L’intelligenza tranquilla

Pensavo ai tanti perché l’uscita ( forse temporanea ) di Angela Merkel dalla scena politica europea sia vista con dispiacere anche da molti europei e non solo dai tedeschi.

La Merkel per me rappresenta il lato migliore delle donne , la capacità di mediazione , l’intuito e la preparazione comunque necessaria nella vita politica.

Sicuramente nel suo cammino di successo le sarà capitato di essere cinica e sicuramente nel suo percorso ci sono stati anche momenti duri ; in definitiva anche quello che in qualche modo si può definire “l’uccisione del padre”.

Lei però non ha mai abbandonato lo stile esteticamente calmo , riflesso nel suo ostentatamente monotono abbigliamento , nel suo essere capace di quello che molto semplicemente oserei  banalizzare nel fatto che non si è fatta mai cogliere in fallo  perdendo la pazienza.

Invece molte donne politiche , e me ne dispiace per la categoria,usano la regola dell’urlo , della vena gonfia sul collo .

 Lo sbandieramento isterico che fa parte sì dell’eterno femminino ma che è bene tenere ben nascosto se si vuole ottenere quella “ parità di genere” che non può essere solo un’etichetta .

Un uomo che urla e che si comporta da esagitato può essere anche etichettato come “un duro”.

Una donna che si comporta nello stesso modo finisce , quando le va bene , per essere considerata una soltanto una strega.

A proposito di una critica

Foto di Christine Cerletti

Ho letto con la dovuta attenzione il ponderoso articolo di Alex Ross , critico musicale del NewYorker , di cui ho letto anche un paio di interessanti libri , il primo dei quali mi fu gentilmente donato addirittura da  Alberto Mattioli.

Niente di nuovo a proposito di Kaufmann di cui non  abbia letto già tante volte , ma ci sono due passaggi nell’articolo che mi hanno incuriosito e sui quali vorrei ritornare .

Il primo, e mi ha decisamente stupito è quando l’autore afferma essere il tenore un cantante che non entra mai nei ruoli .

Ora se un pregio attoriale  caratteristico di Jonas è proprio quello di “essere” sempre dentro il personaggio fino a identificarsi totalmente in esso ed è uno dei suoi meriti più preziosi.

Non  a caso non ha mai voluto interpretare Pinkerton ( salvo in una lontana incisione ) perché aveva ammesso di non condividere la sua leggerezza e il suo cinismo.

A Kaufmann vanno bene i perdenti , gli eroi negativi , tutti quelli che hanno un’anima magari dolorosa , ma che comunque passano emotivamente negli spettatori.

Il secondo punto di perplessità mi è venuta dalla lettura di quello che Ross considera un limite del tenore , cioè la sua facilità vocale nel repertorio italiano e francese ma molto meno in quello tedesco addirittura da sembrare un cantante straniero e non di madrelingua.

Forse non ha capito Ross che Kaufmann è grande “anche” perché riesce a cantare Wagner in una maniera non wagneriana e per questo il suo Tristano ma anche il suo Walter Von Stoltzig , nonché il più bel Sigmund mai ascoltato sono stati per me una meravigliosa scoperta laddove invece mi era più difficile apprezzare la nascosta musicalità del grande compositore.

Io non ho ben capito dove basi la sua affermazione Ross , io non conosco il tedesco ma ho capito tutto quello che dice Lohengrin e tutta la preziosità del fraseggo dei magici Lieder cantati da Kaufmann fino ad avermi spinto a studiare la difficilissima lingua.

Forse Ross è in grado di capire il tedesco così bene da potere fare questa affermazione . Mi piacerebbe chiederglielo.

Lavorare stanca

E’ il titolo di una raccolta di poesie di Cesare Pavese e seguitava a girarmi nella testa in questi giorni in cui si parla tanto di revisione delle pensioni nel nostro paese e si continuano a stilare elenchi sempre più larghi di quelli che sono definiti “lavori usuranti”.

Non ho nessun titolo per addentrarmi nelle regole che stabiliscono quando un essere umano abbia il diritto di prendere una pensione ma mi soffermo su questo particolare tipo di agevolazioni . Ovviamente è usurante fare il minatore o il vigile del fuoco , innegabile che lo siano anche tutti quei lavori per i quali è richiesta anche una notevole prestanza fisica , ma come non definire usurante il lavoro di un insegnante costretto a combattere con allievi ancora troppo numerosi e sempre più difficili da contenere sul piano educativo?

Sicuramente è usurante fare il medico in un Pronto soccorso , il fornaio costretto ad alzataccie antelucane e potrei continuare all’infinito.

Forse , ma è solo una ipotesi di studio, si potrebbe considerare lieve il lavoro artistico : dipingere , cantare , suonare , scrivere possono sembrare divertenti solo se non si conosce la fatica che comunque è sempre presente nell’impegno creativo.

Quindi alla fine c’è solo da concludere come diceva il Poeta che  “lavorare stanca “ qualsiasi sia l’impegno assunto durante l’attività lavorativa.

La pensione , legittima e dovuta grazie a quanto si è versato durante la vita per ottenerla ,è però spesso un passaggio intermedio nella vita , conosco tantissime persone che dopo la pensione seguitano a lavorare , ovviamente semmai con meno stress da orario e non conosco molti pensionati seduti ai giardinetti a godersi il sole.

Ovviamente queste sono considerazioni banali di una non-lavoratrice che ha lavorato sempre nella vita perlopiù su base  volontaria : dall’impegno sociale a quello politico fino a quello mai riconosciuto veramente di casalinga , un vero lavoro usurante e frustrante e con molte poche gratificazioni .

Volare , oh oh ..

Ho avuto uno strano rimprovero da una persona a me vicina :non si devono scrivere cose tristi su un blog. Punto.

Ci ho pensato a lungo , soprattutto in certi periodi in cui viaggio di meno e tutto sommato , vista la situazione generale sanitaria del pianeta non è che mi senta spinta a viaggiare come facevo una vita fa, prima del Covid.

Per cui finisco per parlare di cose diversamente interessanti , alcune di interese generale , altre più intime sapendo che se poi mi taccio un ridicolo argoritmo mi dice  che è un po’ di giorni che non scrivo e mi rimprovera tacitamente del silenzio.

Motivi per scrivere di cose allegre si possono sempre trovare soprattutto quando scorrendo nelle prime ore del mattino un po’ di stampa quotidina ci si imbatte in qualche curiosità , come quella di cui ho scritto nell’ultimo post .

Oggi invece racconto di una storia triste , di un piccolo incidente al quale assisto spesso e contro il quale ho concluso di non poter fare assolutamente niente .

Nella stanza in cui sto seduta al computer c’è una finestra che guarda a mezzogiorno e che riflette nelle prime ore del mattino l’azzurro del cielo : con una certa regolarità un forte rumore mi fa sobbalzare perché un qualche uccellino , più o meno grande ,volando felice si imbatte in quello che credeva il cielo e si scontra sul vetro del mio studio.

Spesso se ne riparte tramortito , svolazzando a fatica ma qualche volta ahimè il volo è tanto veloce e sicuro che il povero volatile si schianta restando ucciso sul colpo.

Allora mi affaccio alla finestra e vedendo quel povero animale stecchito in terra penso che forse sarebbe meglio non aprissi la persiana la mattina ma finisco prosaicamente per prendere una paletta e raccogliere la povera piccola salma che ha creduto di volare in alto ed è finita miserevolmente nel mezzo del suo volo felice.

Avessi ancora la mia inaridita vena poetica forse ci scriverei dei versi, avendola esaurita cinicamente concludo che certi uccellini sono proprio scemi e se si sbagliano il cielo con un vetro non vedo perché io dovrei tenere la luce accesa per permettere il loro volo sicuro.

Ai-Da al Cairo

Leggo una curiosa notizia sulla stampa di oggi : Ai-Da è stata arrestata al Cairo .

In principio non ci faccio caso , poi leggendo meglio e foneticamente sillabando “Aida” e , da melomane incallita , trovo l’evento assai curioso.

Ovviamente questa Aida , un robot il cui nome viene da Intelligenza artificiale più un omaggio ad una scienziata dell’Ottocento ( tale  Ada Livermore) ,non è una schiava etiope ed è anche molto carina stando alle foto dei giornali , certo però la coincidenza diverte : evidentemente per Ai-da l’Egitto è terra ingrata .

 Aveva già girato molto nel mondo ma qui l’hanno considerata una spia perché nei suoi occhi poteva nascondersi chissà quale telecamera .

Povera Aida , ci sono voluti dieci giorni per scagionarla e non sanno i solerti funzionari che lei nel frattempo aveva già saputo quella vecchia faccenda delle gole di Napata e chissà se un qualche romantico funzionario egiziano non sia  rimasto  affascinato da lei e le abbia raccontato ( o meglio le abbia permesso di fare riprese per qualche strano sito segreto attuale).

Certo , a vederne la foto , mi pare di poter dire che questa Aida cibernetica sia molto ma molto più accattivante di quell’orribile burattino grigio che il povero Radames- Kaufmann è stato costretto ad abbracciare sotto “ la fatal pietra” .

Oltretutto in compagnia di ben tre burattinai  compresa la povera strisciante sulle ginocchia che è stata immortalata da YouTube soprattutto mostrando il suo lato B a favor di camera.

Aida robot batte l’Aida burattino , ci pensino i registi innovatori , potrebbe essere una buona occasione per scandalizzare i nostalgici del soprano tinto con il lucido nero dei tempi andati.

Modo di dire

Ci sono delle espressioni lessicali che cambiano con il cambiare degli anni : rileggendo un libro scritto negli anni 60  ( ne ho parlato nel mio ultimo blog) mi sono imbattuta in un modo di dire che era entrato anche nell’uso comune nel mio ambiente   e nella mia famiglia dove c’erano c’erano anche dei parenti ebrei essendo da sempre Ancona una città mercantile e in cui c’erano addirittura due sinagoghe.

Si usava dire di una persona modesta culturalmente e anche con atteggiamenti direi in qualche modo goffi che si comportava da “negro” e dicendo così non si faceva assolutamente riferimento al colore della pelle , perlomeno non in maniera consapevole.

C’erano anche la “negritudine” e adddirittura c’era il superlativo  “negerrimo”.

Chiaramente oggi per l’equivalente userei la parola  “imbranato”, o quelli equivalenti in uso tra i giovani che forse neanche conosco , ma dire negro ad una persona non usa proprio più , neanche se quello è il suo colore della pelle , semmai diremmo afrocolored ,a dimostrazione che davvero il lessico cambia.

Pare che sia diventato addirittura pericoloso scriverlo sui social , si rischia di essere bannati dall’argoritmo implacabile.

Comunque sono convinta che ci sia ancora tanta ipocrisia in queste rimozioni quando ancora si stenta a considerare davvero che si sia diventati tutti uguali , a prescindere .

Il nostro lessico in disuso era soltanto un modo come un altro per ridere tra di noi per il nostro amico che faceva brutta figura in modo involontario.

Io ero e sono una povera goy , mi diverte ricordarlo con affetto anche se tutti quelli che mi chiamavano così ormai se ne sono andati via da un pezzo.

Dei Social e della critica

Devo confessare che per me Instagram resta un modo abbastanza misterioso per interagire : l’ho scaricato e ci vado spesso solo perché su quella piattaforma ci sono i giovani e in questo modo ho più spesso notizie della mia famiglia sparsa un po’ nel mondo .

Infatti i ragazzi usano più volentieri questo mezzo per raccontarsi di quanto non facevano un tempo  , quando tutti stavano su Fb.

Ora lì ci stiamo noi e non sempre con leggerezza : mi è capitato di scrivere solo una mezza risoluzione di uno di quei giochini scemi in cui si deve scoprire cosa c’è scritto fra tante linee e io mi sono limitata a scrivere un pezzo del messaggio nascosto .

C’è da non crederci , ma c’è chi ha avuto il tempo e la voglia di correggermi scrivendomi a mò di rimprovero : apri bene gli occhi !

Per solito invece mi diverte nello scoprire in quei pochi secondi richiesti il numero o la lettera nascosta , adesso starò attenta a non farlo più , non vorrei rischiare di essere messa alla gogna se sbagliassi !

Scherzi a parte ci sarebbe da fare una considerazione più profonda sull’uso dei social da parte di noi adulti , ormai diventati una lavagna pericolosa quando si supera il livello di  condivisione , come dire , universale.

Per quello infatti io so di avere questo spazio mio , il blog , sul quale mi permetto divagazioni più articolate sapendo di rischiare in proprio e , come si usa dire , di metterci la faccia.

Qui mi permetto di praticare anche una funzione critica che sarebbe pericolosa altrove .

Non sempre mi piace tutto quello che leggo o rileggo : per esempio sono rimasta delusa rileggendo dopo molti anni quello che fu un libro di culto negli anni 60/ 70 del secolo scorso .

Ho trovato tanto costruito un libro che mi sembrò un miracolo di semplicità . Il Lessico familiare della Ginsburg rivela aldilà delle frasi che diventarono lessico di tutti ( non riconosco più la mia Germania per esempio ) , quanto di volutamente calcolato ci sia il raccontare in maniera disadorna le grandi frequentazioni della sua famiglia e il volere sorvolare sulla tragedia della morte di Leone Ginsburg fino a farlo diventare un inciso della narrazione .

Certe riletture a distanza di cinquant’anni come certi film un tempo molto amati rivelano drammaticamente il peso degli anni trascorsi.

Come al solito ( e tra intimi ) apro il dibattito.

Il Lied romantico

Se qualcuno mi avesse chiesto di spiegare in che cosa consiste la magia del Lieder romantico fino a qualche lustro fa avrei risposto con generiche frasi e avrei fatto riferimento al particolare gusto per questa forma musicale che aveva la sua massima espressione nei paesi di cultura austro-germanica , una risposta scolastica.

Non avevo ancora incontrato uno straordinario artista , un cantante che alternava le varie forme di espressione canora con disinvoltura e passava allegramente dalla lirica  ai Lieder .

Quando , ormai sono passati davvero tanti anni , per la prima volta ascoltai Morgen di Strauss cantata da quel bel ragazzo riccioluto fu come una folgorazione .

Ripensavo a questo oggi quando su Fb è apparso un piccolo post , di quelli discretamente rubati durante i bis ( in questo ci sono persone veramente brave a farlo senza disturbare ( americani imparate!) nel  quale il piccolo Lied straussiano sembra rappresentare una sospensione del tempo : una via di mezzo tra l’impalpabilità e il silenzio.

La persona che lo ha postato (e che conosco personalmente) accompagna la visione con la raccomandazione di leggere la traduzione dei testi prima dell’ascolto perché è veramente importante capire la piccola storia contenuta in pochi minuti , talvolta è un bozzetto di vita , altra volta è una poesia d’amore , spesso la poesia che è all’origine sarebbe già da sola qualcosa di prezioso , ma la musica aggiunge magia e ne fa un unicum : il tempo sospeso della vita.

Non so se amo di più i Lieder di Strauss o quelli di Schubert , se quelli di Schumann o quelli di Mahler .

So solo che una voce particolare me li ha fatti amare per sempre e per questo amore ho pure studiato il tedesco , certamente non in grado di poterci fare una vera conversazione ( un amico che in Germania ci vive da vent’anni mi ha detto che non basta una vita per impararlo davvero) , ma abbastanza per godere appieno la piccola preziosa storia di un Lied.

Jenùfa a Londra

I teatri hanno appena riaperto davvero e grazie alla generosità della ROH è possibile vedere in streaming una bellissima Jenùfa , davvero un modo splendido per ripartire .

Leggo che lo spettacolo doveva essere in cartellone prima che la pandemia avesse fermare tutte le attività , anche in Inghilterra.

Questo spettacolo con la regia di un Claus Guth in stato di grazia merita davvero per l’altissima qualità musicale e per la grande prestazione dell’intero cast.

Debutto londinese per Asmik Grigorian nel ruolo del titolo , ma uguale merito va a Karita Mattila nell’ingrato ruolo della sacrestana.

Anche i due interpreti maschili : Saimir Pirgu e Nicky Spence sono bravissimi , in più c’è anche una straordinaria (  e intramontabile) Elena Zilio nel ruolo della vecchia nonna, qui durissima padrona di una sorta di fattoria, cooperativa nella quale si svolge il primo atto.

Una grata di fredde lamine ferrose si apre sulla scena e ci porta in un  mondo chiuso e un po’ claustrofobico in cui tutti si muovono come comandati dalla splendida musica di Janacek , i letti sullo sfondo con le reti che serviranno a formare una gabbia  in cui si svolgerà il terribile secondo atto e infine nel terzo quando un pavimento di fiori fa sembrare per un attimo che ci sia una vera festa  durante il quale si ha l’unico momento di folklore e nel quale si esaltano i bellissimi coloratissimi costumi del coro.

Grande , grandissima Grigorian di cui mi ha molto colpito la dolcezza della preghiera del secondo atto , ma mostruosamente brava anche la Mattila che la giovane cantante è andata a  omaggiarte nel saluti finali .

Avevo già avuto modo di vedere questo capolavoro ,ma questa messinscena credo che rimarrà a lungo come un evento epocale.

Non conoscevo il direttore Henrik Nànàsi , mi pare di poter dire che abbia saputo bene valorizzare in carattere ostinato della musica di Jànacek  valorizzando al massimo l’orchestra della ROH.

Consiglio i miei lettori di trovare il tempo per vedere questo spettacolo che rimarrà gratuitamente in rete fino al 9 novembre offerto da Operavision su YouTube.

Antichi riti teatrali

Forse per sfuggire agli avvenimenti quotidiani di una realtà che con fatica cerca di rimettersi in moto dopo il tempo buio della pandemia mi rifugio spesso nella tranquillizzante visione di spettacoli preziosamente conservati nel mio personale archivio musicale

Proprio ieri osservavo la rigida cerimonia dei saluti al termine di un’opera lirica : prima gli applausi ai protagonisti , poi in progressione : i figuranti , il coro , le parti minori –destra , sinistra-, poi in crescendo fino ai protagonisti . Ultimo atto la soprano verso le quinte ad invitare il Direttore .

Sembra un balletto , ma è la convenzione rispettata da almeno un secolo come è convenzione non riprendere con i telefoni durante un concerto e sarebbe anche “buono e giusto” non applaudire tra un’aria e un’altra come (orrore!) tra il tempo di una sinfonia e l’altro.

Ma da un po’ di tempo il pubblico ( e meno male che ce ne sia ancora ) non è più abituato alle buone maniere d’antan e ho provato un brivido più di una volta mentre succedevano questi incresciosi eventi.

Una terribile involuzione tra il pubblico della musica colta  e le masse che vanno a manifestazioni diverse  dove il comportamento generale è mutato e dove gli spettatori diventano parte integrante delle performance.

In questo tempo di mezzo , ammesso che ci sia ancora un pubblico per coloro che come me sopravvivono e seguitano ad amare le convenzioni , succedono spesso piccoli incidenti che poi trovano largo spazio sulla stampa .

E’ successo , tanto nomini ! , pure a Kaufmann alla Carnegie Hall e lo “stupid” sibilato fra i denti dall’illustre tenore è stato pure stigmatizzato dalle cronache.

Ma io mi dico : se per vendere qualche migliaio di Cd in più , ammesso che ci sia ancora un mercato  tanto la gente si sente tutto su Spotily e You Tube , si  va in giro a proporre programmi raffinati in ambienti troppo grandi questo è il minimo che può succedere . 
Direi rischio calcolato o almeno dovrebbe esserlo.

Al  famoso pianista che smise di suonare al primo trillo di telefono fece seguito la provocatoria proposta di un altro pianista che propose un brano per suonerie e pianoforte o il paziente sorriso del Direttore che alzando la bacchetta sembrò comandare anche la canzoncina della vecchia signora smemorata col telefono acceso per l’ora della pillola.

Sempre meglio di tutti quelli che seguitano imperturbabili a leggere le News trasformando le platee in un capo di lucciole : anche questo è lo spettacolo oggi , signori!

Una storia di ieri

Da più di trent’anni , una vera fortuna , mi aiuta in casa la stessa persona : una donna forte che ha visto crescere e andarsene i miei figli , che mi accompagna ancora nella solitudine e alla quale sono molto affezionata.

Qualche giorno fa , parlandomi con serenità mi ha raccontato con rammarico perché ancora prende il treno ogni giorno per venire a lavorare .

Certo , se quella volta il padrone ci avesse dato la casa che avevamo trovato …

-Sa, voleva un anticipo di due anni d’affitto e avevamo pure trovato i soldi .

Quando andammo da lui con le buste paga e tutti i documenti disse : ah no ! non affitto ai meridionali.

Così lei mi lo ha raccontato serenamente e senza rancore un caso di assurdo razzismo nelle civilissime Marche ( lei è pugliese).

Oggi in quel paese dell’hirteland cittadino  dove non le affittarono  la  casa si vedono ai tavolini del bar del Corso uomini che vengono da molto lontano , le scuole sono frequentate da ragazzini di ogni colore ,( la frase non è mia , è di un mio nipote che in quel paese ci vive ) insomma in trent’anni sono veramente cambiate tante cose anche sotto quello stesso sole..

Il mondo è cambiato , forse quel padrone di casa oggi affitta regolarmente a magrebini , filippini , romeni e non guarda più alla provenienza dei suoi affittuari , ancora però quei bambini che giocano con i miei nipoti , che ridono e parlano con lo stesso accento non sono ancora cittadini italiani . Evidentemente  il cammino non è ancora finito , c’è ancora un po’ di strada da fare.

Letture concatenate

Quello che mi ha sempre spinto nelle letture è stato un allacciarsi di stimoli e anche in questo caso la ricerca di un libro ( avevo letto l’opera prima dello stesso autore ) mi ha portato a studiare la storia degli Anabattisti .

Partendo da Jan de Leida e dalla curiosità di vedere come è adesso la città di Münster mi sono addentrata in una storia vera ma della quale credevo di sapere pochissimo .

Ai tempi di Carlo V sapevo ( quanto aiuta il melodramma !) che nelle Fiandre non stavano proprio messi bene ma quello che mi ha alla fine anche divertito è stato il fatto che gran parte della storia l’avevo letta anche in uno dei miei adorati libri di una scrittrice che amo di un amore totale :Marguerite Yuorcenar, solo che dell’Opera al nero ricordavo quasi tutto ,meno che la storia degli anabattisti che ne occupa una prima parte.

Poi ci sono le piccole perle di conoscenza sulle quali ci si sofferma di rado : perchè i Lanzichenecchi hanno quel nome ? E chi erano ? La parola germanica è composita e vuol dire più o meno servi della terra ma quando onnivora giovane lettrice divoravo i libri non mi fermavo a studiare , mi restavano grandi emozioni e di quelle mi sono nutrita nel tempo.

Oggi invece ho meno impegni anche se le mie giornate sono ancora così piene che qualche volta arrivo alla sera senza avere fatto tutto quello che mi ero ripromessa di fare .

Rileggere è per me un nuovo nutrimento , pari e forse più grande di quello che fu al suo tempo la scoperta iniziale , come per me adesso è parimenti grande la gioia dell’ascolto musicale rinnovato dalla maggiore conoscenza.

Forse non ci basta una vita per godere davvero di tutte le gioie dello spirito che credevamo di possedere , quello che  davvero mi manca è il tempo di goderne abbastanza.