Ancora sul Faust

Non riesco a staccarmi dal bellissimo programma di sala del Doktor Faust di Ferruccio Busoni , ; l’avevo letto una prima volta per prepararmi all’ascolto dell’opera ed è una volta tanto un piccolo libro da conservare perché pieno di informazioni , curiosità e soprattutto contiene alcune pagine di approfondita critica musicale molto utili per chi voglia ripercorrere le emozioni di uno spettacolo speciale .

Questa volta il regista , del quale a onor del vero non ho sempre apprezzato le regie , prende in mano la strana serie di impulsi che Busoni ricava dal mito antico e ne estrae l’essenza più genuina.

Sappiamo da subito che tutte quelle figure vestite in modo uguale portano sul volto la maschera dell’autore medesimo , sappiamo che il gabinetto dello scienziato è in realtà un antro sul cui cielo si apre un abisso che cambia continuamente :  dalle fiamme infernali , al cielo stellato fino al meccanismo faraginoso del tempo .

Molti i motivi esplicativi  per una facile lettura accompagnano  lo spettacolo : stupendo il pianoforte che cala dall’alto al quale siede un Busoni ( fu un  grande pianista del suo tempo) vestito proprio come appare nelle foto d’epoca . Suggestive le entrate dalla platea del soldato vendicatore ( il Valentino goethiano) e successivamente del coro della corte di Parma .

Momenti che sembrano spiazzare ma che in   realtà accompagnano in maniera perfetta l’evolversi della musica.

L’amore di Busoni per il teatro tradizionale di marionette gli permette di allontanarsi dal testo più noto e di fare incursioni semmai verso la Tragedia del dottor Faust di Marlowe, dal quale prende anche il titolo .

L’arguzia e la sottile ironia di Mefistofele  ( non a  caso il diavolo scelto tra quanti si presentano allo scienziato assetato di sapere per la sua offerta appagante ) si manifesta attraverso la richiesta pressante di Faust  “rendimi libero!” che risponde con lo sgambetto ironico su” quante cose pretenderebbero gli umani.”

Il finale mai scritto da Busoni rende anche più affascinante quest’opera aperta : non c’è dannazione , ma neanche perdono , solo l’ipotesi di un rinnovamento attraverso l’ipotesi di una rinascita non ben definita : la sedia di Faust sale e resta sospesa a mezz’aria , anche questa è una bella e felice intuizione di Livermore.

Una ultima notazione : una volta tanto anche i costumi sono eleganti e bellissimi , peccato che le beghe teatrali non abbiano concesso una ripresa televisiva , questo è uno spettacolo che non va assolutamente perduto.

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