Ricorrenze

E’ passato un anno  da quando due turisti cinesi di Wuhan furono prelevati da un albergo di Roma e portati allo Spallanzani , era il primo campanello del virus cinese che si affacciava ufficialmente in Italia.

A loro andò bene , dopo qualche mese e molti ringraziamenti all’Italia sono tornati in Cina . Meno bene cominciarono ad andare le cose in Italia nel basso Veneto e soprattutto nella Bergamasca:
Ormai non è neanche più cronaca , è storia di una pandemia feroce che sta paralizzando l’intero pianeta Terra.

Ci siamo scivolati dentro a fasi alterne , terribile nelle scorsa primavera , una specie di tregua o di armistizio estivo e poi mentre tutto intorno a noi assumeva il carattere globale ci siamo ritrovati con la mascherina sul viso , perso ogni ricordo di abbracci, saltate le cene tra amici , persi i contatti reali con i nostri simili , chiusi nelle paure e tutti in attesa del miracolistico vaccino che dovrebbe riportarci alla vita di un tempo.

Sembra incredibile ma a Londra a marzo ancora la gente circolava tranquilla , a Parigi si prenotavano gli spettacoli , si facevano progetti.

Oggi la speranza più azzardata è quella di riprendere un aereo , forse, nella prossima estate , se tutto andrà bene e se i famosi vaccini che mi ricordano tanto la boccettina del “ balsamo di Arabia” portato in volo da Kundry per risanare il povero Amfortas saranno disponibili nelle dosi che serviranno a vaccinare perlomeno i vecchi , i malati , i vulnerabili.

Stiamo vivendo un brutto sogno collettivo con tante reazioni diverse a seconda delle età e dei problemi della vita di ognuno.

Si possono osservare  tante ossessioni nel mondo che ci circonda : ci sono i seguaci di Lady Macbeth ( quelli ossessionati dal continuo sanificarsi le mani in modo compulsivo ), quelli con la doppia mascherina , quelli che invece seguitano a tenerla sotto il naso con gesto automatico di risalita che ormai è tic diffuso , i cretini che ce l’hanno con logos e griffes tipo bandiere nazionali e amenità varie .

Poi ci sono quelli che nero fa più distinto , quelli che la chirurgica ce l’hanno bisunta , quelli  ( ma ormai sono pochissimi ) che non se la mettono proprio come una sfida e ti guardano brutto se li guardi con riprovazione. 

 Ci ha detto l’illustre virologo di turno che , forse ,  riusciremo a levarcele fra un paio d’anni ! 

Ho pensato cinicamente che forse non  ci arriverò neppure.

Una donna , per cambiare

Mi sono ripromessa di non parlare mai di politica nel mio blog , anche se io di politica attiva ne ho fatta tanta nella mia vita .

Il blog nacque per parlare di musica , di arte e poi piano piano è diventato una sorta di diario , ma la politica attiva ho sempre cercato di lasciarla fuori.

Oggi però una notizia che viene da un paese europeo tanto lontano da noi e qualche rumors circa la possibilità che una donna potrebbe   entrare nella rosa dei candidati di un nuovo governo anche in Italia , ben sapendo che probabilmente resterà ancora un sogno prima che i tempi diventino davvero maturi anche nel nostro paese  , mi permetto di parlarne.

In Estonia la premier Kaja Kallas ha giurato nelle mani del presidente ,eletta nel 2016, Kersti Kaliulad , due donne al comando della repubblica baltica , ma anche in Lituania, Norvegia , Finlandia , Islanda , Danimarca e soprattutto in Germania  c’è una donna premier  , un raro esempio di saggezza e solidità politica.

La persona entrata in quella specie pronostico ad uso della stampa che è il gioco dei nomi ( spesso da bruciare ) non è una donna qualsiasi .

Marta Cartabia è stata presidente della Corte Costituzionale , esile e elegante, nel breve periodo in cui ha esercitato il prezioso incarico non l’abbiamo mai trovata sulla stampa , lontana dai social e finito il suo incarico è rientrata nel ruolo di prestigioso magistrato e docente . 

Devo dire che mi piacerebbe questo enorme salto di qualità per il nostro povero paese , specialmente in questo momento in cui ci sono delle enormi somme da spendere bene , una persona fuori da giochi di palazzo ma molto dentro al rispetto delle leggi e delle regole.

Ci sarebbe davvero da augurarcelo un così prestigioso salto di qualità in questo testosteronico mondo politico italiano ( cit. Natalia Aspesi) , e anche se per adesso resta solo una pia speranza nel mio piccolo questa mini lancia personale la lancio volentieri.

Ricordando la Shoah

Perché il 27 gennaio è il giorno della memoria ?  Si dovrebbe cominciare così ogni lezione nelle scuole e mi piacerebbe che i ragazzi di oggi sapessero rispondere , anche se ogni anno di più di avverte come un logorio , una stanchezza , un senso di inutilità come se tutto l’orrore che abbiamo vissuto sia già stato consumato nel vento della storia .

Un bellissimo libro di Thomas Mann comincia così : profondo è il pozzo del passato , dovremmo dirlo insondabile ?

Passano sui nostri teleschermi i soliti film , alcuni bellissimi , altri un po’ meno , anche perché è estremamente difficile raccontare davvero l’orrore che il secolo in cui ho vissuto ha consumato nei confronti di un intero popolo .

Mi è dispiaciuto che domenica alla Messa domenicale il parroco , segnalando gli eventi della settimana , non avesse citato la ricorrenza laica che si celebra anche nel nostro paese, basterebbe riflettere sul fatto che la prima delle letture di ogni domenica è tratta dal primo libro della Bibbia , il libro della fede dei nostri fratelli ebrei.

Quel giorno , era il 1945, i soldati russi che per primi entrarono in quel lager ad Auchwitz videro quello che nessuna mente umana aveva pensato si potesse vedere e quando si va in quel pellegrinaggio ( non in gita come dice giustamente Liliana Segre ) si fa ancora fatica a credere che tutto quello che ormai sappiamo sia stato davvero possibile .

Oggi i tre lager vicini :Aushwitz, Birkenau e Monowitz si chiamano Oswiecim , un ridente villaggio polacco con i fiori alle finestre delle case tranquille , ma noi sappiamo che ancora in quella terra che le circonda c’è tanta polvere umana e ci viene da domandare se non sapessero , quei bravi contadini , perché quella ciminiera buttasse quel fumo nero verso il cielo .

Forse però per me il ricordo più violento e straziante l’ho provato allo Yad Vashem in Israele , il Memorial della Shoah.

Ci ero voluta andare ad ogni costo in un viaggio che aveva tutte altre finalità. Eravamo accompagnati da una guida sabra , un bellissimo giovane archeologo istraeliano. Lui ci aveva lasciati alla porta : vi aspetto qua fuori .

Io mi ero allontanata da sola e per fare un percorso tutto mio , in silenzio.

Verso la fine del giro mi sono trovata davanti il Children Memorial . Sono entrata : nel buio mi venivano davanti milioni di foto di bambini , di ragazzi e ragazze , anche la musica aveva un eco di dolore.

. Quelle immagini come stelle salivano nel buio della cupola verso il vuoto  nero e io mi sono ritrovata fuori , seduta su una pietra calda sotto il cielo  cobalto nel tramonto del paese del latte e del miele a piangere senza pudore  come se mi posse cascato addosso tutto il dolore del mondo.

Onegin forever

Passa e ripassa su Sky Classica un Eugene Onegin salisburghese che ebbi già modo di vedere anni fa e in tempo di grande magra mi consente di parlare ancora una volta di come certi allestimenti ci restano nel cuore mentre altri suscitano perplessità o addirittura irritazione .

 Intanto , per chiarire ai miei affezionati lettori l’Onegin è una delle mie opere del cuore  ( Alberto prendi nota , in fatto di opere russe per me è  the winner is …da Oscar )

Forse però tutto risale ai miei verdi anni : un giorno a Firenze vidi per la prima volta l’opera . Dirigeva Rostropovich ( ma neanche lo sapevo ) e Tatjana era sua moglie ! La scena , credo di Benois , era bellissima e incantata , solo a rompere l’incanto durante una seconda ripresa vista qualche anno dopo scoprii che l’effetto flou era originato da una tarlatana al proscenio sul quale si attaccavano malauguratamente le foglie di betulla durante il coro delle fanciulle nel primo atto.

Salto alla seconda rivelazione : Viaggio nella Russia sovietica e davanti al cartellone in cirillico del Marinskj scopro che quella sera (mi aiutò l’alfabeto greco) davano la mia amatissima opera ; ne ho già scritto in qualche mio librucolo : banalissime scene dipinte  e un tenero odore del parquet lucidato a specchio , bambine col fiocco in testa , costo del biglietto quattro rubli , ma le voci più belle che avessi mai sentito con quella musica magica.

Anni e anni più tardi a Monaco un Onegin orribile , anche se ci cantava la Netrebko e Lenszki era il mio amatissimo Pavol Breslik, putroppo quel matto di Warlikowski buttandola sul gay mi aveva massacrato il mega capolavoro di Tchaikowsky.

E vengo all’ultimo Onegin degno di citazione : a Zurigo , con la regia di Barrie Kowski e per la prima volta dal vivo il meraviglioso Peter Mattei nel titel role.

Questa volta la storia era rispettosamente raccontata in poco spazio e tanta emotività , valeva sicuramente il viaggio .

Poi ancora tante altre volte ( dal vivo o in streaming ) sublime quella di Tcherniakov che mi fece scoprire Mariutz Ktchevien  , poi anche una con Kelsinside da Londra con i “doppi” protagonisti ballerini. 

Insomma ne ho collezionate davvero una bella serie , ma quella che ancora una volta ho rivisto questa settimana mi permette di fare una di quelle osservazioni di fondo che determinano il rispetto e la vera comprensione della storia.

Riconoscendo alla direzione di Baremboim una qualità davvero rara  e raffinata mi soffermo sull’allestimento in chiave moderna : gira e rigira sul pavimento bagnato la trama ultranota . Ma perché ci piove sempre da quelle parti?
Perché il ballo in casa è tristissimo e volgare quando la musica del valzer è festosa ( ricordo l’immancabile applauso fiorentino all’apertura del sipario ) , applauso che si ripeteva ovviamente all’apertura del grande ballo dell’ultimo atto in casa del principe Gremin.

Fàmolo strano …ma l’opera ha una sua storia molto precisa nei contenuti , (non per niente il poema lirico da cui è tratta la aveva scritto Puskin !) e se vogliamo che il mondo oggi così estraneo al teatro d’opera si possa riavvicinare a questo magico mondo di storie e di suoni deve poter capire la trama nella sua essenza più esatta.

Per chiarire meglio , una volta ne vedi un’edizione , credo lituana, in cui Tatiana diventa addiritttura una scrittrice di successo , ma il risvolto narrativo di un Onegin stupito dal ritrovare una donna meravigliosa che lui aveva deriso ci stava tutto .

Rinnoviamo , riattualizziamo , ma serbiamo per favore il senso più profondo dalla storia e soprattutto della musica che la racconta. 

Frivolezze a Washington D.C.

In quella strana gara d’immagine che comunque è il giuramento di un Presidente degli Stati Uniti c’è una vincitrice assoluta : Michelle Obama nel suo completo rosso bordeaux, intelligentemente svolazzante sulle sue forme opulente e che grazie alla notevole altezza ha saputo valorizzare .
Per il resto tutto un coro di cappottinini pastello , superabbottonati nel vento freddo pungente di Washington e che impetosamente rivelavano il lato B non filiforme delle signore.

Coraggiosissima Kamala Harris in viola , dalle nostre parti , in Europa , guai chi se lo mette ,a teatro poi è aborrito. Evidentemente aldià dell’Atlantico non funzionano certe superstizioni.

Fuori quota le dive : anche se una è ricorsa a Schiapparelli non è che l’effetto total look a paracadute di Lady Gaga fosse esaltante , la cosa più carina era l’acconciatura tipo principessa Leila di Star Trek un po’ meno divertente la mega colomba d’oro che più che essere un segnale di pace ricordava un’aquila abbastanza rapace.

Troppo facile il total white di Jennifer Lopez , anche se era di Chanel poteva sembrare anche un ottimo Zara ben portato.

Poi mentre la cerimonia andava avanti le telecamere con stacco impietoso ci hanno fatto anche vedere la fuoruscita del cravattone svolazzante accompagnato dalla silente Barbie arrampicata su stiletti tacco 16 , ovviamente dotati di suole rosse Loubutin bene in vista.

La ex miss slovena , tanto stucchevolmente truccata , nonostante il tentativo in nero di sembrare sobria non ce l’ha fatta come al solito a essere davvero elegante e forse sta già pensando di  sistemare il figlio per poi eclissarsi in un silenzio che ovviamente dovrà essere dorato.

Tornado alla ventosa cerimonia colpivano anche certi strani individui malvestiti che si aggiravano tra le coppie importanti  , una miriade di bodyguard ( uomini e donne ) riconoscibilissimi per le mani incrociate sul corpo , la postura falsamente rilassata , l’aria banalmente innoqua ma col piede pronto allo scatto . Niente comunque a che vedere con il bodyguard mitico di Kevin Kostner , quelli belli così ci sono solo nei film.  

L’appello di Jonas

Quello che resterà indelebile del concerto di Jonas Kaufmann al Teatro Real di Madrid non è la meraviglia della scoperta di molti della sua grande arte di liederista  (qualcuno ha scritto che la leggerezza della voce sembrava avere creato una nuova sala nella sala) , né la sua capacità di stupire sottraendo fino al silenzio la sua voce inimitabile , lo sono state le parole pesanti che l’uomo sensibile , l’artista vero ha avuto il coraggio di dire con semplicità al mondo che lo guardava durante la conferenza stampa.

Ha usato parole pesanti come il piombo e ha parlato di morti e suicidi nella “famiglia”  ( sì, ha parlato proprio di famiglia) degli artisti in crisi in questo tragico momento per l’umanità tutta.

Ha avuto il coraggio di dire semplicemente che loro ,gli artisti, hanno bisogno di noi , del pubblico per vivere e il suo appello , certamente fatto non per sé ,ma per tutti coloro  ( la sua famiglia musicale) che soffrono oggi di una paura tangibile per il futuro dall’arte e della musica.

Un appello fortissimo e pieno di dignità , fatto con pacatezza e senza retorica , con la semplicità che lo contraddistingue e grazie alla sua grande intelligenza.

 Se pensiamo che questo appello ha preceduto il meraviglioso programma che ripercorre la scaletta di quel magico cd Selinge Stunde che ho quasi consumato a forza di ascoltarlo capisco bene che abbia incantato i madrileni e per fortuna , forse proprio perché a Milano non aveva avuto l’accortezza di chiederlo , ha ottenuto il silenzio fra un brano e l’altro.

Ricordo lo sguardo tollerante tra lui e Deutch quando i buoni milanesi interrompevano l’incanto , pazienza , pensavo , è l’entusiasmo che va perdonato .
Non penso che l’appello fosse per sé stesso , ovviamente noi tutti che lo amiamo non vediamo l’ora di rincorrerlo in ogni dove ci sarà concesso quando canterà di nuovo da qualche parte raggiungibile, sperando anche nel vaccino che dovrebbe arrivare per quel suo pubblico che, sorridendo con garbo, ha detto non essere fatto soprattutto di giovanissimi.

Ancora una volta Kaufmann è stato l’ambasciatore più qualificato per tutto il mondo che segue la lirica : penso che lo debbano ringraziare  tutti coloro che di musica lavorano e che adesso soffrono il silenzio dei teatri , lo streaming non ci basta e non basta  ai tanti lavoratori in crisi senza prospettive.

La cucina perduta

Al supermercato il banco della carne è diventato piccolo piccolo , per una buona metà è pieno di spiedini già pronti , di polpettoni già preparati , addirittura di fettine di carne già impanate .

Le giovani donne hanno fretta : la casa , il lavoro , bambini prendono troppo tempo , la cucina può attendere .

La stessa cosa al banco del pesce : tutto pronto , pulito , ridotto al minimo lo spazio per chi volesse affrontare un rischiosissimo menù più elaborato.

Per non dimenticare “ per par conditio” il settore gastonomia dove tutto è un trionfo di già pronto, comprese le verdure lessate.

Questo è il paese reale poi se apriamo la tv si vedono solo programmi di alta cucina ( o presunta tale). Il mondo è pieno di masterchef, più o meno stellati , più o meno probabili e giù a pioggia programmi sempre più seguiti , sempre più imitati , ce ne sono davvero in tutto il mondo di uguali : originali o no  , la storia è sempre la stessa.

Meno si cucina nelle case e più siamo  invasi da programmi di alta cucina e devo dire che in generale sono gli uomini quelli che alla fine in cucina si divertono ancora a giocare al grande chef.

Se da una parte si è inondati di pubblicità che raccontano addirittura di brodo già pronto (sic!)   per non parlare del “complicatissimo” minestrone anime candide e nostalgiche elevano odi alla frittata della mamma , ricordi lontani che profumano di vecchie cucine annerite e calde di odori perduti.

in questo contesto mi è arrivato da parte di una amica grafica molto brava un progetto interessante e invita coloro che ancora se le ricordano a raccontare le vecchie ricette , i vecchi ricordi culinari che sono anch’essi ricchezza di una memoria parduta di sapori.

Spero che il suo progetto abbia un seguito , lo seguirò con interesse.

Io sono toscana e non potrò parteciparte alla ricerca , però mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse a ricordare le memorie e i sapori d’antan :
per esempio chi si ricorda cos’erano i “Raveggioli freschi e belli” che un omino in bicicletta vendeva per strada nella Firenze della mia infanzia?  

Rivincita della comodità

La discesa dai tacchi a spillo ha significato innanzitutto per molte donne una resa all’età che avanza e l’arrendersi all’inevitabile cambio di prospettiva : da orpello sexi a necessaria riduzione di altezza . 

Aumentando gli anni le donne lentamente hanno abbassato i tacchi e con questo anche le loro probabilità di essere up to date .

Poi  forse senza che ce ne rendessimo conto la moda ha giocato un ruolo determinante fino ad arrivare alla bella immagine del vice presidente degli Stati Uniti immortalata sulla copertina di Vogue con le sneakers ai piedi.

Non che le donne avessero aspettato Kamala Harris per mettersi più comode, però forse lo facevano combattendo contro un senso di colpa e di sconfitta.

Certo che per l’uomo “ che non deve chiedere mai” la donna ha ancora lo stiletto fetisch , lo sguardo allusivo e l’abbigliamento che meno casual di così non si può.

Ricordo che ancora nel  secolo scorso  a New York le ragazze in scarpe da tennis ( una volta si diceva così ) arrivavano svelte negli uffici di Mahattan e li si innalzavano su prestigiose calzature aziendali.

C’erano i codici da rispettare ai quali per primo dette una risposta quel genio che corrisponde al nome di Giorgio Armani indicando  la strada alle donne in carriera e non : il tailleur pantalone ormai è la divisa tranquilla e sicura per ogni occasione , anche se la carriera è quella di  andare a insegnare a scuola o semplicemente quella di lavorare in ogni settore  sentendosi comunque sempre a posto in ogni occasione.

La parità di genere passa anche attraverso certe conquiste banali e l’andatura elastica di ogni donna di oggi nasce anche dal fatto di non dovere arrancare sui trampoli con delle calzature che avevano anche il non piccolo difetto di  mettere a rischio l’incolumità di tutte quelle che , schiave della moda , rischiavano fratture , alluce valgo e altre pericolose conseguenze dello stare ..all’altezza del mito di una bellezza fortunatamente tramontata.

Si rassegni l’altra metà del cielo , per correre più veloci le donne sono scese dai tacchi e non è detto che neanche tanto metaforicamente questo le porti anche molto più lontano.

La fine dell’Arcadia

Una notizia piccola e marginale in questo mondo attraversato da una bufera inimmaginabile appena due anni fa : chiude per sempre il negozio Arcadia ,un piccolo mitico riferimento per tutti i melomani che arrivavano a Vienna al teatro dell’Opera di Vienna.

Si trova nella fiancata laterale , sotto il porticato e vicino all’ingresso degli artisti , un semplice negozio di dischi come ce ne erano tanti una volta

in tutte le città , ma questo era abbastanza speciale :
ci trovavi davvero di tutto , prima dell’avvento delle vendite on-line , qui si trovava anche un cd. introvabile in Italia , il primo Strauss Lieder di Jonas Kaufmann uscito sotto una piccola etichetta: Harmonia mundi .

Lì le gentili signore ti servivano con un sorriso e nell’anno  del duecentesimo anniversario Verdi-Wagner la vetrina era tutta piena di libri e dischi verdiani, niente sfuggiva all’Arcadia di Vienna e l’ultimo disco che ci comprai fu in anteprima il Mein Wien di Kaufmann , ancora prima del suo primo concerto , proprio a Vienna , al Konzerthaus.-

C’era  sempre anche il Calendario dell’Opera e poi i cantanti ci andavano anche a firmare le copie dei dischi , insomma un indirizzo speciale.

Oggi su Fb. ho visto la foto di un commesso che stacca dal muro le foto autografate di tutti gli artisti che sono passati di lì, credo , anzi spero che le vendano all’asta .

Chiaro che ormai i negozi di dischi sono scomparsi quasi dappertutto , i dvd non si guardano neanche più tanto , ormai c’è tutto in rete , ma questo godimento diffuso leva comunque la gioia del possesso personale , si sa che si può trovare tutto  (o quasi) su YouTube .Infatti  un giovane al quale chiedevo come fare per trasferire i dvd in pen-drive mi ha guardato stupito : anche questo pare metodo superato anche se non ho ben capito in che modo.

Buttate via le cassette con i nastri registrati , da buttare tutte le videocassette (convertirle ..e come?) , inutilizzabile l’Ipod, servono a poco anche i vecchi tablet , la tecnologia rincorre se stessa e quindi non bisogna lamentarsi troppo per la chiusura di un negozio seppure legato a tanti ricordi .

Forse con noi  finirà per scomparire addirittura anche il teatro d’Opera .

Con molta serenità i virologi illustri ci spiegano che questi luoghi saranno veramente gli ultimi a riaprire dopo le ultime palestre , le ultime discoteche e gli ultimi cinema , nei quali però dubito che non ci andrà più nessuno , vista la dimensione degli schermi tv che si sono venduti a migliaia nei mega store di informatica in questi  ultimi mesi.

Dunque onore delle armi all’Arcadia di Vienna , avamposto del deserto dei tartari della nostra epoca alla fine.

Mille papaveri rossi

Tra tante notizie tristi ad un tratto ne leggo una rassicurante : forse torneranno i papaveri sui campi di grano , forse rivedremo i fiorellini azzurri nell’erba dei prati , forse la primaverà ci riporterà la romantica visione delle timide fioriture spontanee

Si , perché si è scoperto che le cosiddette piante infestanti , quelle contro le quali si sono accaniti i coltivatori preoccupati di salvare i prodotti dei campi sempre più ripuliti da tutto quello che impediva una coltura semplificata hanno una loro necessità e attraverso la loro eliminazione in realtà veniva sottratto  al ritmo naturale della crescita la difesa semplice che le piante infestanti garantivano nella loro diversità.

Così a cominciare da una oasi del WWF in Maremma si ricomincia a seminare tutto quello che ci siamo perduti di romantico nella visione dei nostri campi coltivati e no.

Il gesto classico del seminatore che ha ricominciato a gettare i semi di papavero e cicoria e di tutto un erbario romantico di cui avevo perso il ricordo.

Mi domandavo da tanto tempo perché la bellissima distesa rossa dei Coquelicots di Monet fosse solo un ricordo impressionista , adesso so che quella sparizione era frutto del lavoro scientifico dell’uomo che però attraverso questa eliminazione alterava il ritmo naturale che permetteva agli insetti buoni di sopravvivere nel delicato evolversi delle stagioni e delle coltivazioni.

La notizia , sicuramente non rilevante e non clamorosa mi ha però messo allegria .

Romanticamente la condivido sul mio piccolo diario per la gioia dei romantici come me che tutto sommato pensano che qualche piccolo stralcio di ritorno al passato possa significare invece un passo avanti della civiltà.

Un film apocalittico

Forse quest’anno 2020 non se ne vuole andare e i suoi terribili strascichi ce li portiamo dietro anche con l’anno nuovo.

Così è stato che il giorno dell’Epifania si è avuta la prova che la più importante democrazia del mondo , quella alla quale guardavamo ammirati nei nostri verdi anni , è talmente fragile che sono bastati dei facinorosi mascherati da Unni o Druidi o qualsiasi altra fantasiosa icona tipo Trono di spade bastasse a mandare a quel paese tutta una retorica dei diritti e delle libertà garantite da una Costituzione esemplare.

Non c’erano neri da mettere a terra , non c’erano poveri diavoli da soffocare col ginocchio e la polizia guardava allibita , magari facendo addirittura delle foto col telefonino quella marea montante di suprematisti che saliva armata di slogan e bandiere i sacri scalini di Capitol Hill quando si stava per ratificare la nomina del 46 ° presidente degli Stati Uniti democraticamente eletto.

Imbottiti come siamo tutti dall’idea dei superpoteri dell’FBI e della CIA ci sembrava impossibile assistere increduli a quelle scene che invece tutte le tv del mondo ci mettevano spietatamente davanti.

Eppure le immagini arringanti del folle di Mar-a-Lago avrebbero dovuto mettere in guardia dei rischi che il Congresso stava correndo .

Avevo cambiato canale quando  quella specie di Joker allargava le mani guantate di nero abbracciando metaforicamente i suoi seguaci e urlando loro le sue farneticanti bugie sull’avvenuto scippo della sua vittoria.

Grandissima responsabilità questa incitazione alla rivolta , non è accettabile che il mondo veda la povera nazione un tempo esempio di democrazia ridotta a   subire scene da repubblica delle banane.

Un dubbio mi viene : forse volevano davvero che si arrivasse a tanto , che ci scappassero anche dei morti perchè si misurasse tutta la follia di questo sconfitto dalla storia ?

Il pallido Biden è apparso in tv a cercare di raccomandare la calma e mi è sembrato decisamente modesto il suo appello equilibrato , il film non aveva una buona sceneggiatura , non era abbastanza emozionante .

A Hollywood sanno fare decisamente meglio.

Divagazione sull’Epifania

disegno della mia mamma

Era molto vecchia la Befana , sicuramente nella fascia pericolosa di età della maggior parte delle vittime del Covid , quindi non ci deve meravigliare la sua scomparsa  anche se a pensarci bene la sua fine era cominciata già molto tempo prima.

Non si può dire che l’abbia uccisa Babbo Natale  ma in qualche modo è stato involontariamente complice della sua dipartita .

Da molti anni i regali ai bambini li porta quel buffo vecchi vestito di rosso , inventato della Cola Cola , la festa grossa è quella dei regali sotto l’albero e alla povera vecchia restavano le calze preconfezionate nei supermercati e mancava tutta la ritualità che l’aveva accompagnata anche fino alla metà del secolo scorso.

In realtà anche il suo nome Befana veniva dalla deformazione di una parola greca “epifàneia” che vuol dire qualcosa come rivelazione o meglio riconoscimento che poi sarebbe stato l’incontro dei Re maghi venuti dall’Oriente per portare doni al Bambinello nato in una grotta.

Il mito si perde addirittura nella lontananza pagana : è l’anno vecchio che se ne va e segna il lento rifiorire della terra dal letargo invernale .

Per me però la Befana era quella vecchia brutta e buonissima che volava di notte sui tetti e si fermava nelle case a portare i regali ,  a lei scrivevamo i nostri desideri e appendevamo le calze al caminetto per ritrovarle poi al mattino piene di soldi d’oro di cioccolata e anche un po’ di carbone perché qualche volta eravamo state cattive , anche se il carbone era di zucchero e lo si poteva mangiare come le caramelle .

Sul tavolo , a completare la messiscena la sera lasciavamo un piatto con due mandarini  che la mattina erano scomparsi lasciandoci però le bucce a dimostrazione che la Befana aveva gradito il pensiero e se li era mangiati.

Poco ne sapevamo delle radici cristiane del mito , anche i nomi dei Magi erano soltanto nei Vangeli apocrifi. Gaspare , Mechiorre e Baldassarre , di cui uno nero in ginocchio e gli altri due in piedi con i loro bravi dono in vista : oro , incenso e quella cosa per noi misteriosa che si chiamava mirra.

Nel presepio stavano in fondo , poi la mattina dell’Epifania si mettevano davanti alla capanna spostando pastori e  angioletti , così finiva la sacra rappresentazione e siccome “ l’Epifania tutte le feste si porta via “ si potevano reincartare le statuine e rimetterle nelle scatole in attesa dell’anno che sarebbe venuto poi .

La mia mamma aveva scritto sulla scatola S.D.V .che significava “ se Dio vuole” , che a pensarci bene possiamo anche tradurre con Inshallah ! Un unico accenno ai sapienti lo si trova nel Vangelo di Matteo : avvisati da un angelo se ne tornarono per un’altra strada alle loro case.

e questa è una mia poesia : avvisati da un angelo i re magi

                                             da un’altra via tornarono alle case….

                                             Stella da traguardare 

                                             per nuove Epifanie

                                             cercando di cambiare 

                                             vecchie per nuove vie.