Kaufmann forever

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Approfitto di questo quasi mese di vacanza di Kaufmann per tirare un respiro di sollievo e levarmi dal ripescaggio sistematico di tutte le vecchie interviste , i vecchi brandelli di opere ( del quale reverente catalogo neppure io sono stata esente) per parlare un po’ seriamente della fenomenologia di un “Divo”.

 

Non appartengo alla piccola schiera di fortunate che “lo scoprirono” fanciullo, quelle di cui la santa protrettrice è Marion Tung che sono state molto fortunate davvero di avere potutto godere tutta la straordinaria evoluzione della grande voce del secolo.

 

Ho un modesto decennio di partecipazione alla vicenda artistica del grande tenore e mi considero già una fidelizzata appagata.

Per questo mi permetto di fare alcune osservazioni circa il delirio recente di alcuni/e seguaci che lo hanno scoperto da poco e che , se da una parte ci annegano di Retrouvailles, dall’altro vanno in estasi anche per esibizioni più tranquillamente definibili di routine, anche se  non sempre di altissima qualità.

 

Pur nello sterminato repertorio del beneamato tenore ci sono dei ruoli cult  dai quali è ben difficile che si sottragga, visto anche le importanti pressioni che i teatri tutti ( e in particolare quelli della sua amata patria ) fanno per ottenerne anche una sola singola rappresentazione.

In questi casi preferisco serbare le memorie prodigiose dei suoi personaggi d’antan : il suo primo Cavaradossi , il suo primo don Josè restano dei capisaldi d’interpretazione dai quali mi è difficile uscire per andare magari a sentirlo ancora una volta in allestimenti così così e con partner non all’altezza.

 

Dove invece Kaufmann da ancora ( e probabilmente darà ancora per molto tempo) è nel suo sterminato e ineguagliabile repertorio liederistico.

In questi casi ho fatto e farò carte false per potere ancora risentire la sua incredibile voce cantare Mahler , Strauss, Wolf , Wagner …..e Britten e Listz…

 

Ovviamente sperando ancora nella sua sete di novità a cominciare da quella Die Toten Stadt per la quale già si vocifera la difficoltà di guadagnarsi uno strapuntino.

 

 

 

Ripensando la Resistenza

Unknown

 

Ieri si è celebrata in Italia una festa laica molto importante : il 25 aprile del 1945 l’Italia partigiana insorse definitivamente contro la tirannia nazi-fascista e quella data  era diventata sempre un po’ meno importante nel cuore della gente , in alcuni casi si era ridotta ad uno sparuto corteo , qualche bandiera e la banda che suonava Bella ciao.

Quest’anno invece , forse grazie anche alla brutta piega che hanno preso i sovranismi risorgenti , accompagnati da rigurgiti di una destra becera e in alcuni casi anche violenta, la festa ha ritrovato nei cortei tanti più partecipanti e la sua vera ragione d’essere.

E’ anche vero che quei diciottennni che salirono in montagna nei lontani anni quaranta del secolo scorso sono in grandissima parte scomparsi e con loro la memoria diretta .

Restano però i figli di quei ragazzi e , se la scuola fosse meno matrigna, ci potrebbero essere anche i nipoti a ricordare che furono i loro nonni a difendere , in alcuni casi anche a costo della vita , il bene più prezioso che sia dato agli uomini : la libertà.

 

Tutto questo pensavo mentre la televisione mostrava le piazze di nuovo piene e riflettevo sul fatto che a volte un atteggiamento che voleva essere provocatoriamente dissacratore ne susciti un altro contrario che ridona vigore  al ricordo un po’ impallidito della memoria.

 

Intorno a questa giornata si sono rivisti tanti film , alcuni addirittura capolavori , che nacquero nello spirito della Resistenza e nei quali anche solo il sentire parlare tedesco provocava un lieve malessere, c’è addirittura un film Achtung Banditen! che già nel titolo ricorda la durezza dell’oppressione tedesca.

Strananente il mio cervello non riusciva a collegare quel parlare duro alla meraviglia che suscita in me la bellezza poetica di un Lieder , il fascino della lingua che ho addirittura cominciato a studiare per amore musicale.

Certo , in quei film si vedevano anche gli italiani in camicia nera , ma col tipico atteggiameno italico del “volemose bene” i nostri registi , salvo luminose eccezioni , hanno meno calcato la mano sulle atrocità italiane , sui tradimenti , le spiate , la connivenza degli italiani nel periodo buio della nostra storia.

Sicuramente il popolo tedesco ha dovuto camminare molto attraverso la lunga attraversata che li ha portati a leggere con molta lucidità la loro immensa colpa .

A casa nostra non c’è stato lo stesso coraggioso guardarsi dentro , ci siamo molto assolti e perdonati e forse per questo oggi un cittadino tedesco è molto più lucidamente consapevole della propria colpa di quanto lo siamo noi italiani.

 

Dobbiamo ad un pugno di uomini illumitati , alcuni ridotti al confino politico a Ventotene , la realizzazione del sogno che insieme ai padri fondatori degli altri paesi europei oggi possiamo guardare a quel passato di orrori con la consapevolezza di essere tutti cittadini di una sola grande patria : l’Europa .

Questo si spiega poco ai Millenians , con orrore ho visto le interviste ai giovani al bar in una assolata piazza italiana: le assurde risposte tipo: mi trova impreparato! alla domanda su cosa sia stata la guerra di Liberazione fa venire i capelli ritti sulla testa.

Sarò monotona , ma è attraverso la conoscenza , lo studio della Storia che si salveranno i cittadini europei di domani: ai bambini , agli  adolescenti è doveroso insegnare a ricordare .

Fra le mie piccole debolezze c’è anche quella di avere sul mio pc. la web-cam di Marienplatz a Monaco.

Ieri guardavo la piazza piena di ragazzi , ovviamente da loro non era festa e mi è venuto da ridere pensando che non era festa perché noi stavamo festeggiando la nostra liberazione da loro!

 

Ma non da loro , cittadini europei come noi ,da quei “loro” che furono i nazisti e che furono colpevoli come i loro complici fascisti .

Fra un mese si vota per le europee, difendiamo la nostra comune conquista onorando la memoria di chi ci volle uniti e solidali .

L’Inno alla Gioia di Schiller , la musica di Beethoven siano il sottofondo di tutto il prossimo mese , per tutti noi.

 

 

 

 

Una bambolina vecchia

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Pranzo pre pasquale ,i piccoli giocano e il nipotino va a scovare una vecchia cesta di bambole antiche , giocano allegri ,ma una vecchia bambolina è veramente antica , col visino di bisquit e ad un tratto : tragedia .

Col visino spaurito il piccolo porta alla nonna una fu-bambolina : viso sfragellato, un occhio qua , uno là con un effetto horror di cui il nipotino sensibile è consapevole e spaventato .

Nonna falsa ottimista prende i pezzi ridotti ad una poltiglia e promette che sicuramente  si accomoderà.

Una sorellina intelligente e veloce porta alla vecchia signora anche altri pezzettini della fu bambola , il tutto viene fatto sparire per non rovinate la festa.

Poi arriva la notte e senza molte speranze con un po’ di colla che serve un po’ per tutto in casa la nonna comincia , con pochissimo ottimismo a reincollare l’ex visino di bambola in cui un occhio ciondola di qua e uno di là.

Durante la notte ogni tanto la nonna aggiunge un pezzetto, il lavoro non è di quelli di una volta e alla vecchia signora viene in mente un negozio di quando era bambina , a Firenze :
“Si ripararano bambole” e dalla vetrina polverosa si potevano vedere occhi di bambola sospesi nel nulla, quella bottega ( dalle parti di San Zanobi,le pare di ricordare ) le faceva paura , le bambole rotte sono oggetti inquietanti davvero.

Piano piano il visino , molto approssimativamente riprende forma e nonostante non ci creda proprio in  realtà i pezzi ci sono proprio tutti e la mattina dopo , inserito alla meglio l’ultimo pezzo, guardando da lontano e con una notevole dose di ottimismo il risultato di ricomposizione è raggiunto .

Ci vorrebbe un artigiano di Norimberga , pensa la nonna e non sa neanche lei perché pensa che nella città tedesca un tempo ci sarebbe stato di sicuro un artigiano veramente capace di rifare il viso alla bambola antica.

Sistemata artisticamente in penombra , il risultato deve apparire positivo , la nonna scatta una foto all’ex-bambolina di bisquit e spedisce il risultato via Wat’s up.

Vista da vicino fa veramente pena , ma l’importante è che il nipotino non serbi quel senso di angoscia con il quale aveva portato i miseri resti della sua colpa con grande dispiacere .

La foto è questa , non bisogna assolutamente ingrandirla per vedere il risultato approssimativo . l’importante che al bambino non resti il ricordo di una colpa , la nonna è decisamente soddisfatta.

 

 

Musiche pasquali

 

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Non sono  una vera esperta musicale ,ma la musica l’ascolto da sempre , da quando ero piccola : sui dischi di casa , alla radio . più tardi sulle gradinate del Comunale di Firenze.

Poi via via il mio udito si è fatto più fino , gli ascolti più selettivi ma di fondo resta l’approccio viscerale , incantato di chi nel momento in cui in macchina metto in moto , rigorosamente su un canale musicale , comincio a sentire delle note che fanno bene al mio orecchio e alla mia anima.

Qui comincia un gioco mentale : chi è l’autore ? da che parte di mondo sono?

Mi diverto a indovinare , generalmente non sbaglio l’epoca , poi in successione individuo l’autore , poi il pezzo che sto ascoltando.

Quando alla fine , trepidante aspetto il responso. se ci ho azzeccato me ne esco da sola con un Evvai! trionfante , neanche avessi vinto un sacco di gettoni d’oro.

Qualche volta l’indovinello è facilissimo . ci sono dei brani che indovino dopo poche battute , arie talmente facili che non mi metto reppure in gara da sola ,

autori omai interiorizzati al punto che non vale la pena aspettare la fine per sapere che ..ho vinto!

Ma c’è un autore che mi fa un effetto particolare , basta un accordo ,poche note e il brivido mi corre sulla schiena .

Non so se capita anche ad altri e non so se per questo mi posso considerare una wagneriana doc.

Due tre note , un accordo ( in fondo le opere sono solo tredici) e io mi sento trasportata verso qualcosa di diverso , di esclusivo e al tempo stesso di estremamente carnale.

Nessun autore mi fa lo stesso effetto : Wagner mi prende prima ancora che abbia capito di cosa si tratta , eppure di autori amati ne ho tantissimi , il gusto poi mi si è evoluto nel tempo, non credo di amare la stessa musica che amavo da ragazzina , anche in musica esistono le “afffinità elettive” e non penso dipenda solo dalla maggiore conoscenza di un autore rispetto ad un altro.

 

Oggi apro un piccolo dibattito tra i miei affezionati lettori : mi piacerebbe sapere come reagite all’ascolto indifferenziato della grande musica , se vi divertite a fare gli stessi giochini scemi che faccio io , se vi perdete nella ricerca “dell’Amen di Dresda”  , se magari a voi Wagner non fa nessun effetto particolare , se arrivate al Novecento o se vi compiacete del barocco.

 

Per quanto mi riguarda oggi la riflessione è cominciata con l’ascolto della pagina finale del Parsifal, tempo di Pasqua , quindi siamo in tema.

 

 

Storie ferraresi

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Esisteno strane coincidenze che sarebbero letterarie se non fosse che spesso la realtà supera la fantasia.

A Ferrara , si è saputo con ritardo dovuto alla delicatezza del caso , alcuni bambini hanno aggredito e offeso un loro compagno di scuola perché ebreo.

Il mio primo pensiero è stato quello rallegrarmi all’idea che ancora a Ferrara , dopo gli orrori del secolo scorso , esistessero ancora bambini ebrei e secondariamente che proprio nella città del Giardino dei Finzi Contini , delle Storie Ferraresi , degli Occhiali d’oro , nella città cupa e triste raccontata mirabilmente da Giorgio Bassani esistesse ancora qualcuno che mette nella testa di giovani menti indifese l’idea di dire ad un loro compagno di scuola ebreo : guarda che riapriremo i forni e ti ci cacceremo dentro.

 

I bambini colpevoli hanno chiesto scusa al loro compagno , qualcuno pare che abbia anche pianto ma io mi domando quanto fino in fondo si sia andati nell’indagine della “bravata”.

Una bella discreta ricerca  per vedere “ da che pulpito” veniva l’aberrante offesa la farei e farei anche di più se fossi insegnante in quella scuola :

una bella lettura collettiva , un tanto al giorno, di uno dei tanti racconti di Bassani , magari “invitando” al rito anche qualche giovane mamma distratta che non si è accorta del piccolo seme di odio che covava nella testa del pargolo innocente.

 

Convinta come sono che le cose buone e quelle meno buone non nascono spontanee nella testa dei ragazzini di seconda media coglierei il pretesto per farne una bella occasione di lezione di storia , di quella storia vera che a Ferrara si trova anche sulle targhe dei muri delle strade e magari farei anche vedere una mattina “ La lunga notte del’43” , con conseguente rilessione collettiva.

 

Non è mettendo la polvere sotto il tappeto che si cancellano certi episodi, traiamone invece un’occasione per rimuovere quella polvere orribile per sempre dai cervelli dei più giovani e meno giovani.

 

 

 

 

Fragilità vs Grandeur

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Pigramente guardavo un tg, alle sette di sera : solite notizie dalla Libia , solite polemiche sui conti pubblici italiani , solite facce sgradevoli della politica.

Poi ad un tratto un’immagine assurda : sta bruciando Notre Dame a Parigi.

Sembra una notizia fra le altre , poi minuto dopo minuto quel fuoco alto nel  cielo ancora azzurro di Parigi diventa una grande nube bianca , poi  le fiamme si fanno  sempre più alte e violente : il tg smette di raccontare il resto e comincia la mia stupita partecipazione “ in diretta” di questa nemesi storica dell’Occidente , con cuore stretto  comincio a temere di peggio e poi ad un tratto avviene : crolla la guglia di Viollet Le Duc, e poi collassa tutto il tetto di legno dell’antica cattedrale .

I parigini sull’altro lato della Senna guardano la Nostra Signora andare in fumo con lo stupore di chi pensa che stia avvenendo l’inimmaginabile.

 

Amo Parigi di quell’amore giovanile che nasce dai miei lontani studi , amo Parigi percè è attraverso la lingua francese che sono diventata europea, amo Parigi perché lì ho fatto la mia prima esperienza di giovane studentessa prima e di giovane donna poi.

Amo Parigi anche per i ricordi tristi che la coinvolgono . fu a Parigi che portai la mia bambina malata in un inutile viaggio della speranza : lì sono sempre tornata sentendomi a casa , c’è una fetta ben grande di Parigi nel mio cuore che sta bruciando sotto i miei occhi.

 

Passano le ore e non riesco a chiudere la tv, mi sembra doveroso consumare il dolore insieme alla folla annichilita . Spero solo che piano piano le fiamme si abbassino contro il cielo ormai nero in cui ancora si staglia con grande effetto teatrale il rosone illuminato dalle fiamme.

I mitici Sapeur-Pompiers di Parigi stanno lottando in centinaia con le scale troppo corte (!), sono l’orgoglio della città e sono anche tanto bravi , ma sembra che non ce la facciano proprio , la visione ha l’aspetto di un Armageddon.

Poi a notte fonda spengo , le mura perimetrali hanno retto , ci sarà  tanto da discutere prima di avviare un restauro che adesso assomiglierà di più ad una ricostruzione.

 

Secoli di storia stratificati  dell’antica cattedrale romanica sepolti dai rifacimenti falsi gotici ottocenteschi, tutto orgogliosamente mischiato con quel tipico orgoglio francese che ha sommato i secoli di storia , di tutta la storia di Francia.

Il presidente Macron guarda triste quel simbolo della sua Grandeur andare in fumo , sembra la solita vendetta della storia di fronte alla fragilità degli uomini.

La vecchia chiesa ha resistito alla Rivoluzione , a Napoleone , ai restauri ottocenteschi.

Ha resistito anche all’onda d’urto dei milioni di visitatori col selfie, ai gilet jaunes e ha sempre mantenuto quel suo fascino  davvero profumato che ancora si poteva cogliere al tramonto passeggiando dietro l’abside nelle strette vie dell’Ile de la Cité .

Avevo qualche dubbio se andare a Parigi questa primavera ,

ho deciso di andarci , sembra doveroso un abbraccio alla mia città ferita.

Il valore delle parole

 

Unknown

Leggo , con amarezza e stupore che una sindaca brianzola ( per l’esattezza di Lentate sul Seveso) ha ritenuto opportuno abolire i festeggiamenti per il prossimo 25 aprile , giorno della Liberazione ( festa nazionale).

Pare che il motivo profondo nasca da un fatto , per lei deplorevole , avvenuto lo scorso anno quando per onorare la data arrivò nel paese una esponente del PD che con grande dispetto della sindaca si mise a parlare di antifascismo e fascismo, ricordando i valori della Resistenza .

La sindaca legista non apprezzò il taglio “politico” della piega che aveva preso il discorso e per quest’anno ha deciso di soprassedere per evitare  quelle che lei ritiene ingerenze partitiche.

 

Allora sarà bene cominciare dal senso delle parole :

 

Resistenza : a cosa si deve esssere domandata la dotta sindaca : ai pesticidi? alle fake news o magari ..resistenza all’arrivo dei migranti dalle sue parti ?

 

Liberazione: da cosa ? al solito si deve essere domandata la colta e informata storicamente sindaca : dai cattivi odori in cucina , dalla schiavitù del grasso sui fornelli o forse non le è passato per la testa che quella liberazione ( maiuscola) si riferiva proprio alla guerra di liberazione dal Nazi-fascismo?

 

Libertà– e qui andiamo sul difficile . Inutile citarle che la libertà è quella di poter far dire come la pensa a chi non la pensa come te , tempo sprecato con certe teste ottuse che rivendicano spazi di libertà solo a senso unico , cioè le propria assoluta libertà di sparare corbellerie.

 

Quando poi ho letto che la signora in questione auspica per il prossimo anno una festa  “ per tutti” : Apartitica e Apolitica mi è venuta in mente una mitica battuta di un comico romano di anti anni fa che così recitava : Apartitica, apolitica …A—str…za!

 

Diffidiamo sempre e tutti da chi si dichiara A qualche cosa : normalmemte sono persone che con quell’A privativo dicono solo di essere profondamente e forse anche inconsapevolmente prive di cultura , sicuramente sono di quella destra profonda che ancora domina in maniera qualunquistica nel nostro paese , non rinnegano la politica, solo più o meno consciamente dichiarano la loro apparteneza : alla destra più profonda.

 

 

 

Morto un Papa….

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Un antico detto popolare recitava “morto un Papa se ne fa un altro”….antica saggezza  che mi è tornata in mente nei giorni scorsi quando ho letto le deliranti argomentazione dell’emerito Papa Ratzinger circa l’influsso nefasto del ’68 sulla chiesa di Roma :

il coltissimo studioso , invece di starsene zitto a cammirare nei giardini Vaticani esercita ancora tutta la sua Vis retorica in un attacco , che solo degli ingenui posso pensare non diretto proprio al suo successore, quel Papa Francesco che un po’ di luce e novità cerca di mettere nel suo cammino papale.

I casi sono due : o Ratzinger è preso da demenza senile o ancora in Vaticano i veleni e i fumi non sono mai cessati davvero .

Mi vengono in mente i due film che recentemente hanno tentato un approccio laico al Papato. Il film di Moretti Habemus Papa e il raggelante The young Pope di Sorrentino.

Con fantasia diversa i due registi si erano avvicinati alla complessità della vita nelle strette Mura vaticane , ma nessuno aveva ancora visto due Papi in contemporanea e soprattutto il vecchio dimissionario e correttamente silente

predecessore fare la guerra in casa a chi faticosamente tiene in mare la procellante barca di Pietro.

Il mio blog ha taciuto per qualche giorno . Sono stata preda di un violento virus influenzale , sono stata preda alla febbre e negli incubi mi è entrato anche il documento Ratzinger!

Ci sarebbero state anche altre notizie da commentare per il  mio piccolo blog  ma la precedenza assoluta l’ho voluta dare a questo evento che potremmo anche leggere come una stravagante puntata dei romanzi para-religiosi di Dan Brown .

In questo senso , la saggezza secolare della Chiesa , facendo proprio il detto popolare si era premunita contro simili incidenti di percorso , il Papa Emerito è meglio evitarlo in futuro.

 

Dai giornali

Unknown

 

 

Tra alti e bassi riprende la vita di tutti i giorni , la pausa londinese è ormai memoria lontana.

Primavera incerta e fredda , pare comunque che la pioggia servisse , non ci dobbiamo lamentare ,in definitiva aprile è da sempre un mese abbastanza piovoso.

C’è di nuovo una nave di migranti in mezzo al Mediterraneo , 64 persone sballottate dalle onde al largo di Malta e una specie di Mangiafuoco nostrano in veste di ministro degli interni fa la voce grossa per ottenere voti dal popolo bue che si sente rassicurato da questo ennesimo braccio di ferro sulla pelle di povere creature in fuga da guerre e torture.

In Libia si combatte tra generali , ci scapperanno ancora dei morti , il gioco delle alleanze di primo , secondo e terzo livello internazionale , esercitazione tra politologi ,occhio distratto ai telegiornali e questo a due passi da casa nostra.

Il Regno Unito stampa i passaporti senza la dicitura Comunità Europea , mi verrebbe solo da dire : peggio per loro.

Trump licenza una ministra un po’ troppo tollerante sulla questione del muro ai confini col Messico.

Mi sembra un bollettino di follie e in testa mi suona soltanto il finale del Falstaff: tutto è burla , tutto il mondo è burla.

Senonchè tra le piege del giornale trovo anche la lettera del papà di quel ragazzino di Torre Maura , quel ragazzino che con semplicità ha tenuto testa ai fascisti di Casa Pound.

La lettera di questo padre , una lettere semplice , antiretorica e civilissima

mi conferma come sempre , se ce ne fosse bisogno , che nessuno nasce dai cavoli e che solo seminando bene si raccolgono buoni frutti .

 

Le generazioni passano , dai vecchi ai meno vecchi , ai giovani e infine ai giovanissimi: quelli che gestiranno il mondo di domani.

Se si avranno ancora dei buoni genitori i ragazzini sapranno fare la loro , ne sono  convinta : anche se sembrano sempre incollati ai loro smartphone  avranno in sé la capacità di riportare il timone della storia un po’ più centrato verso la retta via.

 

 

LONDRA – tre

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I paragoni son sempre odiosi , mi si diceva un tempo .Ma paragonare la Forza di Monaco con quella vista a Londra non è solo un paragone , è anche un modo di analizzare l’idea di fondo su come allestire quest’opera strana e magnifica . polpettone e tragedia classica .

Insomma non tutto ma di tutto.

 

Cominciamo dal fatto evidente che a Monaco Martin Kujai aveva una sua idea e l’ha sviluppata fino in fondo , mentre Christof Loy si è limitato a spiegare “la trama” che essendo di per sé molto complicata e improbabile finisce per non essere nè carne nè pesce.

 

L’ambiente : fondamentale il tavolo , va molto per gli scenografi attuali :poi ci si appoggia sopra la Madonna oleografica o il crocifisso e il gioco è fatto ( serviva anche nel Don Carlos parigino , lì ci si appogggiava il busto di CarloV).

 

Il pensiero religioso . qui bisogna partire addirittura da Verdi che notoriamente era un laico anticlericale e che quindi nel privato e in pubblico non lesinava certo le sue posizioni e una notevole distanza dalle gerarchie ecclesiastiche.

 

A Monaco si arriva alla montagna di crocifissi finali su cui si attarda un Alvaro crocifisso dal suo destino e soprattutto dal gesto secco , duro che lo stesso fa nella chiusa silente dell’opera : il crocifisso lo raccoglie dal tavolo e lo getta via , rumorosamente uscendo di scena.

Niente di tutto questo a Londra : solo il bellissimo “ tu mi condanni a vivere “ ci rende l’angoscia dell’uomo perduto nel suo destino.

Mentre nella versone Kusej il convento assomiglia di più a una setta americana , a Londra si torna ai fratacchioni classici di tipo oleografico.

Il bagno lustrale di Leonora , nella sua potente semplicità a Monaco è parte di un rito quasi pagano , a Londra si arriva all’esaltazione della Madonna addolorata , peccatrice e redenta.

Il misero pane che una distratta Ajia sbocconcella all’inizio e che ritorna nel finale tragico ,a Londra resta un modesto panino nelle mani della Netrebko.

 

Il pensiero politico : tutta la storia gira attorno ad Alvaro , l’estraneo , il fuori casta , l’exracomunitario .

Evidentissimo nel Kaufmann di Baviera dove la sua capigliatura da indio è indicativa della diversità senza altre accentuazioni.

Il perbenismo , la bigotteria della casa dei Calatrava , ragione non ultima dell’infatuazione di Leonora per l’altro da sé Alvaro , si estrinseca nella fissazione di Carlo , personaggio fragile come la sua idèe-fixe.

Il risultato così bene accentuato si perde un po’ nella rappresentazione più didascalica londinese , ma qui per fortuna abbiamo un Pappano meraviglioso che riesce a legare attraverso una mirabile lettura dei motivi conduttori tutto quello che la regia non riesce a spiegare.

 

Il ruolo di Preziosilla ( ovviamente serviva anche un mezzosoprano per completare le voci nell’opera verdiana da Azucena a Ulrica tanto per capirci) è sempre legato alle brutte pagine di difficile realizzazione : dal Viva la guerra al Rattataplan che si sposta a piacere ma resta sempre una mattonata si risolveva a Monaco sulla montagna di coristi-cadaveri su cui una Preziosilla sgomenta cantava angosciata .

Si salva a Londra grazie all’intuizione di moltiplicare il ruolo della donna perduta che diventa diversa nelle varie apparizioni : dal ruolo trionfale sul tavolo di osteria , al fuori scena di Alvaro disperato ma macho guerriero ,
fino al modesto finale della puttana ridotta alla miseria alla mensa dei poveri.

 

Tutto questo per dire che alla fine per me Monaco resta un’edizione memorabile e irripetibile per la regia , difficile pretendere dal fratacchione il salto mirabile sul tavolo .

Qui si muore in piedi , come ho già scritto e come era nella tradizione.

A Monaco però mancava Pappano , mancavano anche alcune raffinatezze nei personaggi minori .

Insomma tutto sommato sono contenta di averle viste tutt’e due, difficile fare meglio di così.

 

 

LONDRA – due

Siamo nei giorni finali della Brexit e la cosa che colpisce di più a teatro e la visibilissima eterogeneità del pubblico . Aria tanto internazionale in sala quanto in palcoscenico: qui davvero sembra impossibile staccare il Regno Unito dall’Europa . Anche se gli inglesi continuano a misurare a modo loro , a costringerci a controlli per non essere mai entrati nell’area Schengen, a guidare alla rovescia ed ad insistere pure sulle prese della luce particolari .

 

Ma quello che conta è il sentire parlare tutte le lingue , avere tutti gli abbigliamenti affiancati più improbabili.

Questo in parte aveva un po’  scandalizzato le elegantissime e griffatissime signore italiane dietro di me : una ha persino chiesto alla vicina “ ma al Covent Garden sono più eleganti? “

Ohibo’ magari non è obbligatorio sapere che la Royal Opera House viene indicata anche con il suo indirizzo!

 

Ma ritorniamo alle nostre riflessioni : Verdi scrisse l’opera per il teatro di San Pietroburgo traendola da un trucido racconto spagnolo , si svolge un po’  in Spagna e un po’ in Italia , perché qui si facevano sempre le guerre con i mercenari , Alvaro è proprio un diverso , un extracomunitario emarginato , tutte cose che hanno a che vedere con i sovranismi imperanti nel mondo attuale .

Per cantanti la stessa riflessione : una russa , un tedesco e un francese , ai quali aggiungiamo la splendida squadra italiana e a due vecchie glorie inglesi . Il regista è tedesco , ma non è molto importante mentre lo è il grande Direttore : inglese oriundo , figlio di italiani .

 

Alla ROH c’è pure una specie di maestro di cerimonie , molto british , che risponde però al mitico nome di Salvatore ed è lui che richiama affettuosamente il grande tenore attardatosi in palcoscenico con conoscenti e amici a correre “ di sopra” dove lo attende il neonato con la mamma.

 

Io ho consegnato il mio ultimo parto letterario a Jonas , le foto le ha scattate Salvatore . Sono anche riuscita a complimentarmi tanto e davvero con un Pappano radioso, credo sia molto soddisfatto di questa sua ultima impresa.

Non sono riuscita a salutare i mitici bravissimi italiani , tutti in fuga direttamente dal palcoscenico a cambiarsi , solo Veronica Simeoni si è attardata con i suoi amici , ammiratori , praticamente seguitava a ballare finito lo spettacolo.

 

C’era un party ai piani alti , credo che però i cantanti se ne fossero in gran parte andati via , me lo dice l’informato Salvatore.

 

Fuori grandi pozze di pioggia , i taxi neri scivolavano sul lucido asfalto , brillano le luci del distretto teatrale , mi dicono che ancora sono sospesi al “no deal”. Questa Londra sembra indifferente alla tragi-commedia, il resto del paese probabilmente un po’ meno.

LONDRA . prima parte

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Piove , fa freddino e tutto sommato in testa mi tormenta un verme nascosto : potevo vedermela in streaming da casa questa F.d.D tanto pubblicizzata .

Ormai però mancano poche ore , ne parlerò ovviamente con maggiore cognizione di causa.

Con cognizione di causa ho assistito ad una serata storica : non tanto per la messinscena che comunque aveva i suoi punti di forza nella fedeltà  al plot che di per sé è tanto complicato e improbabile da essere comunque uno splendido feuilletton popolare valido ancora oggi, quanto nell’altissima qualita’ di tutto il cast e il tutto sublimato dalla splendida , irripetibile, direzione di Antonio Pappano.

L’allestimento di Christof Loy viene da Amsterdam e non resterà negli annali per originalità e innovazione . Si comincia con il prelugio molto raccontato della famiglia Calatrava riunita al desco  divisa in tre tempi : i’infanzia felice , l’adolescenza e la giovinezza irrequieta di quelli che restano , ci sta pure la premonizione di Leonora madonna addolorata con Carlo in grembo tipo “pietaˋ ».

Poi partiamo e la storia la conosciamo bene fino al fatidico colpo di pistola con maledizione incorporata .

Il passaggio alla locanda a scena aperta fa un po’ di confusione , il tutto resta sempre un po’ claustoforbicamente nella casa del Marchese , ma la musica racconta talmente tanto che tutto sommato è un peccato veniale .

Distraggono un po’ le proiezioni dei volti esasperati dei protagonisti sullo sfondo , ma qui si parte evidentemente dal concetto che l’opera deve essere spiegata allo spettatore e poco conta che lo spettatore medio di Forze nella vita ne ha già messo in  conto qualche  decina.

Il tavolo con la madonna lo ritroviamo al convento , pare che il tavolo sia necessario al racconto da quando l’avevano messo nella mirabile messinscena di Monaco.

Un po’ di inutile violenza dei frati sulla povera Leonora e chiudiamo la prima parte .

Si passa alla guerra e si assiste alla trovatina di Alvaro che va a farsi una ” sveltina ” con la Preziosilla di turno prima di attaccare la sua grande aria . Il resto nella norma , classicamente .

Le belle scene di massa sono  perfette  e ricche di personaggi , fino al tragico finale dove , come un tempo , praticamente si muore cantando tutti  in piedi .

Ma il miracolo primo sta nella grande orchestrazione di Pappano : incalzante e precisa , vibrante allo spasimo , perfetta nel susseguirsi dei temi che si congiungono con rara felicità .

Le voci : credo sia impossibile riuscire a riunire oggi come in questo caso il meglio assoluto sulla piazza , ma un capitolo a parte meritano gli stupendi personaggi minori che qui inanellano il meglio della grande tradizione italiana .

Ma andiamo per ordine : Anna Netrebko al debutto nel ruolo ha una voce possente , sublime , appagante anche all’orecchio più smaliziato , peccato che qualche volta sembra che canti in russo , ma il personaggio le piace e se possibile esagerare direi che dà vocalmente il meglio di sé.

Jonas Kaufmann , se ha perso qualcosa della sua recitazione atletica resta sempre il maggior tenore del mondo in questo momento , la sua capacità di passare dai mirabili filati alle grandi aperture vocali lo rende il bien aimé che tutti vorremmo sempre ascoltare.

Ludovic Tezier é nel suo massimo vigore anche se il personaggio non gli offre grande approfondimento, suo è il boato del pubblico nella grande aria del terzo atto ed  è il classico cantante di cui si apprezza « la canna » con il termine caro ai loggionisti di un tempo.

Una Preziosilla così sexi non conosce rivali : Veronica Simeoni volteggia , fa la danza del ventre , vola in alto tra i ballerini , presente in scena anche come silente maddalena pentita nella scena del convento è veramente una attrice/cantante a tutto tondo.

Il Melitone di Alessandro Corbelli è da manuale , Trabucco di Carlo Bosi ( accentuato il nasale volutamente da Pappano ) fantastico e un encomio al priore della nostra vecchia gloria Ferruccio Furlanetto , ha ancora uno stile e un portamento vocale di tutto rispetto.

Seratona appagante in tutti i sensi , alla fine mi era venuta la voglia di gridare Viva Verdi , seconda parte del report domani da casa .