Mario Martone è uomo di teatro e si capisce la sua scelta di fare un film sulla vita di Eduardo Scarpetta , il comico napoletano che all’inizio del secolo soppiantò addirittura Pulcinella nell’immaginario colletivo napoletano.
Putroppo però il cinema è cosa diversa dal teatro , infatti il film a tratti sembra una cartolina che riproduce una Napoli da Domenica del Corriere dell’epoca .
Bellissime invece tutte le riprese dall’interno del palcoscenico , nelle quali Martone da il meglio di sé, poi scade nella ricostruzione storica anche se la prospettiva scelta è quella della ricostruzione del processo per plagio intentato da D’Annunzio contro Scarpetta che aveva scritto una parodia della Figlia di Jorio .
Scarpetta vinse la causa , ma non è per questo che il film merita comunque , con tutti i suoi limiti , di essere visto.
Lo sguardo attento del piccolo Eduardo De Filippo ( bravissimo il ragazzino che lo interpreta ) è la chiave di lettura che eleva un biopic neanche tanto riuscito in un atto di amore per il teatro napoletano tutto e per la grande tribù di teatranti che ha generato.
Una raffinata colonna sonora composta soltanto dalle grandi canzoni napoletane dell’epoca tra le quali spicca come un colpo al cuore ( per me ) la stupenda “Voce ‘e notte ” è un valore aggiunto che riscatta molte ingenuità oleografiche del film.
Neanche Tony Servillo , altrimenti grandissimo , qui sembra a proprio agio , non è nelle sue corde la comicità forzata del personaggio , infatti l’attore dà il meglio della sua arte nella parte oscura del guitto trionfatore che si permetteva una vita da capoclan, una famiglia tribù allargata e una villa a Posillipo provocatoriamente chiamata proprio Qui rido io.
Interpretato da tutta una corte di famosi e grandi attori napoletani il film è una occasione perduta e insieme un grande omaggio al teatro che verrà.