Quante volte avrò rivisto Pretty Woman? Sicuramente tutte quelle che in momenti di tristezza per ragioni serie sono entrata nel tunnel dell’evasione come terapia , tanto le favole piacciono da zero a novant’anni ( e oltre) dico io, ma lo diceva anche Collodi a proposito del suo Pinocchio.
Ho scoperto di ripetere in coro con mia nipote la famosa frase : “Quella gran c**o di cenerentola “ e di godere ogni volta che Julia Roberts torna nella boutique di lusso che non l’aveva voluta servire e chiedere alla commessa allibita : voi lavorate su commissione ?
E dopo l’ammissione della sventurata aggiungere : Big mistrake! La sua esclamazione in lingua originale , perché in effetti dopo averlo visto millemila volte in italiano ormai mi diverto di più a vederlo in lingua originale.
Non doveva nascere così perfetto il piccolo film cui non credeva neppure il protagonista , poi la favola ha preso il sopravvento e il portiere d’Hotel fata benigna ha contribuito alla creazione del capolavoro involontario.
C’è anche per noi melomani il contentino lirico con La traviata in forma molto americana , ma “l’intorcinamento” delle budella della escort intelligente ci conferma quanto di vero e di universale ci sia nel capolavoro verdiano.
Succede con Pretty woman quello che era successo con Casablanca , ma questo forse riguarda una generazione precedente , quella del bianco e nero e del Play it again Sam….
A pensarci bene sono due storie che riguardano due epoche diverse .
In comune hanno solo il fatto di avere la lunghezza giusta , senza l’elefantiasi dei film di oggi .
Quando “la brevità gran pregio “ , non la commenta solo Rodolfo nella Bohème.