagi , il loro vaccino non la copre se non in misura molto minore di quelli che ci iniettano in Europa e la Cina sembra di nuovo tanto lontana , anche se sappiamo che il virus ama camminare per le strane vie traverse che la civiltà occidentale non riesce proprio a fermare.

Un pensiero passa come una nuvola : ci estingueremo come i dinosauri ?

Avevo ascoltato di nuovo il mio amato Wagner , il “nostro “Tristan occidentale giace nella pace del suo amore malato e decadente  della notte senza fine e le immagini crudeli e realistiche della nuova crisi cinese mi riportano a quest’oggi che ha tanto il sapore di un domani incombente come un incubo palpabile.

Il sonno aiuta , chiudo in un cassetto della mente la paura ancestrale , quelli come me che hanno vissuto nel mondo di ieri accantonano l’angoscia come un film apocalittico.

Viviamo la fantascienza e non ce ne accorgiamo, se ci estingueremo avremo perlomeno portato con noi la consapevolezza di avere vissuto con la magnificenza della nostra cultura , sarà sempre meglio di niente.

Un desiderio realizzato

Non lo avrei mai immaginato  quando alle cinque del pomeriggio mi sono seduta davanti al pc. che lo spettacolo sarebbe stato incredibilmente addirittura più avvincente di quando questo sublime Tristan lo avevo visto dal vivo.

Alle dieci e mezzo , esausta e accaldata ( forse la giornata più calda di questa caldissima estate ) mi sono finalmente alzata ero commossa e frastornata : avevo rivisto e riascoltato questo Tristan und Isolde con la stessa commozione di quando lo avevo ascoltato in platea , ma non mi ero immaginata il finale clamoroso con la canzone popolare cantata dagli orchestrali che sventolavano i fazzoletti blu dell’addio in onore del magico piccolo grande uomo che li lasciava.. Gli occhi lustri dell’elfo , il suo sorriso sempre timido e poi..un orchestrale sul podio ha dato il via al valzer di addio mentre Kaufmann ( non finisce mai di stupirmi ) prendeva tra le braccia la timida Okka Von Der Dammerau per volteggiare con lei in scena invitando tutti gli altri alla danza : “nessuna notte è troppo lunga per te “ha scritto un amico mentre un altro ha avuto anche lo spirito di riprendere la scena .

Non è finita lì, ecco l’intero cast scendere in MarchalPlatz , Jonas in testa che si è pure fermato a pulirsi le mani al distributore-gel anti Covid prima di entrare .

Intervistarlo , dopo i quaranta  e passa minuti della lunga morte di Tristan è stato un gioco da ragazzi , il solito torrente verbale , il sorriso sulle labbra e anche una vena di ironia nel constatare il suo trionfo di casa.

Quello stesso trionfo che gli aveva fatto postare la sera prima un mini- video all’uscita del teatro mentre in macchina tornava verso casa : bis Morgen ! aveva scritto semplicemente.

Tantissimi anni fa , quando era molto più facile parlagli a distanza umana gli avevo detto : vorrei campare abbastanza per sentire dal vivo il tuo Tristano!
MI ha accontentato davvero e lo ringrazio per tutta la gioia che mi ha dato in questi lunghissimi anni.