in punta di piedi

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Ci sono argomenti che è molto difficile trattare , sicuramente il più difficile è quello che riguarda il nostro rapporto con il rispetto della vita , della sua dignità e in ultima analisi quello della sua fine.

Ciascuno di noi pensa molto in astratto alla propria fine , per solito dicendo :vorrei morire nel sonno , nel mio letto.

Allora c’è sempre qualcuno che ribatte : la morte del giusto, come se essere giusti fosse qualcosa che si ottiene , come un bel voto ad un esame.

Putroppo spesso , anzi nella maggioranza dei casi , non è così anche se nel silenzio delle corsie , nelle ombrose camere dei malati terminali qualcosa spesso succede con il tacito consenso di chi assiste con angoscia sperando in una attesa che “liberi”.

Si, perché proprio di libertà si tratta quando raccolto l’ultimo respiro dei nostri cari si può pensare quel “riposa in pace” che disinvoltamente mettiamo in calce ai lutti che percorrono la nostra vita anche sui social.

Poi ci sono i casi estremi , queli che ci riportano alle cronache e che risvegliano in noi il dilemma dei diritti inalienabili della dignità della persona anche quando si tratta di persone che non possono decidere del proprio destino finale se non attraverso procedure estranee alla proprio volontà.

Allora dovrebbe intervenire lo Stato ,uno stato libero e non clericale a legiferare con scienza e coscienza , come verrebbe da dire.

Purtroppo la nostra politica non è assolutamente all’altezza del suo ruolo e senza ricorrere alla serie di casi più o meno recenti che hanno occupato le pagine dei nostri giornali bisogna amaramente dire che spesso siamo tanto indietro a quello che avviene nella società civile che seguita a precorrere la capacità di legiferare in questo e in tutti i casi in cui entra in gioco il problema etico dell’esistenza.

Eppure non dovrebbe essere difficile legiferare alla svelta e senza tentennamenti una legge sul testamento biologico , la forma più semplice per proteggerci sul nostro inalienabile diritto al fine vita.

Sicuramente più complessa la strada per arrivare a legiferare sulla fine assistita per coloro che non possono più decidere da soli , qui cozziamo contro un senso sbagliato e bigotto della tutela della sacralità della vita e le argomentazioni crudeli di chi crede di ostentare Fede e invece ostenta solo un sadismo di ritorno mi richiamano pericolosamente atteggiamenti da Inquisizione .

Quando vedo quei vescovi intorno ad un tavolo ( tutti uomini e tutti molto vecchi) mentre cercano di fermare con le mani l’onda diversa che attraversa la nostra società reale penso che mai come adesso sia difficile essere cattolici e credenti.

Le chiese sono sempre più vuote e gli uomini invece avrebbero sempre più bisogno di quella pietà che è alla base della nostra fede,.

 

A MARGINE

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Succede di andare a Milano per motivi familiari e di fare come al solito osservazioni a margine.

Laurea al Politecnico o Poli come lo chiamano gli studenti : le lauree triennali qui sono molto sudate e ci se ne  accorge dall’avarizia nelle valutazioni , i ragazzi sfilano davanti ai professori , il 90% di loro proseguirà a studiare e addirittura il 40% proseguirà anche nel dottorato di ricerca.

Un mondo a parte ,giovani impegnati e semplici , europei senza retorica , lontane da loro le beghe politiche di un paese che solo attraverso queste nuove energie potrà trovare una strada di riscatto dalla palude in cui siamo finiti.

 

In albergo la sera prima giocando sul televisore di camera trovo L’Openball viennese …ma senza audio . L’anacronismo è garantito.Questa specie di cerimonia di giovinette con coroncina Swarowsky acccompagnate da cavalieri ( con la rosa d’argento) sempre più ragazzini perché credo che i più grandi proprio non ce la facciano a condividere la mascherata è talmente fuori tempo che rischia di diventare molto divertente.

Balletto sulle punte , ovviamente classicissimo e senza musica anche più lontano dal gusto attuale della danza: una specie di prolungamento del Concerto di Capodanno in salza deb.

L’Ospite d’onore fa la sua comparsata , senza audio anche lui è molto ridicolo . Sentirò l’indomani su YouTube che già generosamente mette gli inserti che non ha proprio faticato molto nel riproporre due suoi classicissimi.

Poi , ma già io mi ero stufata di guardare ,tutti in pista a ballare : scesi dai palchi gli invitati , ovviamente da segnalare una sublime e incoronata Anna Netrobko in giallo ,tutti appiccicati in pista nel walzer di chiusura .

La diligente cronista ci informa sul numero esorbitante di rose che ornano la sala . Chiudo sull’effetto Titanic garantito senza sforzo.

 

Poi nel pomeriggio del giorno importante per il nipote “due” vado in Brianza a vedere la casa del nipote “uno” che già da queste parti ci lavora.

Lontanissimi ricordi d’infanzia di quando ragazzina ero andata Monza da uno zio che lavorava da quelle parti.

Un vago ricordo del tram che portava da Monza a Milano. Oggi non c’è soluzione di continuità nel percorso che passando dalla ex Stalingrado d’Italia ,ovvero Sesto San Giovanni , mi porta fino a Seregno .

Il percorso è uguale a quello che si fa nelle città nordeuropee, un capannone dietro l’altro , fabbriche , concessionarie , centri commerciali , discount.

Ma a Seregno ho una sorpresa : siamo di nuovo nel verde , a margine di una antica villa lusseraggiante minuscole unità abitative tranquille.

Il paesino ha una piccola piazza in cui corrono mascherine molto vecchio stampo , un organetto in lontanaza suona Libertango, i ragazzi seduti davanti al tavolino del bar sembrano usciti da Greese col loro ciuffo di ordinanza .

Il cartellone segnala “ la stagione teatrale “ all’Oratorio. Case basse circordano il campanile della chiesa che svetta su tutte.

Non c’è dubbio : sono tornata nel Lombardo –Veneto di un tempo che comunque è ancora lì , nelle pieghe di una nostra antica civiltà.

 

Rientro nella tarda serata sotto un nubifragio molto annunciato dai meteo catastrofici che si riveleranno un po’ meno catastrofici e soprattutto mio figlio guida molto bene . Guardo sull’Iphone i tantissimi messaggi di chi oggi ha voluto ricordare mio marito con un bel gesto dell’amministrazione comunale di Ancona.

Che dire , una giornata particolare ,Scola mi perdoni la citazione.

 

 

 

 

 

Terremoto e cultura

 

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Nel cuore dell’Italia minore e bellissima , a cavallo di tre regioni esiste un immenso cratere creato dalla serie di terremoti che hanno squassato questa terra antichissima .

Della regione in cui vivo , le Marche, ne sono stati colpiti 23 comuni di cui 18 avevano , e in parte hanno ancora, un teatro .

Si , perché i teatri storici hanno retto meglio delle chiese e dei palazzi . Costruiti principalmente in legno e vuoti nel centro hanno resistito alle tante scosse , seppure con gravi o gravissimi danni.

Quattro di loro : Camerino , SanGinesio ,Apiro e Amandola resteranno chiusi per chissà quanto tempo , quello di Fabriano ha problemi di agibiltà.

Ma la storia di civiltà e di speranza che voglio raccontare e che non è stata raccontata dalla televisione o dalla carta stampata merita comunque un piccolo momento di attenzione.

 

La cultura non emoziona , la cultura , mi si perdoni il gioco di parole , non fa spettacolo e quello che è successo nei giorni più duri quando le scosse , a migliaia si succedevano ininterrotte merita di essere raccontato .

Erano in cartellone uno spettacolo a Macerata e uno a San Severino in quei giorni bui e allora il Teatro Persiani di Recanati , quella Recanati che non è solo il Colle dell’Infinito ha aperto il suo teatro a chi non poteva andare nel proprio grazie all’organizzazione centralizzzata del circuito regionale di cui faccio parte fin dalla sua fondazione e che si chiama Associazione Marchigina Attività Teatrali.

Così sono stati organizzati fino a dieci pulmann e tutti proprio tutti gli abbonati hanno risposto , tutti hanno comprato il biglietto e gli spettacoli sono stati fatti nei giorni stabiliti.

Si è creata una sorta di partecipazione collettiva , solidale e in ultima analisi necessaria a dare una risposta alla paura e allo sgomento per la terra che continuava a ballare sotto i piedi.

Anche gli artisti , le Compagnie hanno accettato i disagi della trasferta ,

Alcuni di loro hanno anche fatto delle conversazioni con gli spettatori a completamento delle serate.

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E’ stata una risposta di comunità civile , responsabile , senza la retorica del piagnisteo che purtroppo è spesso associata ad una caratteristica al nostro paese.

Questa non è una storia drammatica , ma per me rappresenta un segno di civiltà e di speranza , molto più di tante manifestazioni esteriori e vuote di contenuto.

Mi raccontava con un tremito nella voce il direttore artistico dell’Amat di avere provato un brivido entrando nella zona rossa di Camerino .

Su un muro rimasto in piedi c’era ancora attaccato il programma della stagione di prosa che avrebbe dovuto cominciare a giorni e che non c’è mai stata.

Noi dell’Amat organizzeremo il quarantennale della nostra attività nel cratere .

I meravigliosi antichi borghi del civilissimo entroterra marchigiano , in alcuni casi feriti a morte , devono poter provare a recuperare la vita laddove sarà possibile , i teatri sono il segno più tangibile della vita di comunità.

 

 

 

Tempo di statistiche e di rendiconto

 

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Il mio blog ha perso il sottotitolo e sono stata anche brava a riuscirci!

l’ho levato anche dalla pagina Facebook, ancora ci sto lavorando per l’Ipad ., ma è meno importante .

Avevo detto tempo fa che il mio blog , visto le continue defezioni del tenore per il quale avevo cominciato a scrivere nel web , non aveva avuto flessioni in quanto a visite dei miei lettori , anzi i lettori mi avevano seguito anche senza le cronache teatrali che riguardavano Jonas Kaufmann.

Praticamente il mio blog è diventato il mio diario , prima ne avevo uno di carta e ora ho questo che ha il vantaggio di essere condiviso con tanti carissimi amici.

Quello che scrivo qua sotto è per tacitare le probabili sollevazioni di massa delle fans che non lo hanno mai visto dal vivo e poco sentito , ma collezionano quintalate di fotografie d’epoca che poi mettono sui siti dedicati come nuove perle , scoperte rare dell’infanzia e la giovinezza del loro divo preferito.

Siccome avevo tanto tempo da perdere negli aeroporti ho cominciato a contare quante volte avessi visto dal vivo il famoso startenor diciamo così grosso modo negli ultimi cinque anni.

Ho scoperto una cifra veramente alta e forse mi sono dimenticata qualcosa .

L’ho visto in teatro ben 40 volte , l’ho incontrato spessissimo anche prima o dopo gli spettacoli , gli ho dato i miei libri e il rendiconto annnuale del blog.

Alcune opere le ho viste più volte , in diverse versioni , i concerti , tantissimi perché forse sono la cosa che amo di più , soprattutto le Liederabend ,in ogni parte d’Europa e anche in America .

Nerll’insieme mi ha lasciato a bocca asciutta “solo” sette volte e in realtà se si trattava di opere le ho viste lo stesso ,anche se non ho molto amato i poveri tenori chiamati a sostituirlo.

Solo nella Walkiria di Baden Baden ( ma in forma di concerto ) il sostituto non mi ha fatto rimpiangere il ricciuto bavarese.

Un danno permanente però me lo ha fatto , come fece la Callas nei miei verdi anni , i personaggi interpretati da lui ormai non riesco quasi più a vederli se ad interpretarli sono altri .

Cavaradossi , De Grieux, Alvaro , Dick Johnson, Don Carlo, Werther, Canio , Turiddu , Manrico , Florestan , Radames, Faust ,Andrea Chenier e l’ultimo incomparabile Walther Von Stoltzig , Lohengrin……

se poi aggiungo i DVD ne viene fuori una serie vertiginosa .

Ma , anche seguendolo , il mio mondo musicale si è notevolmente allargato con tante altre bellissime voci sia maschili che femminili , ho amici cari che cantano in ogni parte del mondo e finchè potrò , mi piace molto seguirli.

Amo anche alcuni direttori d’orchestra e uno fra tutti , Sir Tony , per il quale faccio volentieri ulteriori follieI

Insomma , tutto resta come prima , anche le folli prenotazioni ad un anno di distanza, restano le foto nel mio studio , quelle che fanno sorridere compassionevolmente i miei nipoti, ma si sa le nonne sono tutte un pò matte.

Resta anche il poster del Parsifal di New York dietro la porta della stanza dove stiro .

Fu un trofeo che mi regalò un bigliettaio al cinema dopo la proiezione , non me la sento di staccarlo.

 

 

 

 

Revolution

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Una segnalazione intelligente , una giornata da riempire . Londra offre moltissime suggestioni .
Seguo un suggerimento strano , sulla carta neanche tanto stimolante , ma la Royal Accademy of Arts è una garanzia e vado a vedere una mostra intitolata Revolution , arte russa dal 1917 al 1932.
Salgo le scale del palazzo su una coreografica corsia rossa , bandiere rosse sventolano su Piccadilly.
Una educata folla numerosa e munita di auricolari segue attenta lo sviluppo della mostra , molto accurata e ricca di suggestioni.
Alla fine del percorso comprerò un libretto esplicativo ad usum for Teachers and Students , l’addetto gentile al bookshop mi fa pure uno sconto ,pensandomi appartenere alla prima delle due categorie.
Devo innanzitutto dire che non ho visto capolavori ,ma il percorso dalla avanguardia russa che convive con la tradizione attraverso la tradizione popolare , passando per le arti applicate e la propaganda fa capire molte cose riguardo la ricerca di un utopistico nuovo mondo in cui tutte le arti tendono ad allinearsi in un progetto che non si relizzerà ( e noi lo sappiamo bene ) se non attraverso l’enfatizzazione dell’uomo e la macchina pagando un terribile pedaggio alla libertà di espressione qui rievocata in una sala nera , l’angolo della Memoria , in cui nel buio si alternano le cifre , le date e i volti della migliaia di vittime dei Gulag.
C’è anche la documentazione di una nuova ricerca attraverso l’architettura e il design , ipotesi di una nuova via per una nuova società.IMG_1439
Ma il percorso che intelligentemente si apre su un ritratto molto convenzionale di Lenin , interessante vedere come l’artista ritragga il Leader pensosamente seduto su una semplice poltroncina in un piccolo e vuoto salotto borghese poi evolve drammaticamente nel fotomontaggio fotografico del volto di Stalin che enfatizza il piano quinquennale di sviluppo, il trionfo della Stalin utopia.
Una mostra drammatica direi e il piccolo libretto fatto di informazioni storiche seguito dalle domande per riassumere con gli studenti lo svolgersi degli avvenimenti è fatto benissimo , con un necessario britannico pragmatismo.IMG_1440
La mostra si ferma emblematicamente al 1932 , dopo ci sarà il realismo socialista , ma quello lo conosciamo meglio tutti .
Qui forse si possono ancora esplorare le tante sfaccettature dell’anima russa , quella che comunque emerge nel faticoso cammino di una storia tanto tragica quanto tutto sommato meno nota di quello che verrà dopo.
Non faccio nomi degli artisti , sono tutti per lo più sconosciuti al grande pubblico nostrale , i grandi erano già fuggiti in Europa .
La mostra è molto interessante nella globalità della visione storica e come al solito conferma la serietà delle mostre londinesi .

l’imbarco per Citera

ci sono di quei giorni in cui …cantava Ornella Vanoni tanti anni fa . Ebbene ieri era per me è uno di quei giorni in cui penso chi me l’ha fatto fare di mettermi in viaggio per andare a sentire ” quattro canzoni ” a andarci addirittura a Londra .
Una serie di circostanze personali , un po’ di depressione . Parola oscura di cui non ho mai voluto riconoscere che mi potesse appartenere.
Ed eccomi qua , senza voglia in aeroporto , in partenza

Viaggio tutto sommato piacevole se si esclude la scolaresca italiota , quelli che ancora battono le mani all’atterraggio , per intenderci.
Mi arrangio bene a Stansted , anche se non c’è più la solita linea di bus , questa nuova ha bus bellissimi e velocissimi e a Liverpool Str. trovo subito un taxi con autista indiano che davanti al mio albergo mi prega pure di prendere il mio tempo per controllare il voucher!
Appena arrivata in camera prendo il telefono per avvisare mia sorella a Firenze del mio felice arrivo e che ti trovo ? Il serafico messaggio del press-agent che mi avverte, alle dieci di sera ! che il concerto di domani è cancellato perché il super-startenor ha la bronchite .
Nel giorno anniversario della dipartita di Wagner non voglio essere troppo sadica augurandogli conseguenze letali , ma un bel po’ di accidenti minori glieli invio , così per levarmi definitivamente quel senso di depressione che aveva velato i miei ultimi tempi a casa .
Ho un giorno intero per godermi Londra , serenamente posso programmare

Mattina di sole e gran vento , il tempo a Londra assomiglia stranamente a quello di Ancona . Passeggiata lunghissima nella City , tra tutti questi bus rossi mi sembra davvero di essere in una cartolina illustrata. Ma ho i miei problemi , il freddo non aiuta la mia deambulazione.
Ricevo tanti messaggi e la testimonianze di una cara amica francese che mi conferma quanto sospettavo : già dal primo concerto, la Liederabend , erano evidenti i problemi di voce e il pesante articolo del Times ( stranamente non riportato sui siti dedicati ) sulla seconda esibizione lo confermano.
Poi ci sono le amiche italiane presenti al concerto wagneriano che confermano i problemi del Nostro, ma che poi nelle recensioni ufficiali non ne fanno cenno. . Evidentemente Pappano lo ha molto sostenuto , direi quasi affari di famiglia .
Incontro altre ..orfane , molto più tolleranti di me . Io non lo sono più, auguri , fiorellini , rimedi non ne invio . Alla mia agenzia romana confermo che chieda pure il rimborso , ho la netta impressione di avere davvero chiuso un capitolo e mi dispiace più per lui che per me .
Non è più l’incantevole ,bellissimo romantico tenore che incantava con la magica voce , il talento e l’aspetto i sogni di tanti/e melomani.
Se si guardano con occhi disincantati le sue ultime foto si vede un uomo ingrassato, con i famosi ricci tanto più radi , lo sguardo spesso stanco.

Ci incontreremo ancora , almeno spero . Ho già inviato caparre per altri due incontri , ammesso che ci siano. Poi la melomane riprenderà i suoi giri nei teatri cercando bella musica , bravi cantanti ( ce ne sono tanti ) ma la corsa dietro lo startenor l’ho chiusa in una bella giornata di sole a Londra.

Sanremo e dintorni

/Quando in questo periodo dell’anno tutti i canali televisivi sono così banalmente vuoti e la sera la mano corre comunque al telecomando inevitabilmente l’italiano medio inciampa nel Festival di Sanremo .
E’ successo anche a me , che di canzoni e di cantanti proprio non mi interesso , ma c’è qualcosa in quei cinque giorni di full immersion televisiva che attiene molto di più al costume che all’evento stesso.
Così succede che lo zapping diventi abbastanza inevitabile .
Se qualcuno mi dicesse se ho visto il Festivalone potrei tranquillamente negare e direi una bugia al tempo stesso.
Ne ho visto abbastanza per coglierne alcune caratteristiche oserei dire politiche se la parola non fosse troppo grossa .
Mi spiego meglio : si tratta di un festival molto benpensante e lo rivelano i vestiti spesso bellissimi ed eleganti della conduttrice e delle cantanti .
Siamo nell’era degli sponsors e si vede.
Lo stesso vale per gli impeccabili smoking Armani portati con nonchalance da tutti gli uomini ,magri e palestrati.
A proposito dei quali direi che la componente gay è così evidente e numerosa che non fa più notizia , ormai non c’è scandalo ,è solo la misura della realtà.
Solo alcuni cosiddetti “giovani emergenti “ ricorrono a mises carnevalesche , in fondo è il periodo dell’anno che lo concede e forse non godendo di forti sponsorizzazioni si arrangiano col trash.
Poi c’è la parte più strettamente sociologica , sull’Italietta perbene , sui casi umani raccontati con la lacrimuccia sul viso e allora salto canale e magari mi rivedo le ultime news…
La virata populista c’è , d’altra parte anche questo evento nazionalpopolare è specchio abbastanza scoperto che conferma la pericolosa involuzione del paese verso un conservatorismo di maniera .
Non è un Sanremo progressista , ce ne faremo una ragione..

sul Fierrabras

Ne avevo parlato nel mio ultimo pezzo a proposito dello streaming così ho cercato nella mia personale collezione di DVD e l’ho voluto rivedere .
IL Fierrabras di Zurigo del 2006 merita una ulteriore riflessione ,questa la data della ripresa televisiva , anche se il titolo era già in cartellone da qualche anno.
La stracomplicata storia ispirata al ciclo dei Paladini di Francia da cui un ininfluente librettista prese le mosse fu per Schubert una sorta di trappola infernale .
L’intreccio improbabile , la lunghezza faraginosa degli eventi annullarono la felice vena musicale e l’opera non ebbe il successo che meritava.
Claudio Abbado da quel fine musicista che era ne fece riscoprire le preziosissime arie , la fluida piacevolissima musicalità ,ma restava il problema della storia .
Lunga , improbabile , intrecciata e ingarbugliata al massimo era quasi impossibile metterla in scena.
Ma Klaus Guth ebbe l’idea felicissima di mettere in scena addirittura Schubert stesso alle prese con la sua storia e i suoi ripensamenti :
i suoi protagonisti , tutti cloni delle Schubert medesimo , la deliziosa ambientazione tanto cara al regista e al suo abituale scenografo Christian Schmidt tutta in una stanza , con il mega pianoforte e gli arredi fuori scala accentuavano l’aria di fiaba divertente .
I re , sia quello dei Mori che Carlomagno ,in vestaglia e i cori con deliziosi costumi tipo figurine delle illustrazioni d’epoca completavano la felice realizzazione.
C’è da dire che rivedendolo a distanza di anni si scoprono nomi che erano o sono diventati molti importanti .
A cominciare dal Fierrabras di Jonas Kaufmann , quando era giovane capellone spiritosissimo ,al compianto Làszlò Polgar , poi Michael Volle e Günter Groissbröecke .
Dirigeva un giovane Franz Welzer Möest , il maestro ripetitore era Joken Rieder …come dire squadra vincente non si cambia e in questo Alexander Pereira all’epoca era davvero un demiurgo eccellente.
Il fatto che quella messinscena fosse davvero riuscita lo si nota vedendo la recente ripresa di Salisburgo in cui un Peter Stein decisamente a corto di idee crede di fare lo spiritoso raccontandoci la storia prolissa facendo i Paladini bianchi e i Mori neri ma non riesce minimamente a raccordare la frammentareità dei pezzi staccati , a giustificare i moltissimi e complessi cambi di scena .
Non c’è niente da dire , la felicità creativa è un valore aggiunto nel mettere in scena un ‘opera anche se poi succede che si possa cadere nel pericoloso cerebralismo del Fidelio senza dialoghi e così il tutto diventa un’altra storia.

Dal vivo o in streaming ?

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Il bell’articolo di Alberto Mattioli sul Falstaff della Scala mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla differenza tra l’opera dal vivo e quella riprodotta perché io quel Falstaff già lo conoscevo avendolo visto in diretta da Salisburgo in tv e avevo già avuto modo di apprezzare la originale ambientazione in casa Verdi da parte di Michieletto e di conseguenza di averlo già valutato e ,nel caso, anche molto apprezzato .

Partendo da questo spunto ho ripercorso tutta una serie di opere talvolta viste prima in teatro e poi riprodotte oppure viceversa e la considerazione di fondo è che è sempre dal vivo che si hanno le vere emozioni , il vero senso di una messinscena , ma è anche vero che talvolta specialmente di fronte ad un cambio di cast il confronto diventi impietoso per alcuni interpreti , diciamo così , meno prestigiosi di altri .

A questo proposito avevo visto in Tv un Trovatore da Londra , con la regia del solito David Boech che se non ci mette una roulotte in scena non è contento e non mi era piaciuto più di tanto .

Poi sono andata a Londra perché ci cantavano due carissime amiche e obiettivamente la visione dal vivo era molto più valida di quella televisiva.

Due giorni fa di nuovo lo stesso Trovatore era al cinema , ma mi mancava una fantastica Leonora che nel frattempo è volata al Met.

I paragoni , dicevano una volta i vecchi , sono sempe odiosi ma vedere un Fierrabras con le belle statuine alla Peter Stein mi ha fatto venire la voglia di andarmi a rivedere il DVD di un Fierrabras strepitoso di Zurigo di qualche anno fa.

Il discorso vale sempre : meglio un’opera data così così dal vivo che una strepitosa riprodotta però…

…però adesso che le riprese sono sempre più raffinate , che ci sono dei veri genii alla regia televisiva ( uno fra tutti Brian Large ) mi sono trovata ad apprezzare molto di più La damnation di Faust dello scorso anno dell’Opera Bastille in ripresa streaming che non dal vivo perché l’uso dei primi piani , quando gli interpreti sono bravi a non guardare il direttore ogni due per tre , regala un valore aggiunto ad una messinscena che francamente vista dal vivo non è che mi avesse convinto più di tanto.

Potrei seguitare per ore a fare esempi o come si diceva una volta : apriamo il dibattito.

Intanto , morale della favola , per quanto mi riguarda nei limiti del possibile ( vedi tempo e denaro ) preferisco sempre vedermi le opere dal vivo e soprattutto vedermele senza avere negli occhi una precedente edizione della stessa produzione.

Ho capito che la vera emozione me la dà sempre e soltanto un’opera di cui non conosco i cambi di luce , le scene e i costumi e soprattutto un’opera che non mi faccia pensare alla stessa opera vista in diverse condizioni ottimali per direzione ed interpreti.

Arrivati a questo punto preferisco risentirla addirittura in forma di concerto.

 

 

 

 

 

Breviario Mediterraneo

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Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente uno scrittore straordinario di cui avevo letto un bellissimo libro , un classico che in qualche modo che mi aveva accompagnato per molto tempo.

Il libro si intitola Breviario Mediterraneo e anche se il suo autore ieri ci ha lasciato mi piace ricordare la sua opera e anche la sua figura di intellettuale.

Predrag Matvejevic era nato a Mostar , in quella che una volta era la Jugoslavia e che adesso, divisa nelle varie repubbliche, si chiama Croazia.

L’avevo incontrato durante un incontro che si era svolto in quel nostro piccolo ma prezioso evento che è il Festival Adriatico Mediterraneo dove era venuto a presentare un altro suo bellissimo libro : Pane nostro , anche questo una sorta di breviario delle popolazioni che si affacciano sul nostro mare.

Il Maestro parlava benissimo l’italiano , aveva anche insegnato slavistica alla Sapienza e padroneggiava con eleganza un ottimo francese .

La nostra conversazione durante la cena però era stata tutta sul suo libro più importante : per una come me che il Mediterraneo lo ha navigato in lungo e in largo il suo libro era stato davvero un compagno di molti anni.

Lo segnalo nel mio piccolo blog a tutti coloro che vogliono capire quanto un mare possa unire le popolazioni che si affacciano sulle sue coste : “metti un dito nel mare e sarai in contatto col mondo.”

Era stato un piccolo slogan di una delle nostre edizioni passate e se di questo assunto è vero di sicuro un prezioso testimone ne è stato l’illustre professore ed il suo affascinante libro.

Anche se Predrag Matvejevic non c’è più il suo libro rimane a ricordare attraverso la storia dei popoli rivieraschi quanto di unico e prezioso ci sia nella storia della civiltà mediterranea.

Adesso che quel mare lo possiamo attraversare quasi camminando su migliaia di cadaveri dei poveri illusi migranti africani il Breviario Mediterraneo resta a ribadire il valore di uno studio importante sulle civiltà che si sono affacciate sulle sue coste e che in qualche modo hanno illuminato tutto la nostra cultura occidentale