L’Iran è la Persia-

Ci sono letture che costringono a pensare di più sulla ribellione culturale portata avanti in Iran dalle masse giovani che vorrebbero ribellarsi ai cosiddetti “guardiani della rivoluzione.”

Anche se il “farsi “questo è stato sempre il suo nome  per noi quella terra era la Persia , l’antica terra della poesia  e delle arti.

Da li discende la cultura della razza ariana , terra degli Aari ed è interessante sapere che proprio nelle università tedesche di filologia e archeologia si caldeggiasse in anni sospetti il cambio di nome ed infatti nel 1935 la Persia divenne Iran.

Ma dovremmo anche ricordare che nel 1971 la sorella dello Scià regalò all’ONU una copia del Cilindro di Ciro e in quel documento stampato nell’argilla , vecchio di 23 secoli conteneva la prima dichiarazione dei Diritti Umani , molto prima della Rivoluzione Francese .

Il testo da cui traggo queste riflessioni mi porta a rileggere I Persiani di Eschilo , un meraviglioso affresco  su una guerra raccontata dalla parte dei perdenti vista dallo sguardo di uno che invece quella guerra l’aveva vinta.

I Persiani li mettemmo in scena al liceo e i ragazzi collaborarono alla stesura della riduzione , creativi come solo i ragazzi sanno essere quando sono  stimolati trovammo alcuni barili vuoti di petrolio a fare tragica coreografia e mettemmo le donne del coro nerovelate e dentro informi chador comperati nei nostri mercatini di periferia .

Profeticamente avevamo anticipato i nodi tragici che la storia avrebbe riproposto in quei luoghi antichi di cultura .

La ribellione di oggi è frutto di tanta antica sapienza e dovranno i giovani che si battono eroicamente sulle strade di Teheran e delle altre città persiane tenere bene in mente il retaggio culturale dal quale proviene tutta la loro antica storia , dalla quale dipendiamo anche un po’ anche noi che invece indifferenti li guardiamo la sera nelle immagini dei nostri telegiornali.

In memoriam

Finalmente ad Ancona è stato presentato un libro prezioso che raccoglie l’opera omnia di Franco Scataglini , uno dei massimi poeti del Novecento , amatissimo tra gli accademici e sconosciuto a molti , anche nella sua città.

Il convegno per la presentazione del libro uscito per i tipi di Quodlibet era atteso dai fedelissimi amici ed estimatori  e ha visto illustri accademici  parlarci delle sue poesie , miracoli nascosti in una lingua che non è dialetto , non è vernacolo , è una lingua inventata e riesumata dall’antica lingua dei Trubadores, un unicum prezioso per cui gli illustri relatori hanno usato iperbole paragonando il suo modo di inventare addirittura simile a ciò che fece Dante Alighieri quando fermò nel volgare una lingua che ancora non esisteva .

I suoi libri introvabili io l ho tutti perché sono tra quei pochi che Franco conobbero e amarono e li serbo con cura proprio perché sono il segno del cammino di una vita di poeta che si chiuse , abbastanza improvvisamente e tragicamente in una sera d’estate del 1994 nella sua casa di Numana.

Aveva appena finito di scrivere gli ultimi verso del suo ultimo capolavoro : El SOL  e per quanto sia impossibile capirne la musicale perfezione li riporto anche solo per suscitare qui la curiosità di quanti vorranno avvicinarsi a questi vertici assoluti di poesia.

sul mare del frumento

dolcezza e nostalgia

Di nave senza scia

Chi rivedrà più el vento?

Insieme ai ragazzi che facevano teatro con me ho fatto per due volte uno spettacolo con le sue poesie e quei giovani , ormai uomini e donne sono tra i pochi che in questa città strana che ha intitolato al suo grande figlio una strada anonima in un quartiere di capannoni industriali , hanno imparato a conoscere ed amare il grande poeta. 

Gli intitolammo , il 25 luglio 2010 il Parco del Cardeto , i ragazzi aspettavamo i visitatori in piccoli gruppi in punti strategici del parco e declamavano quei versi che in quei luoghi avevano un senso compiuto , mi ricordo l’emozione di molti per la scoperta di un simile tesoro cittadino.

Il convegno , con accademici illustri è stato bellissimo , il libro è finalmente uscito e sarà possibile per molti che amano la poesia trovare finalmente il modo di avvicinarsi a Scataglini .

Un illustre relatore parlava di Aiku, i piccoli poemi giapponesi , Franco , forse senza volerlo ne ha composti di  mirabili , piccoli frammenti di eternità in piccolissime rime .

El pezetì de porto 

visto da casa mia

grigio, da mare morto

volse venì in poesia              

Regole di mare

Spesso quando mi metto a scrivere una riflessione sul mio piccolo blog traggo argomenti dalla lettura mattutina dei giornali, ma da qualche tempo mi è difficile scegliere tra le tante esigenze per  esprimere comunque un mio parere data  l’enormità di eventi epocali , dolorosi e anche inimmaginabili.

Una regola di base mi ero ripromessa anche quando lo scrivere soltanto di musica non mi è più bastato : evitare la politica , per quella ci sono altri spazi , il blog è leggibile anche fuori del mio paese e non ho mai avuto voglia di confondere i piani.

Per questo oggi mi  rifugio in un argomento che vuole essere tecnico : come ci si dovrebbe comportare in mare quando ci si trova in mezzo a una mareggiata importante.

Contrariamente a quello che verrebbe voglia istintivamente di fare è buona norma allontanarsi dalla costa e se l’istinto suggerirebbe la disperata ricerca di arrivare a terra per salvarsi dal naufragio è prudente tenersi al largo , magari sballottati  dalle onde è quanto di più saggio i marinai esperti insegnano anche ai naviganti della domenica.

Mi sorge allora spontanea una banale domanda : perché i criminalizzati scafisti commettono simili errori ? 
Perché non sono marinai veri e spesso sono dei migranti che ottengono con il loro incarico uno sconto sul terribile prezzo da pagare per salire sui barconi fatiscenti che portano i poveri disgraziati che scappano da tanti orrori quotidiani da preferire il Risiko della morte in mare alla vita impossibile che si prospetta loro nelle loro terre d’origine.

Quindi , e qui il mio discorso se non politico diventa comunque di buon senso : quale possibilità di trovare i veri mandatari dei viaggi di fuga dai paesi come la Turchia , la Tunisia o la Libia criminalizzando quei poveri disgraziati messi al timone di barche fatiscenti , incapaci loro stessi di difendersi dalle insidie del mare ?

Ma  qualcuno davvero crede che inasprendo le pene ( che ci sono già e sono pesantissime) contro questi disgraziati manovali improvvisati si possa fermare il biblico esodo delle masse povere verso i nostri paesi ormai sull’orlo del collasso?

Liù e la compassione

C’era da immaginarselo : è finalmente uscito il cd di Turandot e già su Youtube se ne possono ascoltare praticamente tanti brani da rendere l’ascolto quasi completo.

Ma la perla vera non è il “ Nessun dorma “ così originale e diverso dal canto declamatorio di tanta tenorile passata memoria.

L’ascolto prezioso è il tenero “Non piangere Liù “, specie se paragonato all’ascolto di quel precedente milanese contenuto nelle arie pucciniane.

La voce si fa più intima , l’espressione  ravvicinata : si sente nel respiro più lento la pietà verso la piccola schiava e una specie di testamento nei confronti del padre.

Non è un principe felice Calaf neanche quando , quasi contro la sua volontà entra nelle spire di un destino che vedrà una vittoria che niente avrà di trionfale.

Nell’indimenticabile serata romana che ha chiuso la registrazione scegliendo l’integrale chiusa di Alfano senza i taglia consueti si arrivava al finale luttuosamente trionfale : se da un lato si afferma che l’opera finisce dove fu interrotta dalla morte di Puccini : a questo punto il Maestro Puccini è morto ,come disse Toscanini interrompendo la prima scaligera, abbiamo invece ascoltato nel trionfo finale voluto da unPappano straordinario il segno di una fine più vasta , è l’opera italiana che muore in un’enfasi amorosa che porta in sé i segni di una conclusione perdente.

Turandot si arrende al destino di donna sul cadavere di  Liù, Calaf conosce l’inutilità di un trionfo .

Non ci sono vincitori nel canto di Kaufmann , il suo Calaf mi ricorda da vicino il suo Tristan,  l’ho sentito come un eroe stanco che cammina verso un destino nuovo lasciandosi alle spalle una scia di abbandono e dolore. 

Credo che le parole in esergo che scritte Puccini sulla partitura 
“ eppoi Tristano” , l’intelligente tenore le avesse decisamente in mente.

Preferibilmente

Sono da sempre una disinvolta consumatrice di prodotti scaduti  e mi hanno spesso fatto ridere gli atteggiamenti rigorosi di figli e nipoti che buttano via prodotti alimentari buonissimi solo perché leggono in maniera tassativa le etichette.

Abituata a vivere lunghi periodi in barca  , adesso poi anche se in barca non vado più vivendo da sola capita che per la smania di fare una spesa per più giorni  sfori il fatidico termine.

Leggo oggi che si è mosso anche il ministro dell’agricoltura per dire che quel preferibilmente non vuol dire buttare via alimenti ancora commestibili.

Non sono politicamente allineata con questo governo , ma se il buon senso  (che non vuol dire il senso comune) qualche volta prevale mi trova felicemente concorde.

Ho visto buttare via cose buonissime e ho anche visto dei poveri pensionati frugare nei cassonetti nella speranza che qualche rigoroso lettore di scadenze regali a che le scadenze della vita le ha già consumate tutte la gioia di trovare preziosità da recuperare.

In definitiva se ne può trarre un apologo che sembra un monito contro il furioso consumismo che ha caratterizzato la vita delle generazioni venute su nel benessere illusorio che tutto sia sempre a portata di mano da queste parti.

In anni neanche tanto lontani vidi in un mercato ad Asmara in mostra vecchie prese elettriche , taniche vuote , roba da cassonetto e lì mostrata come merce buona da comprare.

Forse sarebbe bastato girare l’angolo e guardare con più attenzione al resto del mondo , non è mai troppo tardi per cominciare a cambiare.

Ovviamente non mangio la mozzarella blu o l’uovo marcio , ma la voluttà di mangiare crackers scaduti da tre giorni mi fa sentire meno cretina di chi butta via l’uovo che è scaduto da un giorno : ci si fanno delle buonissime frittate.

Ciao mimosa

E’ arrivato l momento di abolirlo questo rituale stanco che celebra la festa della donna , non serve più.

O meglio non farne un rituale stanco , svuotato di ogni significato rivendicativo  tanto ormai le donne hanno conquistato titoli e onori in ogni campo , semmai occorrerebbe riflettere sull’inutilità retorica che porta ancora stampa e televisione a raccontare delle lotte passate e delle conquiste recenti.

E’ molto piaciuta la frase “ non ci hanno visto arrivare “ , ma bisognava avere gli occhi bendati per non accorgersi che ormai c’erano donne dappertutto ai vertici di tutte le più importanti istituzioni . Aggiungo che anche a livelli intermedi ci sono donne in ruoli decisionali alti, bastava dare uno sguardo a ciò che sta avvenendo nelle Università : le ragazze studiano più dei colleghi maschi , si laureano meglio e prima , vincono i concorsi.

Ma il peso della conquista ha il suo lato nero appena si gira lo sguardo lontano dal mondo occidentale : in Irak le donne combattono contro un regime che ancora le vorrebbe sottomesse e nascoste sotto lo jahb, in Afganistan sono allontanate dalle scuole , addirittura avvelenate e obbligate a nascondersi sotto il burqua, in gran parte del mondo lottano per diritti minimi , primo fra tutti il diritto all’autodeterminazione.

Per chi sta da questa parte di mondo   in cui  ci si nasce per caso l’omaggio tardivo della mimosa è un retaggio inutile , addirittura irritante.

Semmai inviterei le donne al potere  a praticare una strada diversa da quella tutta maschile che le ha portate in alto.

Non è cogliendo di sorpresa il maschio padrone per soppiantarlo che si cambia il mondo .

Sarebbe davvero bello che le donne arrivassero a rappresentare un modo diverso di gestione del potere e non mi pare proprio che questo passaggio  si stia verificando.

“ Scanzati te , maschio stanco e logorato che arrivo io a prendere il tuo posto” 

Con gli stessi metodi , la stessa retorica , le stesse modalità , la stessa logica che avremmo dovuto abbattere.

No , non me la sento di festeggiare oggi l’otto Marzo , se allontano lo sguardo in prospettiva mi pare che si sia ancora lontani da una vera svolta storica , mi parrebbe più giusto pensare ad una specie di mimosa diversa : la mimosa tardiva.

Diciamo per intenderci : meno mimose e più opere buone . Per esempio arrivare alla parità salariale , tanto per dirne una davvero significativa.

Frivolezze

Mi concedo una pausa di frivolezza e pongo la mia attenzione su un problema decisamente molto marginale in politica  : l’outfitt delle donne chiamate a rappresentare idee e paesi sul grande palcoscenico mondiale.

Fui persino richiamata da una mia attenta lettrice quando  mi permisi di criticare una premier combinata in modo ridicolo : “non si giudicano le donne dall’abito ma dalle idee.” 

Ebbene , questo è vero fino a un certo punto perchè se esiste il linguaggio della parola esiste anche il linguaggio del corpo e in tempi in cui l’immagine conta più di un tempo anche questo aspetto va considerato.

A suo tempo Angela Merkel lo risolse adottando una sorta di capo quasi maschile che aveva nel continuo cambio colore l’unica concessione alla civetteria femminile.

Del resto anche la Von Der Leyen ha adottato una formula simile , ripetitiva e sempre uguale .

Maestra inimitabile la defunta e rimpianta regina Elisabetta , mille varianti e uno stile inconfondibilmente  sempre uguale a se stesso..

In effetti è un problema tutto femminile : gli uomini si vestono da secoli ormai con un modulo unico e le concessioni di fantasia le esternano solo gli esotici rappresentanti di paesi terzi che legittimamente portano il loro body message anche attraverso gli abiti nazionali.

Si porrebbe anche la necessità , in qualche modo , di rappresentare il proprio paese al meglio : in definitiva il Made in Italy fa parte anche del nostro Pil e se mogli di premier e regine ( ormai poche ) sono comunque attente al messaggio nazionale in Italia siamo davvero all’anno zero.

Mi domando perché una premier giovane che sceglie l’addetto stampa e consiglieri politici adeguati al suo pensiero non senta la necessità di avere anche qualcuno che la protegga dai suoi errori madornali in tema di abbigliamento formale.

Un inutile consiglio: se si ha una figura non particolarmente slanciata si abbandoni quel taglio di capelli ( diceva Drusilla Foer : ci vorrebbe un collo) e si dismettano abbigliamenti con i quali si va in giro comode se si scende dall’aero di stato in visita ufficiale come una massaia al mercato.

Non è questione di rappresentare al meglio la nostra immagine , perlomeno si potrebbe evitare di sembrare lì per caso , se ne avvantaggerebbe sicuramente l’italico prodotto modaiolo.

Una ricorrenza

Sono passati esattamente  tre anni .Lo strano fermo immagine provocato dalla pandemia di Covid confonde i tempi : sembra lontanissimo il momento in cui si fermò tutto e sembra quasi impossibile che tutto questo sia durato un tempo che si allunga o si accorcia nella memoria lasciando solo alcune sensazioni staccate fra di loro.

Ieri ho visto una data su una foto : sono a Londra per il Fidelio , era il 3 marzo 2020.

Se non ci fosse scritto in alto non ne avrei avuto una memoria precisa e invece mi ritorna in mente improvvisamente quell’ultimo viaggio normale , quell’assurdo rientro a casa quando mi accolsero all’aeroporto l’Esercito in armi e la Polizia.

Entrai a casa e praticamente ci rimasi prigioniera , mia nuora mi lasciava al cancello il sacchetto con il pane e il latte  , la televisione trasmetteva immagini assurde , da film di fantascienza e cadevano come birilli tutti i miei progetti futuri di viaggi e di spettacoli.

C’era un gran silenzio intorno , arrivava una strana primavera e sentivo come mai mi era successo prima il canto degli uccelli sugli alberi della rupe sotto casa , vedevo sullo schermo tv la laguna di Venezia tornare limpida mentre sfilavano i camion militari nella notte bergamasca carichi di bare perché in quel cimitero non c’era più posto.

Tre anni di alti e bassi; un anno dopo esattamente ero in fila per fare il mio primo vaccino , ormai ne ho fatti già fino alla quinta dose .Siamo tornati quasi alla normalità ,anche se  sul cambio della mia macchina ciondolano ancora un paio di mascherine e ne tengo una in borsa per i viaggi in treno.

Molto si è scritto sugli effetti più o meno collaterali che la pandemia ha avuto sul psiche collettiva , poi le guerre , i terremoti e le  stragi di migranti hanno ripreso il sopravvento sulle nostre vite . Chi è morto durante quel periodo non ha neppure avuto il conforto del pianto dei parenti , sono stati inghiottiti in silenzio dall’onda nera , credo che ciascuno abbia i suoi da ricordare.

Guardo indietro e una sola immagine mi resta fissa: Il concerto a teatro vuoto di Kaufmann e Deutch nel BSO vuoto e spettrale.

Le teste in disordine , l’abbigliamento dismesso e lo sguardo perso del cantante davanti al vuoto : Im whenderdchöenen Monat Mai…

Hanno sofferto i vecchi e gli adolescenti , gli uni e gli altri privati di una interruzione dello scorrere della vita .

Un caro amico mi ha detto , però in quei primi mesi ho letto molto, non ne avevo mai il tempo.

Oggi mi sento molto Butterfly : tre anni son passati , anche io li ho contati.

Un ascolto

Il vecchio teatro dall’acustica modesta , un mare di teste giovani : l’Università fa il suo dovere e invita gli studenti a prezzo ridotto e mentre sono contenta di tanta partecipazione giovanile penso quale impatto potrà avere sui ragazzi il bellissimo programma che la FORM ha predisposto per questo concerto.

In attesa dell’inizio i giovani stanno con  le teste sui loro telefonini  ma forse nessuno ha detto loro che potrebbero anche leggervi il programma di sala.

Sono sola e ho vicini due giovanissimi , mi si risveglia la vocazione all’insegnamento e sicuramente all’inizio  mi guardano perplessi.

Ma ho la chiave per agganciarli : sapete che inquadrando il QR code potete leggere le informazioni che riguardano il concerto ?

Incuriositi ringraziano , ma io mi affretto subito a dire loro che magari quelle note ( bellissime e colte) potranno magari leggerle anche dopo , forse saranno più utili.

Il più vicino a me confessa che è la prima volta che va a un concerto , sembrano ascoltarmi senza mandarmi a quel paese…

Allora io azzardo di più : Metarmophoses è un pezzo difficile , il compositore racconta la sua angoscia di tedesco sconfitto alla fine della guerra , ci vado leggera perché so quanta diffidenza nei miei confronti possano avere i ragazzi verso una vecchia rompiballe .

Il filo conduttore tra Strauss e la Terza di Beethoven è un po’ troppo difficile , ma i miei vicini sono gentili e educati e io osservo con soddisfazione che i loro telefoni restano inattivi mentre ascoltano la musica , mentre intorno è il solito mare di lucciole .

Non è colpa dei ragazzi , la scuola ha latitato per troppi anni , la grande parte di loro non ha gli strumenti minimi per avere la predisposizione all’ascolto necessaria.

Comunque grazie a loro io mi sono goduta il bellissimo concerto e quando alla fine mi hanno ringraziato per la compagnia avevo dentro di me la gioia di avere seminato qualcosa di positivo nella loro esperienza . 

Il mio vicino dice : non credevo che fosse così interessante  , avevo paura di annoiarmi!

So che il bravissimo accompagnatore dell’orchestra e autore delle note gira tanto per le scuole facendo conversazioni- guida , gli giro il mio appello . 

Dieci minuti prima dell’inizio del concerto si spendano due parole sul programma , si completerebbe meglio la meritevole iniziativa dell’Università .

Una notazione della vecchia strega : con fare minaccioso ho avvisato che non si battono le mani tra un tempo e l’altro della sinfonia: i miei vicini hanno obbedito e orgogliosamente me lo hanno fatto notare . Chissà se in   futuro tornando ad un concerto eviteranno con cura una così petulante compagnia!

Gabriella Poma

Un trafiletto sul Correre della Sera : se ne è andata una persona che mi onorava della sua amicizia , docente di storia romana all’Università di Bologna :dovevo la sua amicizia al fatto di militare insieme nel Movimento femminile Repubblicano , un residuato politico del secolo scorso , quando nei partiti c’erano le rappresentanze femminili e stavano ben circoscritte un gradino sotto  nel bel recinto di genere.

Gabriella però quel recinto nella sua Romagna lo aveva in parte già aperto , vice presidente della Regione  era a mio avviso e non solo mio,  degna di ben più alti incarichi per la sua immensa cultura e soprattutto la sua capacità di mediare con vera lungimiranza politica e spirito di servizio.

Nata repubblicana , quando essere repubblicani in Romagna era molto di più che una scelta politica , era quasi una fede e tutte le amiche che componevano il Consiglio nazionale la stimavano ben al disopra di tutte noi che aspettavamo il suo intervento , spesso chiarificatore senza essere mai manicheo o esasperato.

Non fu neppure chiamata a rappresentarci tutte , fece il passo indietro con stile anche se la sua figura era sicuramente la più rappresentativa di una squadra che a ripensarla oggi sembra rappresentare una tale élite di pensiero da non trovarne uguali nel quadro politico attuale.

Ci sperdemmo con la fine della prima repubblica , un ultimo saluto e poi ciascuna di noi riprese la sua via ,anche politicamente.

Ho letto oggi che ci ha lasciato nella sua Forlì, questo mio piccolo omaggio postumo vuole essere qualcosa di più di un ricordo affettuoso , è qualcosa di più vasto e perduto nel tempo della politica lontana dalle attuali forme di spettacolarizzazione .

Ricordando Gabriella Poma voglio ricordare tutte le amiche scomparse nel tempo che furono , tutte insieme , le precorritrici delle affermate donne politiche attuali.Noi aprimmo una strada , non so se le giovani donne di oggi sapranno camminare sulle stesse orme con lo stesso stile di competenza che ci fu propria nei lontani anni 70/90 del secolo scorso.

La terra del latte e del miele

Del mio lontano viaggio in terra di Israele ho ricordi bellissimi , uno dei più emozionanti fu la visita a casa di Manuela Dviri a Tel Aviv.

Una casa piccolissima , secondo i nostri strandard europei , piena zeppa di memorie , di libri e tante foto del figlio Ioni scomparso in una delle tante guerre che hanno insanguinato questa terra giovane e antichissima ad un tempo.

Manuela scriveva già libri , suo marito avvocato la guardava orgoglioso.

Mi colpì che in anni in cui da noi non c’era ancora un computer in ogni casa lei fosse già collegata col resto del mondo.

Forte e determinata , come quando seppi che era partita dalla sua Padova verso quella terra lontana mi destò una grande ammirazione .

Del resto la stessa scelta l’aveva fatta una cara amica anche ad Ancona , lei se ne andò in un kibutz dalle parti di Haifa e durante il mio breve viaggio purtroppo ci scambiammo solo una telefonata di saluti.

Se c’è per me un paese straordinario e affascinante nelle sue contraddizioni e nel suo carico millenario di storia questo è Israele per questo seguo da sempre i loro fatti di casa , la loro travagliata vicenda democratica , le loro insolubili contraddizioni politiche.

In questi giorni Manuela ci racconta attraverso Fb i giorni di marcia di protesta , io  la seguo leggendo i suoi resoconti precisi , ben sapendo che spesso in quella terra dal cielo bellissimo e azzurro può succedere qualcosa di terribile che insanguina la vita apparentemente occidentale delle loro città.

Non oso addentrarmi nelle loro logiche politiche interne , certo che hanno in Israele problemi in qualche modo analoghi a quello che avviene in altre parti del mondo : un rigurgito di estremismo religioso , conservatore di estrema destra e un premier vergognosamente attaccato al potere , quasi inamovibile.

Penso a quanta cultura , quanta letteratura pregevole ha prodotto quel fazzoletto di terra pieno di storia e penso anche a quell’altra fetta di terra , la striscia di Gaza in cui vivono ammassati i palestinesi dannati dalle logiche folli che tagliano il mondo con confini irrazionali.

So che c’è alla base un nodo mai risolto : due popoli , una sola terra .

Grandi scrittori ne hanno scritto , sofferti messaggi di pace e tanto sangue versato da ambe le parti.-

Certo che avere anche dei problemi politici interni come quello che spinge Manuela e i suoi amici a marciare ogni settimana contro l’attuale governo mi sembra quasi assurdo .

Io posso solo seguire la cronaca delle loro proteste , sperando che perlomeno qualcosa succeda , i pochi segnali positivi di fumo che traspaiono dai messaggi mi spingono solo a essere con loro con la forza del pensiero , anche perché ormai con le mie gambe ormai non ce la farei più a marciare per kilometri tutte le settimane.

Sostengo Pereira

Sono contenta di avere avuto la possibilità di esprimere tutta la mia solidarietà al Sovrintendente Pereira durante l’intervallo del bellissimo doktor Faust di Busoni.

Lui si aggirava tra le poltrone e con il solito garbo si è abbassato ad ascoltarmi , lui altissimo e io tanto piccola.

Gli ho ricordato sorridendo che una volta davanti all’uscita degli artisti al Festival di Salisburgo gli avevo fatto i miei complimenti e gli avevo addirittura chiesto un autografo sopra la copertina di un vecchio libretto Ricordi di uno dei mei tanti Don Carlo ascoltati sempre con amore per la bellissima opera verdiana.

Sapevo delle beghe che lo amareggiavano , sapevo anche delle cattiverie che lo stavano infangando : un amico fiorentino , con la solita vecchia arguzia toscana mi aveva detto che certi livori potevano anche partire dal mancato invito alle belle cene private che lui amava preparare per gli ospiti più o meno illustri che elegantemente riceveva.

Mi fa molto male pensare a tutto l’accanimento “ terapeutico “ che hanno messo nel non capire quanto un tal signore , venuto a Firenze con la speranza di rinverdirne i fasti lontani finalizzati a riportare il Maggio alle glorie di un tempo assai lontano ci stesse mettendo molto del suo nel tentare l’impresa.

Il realtà si è illuso che  una città sempre più marginale e più piccola potesse essere capace di rispondere degnamente allo sforzo organizzativo culturalmente alto come quello che lui andava proponendo.

Il mare delle sue conoscenze alimentato dai lontani tempi di Zurigo attraverso tutta la serie di prestigiose sedi in cui ha profuso a piene mani tutta la sua passione e cultura organizzativa hanno trovato il muro grigio dell’italica  politica , anni luce lontana  dal comprendere  la possibilità che le veniva offerta con una tale personalità a disposizione.

Leggo la rosa dei papabili …c’è dentro addirittura un caro amico .

Chiunque sarà il prescelto nella logica che assomiglia più a quella della rotazione degli allenatori di squadre di calcio , vedo comunque un probabile abbassamento della qualità che verrà offerta in un futuro fiorentino.

Con sempre tanti meno contributi statali , con sempre meno capacità imprenditoriali nella ricerca degli sponsor privati vedo in prospettiva una decadenza inevitabile anche a Firenze.

Spero che Alexander Pereira resti ancora sulla breccia da qualche parte , finché ce la farò mi farà ancora piacere avere ancora l’occasione per salutarlo con stima e affetto.