AIDA in tv

La visione in streaming dell’Aida di Vienna non ha deluso le aspettative , anzi ha confermato alcune cose fondamentali che vale la pena sottolineare.

Primo che Jonas Kaufmann è un grande professionista nonché uno dei rari casi di tenore intelligente che riesce a dare spessore anche ad un personaggio come Radames che di spessore proprio non ne ha , vale la pena vedere i suoi minimi gesti , sicuramente non in partitura, nei quali cerca di “umanizzare” il guerriero  ( la stretta di mano nascosta con Aida , l’aggiunta di un mino- audio di rabbia nei confronti di Amneris.

Inoltre ha una sua aura carismatica , dono raro e prezioso , quando è in scena si mangia tutti gli altri.

Da il meglio nei momenti intimi anche se purtroppo la sua voce si perde nei momenti di massa , la sua eccezionalità non è sicuramente nell’ampiezza di voce nel qual caso si appoggia alla sua tecnica perfetta.

Secondo che Anna Netrebko ha una voce mirabile ma la sua recitazione ricorda quella   John Wayne  ( col cappello e senza cappello) e la sua spavalda bravura ad allungare gli acuti non è che giovi all’interpretazione. Oltre tutto talvolta scivola anche sull’intonazione .

Terzo che Alina Garança è una mirabile Amneris , grande sempre e sempre in parte , una prova da manuale che conferma , se ce ne fosse bisogno , il suo perfetto stato di grazia attuale.

Bella e seducente , una tigre disperata , avendola vista dal vivo rivederla nella controscena in cui ascolta disperata l’accusa dei sacerdoti attaccata alle griglie illuminate del palcoscenico , la sua interpretazione è da brividi. Il suo vagare in scena , il suo correre vagando per tutto il palcoscenico trasmette anche a noi spettatori tutta l’angoscia del  personaggio .. e poi che voce!

Quarto che Luca Salsi è una sicurezza , un professionista perfetto , la conferma che i baritoni italiani non sono secondi a nessuno , grande è la tradizione che confermano in tutto il mondo.

Ora però mi tocca anche parlare della messinscena che tutto sommato regge meglio in streaming. Tutto quel luccichio , tutta quella latta dorata ci riportano indietro ma funzionano meglio che dal vivo e anche le danze sembrano avere un loro perché.

Ma la perla vera , quella che mi ha riportato al classico una Notte all’opera dei fratelli Marx è lo splendido particolare del suonatore di buccina con occhiali e spartitino davanti.

Un frame da Oscar! Non sono l’unica ad averlo notato e forse nella fretta di mandare in tv lo spettacolo non hanno ripassato bene i pezzi da montare, infatti c’è solo una prima volta , poi scompare nell’onta imperitura del prestigioso teatro.

Per chiudere cito ancora una volta Kaufmann che nella conversazione con Barbara Rett ricorda che spesso i teatri si accontentano di un nome prestigioso e per il resto non guardano tanto per il sottile. 

Qui i nomi prestigiosi erano abbondanti , su qualche particolare si poteva pure risparmiare , mica tutti sono delle linci come me!

Niente di nuovo sul fronte occidentale

All’Ovest niente di nuovo era un libro che stava nella libreria di casa, un libro molto popolare che mio padre amava , ma era un libro di guerra e a me i libri di guerra non piacevano , non mi interessavano e mi facevano un po’ paura .

Scritto da Erich Maria Remarque , titolo originale  “Im Western nichts Neues” il grande libro pacifista fu un  grande successo editoriale  che finì letteralmente al rogo con l’avvento di Hitler.

Fu anche un film americano di Milestone e neanche quello andai a vedere , seguitavo a non amare oltre ai  libri anche i film di guerra , anche se parlavano di una guerra per me lontana : la Grande guerra del 14/18.

Ieri mi sono fatta coraggio , avevo letto che il film tedesco , un nuovo remake del famoso libro ( 9 candidature agli Oscar , 1 al Golden Globe ,14 candidature Bafta ed è già stato premiato agli European film Award) era visibile su una nota piattaforma e ho cominciato a guardarlo ripromettendomi di chiudere la tv se proprio non ce l’avrei fatta a guardarlo.

Durante la proiezione ogni tanto mi dicevo : basta! Ora spengo.

Talmente  e duro crudele nel suo svolgimento quasi documentaristico da desiderare spesso di chiudere gli occhi.

Ma l’ho visto fino all’ultima inquadratura col cuore stretto e la speranza che invece questo film tedesco duro e difficile venga visto da tutti coloro i quali pensano che  la guerra sia una cosa lontana da cui guardarsi senza pensare da dove nascono i conflitti , come si sviluppano e che cosa significano per l’umanità.

La Grande Guerra , anche se sappiamo che ce ne fu una anche più grande dopo appena vent’anni ,provocò quattro milioni di morti , un’intera generazione in Europa fu falcidiata.

Il libro abbastanza infedele al romanzo aggiunge alla storia personale del soldato Baumer il risvolto , diciamo così , storico ,che riguardò la follia dei generale e degli Stati maggiori e ci rende anche più chiaro i tanti perché che provocarono la guerra e accenna con grande amarezza anche a ciò che sarebbe successo poi a coloro da quell’inferno sarebbero tornati dal fronte.

Una didascalia finale ci avverte che grande parte di quella carneficina si svolse tra le terre di confine tra la Francia e la Germania , praticamente tra persone che avevano avuto frequentazione di popoli  fraternamente vicini , pochi chilometri contesi e raccontati in un contesto di orrore in cui di rosso c’è solo il sangue che colora il fango grigio delle battaglie.

In questi giorni , nei quali una guerra a noi così tanto vicina si svolge con modalità ancora novecentesche nel cuore della vecchia Europa ,credo sia molto utile la visione di questo film che raccomando ai miei lettori , anche se chiedo a molti la forza e il coraggio di vederlo fino alla fine.

Di museo in museo

Ho la fortuna di avere amici più giovani che amano andare per Musei . 

per qualche anno li ho lasciati andare via, tanto , dicevo , ormai ho visto tutto  !

Ma esiste anche la gioia di rivedere  , ripercorrere sale viste tanto tempo prima , riscoprire con occhi diversi quel piccolo Holbein , magari ignorato quella lontana prima volta.

Ce l’ho fatta e in buona compagnia ho rivisto un  giorno alll’Albertina la collezione permanente Bartliner con  una mostra Da Monet a Picasso.

Mi sono fotografata quasi tutto e poi , per non dimenticare ,mi sono anche fatta un elenchino di quello che mi ha colpito di più, direi una Salome di Picabia e un paio di Chagall , da mettere in  salotto , come giudicava i quadri un vecchio amico mio polacco.

Il giorno dopo una quasi total immersion alla KunstHistorisches .

Credevo di esserci stata da pochi anni e poi di sala in sala , riflettendo ho capito che certe tele le avevo viste più o meno cinquant’anni fa e devo dire che l’occhio in qualche modo si fa contemporaneamente più lento  ma  capace di entrare in particolari affascinanti forse o anche di più dell’intera tela.

Ho riso davanti ad un famoso quadro fiammingo che racconta la lussuria  o meglio il decadimento di una vita promiscua in cui tutto si mescola  e tutto diventa semplice e familiare.

Poi il giochino di riconoscere gli autori senza andare a leggere la spiegazione , facilissimo con la grande pittura italiana e anche se non si vince niente diverte la soddisfazione di avere azzeccato il nome dell’autore .

In fondo è un po’ lo stesso quando alla radio si aspetta la fine di un concerto per sapere se si è capito di chi era la musica.

Ammetto però di essere andata decisamente in overdose , anche se uscendo nel freddo ho detto ai cari amici : la prossima volta alla Leopoldina , mi raccomando.

Al Musikverein

Forse perché era lunedì sera , forse perché faceva molto freddo Sicuramente mentre mi avviavo lentamente verso la prestigiosa sala di musica pensavo che non ci sarebbe stata tanta gente.

L’edificio illuminato , già una piccola discreta folla in attesa e mancava un’ora allo spettacolo , ho cominciato a pensare che mi ero sbagliata circa la partecipazione del pubblico.

In realtà venire ad ascoltare un evento così straordinario come il concerto di Danil  Trifonov era di enorme richiamo in una città musicalmente raffinata e abituata a tutto come è Vienna.

Basta dire che quasi di fronte c’era Pappano che dirigeva l’Orchestra di Santa Cecilia e che in  giro c’erano balletti e opere per ogni tipo di gradimento.

Per me comunque entrare in quella magica sala dorata di stucchi è già una gioia e appena il velocissimo e trasognato pianista  vestito come un travet appena uscito dal lavoro ha posato le mani sulla tastiera ho capito di essere dentro una sorta di magia.

Un raffinatissimo programma che cominciava con  un Kinderalbum di 24 pezzi di Tschiaikowskij. Una musica trasognata , incantevole.

Poi una Fantasia di Schumann , tutta un’altra potenza di suono , tre tempi e fortunatamente il mio pessimo tedesco è abbastanza sufficiente per capire la descrizione dei tempi.

Boato finale , in sala tanti , tantissimi giovani , un abbraccio caloroso al pianista che è  sgattaiolato via trasognato.

Seconda parte che comincia con un Mozart che non  mi pare neanche Mozart : fantasia C-moll , nessun birignao mozartiano , mi riprometto di cercare il pezzo che magari suonato diversamente non è così prezioso.

Senza darci il tempo di battere le mani  e molti anche i piedi, ha attaccato Ravel : tre poemi per piano tratti da Gaspard de la nuit , strepitosi.

Ultimo pezzo , una Sonata di Skrjabin con boato finale del pubblico in delirio-

Poi lui ci ha fatto anche un bellissimo bis , ahimè non ne so il titolo , una ossessiva musica  delicatissima , forse una Wiegenlied , impalpabile ed eterea dopo tanta violenza e vigore sulla tastiera.

Ho capito di avere assistito ad un concerto epocale  o , come ha scritto una persona presente , trascendentale in quella magica sala che ha raccolto ,credo, tutta la più grande musica dei due ultimi secoli.

Tutto sommato..

Quello che conta è che ho fatto un bellissimo piccolo viaggio.

Sono tornata ( mancavo dal 2019 ) a Vienna , ho viaggiato con amici , ho rincontrato amici, ho visto mostre e musei . 
Ho ascoltato musica meravigliosa.

Ero partita con tante paure : il freddo soprattutto  ( mi ero dotata anche di ben due colbacchi residui della mia vita in montagna) ,ho dovuto recuperare la facilità che avevo un tempo nella preparazione del bagaglio e soprattutto ho sconfitto l’idea di non esser più all’altezza di cavarmela come una volta.

E invece provo solo la nostalgia perché è durato troppo poco.

Mi sembra un sogno ripensare che ieri sera camminavo sul bel tappeto rosso della sala dell’opera di Vienna , che mi sono persa nelle belle sale del grande museo di arte antica , che mi sono aggirata in quei caffè tipici viennesi , caldi e affollati , dai mitici nomi di Cafè Mozart e  Cafè dell’Opera .

Adesso ripercorrerò pezzo a pezzo questo mini-viaggio , intanto per prima cosa  mi riprometto di non chiudere il trolley nell’armadio : come diceva quel titolo : La vita è altrove .

Capitolo primo : la musica

Dovrei cominciare col piagnisteo della defezione di Kaufmann , ma non me la sento proprio .In definitiva un po’ me l’aspettavo .

Troppo persistenti le velate critiche alla non perfetta forma del grande tenore , troppe le esperienze  ( anche viennesi ) di illustri “sòle” per non prendermela abbastanza allegramente.

L’Aida vecchiotta e quasi inguardabile , specialmente nei primi due atti si è comunque riscattata al mio orecchio quando la grande musica verdiana del terzo e quarto atto ha preso il sopravvento sulla forma spettacolo.

Eppoi le due divine c’erano ancora e c’era un Luca Salsi in formissima .

La grande attesa da parte mia era di vedere la Garança nel debutto in Amneris e devo dire che l’attesa non è stata delusa .

Mai visto interpretare (ah! la famosa parola scenica) ha preso il sopravvento : bellissima , sempre in parte , mai un attimo di uscita dal ruolo .

Una donna innamorata , delusa , combattiva e infine dolorosamente vinta ha meritato la oceanica ovazione alla fine della sua drammaticissima controscena sul “Radames discolpati!”.

Perfetta e preziosa la voce della Netrebko , un’Aida addirittura quasi bionda, attaccata a il proscenio ,quasi una reincarnazione di Francesca Bertini , canta divinamente , ma non ci crede nessuno alla sua disperazione.

Che dire del Radames -cover: conoscevamo già i suoi limiti di tremulo ,la vociona ce l’ha , il fisico medio non è offensivo ai miei occhi ,dciamo che  se l’è cavata . Il resto è silenzio , Certo che sulla Fatal pietra ci potevano essere ben altri brividi , ma ci consoleremo con il video che generosamente il grande malato ci ha concesso di apprezzare in streaming.

Ma devo dire che a cominciare dall’amico Luca Salsi tutto il cast era all’altezza del grande evento che sicuramente non ha deluso le attese di chi ha considerato questa prima stagionale un evento abbastanza storico per il grande teatro di stato.

Ho anche assistito , grazie alla prenotazione procuratami dalla carissima amica viennese , ad un incontro di presentazione del libro Voices del duo Cerletti/Vogt.

Oltre la immutabile e professionalissima Barbara Rett c’erano anche i simpaticissimi protagonisti di Bohème : Sorensen e Bernheim.

Che lei fosse simpatica , disinvolta e allegra lo sapevo già , che lui sia molto più carino dal vivo e molto elegante l’ho scoperto ora.

Una botta di mondanità in più.

Di Daniel Trifonov parlerò a parte.

La giornata della memoria

Non sono ebrea e non sono una sopravvissuta ai Lager ma raccolgo volentieri l’invito di Edith Bruck , una scrittrice ungherese  sopravvissuta all’Olocausto ormai da tanti anni italiana ,che ha passato più di sessanta anni della sua vita girando per le scuola a raccontare la Shoa ai ragazzi.

L’invito di Edith Bruck è quello di continuare a testimoniare con forza la verità di quello che è davvero avvenuto e che piano piano nella memoria collettiva rischia di diventare come un vecchio film in bianco e nero , magari da premiare in un festival e poi da accantonare come una triste favola nera neanche davvero avvenuta.

Ero una ragazzina quando a Firenze mio padre mi portò a vedere in un cinema appena riaperto dopo la liberazione da parte delle forze alleate un terribile documentario girato dai registi americani che si fecero giornalisti e testimoni di quello che videro arrivando nei campi di sterminio disseminati in tutta l’Europa .

Avevo vent’anni quando mio cognato ebreo mi mise in mano un libro  sconvolgente : Lo sterminio degli ebrei del Poniakowski e credo quindi di avere il dovere, da persona ormai tanto avanti negli anni di testimoniare con consapevolezza quello che fu l’estremo orrore che attraversò l’Europa quando ero una bambina cristiana che viveva a Firenze  e che niente vide personalmente ma che ebbe la possibilità di documentarsi sia vedendo i terribili documentari che leggendo i libri giusti nell’età della ragione.

Ho anche il dovere di scandalizzarmi e di indignarmi quando un magistrato assolve “ perché il fatto non costituisce reato” una donna che  si è fatta fotografare a Predappio durante una oscena marcia in ricordo di Mussolini indossando una Tshrt nera con la scritta Auschwitzland come se fosse una cosa spiritosa.

E’ una china pericolosa quella di ostentare simili orribili memorie come fossero battute di spirito , equivale a mascherarsi da SA durante una ricevimento di addio al celibato.

Finchè avrò un briciolo di forza sarà mio dovere raccontare quello che ho saputo , testimoniare quello che ho visto e raccontare ai giovani quello che ho letto. Non solo il 25  gennaio , ma tutti i giorni in cui incontrando dei giovani, mi sarà concesso di parlare in memoria di tutti coloro che ormai non ci sono più.

C’è Aida e Aida

 

Ovviamente l’Aida a Vienna non sarà mai così affascinante come l’Aida all’Arena di Verona.

Questo lo sanno anche le star radunate per l”evento” clamoroso e se qualche critico pignolo lo fa notare ciò non toglie un grammo al grande evento superstar.

Ma Vienna ha dalla sua il fascino della città piena di fascino , a Vienna si respira musica in ogni strada, Vienna è quella magica atmosfera che ha incantato nel tempo tutti coloro che ci sono arrivati per qualunque motivo, quindi messi in preventivo tutti i difetti che questa messinscena può avere si parte lo stesso con la speranza , questa si, che a qualcuno dei big in scena non arrivi il raffreddore , peraltro prevedibile visto che a gennaio da quelle parti nevica.

C’è anche da dire che le opere più interessanti in città non le si vedono allo Stadtsoper , piuttosto all’An der Wien ,o anche in altri teatri minori, nel grande teatro ho ricordi di  modeste edizioni di tanti capolavori , ma so anche che la grande macchina cambia il cartellone ogni sera e con disinvoltura ricicla gli allestimenti che cadono a pezzi con grande stile.

Se poi si aggiunge la gioia di ritrovare  una cara amica viennese , se si ha una sera in più per godere di musica anche al Musikverein , avvenga qualunque cosa , la felicità è sempre a portata di mano.

Forse il Radames migliore lo potei sentire in una caldissima estate in Piazza Plebiscito a Napoli , forse la migliore Netrebko la ascoltai in una brutta edizione di Onegin , sicuramente mi farà venire la pelle d’oca la Garança al debutto nel ruolo più appssionato, forse Luca Salsi ha altre frecce al suo arco che non in Amonasro.

Va tutto bene , si parta con gioia e speranza: Wien , Wien arriviamo!

Un baritono ladino

Un Così fan tutte in abiti moderni , ormai lo mettono in scena tutto  così, sono tutti giovani e belli i protagonisti , sanno recitare bene e ad un tratto mi colpisce la voce incredibilmente morbida e sensuale del baritono che interpreta Guglielmo.

Un ragazzone alto e atletico con una faccia abbastanza normale e seguito ad ascoltarlo con molto interesse fino a cercare il suo nome su un noto sito operistico.

Si chiama Andrè Schuen ed è ..italiano o meglio altoatesino o sudtirolese che dir si voglia , formazione dichiaratamente germanica anche se nelle note che accompagnano le sue foto c’è scritto che parla tre lingue : il tedesco , l’italiano e …il ladino.

La sua voce bellissima e morbida , il suo fantastico legato lo proiettano inevitabilmente nel repertorio liederistico.

Infatti è la Deutch Grammophon che lo mette sotto contratto ed escono le preziose raccolte di Schubert : Die schöne Mullerin e Schvanengesang , se ne possono ascoltare alcuni estratti su YouTube.

Quando ne condivido uno mi accorgo di avere avuto successo , sono molte le persone con orecchio educato ad accorgersi di questo giovane cantante .

Ovviamente , dato il repertorio , è già molto apprezzato in Austria e per ora molto meno da questa parte delle Alpi dove , forse anche per la difficoltà di capire i testi la liederistica è meno frequentata.

Ho trovato però un cd di romanze in italiano e spero che questo gli apra la strada a maggiori incontri musicali nei nostri teatri.

Per quanto mi riguarda lo sto davvero tenendo d’occhio , un tale velluto nella voce è davvero da non sottovalutare.

…..continua

La sostituzione della tovaglia con le salviettine o col runner è un altro segno della mutazione dei tempi.

Guardo mio malgrado tanta pubblicità in tv che interrompe quasi ogni cosa io voglia guardare e in un primo momento non avevo fatto caso alla scomparsa della tovaglia , ho pensato solo che fosse un caso .
Poi incuriosita ho proseguito la mia osservazione : in effetti sulle tavole dei giovani la tovaglia non c’è più, troppo fatica stirare , troppo tempo sprecato in un tempo in cui si corre tra mille cose da fare e poi , diciamolo francamente ,sono scomparse anche le domestiche d’antan.

Insieme alla tovaglia sono scomparsi anche i tappeti , le tende e tutto quello che “fa polvere “ , come semplicemente mi spiegava una giovane : certe cose che piacevano a voi non ce le possiamo permettere più.

In compenso sono comparse nei supermercati le “ monodosi” di ogni cibo, triste segnale che riguarda sia i giovani single che i vecchi soli e se i primi sono allegramente al passo con i tempi ,i secondi fanno tenerezza, il carrello del vecchio solitario  contiene sempre il latte , il pane e le scatolette per il gatto, tenero segnale di vita oltre che drammatico segno di impoverimento sempre più pesante.

Ultima notazione ( per non sembrare anch’io preistorica) . Quando compro , sempre più raramente qualche capo di abbigliamento la prima cosa che controllo vedere di che cosa è fatto perché non ho più voglia di attaccare il ferro per perdere tempo a stirare!

La vita delle case

Ci fu un tempo in cui le case duravano più degli umani , si viveva nella casa avita , ci si abituava agli spifferi consueti , al cigolio delle vecchie porte , agli odori antichi delle cucine .

Ora non è più così: la mia casa costruita verso la seconda metà del secolo scorso è irrimediabilmente vecchia , pare che proprio non gli funzioni più niente .

E’ costruita con dei mattoni forati e avrebbe bisogno di rifarsi “il cappotto” come spiegano i tecnici del risparmio energetico. Ha radiatori enormi che scaldano poco e i tubi che portano l’acqua dalla caldaia sono di ferro mentre adesso servono quelli di rame.

Non parliamo della caldaia , ovviamente non è abbastanza moderna e la casa manca totalmente di pannelli solari sul tetto che non è abbastanza inclinato per accoglierli.

Insomma uno schifo totale con infissi che perlomeno loro sarebbero all’altezza ma furono fatti snobisticamente di legno che trovavo molto più eleganti mentre quelli attuali sono in materiali molti meno belli ma molto più efficaci sul piano della durata.

Le case di oggi sono tutte molto più piccole e di conseguenza anche i mobili che furono importanti ai tempi dei nonni sono diventati troppo  ingombranti : sono spariti i vecchi armadi sostituiti da cabine, le credenze non servono più, tanto di stoviglie ne servono meno anche perché non si fanno più gli inviti importanti , via le vetrinette con gli argenti in mostra ; chi ormai più ha tempo e voglia di lucidare l’argenteria?

In compenso i bagni attuali sono diventati più grandi , edonisticamente parlando le nuove generazioni ci passano decisamente più tempo dei loro nonni.

Però qualche giorno fa una gentile giovane signora che verrà a vivere in quella che fu un tempo la villa vicino alla mia e che per un motivo pratico è entrata nella mia casa ha esclamato : che bella la sua casa signora , si vede che ha un’anima!

Mai complimento fu altrettanto miele per le mie orecchie, forse l’amore che ha nutrito le vite di chi è passato da questa casa è rimasto attaccato ai muri oggi inadeguati ma che raccolgono ,spero ,le memorie di chi ci  è vissuto nel tempo.

La prossima volta parlerò della scomparsa della tovaglia , un altro motivo di mutazione antropologica.

Dal film al libro ritrovato

In quell’emporio sconfinato che è l’offerta streaming della tv ho trovato un titolo che mi ha riportato lontano : Ask the dusk mi è subito apparso un ricordo vivissimo :molti anni fa avevo letto tradotto lo splendido libro di John Fante e ,a catena , quando scopro un autore leggo tutto : Aspetta primavera Bandini e poi anche A ovest di Roma sono i libri che trovai in quei lontani  anni novanta .

Il film non è male , interpretato da due giovanissimi Colin Farell e Selma Hayek, bravissimi entrambi, la storia cinematografica non ha la poesia struggente del libro ,ma riporta abbastanza fedelmente l’atmosfera di un’America degli anni trenta.

Ovviamente non ha lo straordinario fascino di Chiedi alla polvere  (questo il titolo del libro tradotto in italiano ), ma è servito per ricordarmi un autore che guarda caso , proprio in quest’anno si celebrano i cinquanta anni dalla morte.

Ovviamente la sua America razzista nei confronti dei messicani e degli italiani sembra essere anni luce lontana dalla realtà odierna , anche se ben altri e pesanti retaggi di razzismo sopravvivono in quell’America che non finisce mai di rivelarsi anche attraverso scrittori che a suo tempo furono quasi ignorati.
Leggo che fu Bokowsky a riscoprire Fante trovando una copia sgualcita del suo capolavoro in  un remainder, ma Fante nel frattempo era già morto , cieco e con le gambe amputate per una forte forma di diabete.

Ho ritrovato in libreria i l miei libri ormai ingialliti , questa volta la tv mi ha fatto un regalo , mi ha riaperto un cassetto di preziosa memoria che condivido con quanti vorranno ricercare un autore americano forse oggi ingiustamente accantonato.

Nostos

Mi è arrivato su regalo su YouTube , un piccolo video amatoriale , belle foto e deliziosa ballata che celebra le bellezze di un piccolissimo paese che ho molto amato e nel quale ho passato le mie vacanze di bambina : Gavinana.

Un piccolo agglomerato nascosto nel bosco di castagni , nel mezzo un campanile che svetta sulle vecchie case di pietra , i gerani sui balconi , la pace dell’Appennino .

Gavinana è stata anche teatro di una pagina di storia importante e il monumento a Francesco Ferrucci a cavallo svetta nella piccolissima piazza dove pomposamente si apre anche un piccolo Museo che racconta la famosa battaglia del 1530 quando Firenze inviò il suo capitano del popolo a difendere la città assediata.

La famosa frase , forse vera o verosimile che il Ferrucci disse al  gentiluomo napoletano Maramaldo che gli dette il colpo di grazia quando lo sfortunato comandante si era rifugiato in una capanna : Vile , tu uccidi un uomo morto! ha provocato addirittura un verbo molto negativo “ maramaldeggiare” , come dire agire in maniera vigliacca.

Il video mi ha suscitato una tenerezza infinita e ho deciso che sia venuta l’ora che io ritorni la, dove ho passato i miei verdissimi anni, c’è all’uopo una divertente ferrovia che parte da Bologna e attraversa tutta la valle del Reno , più propriamente detta “ Valle del frreddo” che arriva fino a Pracchia e da lì si può salire anche all’Orsigna , rifugio ultimo di un prezioso intellettuale che in quell’eremo tra i boschi volle finire i suoi giorni.

All’Orsigna riposa Tiziano Terzani , quindi si capisce che motivi per prendere quel trenino ne ho molti.

Deve passare questa stagione invernale , deve ritornare il tempo più caldo e se sarò ancora in grado di viaggiare Gavinana sarà la meta di un viaggio nella memoria che quel breve video mi ha sollecitato a fare.

Per chi fosse curioso aggiungo il link del video.

http://youtube.com/watch?v=AmK-t48sVAfeature=share