Amarcord

Su Repubblica di qualche giorno fa  c’è una foto in un articolo che riguarda la guerra del Bellini , il mitico cocktail ,il cui nome è conteso in battaglie legali , ma il mio interesse è legato alla foto che commenta l’articolo con una foto d’epoca dell’Harry’s bar .

Ci sono nientemeno che Ernst Hemingway con Giuseppe Cipriani , il fondatore del mitico locale veneziano.

Ma la persona per me importante e che attira lo sguardo è il barman che sta nel mezzo : riconosco con tenerezza il mitico Ruggero , quello che si ricordava i clienti anche a distanza di anni.

Ero poco più di una ragazzina innamorata e per la prima volta entravo con quello che sarebbe diventato presto mio marito nel mitico bar in Calle Vallaresso.

Bevvi il mio primo Negroni e mangiai il mio primo Pierino , una meraviglia di tramezzino che si scioglieva in bocca.

Uscendo sul Canal Grande Venezia era un sogno incantato , le gondole dondolavano nella luce della luna e forse era anche l’effetto congiunto dell’amore con il Negroni!

Per anni sono tornata , quasi sempre verso settembre , a Venezia ed entrando all’Harry’s Ruggero sorridente e senza neppure aspettare l’ordinazione mi offriva il “ mio” Pierino , mentre in maniera complice ci preparava i Negroni.

Mi riconosceva sorridente ogni volta , sapeva della mia vita , dei figli che nascevano ,garbatamente parlavamo della comune passione per la montagna e credo che il grande successo del locale dipendesse anche dalla grazia un po’ ruvida di tutti i camerieri “amici “che sveltamente con un incastro incredibile riuscivano a trovarci il posticino ai prestigiosi tavoli sempre super prenotati dai big di tutto il mondo.

Passano addirittura i secoli , Ruggero non c’è più , non ci sono più neppure i mitici camerieri che velocemente arredavano i tavoli per la cena ,ma Arrigo c’è ancora e quel ragazzino  che una volta stava accanto al padre ormai credo faccia finta di riconoscere nella vecchia signora una delle tante clienti passate di lì nel secolo scorso.

Un paese senza…

…logica, dignità, valori etici.

La vedova del fondatore dei talkshow , a sua volta regina del sabato sera accetta i selfie di condoglianza, un anarchico illuso cerca di morire mentre un boss della mala esce dal carcere di massima sicurezza con le lenzuola legate come da tradizione ottocentesca a favore di telecamera , un ministro rimprovera la preside perché scrive ai suoi allievi di vigilare attenti all’indifferenza.

Un partito confuso sceglie una leader che lo affosserà definitivamente facendo votare , con la più falsa dimostrazione di democrazia ,chiunque abbia voglia di credersi rinnovatore e più grave di tutto c’è ancora chi crede negli slogan ad effetto :

si marcia per la pace facendo finta di credere che Putin stia lì per contentare le anime belle e si dichiara solennemente che per fermare analoghi eventi che ripeteranno i mostruosi risultati dell’ennesimo tragico  naufragio bisogna lavorare per evitare la partenza dei poveri dannati della terra come se fosse possibile fermare con le mani l’ineluttabilità della Storia.

Lunga vita a questa Italia perduta nelle pieghe di un qualunquismo che ormai sembra essere una sua componente genetica.

In anni lontani dal Lessico familiare della Ginsburg traemmo una piccola frase, “ non riconosco più la mia Germania , come diceva il libraio di Friburgo .

Ebbene io adesso mi sento di parafrasarlo: non riconosco più la mia Italia”.

L’indifferenza.

“ la democrazia va insegnata a scuola “ sono parole di Edith Bruck , scrittrice italiana oggi novantenne , che fu una bambina ungherese sopravvissuta al Lager e che ha trascorso tutta la vita impegnandosi a trasmettere la sua testimonianza  raccontando la sua vicenda in bellissimi libri e soprattutto andando in giro per le scuole ad incontrare i ragazzi .

Le sue parole oggi sono di nuovo necessarie , direi urgenti.

Lei che di ragazzi ne ha incontrato migliaia sa quanto sia importante spiegare loro le cose semplici che sono contenute nella nostra Costituzione ; tempo fa la vidi in televisione in un programma nel quale si vedeva la sua piccola figura minuta circondata da tanti ragazzini seduti per terra in circolo intorno a lei.

Instancabilmente lei ha percorso il paese in lungo e largo , ovunque l’hanno chiamata sentendo l’urgenza di trasmettere il messaggio di libertà che scaturiva dal suo racconto in cui si riviveva l’orrore .

Chissà se il ministro del merito Valditara che ha scritto un libro sul “ sovranismo nella scuola “ ( mi domando anche che cosa voglia significare questa strana dizione) abbia mai saputo quanto sia urgente spiegare ai ragazzi quello che ha fatto la bravissima preside fiorentina , nel momento in cui è sempre più necessario richiamare l’attenzione dei ragazzi svegliandoli dal pericoloso atteggiamento di indifferenza che purtroppo sembra essere l’atteggiamento più diffuso tra le giovani generazioni.

Sottovalutare un evento comunque violento , girare la testa dall’altra parte o più semplicemente infilare la medesima dentro il proprio telefonino , perdersi nelle mille storie che si trovano in rete e che raccontano di un mondo parallelo nel quale non trova posto la realtà storica che abbiamo vissuto significa una cosa sola : assistere indifferenti a eventi pericolosi dei quali , magari incolpevolmente , non ci si accorge della gravità.

Contro l’indifferenza richiamando i suoi studenti a cogliere segnali pericolosi anche in un pestaggio sul marciapiede è quello che ha fatto la brava giovane Preside che è poi  quello che fa da anni la straordinaria Edith Bruck.

Ancora sul Faust

Non riesco a staccarmi dal bellissimo programma di sala del Doktor Faust di Ferruccio Busoni , ; l’avevo letto una prima volta per prepararmi all’ascolto dell’opera ed è una volta tanto un piccolo libro da conservare perché pieno di informazioni , curiosità e soprattutto contiene alcune pagine di approfondita critica musicale molto utili per chi voglia ripercorrere le emozioni di uno spettacolo speciale .

Questa volta il regista , del quale a onor del vero non ho sempre apprezzato le regie , prende in mano la strana serie di impulsi che Busoni ricava dal mito antico e ne estrae l’essenza più genuina.

Sappiamo da subito che tutte quelle figure vestite in modo uguale portano sul volto la maschera dell’autore medesimo , sappiamo che il gabinetto dello scienziato è in realtà un antro sul cui cielo si apre un abisso che cambia continuamente :  dalle fiamme infernali , al cielo stellato fino al meccanismo faraginoso del tempo .

Molti i motivi esplicativi  per una facile lettura accompagnano  lo spettacolo : stupendo il pianoforte che cala dall’alto al quale siede un Busoni ( fu un  grande pianista del suo tempo) vestito proprio come appare nelle foto d’epoca . Suggestive le entrate dalla platea del soldato vendicatore ( il Valentino goethiano) e successivamente del coro della corte di Parma .

Momenti che sembrano spiazzare ma che in   realtà accompagnano in maniera perfetta l’evolversi della musica.

L’amore di Busoni per il teatro tradizionale di marionette gli permette di allontanarsi dal testo più noto e di fare incursioni semmai verso la Tragedia del dottor Faust di Marlowe, dal quale prende anche il titolo .

L’arguzia e la sottile ironia di Mefistofele  ( non a  caso il diavolo scelto tra quanti si presentano allo scienziato assetato di sapere per la sua offerta appagante ) si manifesta attraverso la richiesta pressante di Faust  “rendimi libero!” che risponde con lo sgambetto ironico su” quante cose pretenderebbero gli umani.”

Il finale mai scritto da Busoni rende anche più affascinante quest’opera aperta : non c’è dannazione , ma neanche perdono , solo l’ipotesi di un rinnovamento attraverso l’ipotesi di una rinascita non ben definita : la sedia di Faust sale e resta sospesa a mezz’aria , anche questa è una bella e felice intuizione di Livermore.

Una ultima notazione : una volta tanto anche i costumi sono eleganti e bellissimi , peccato che le beghe teatrali non abbiano concesso una ripresa televisiva , questo è uno spettacolo che non va assolutamente perduto.

Un concerto particolare

Per la prima volta entro nel nuovo Auditorium del Maggio , me ne hanno già parlato malissimo tutti ( non è che a Firenze sia facile contentare la clientela(!) e tutto sommato lo trovo bello anche se decisamente molto verticale : penso con terrore alla discesa dall’alto di chi va ad ascoltare nelle ultime file  ,. Mi sembra la pendenza dello Schuss delle Tofane.

Per un caso invece io sono in prima fila , un po’ troppo forte il suono e un terribile spiffero dalla porta accanto completano l’effetto montano.

Ma sto male del mio e quando entra tremante sulle sue gambe Zubin Metha ho un moto di tenerezza e conforto , è grande l’emozione nel rivederlo lì sul podio.

Il primo brano in programma è Brahms , Ouvertutre tragica in re minore , mi godo il pieno della grande orchestra e il gesto affettuoso del direttore verso ognuno dei suoi strumentisti.

Secondo momento Bela Bartok, concerto n°2 per pianoforte e orchestra , un virtuoso incredibile alla tastiera :Yefim Bronfman che affronta le vertiginose incursioni musicali tra il piano e le percussioni , mi dicono poi che sia di una esecuzione di difficoltà incredibile , addirittura c’è chi si è rifiutato di eseguirla.

Purtroppo non sono nella condizione fisica di apprezzare tanto “rumore” anche se mi riservo di recuperare l’ascolto , quando magari starò un po’ meglio.

I due bis di Chopin e soprattutto il cambio di posto che la premurosa sorella mi impone mi consentono di godere di più il resto del concerto , anche se la Quarta di Brahms è troppo orecchiabile e facile , entra nella testa come un mantra familiare : Metha la “canta” con il gesto sempre più trattenuto e semplice , lui sorride all’orchestra e l’orchestra risponde sorridendo a lui.

Troppo facile dire semplicemente “un bellissimo concerto” , ascoltare il grande direttore diventa ogni volta una sorta di regalo in più che la vita mi fa  , ci fa..

Cronaca familiare

Un breve viaggio verso la terra natia , molti programmi di Mostre , musei tutto riassunto in una gran voglia di ritorno.

E poi un vagone ferroviario assassino con raffreddamento incorporato , parto da Ancona in buona salute e a Bologna ( nell’antro orribile della stazione sotterranea A.V già ero in apnea .

Sono arrivata a Firenze col naso gocciolante tipo Befana d’antan e soprattutto con un raffreddore mega-galattico da stroncare anche un qualunque giovinetto.

Grave preoccupazione dei miei parenti che hanno visto arrivare un cadavere che comunque simulava , finché è stato possibile ,un residuo di vitalità.

In effetti sono anche andata al concerto di Zubin Metha al nuovo Auditorum fiorentino , ma di questo  parlerò a parte.

Quello che invece si è rivelato bellissimo è stato il giro della prigione ( cit. Yourcenar) , cioè il girare tra le stanze tutte imbottite di libri e di memorie della bella e nuova casa fiorentina di mia sorella.

Dopo cinquant’anni passati in Piazza Santissima Annunziata e fatti in realtà pochi metri la casa nuova se ne sta appartata e silenziosa in una via laterale , davanti uno splendido muro alla Casorati e in lontananza tetti fiorentini sotto un cielo tanto grande e luminoso ( infatti le piante sono tutte rigogliose e in buona salute).

Libri ovunque . ma non sono libri qualsiasi perché sono la somma affettuosa delle memorie di tante case e se ne stanno , spreco ingiurioso ,i Millenni addirittura in seconda e terza fila .

Ho salutato con dispiacere l’originale  progetto museale, spero solo rinviato a primavera e mi sono goduta l’atmosfera ovattata di questa casa nuova solo per caso perché talmente carica di memorie da permettersi dei raffinati lussi tipo una bella parete di quadri con paesaggi toscani , sembrano tutti Fattori , dipinti dal nonno di mio cognato  più di un secolo fa.

Mi hanno nutrito con amore e in un paio di giorni l’Incappucciatura . termine toscano detto da mia sorella per definire il mio malessere fulmineo che mi aveva colto si è dissolto.

Ho allora coniato un avviso di tipo alberghiero che riporto per la curiosità dei miei lettori:

Elegante albergo nel cuore di Firenze, ottima cucina , ampie camere silenziose. In caso di malessere garantita assistenza medico/ psicologica.

Difetti: si mangia troppo e si beve meglio ma la password di mio cognato non riesco proprio a capirla.

Il Doktor Faust

Qualche anno fa a Monaco di Baviera vidi una strana mostra che mi colpì in modo particolare : il suo titolo era Du bist Faus.  Tu sei Faust)

Dentro un labirinto di specchi tra immagini che si rincorrevano attraverso il mito faustiano ci si specchiava in maniera provocatoria.

Stranamente ieri a Firenze nel mettermi all’ascolto di un’opera rara e straordinaria di Ferruccio Busoni la mia memoria è tornata  quell’esperienza sedimentata nel mio ricordo.

All’apertura del bellissimo intelligente raffinato spettacolo tutti in scena erano cloni di Faust : dalla moltitudine di persone uguali , ma che ripetevano dietro la maschera il volto di Ferruccio Busoni piano piano emergevano i personaggi mentre uno splendido coro in quinta invocava Pax!

Quel Ferruccio Busoni  , italiano di nascita e tedesco di formazione culturale , musicista e intellettuale in bilico tra due culture di cui era comunque egualmente intriso pensò per molti anni di dedicare una sua opera al mito faustiano e ne scrisse sia il libretto che la musica, non osando sfidare Goethe ,piuttosto pensando alla tradizione germanica dei Puppenspiel ( il teatro di burattini).

Il testo in tedesco , la musica piena di riferimenti ai musicisti del suo tempo , si va da Mahler a Strauss , ma è un gioco inutile perché l’originalità preziosa della composizione resta a sé , elegante e unica.

Onore e vanto del Maggio Musicale Fiorentino avere ripreso questa straordinaria opera che proprio a Firenze debuttò nel lontano 1942 e fu poi ripresa una sola volta nel 1964.

Questa era comunque una prima volta perché era data in edizione originale tedesca e Davide Livermore ha realizzato il suo spettacolo più appagante e più riuscito intervenendo con enorme rispetto della partitura e risolvendo i difficili passaggi attraverso l’uso estremamente funzionale delle video proiezioni.

Merito grande va a tutti coloro che hanno partecipato alla felice riuscita dell’operazione.

Cominciando da un grandissimo baritono e attore interprete di Faustus :Dietrich Henschel , dal tenore che interpreta Mephistopheles, al grande direttore del magnifico coro del Maggio Lorenzo Fratini.

Un encomio particolare al direttore d’orchestra  Cornelius Meister , che ebbi occasione di conoscere già anni fa a Salisburgo , allora giovanissimo e oggi direttore stabile a Stoccarda.

Con grande dispiacere Firenze non ha risposto come avrebbe dovuto al richiamo di un così importante evento che va a onore e vanto del Sovrintendente Pereira , avvilito semmai da beghe paesane che ne mettono in dubbio la permanenza in un teatro da lui tanto valorizzato e che meriterebbe ben altro plauso.

Uno spettacolo così , intelligente e raro avrebbe meritato platee molto più affollate , anche se a onor del vero all’ultima replica c’erano praticamente tutti gli abbonati che ci tornavano per la seconda o anche terza volta.

L’opera non finita , l’opera inconclusa perché forse proprio non si può chiudere un cerchio nella nostra esistenza , si conclude in sospeso . Come il povero dottore assetato di sapere e schiacciato dalla sua sete di conoscenza meritava davvero la visione .

Questi miei appunto frettolosi , dopo giorni di silenzio , meritano un secondo approfondimento , ci tornerò molto presto.

Bisogna rassegnarsi

Nel sempre più scarso mio viaggiare inseguendo “ una voce” , come recita anche il titolo di un mio piccolo libro , era andata a Vienna , sapendo che ormai i viaggi lunghi saranno per me sempre meno frequenti e la notizia che non avrei ascoltato Kaufmann nell’Aida non mi aveva colto di sorpresa.

Ho imparato da molti anni a leggere tra le righe delle recensioni e avevo capito che il grande tenore stava facendo ricorso alla sua incredibile tecnica per sopperire ai problemi veri che stavano attraversando le sue corde vocali.

A freddo e senza tema di portare sventura avevo detto : speriamo che non vada a Montecarlo se vuole farcela per il Tahnauser ! 

Ora la notizia , (sempre un po’ troppo ravvicinata) arriva la conferma: salta la sua presenza nello Chénier di Montecarlo.

Non so se questo basterà per sentirlo finalmente nel debutto salisburghese , la voce non è uno strumento che si rimette nell’astuccio dopo l’esibizione e purtroppo molte voci anche pregevoli hanno chiuso la carriera anzitempo per colpa dell’usura delle medesime.

Non credo sia nella lista dei desideri di Kaufmann cantare oltre le sue possibilità ( un po’ cinicamente aveva commentato in tal senso il pervicace prolungamento di carriera di Domingo ) , nel suo futuro ci può essere ancora spazio per tanti bei concerti , qualche ripresa raffinata di opera che ama, ma il ritmo forsennato del suo calendario deve per forza ridimensionarsi se vuole ancora portare ai suoi tanti ammiratori la gioia di ascoltarlo dal vivo , magari un po’ più sporadicamente.

Mi dispiace sinceramente per quei pochi fortunati che avevano vinto la lotteria di un biglietto a Monaco, ricordo la mia delusione ogni volta che mi sono trovata in  locandina nomi di sostituti , (da me quasi sistematicamente dimenticati) .

Un tempo mi ero divertita a elencare le terribile defezioni , ora le guardo con meno rancore , egoisticamente penso che attraverso questa economia ci possa essere ancora la possibilità di ascoltare la bellissima voce di Kaufmann ancora nel pieno del suo splendore.

Per scaramanzia ( mia ) e per la sua salute non scriverò qui i futuri biglietti da me comprati con la sua presenza , faccio i debiti scongiuri e cerco di pensare ai piccoli vantaggi collaterali di cui potrei comunque godere anche in sua assenza :
non sono una wagneriana per caso!

La forza delle dimissioni

Nicola Sturgeon , Jacinta Arden , Natalia Gavrita, Antti  Kakkonen : cosa hanno in comune queste donne ?

Sono leader di paesi diversi , , ma la lista è ancora più lunga se si fa una ricerca sul web scrivendo “dimissioni donne politiche “.

Oltre i nomi che ho scritto si trovano ministre , politiche con incarichi prestigiosi , tutte donne che hanno fatto la stessa scelta che sembrerebbe strana nel momento in cui ci si felicita per il raggiunto grado di rappresentanza femminile.

Ma è proprio delle donne trovare la forza di dire basta , vuoi perché la politica mangia l’anima , vuoi perché spesso le donne davanti alla rinuncia anche solo parziale dei loro valori di base preferiscono rientrare nel privato di fronte ai compromessi e alle tensioni di un mondo che privilegia comunque l’arrendersi al “ meno peggio”.

Se guardo indietro alle donne che hanno resistito alla logica politica maschile trovo nomi importanti che comunque però hanno pagato la loro scelta in termini di qualità della vita propria e della propria famiglia.

Credo che questa nuova imprevista tendenza femminile alla rinuncia dei vertici , magari faticosamente conquistati , ci metta davanti ad un problema di fondo : non è forse anche questa conquista la possibilità di dichiarare , attraverso una apparente sconfitta , che la qualità della classe politica sia troppo condizionata dal successo a tutti i costi ?

In definitiva si rimanda al maschio imperante la risposta , dalle donne viene il richiamo all’etica , dovrebbe riguardare tutti il modo in gran parte obsoleto di gestire in modo antiquato la cosa pubblica.

Il Mozart di Albanese

A distanza ravvicinata la città mi regala finalmente un secondo bel concerto.

Torna l’Orchestra Filarmonica marchigiana e mi sembra un sogno , anche se nel vetusto vecchio , piccolo teatro Sperimentale.

Un programma monotematico : Giuseppe Albanese suona il suo Mozart.

Il programma ben bilanciato , raffinate le note del programma di sala  ( ci vuole il QRcode per leggerle) sono opera del carissimo amico Cristiano Veroli e passata la difficoltà iniziale nel reperirlo mi sono di grande aiuto per apprezzare meglio alcuni momenti più preziosi del concerto.

Forse il pezzo per me meno noto era la straordinaria Fantasia K475, un rincorrersi cupo  verso un abisso , una vera “intermittenza del cuore”.

Appagante per l’orecchio di tutti l’Andante della sinfonia K467, una delle pagine più note ,magiche e perfette,  di tutta la produzione mozartiana.

Anche un romantico bis di Tchaikowski, ma non l’avevo riconosciuto , ha completato bene la serata : era il pas des deux dello Schiaccianoci , ero solo arrivata a capire che era musica molto romantica!

Insomma dopo tanto tempo si ritorna ad ascoltare musica dal vivo anche in questa città molto orfana di musica classica , i vecchi abituée rispondono , mancano un po’ i giovani , ma non è colpa loro , la cultura musicale la si forma attraverso la conoscenza e da queste parti l’offerta è davvero minima , pensare che le Marche sono invece nel loro insieme una regione a grande tradizione musicale da cui evidentemente il capoluogo è un po’ tagliato fuori. 

Commento sanremese

Parafrasando Nanni Moretti mi si pone un problema filosofico : mi si nota di più se lo commento o se lo ignoro con atteggiamento distaccato ?

Ovviamente sto parlando dell’appena chiuso Festival di Sanremo con tutte le sue implicazioni socio-politiche e pseudo -artistiche e alla fine ho pensato che è doveroso dedicargli un piccolo commento , ma di quelli a modo mio.

Ci ho pensato tanto, ma l’unica cosa che mi viene in mente è una specie di sogno: il Festival presentato da una donna e i quattro o cinque siparietti , discorsi morali o similia affidati a i valletti di turno , dei quali ovviamente commentare abbigliamento , postura , eleganza e valore del testo.

A chi mi obbietta che non ci sono donne all’altezza non volendo fare nomi ma solo cognomi penso che una Cortellesi scelta a caso tra una rosa di brillantissime attrici/ intrattenitrici farebbe sicuramente la sua figura tra cotanto testosterone disponibile.

Che bello sarebbe vedere arrivare in discesa dalla scala diabolica ( anche qui il sadismo del tacco dodici) per potere aiutare le povere spesso bellissime creature grate per la manina generosamente offerta dal maschio protettore di turno , scendere più o meno  baldanzosamente dei maschi intenti alla conta dei gradini .

I testi poi dovrebbero rispettare le tematiche importanti  che comunque affliggono il mondo anche senza identità di genere ; non è un esercizio faticoso trovarle , anche per uomini normali.

Dopo questo ineludibile,commento  vetero-femminista ammetto che con molti recuperi mattutini il festival l’ho intravisto anch’io e se mi posso permettere un tocco diverso suggerirei ai tanti politici in crisi di identità di adottare la semplice indicazione che viene dal palco di Sanremo  e che nasce da un molto più lontano atteggiamento biblico : dire si se è si , dire no se è no.

Alla faccia del politichese , la gggente ha bisogno di idee chiare e di posizioni lineari , in definitiva dell’assumersi il coraggio delle proprie scelte , per  questo ringrazio Amadeus.

Sciortino ad Ancona

Con il freddo quello vero di quando da queste parti tira la bora è arrivato ad Ancona un concertista che conoscevo solo dai social  e mi  ha regalato un intelligente viaggio musicale , inatteso e fuori calendario del bel programma degli Amici della Musica.

Il teatro abbastanza pieno se si considera che era pure una serata sanremese , evidentemente esistono tanti pubblici diversi e la sera al concerto ne è stata una dimostrazione.

Partendo dalle rapsodie ungheresi di Listz attraverso altre danze , quelle di  Mikrokosmos  di Béla Bartòk con un interessante inciso , un percorso personale ( sua la composizione nata in un periodo di vuoto da quarantena ) si snoda un pensiero che corre dalla lontana Ungheria fino a tracce di mediterraneità della sua Promenade ,un fluido pensiero nostalgico che percorre la mente in attesa della fine di un cammino.

Un programma suggestivo , si cammina sulle note del virtuosismo pianistico e ci si allontana dal quotidiano  banale.

Orazio Sciortino , lo sguardo dolce mite e azzurro è un virtuoso senza enfasi , rara virtù tra i pianisti affermati.

Prima del concerto un breve colloquio che con la consueta precisione culturale il maestro Guido Barbieri ha svolto con l’artista ha aiutato noi ascoltatori ad accogliere pienamente la scelta che ha fatto del programma un evento nell’evento.

L’orecchio abituato alla musica si rilassa nelle note  di Listz e si tende nella tensione di Bartòk: un secolo separa queste musiche , ormai però le sentiamo molto vicine nello scorrere del tempo.

I sette piccoli pezzi di Sciortino si snodano in mezzo, come un pensiero appena abbozzato  di questo nostro tempo fermato da una strana sosta che ci ha portato in una dimensione , forse nuova o molto antica.

Questo non lo so e tutto sommato un primo ascolto non mi basta , spero di risentirli nuovamente.