Conto alla rovescia

Mancano pochi giorni alla mia partenza per Salisburgo e mi arriva il richiamo dell’albergo per la conferma , sorrido all’idea che ci sia bisogno di ricordarmi l’appuntamento , in realtà non vedo l’ora di tornare in quella ricchissima piccola città e non voglio pensare che potrebbe anche essere l’ultima volta.

Come un caso poche sere fa il solito canale musicale ha rimandato in onda il Romenzälung del concerto di Dresda del 2013.

Mi ha fatto ha una certa tenerezza rivedere Jonas nel periodo di massima magrezza , con l’apparecchio ai denti e qualche pensiero personale nella testa.

Ci stanno inondando di foto di scena della prova generale , mi dicono gli informati che qualcosa è cambiato nell’allestimento di Romeo Castellucci che non vidi a Monaco ma che in realtà non mi aveva per niente convinto.

Del regista italiano avevo visto un Parsifal a Bologna e anche in quel caso non ne uscii del tutto soddisfatta .

Ma sappiamo che l’ex Sovrintendente di Monaco ora a Salisburgo ama le regie “originali” che qualche volta sono bellissime e qualche volta ..un pò meno.

Ho già cominciato a scrivere di questa opera che nell’ordine cronologico Jonas Kaufmann avrebbe dovuto cantare prima del Tristano.

Così vuole l’ordine consueto della lirica , ma sappiamo che anche con le opere italiane il Nostro si è permesso salti in avanti e indietro a suo piacimento e soprattutto a sua insindacabile capacità professionale e musicale.

Resta solo da fare la valigia , ma quella per scaramanzia la preparo la sera prima della partenza.

Il tempo e le ore

Sappiamo che il tempo così come lo abbiamo incasellato per comodità è una convenzione , giorni  mesi e anni contati in base a regole che nei secoli ci siamo dati per contarne il passaggio.

Da qualche tempo però gli uomini si sono dati una ulteriore convenzione : l’ora solare e l’ora legale.

Un’ora di luce di più la sera , un po’ meno di luce la mattina : ci sono gli entusiasti e quelli come me che la odiarono fin dal suo lontano apparire.

Due scuole di pensiero : gli entusiasti del buio tardi e i bambini , i vecchi e gli animali che ne soffrono . Non lo dico io ma serissime ricerche medico-psicologiche .

Credo ci sia stato anche un referendum per scegliere se e quando cambiare a metà anno l’ora convenzionale in Europa . 

Pareri diversi da Nord a Sud, quello che io avrei auspicato è molto semplice : si tenga per buona una delle due ipotesi e la si tenga tutto l’anno , ma intanto non si sceglie e si resta con questa altalena. 

E’ una coperta che tiri di qua e di là, tanto le ore di luce non cambiano e se questo allungamento del giorno fa felice un po’ di gente posso garantire che , perlomeno personalmente e non da ora , seguito a dire sono le …, ma sarebbero…e infatti mi rifiuto di cambiare l’ora sull’orologio da polso che ha un meccanismo diabolico di cambio.

Pare che il Libano stiano impazzendo perché mezzo paese ha l’ora solare e l’altra metà quella legale ; tra tanti guai il paese dei Cedri si è inventato addirittura una complicazione in più!

Non serve aprire il dibattito , vorrei solo che si facesse una scelta , una volta per tutte: Io mi adatterò in ogni caso basta che si smetta con questa alternanza convenzionale . Convenzione più o meno , le accetto entrambe, tanto il tempo seguiterà a scorrere comunque con la stessa implacabile regolarità.

Il mio David

C’è sempre una fila lunghissima in via Ricasoli a Firenze per entrare all’Accademia dove nella sua bella nicchia centrale tutti entrano per vedere il David di Michelangelo.

In anni lontani , quando non c’era la fila ogni tanto passavo anch’io di li per fargli un saluto come a un caro familiare molto amato.

Mi incantava la bellezza fiera del volto ( l’ho sempre paragonato a qualcuno che conosco e che me lo ricorda davvero ) , guardavo incantata le bellezza della mano chiusa a tenere il sasso che scaglierà contro Golia , ma giuro che non ho mai  fatto troppa attenzione al suo garbato pene , la cui piccolezza era segno estremo di eleganza .

Se proprio scendevo in basso erano i glutei che mi incantavano , ma generalmente il mio saluto era veloce perché altro avevo da guardare in quella Galleria ed erano i Prigioni , meravigliosi esseri appena schiusi dal marmo così possenti e drammatici .

In generale adesso i visitatori frettolosi che magari hanno fatto la lunga fila per entrare tendono a ignorarli , vanno dritti verso il bellissimo giovinetto e poi escono ignorando la meraviglia che lo circonda.

Sono messi male gli americani della Florida i cui occhi cascano proprio lì , dove bisogna veramente essere scemi si possa vedere una immagine pornografica.

Sai che belle risate si sarebbe fatto il Buonarroti , uomo di lettere e genio universale pensando alla ridicola reazione di quei genitori beoti che hanno visto il male dove c’è solo la grande magia dell’arte più pura.

Tutta pubblicità purtroppo, perché questo significa che le file saranno ancora più lunghe e io rinuncerò ancora a tornare a salutare il mio bellissimo ragazzo ,  consolandomi col fatto che a Firenze ci sono anche le due copie in vista , ma questo forse in Florida non lo sanno.

Memoria lunga e memoria breve

Ero dotata di una memoria eccellente anche se non sempre utilizzata per fini importanti : mi ricordavo però i numeri di telefono di tante persone , i numeri velici delle barche antagoniste in regata , i nomi anche esotici delle città visitate , i titoli dei film ,il cast delle opere.

Qualche giorno fa nella vana ricerca di un libro che suppongo avere letto recentemente ho fatto una breve perlustrazione nella piccola libreria girevole che ho in camera : è un oggetto inglese e contiene a occhi centoventi libri  malcontati.

Ebbene , sebbene sia sicurissima di averli recentemente letti tutti guardavo con stupore le copertine . Di molti non ricordavo il contenuto.

Avevo sentito parlare della memoria breve e di quella lunga  e facendo  questo piccolo esperimento posso confermare quanto di esatto ci sia in questa definizione  : mentre guardavo estasiata la messinscena del BSO di Guerra e Pace sapevo benissimo non solo i nomi dei protagonisti , ma ricordavo anche le storie che li accompagnavano nella vita e addirittura intere mirabili pagine lette per la prima volta da ragazzina.

Avevo la tendenza a saltare qualche pagina di battaglie , lo devo confessare , ma i classici russi sono ancora tutti bene impressi nella mia memoria.

Anche se non ho fatto l’indagine però so benissimo che i miei magnifici nipoti : quelli grandi : colti , laureati , preparati, poliglotti alla domanda se hanno letto Guerra e pace probabilmente risponderanno di no.

Ammetto che oggi sicuramente ben altre sono le necessità della vita , sono tutti meravigliosamente  più bravi di me anche in banali operazioni sulI ‘Iphone e vivono felici anche senza avere letto i fondamentali classici di una volta .

Non sono però sicura che a loro non manchi però qualcosa di importante perché tutto serve per affrontare le difficoltà della vita e certi pilastri possono sicuramente aiutare.

UN CONCERTO

La meraviglia dell’ascolto quando è accompagnato dalla  voce sapiente di un musicista che si dedica anche alla spiegazione garbata di quello che andrà a suonare.

Davanti a una platea in cui c’erano addirittura dei bambini piccolissimi Luigi Piovano ha raccontato il concerto per violoncello e 

Orchestra di Scotakovich , ( che si scriverebbe con lettere diverse , ma non le ho sulla mia tastiera), n°1 opera 107.

Non era sulla carta un ascolto facile ,ma il bravissimo solista e direttore d’orchestra non si è risparmiato e ha spiegato i quattro movimenti con competenza e semplicità facilitando l’ascolto sia ai  bambini che ai grandi.

Un musicista prezioso , primo violoncello a Santa Cecila , lo avevo già ascoltato anni fa quando venne in una piccola tournée nelle Marche in coppia con Tony Pappano al pianoforte.

La seconda parte , diretta con piglio sicuro era l’Ottava di Beethoven , della quale ha tenuto a spiegare la genesi e anche in questo caso a renderla più semplice all’ascolto , per tutti.

Grande cosa avere la gioia di fare musica insieme , quando il pubblico ringrazia con tanto calore  e anche la nostra orchestra sembra vibrare meglio quando è gratificata dalla conduzione .

 Piovano suona un prezioso strumento ,è un  Francesco Ruggeri , detto “il Per”  del 1692 che ci ha mostrato con orgoglio perché anche a lui andassero gli applausi.

Io che avevo tremato vedendo tanti bambini piccolissimi tra il pubblico alla fine mi sono complimentata con i maestri e i genitori che hanno capito la sfida e felicissimi si scambiavano i saluti fuori del teatro.

Fra tanto squallore culturale ogni tanto un episodio positivo fa ancora sperare in un futuro che non vedrò ma che forse potrebbe non essere del tutto nero.

Firenze –Teatro Comunale.

Sui gradini scomodi della seconda gradinata ascoltai per la prima volta il Tannhäuser e il ricordo di quella prima esperienza rimane legato al tram numero 6 , quello che portava da San Gervasio alle Cascine.

Probabilmente ero andata a scuola la mattina o forse era un matinée anche se la reazione fu comunque la stessa.

Per solito la mamma ci raccontava le opere prima di andare  a teatro e forse non ero stata attenta al suo racconto , certo che non ci capivo niente , potrebbe essere stata anche cantata in italiano , nelle orribili traduzioni di quel tempo , ma non essendoci ancora i sopratitoli in alto tutto mi sembrava incomprensibile.

Poi quel largo signore tedesco con un grembulone blu mi ricordava il figlio del fattore della villa dei nonni , e io che al tempo ero molto sensibile al bello in  scena ( in effetto lo sono ancora) non ero per niente attirata da quello che raramente avveniva in scena.

Insomma l’opera mi pareva lunghissima e noiosa e ogni tanto cadevo in una specie di dormiveglia nel quale sognavo che l’opera finisse e che stessi uscendo da l teatro per andare a prendere il tram numero 6  per tornare a casa.

Mentalmente mi facevo tutto il percorso: tutte le fermate !  

Ogni tanto però passavano dei coristi in fila che mi risvegliavamo ma non abbastanza perché poi ripiombavo nella mia catalessi : credo di essere andata a casa in tram perlomeno tre volte , poi riaprivo gli occhi ed ero ancora a  teatro .

Una specie di incubo anche se poi alla fine in testa qualcosa era rimasto perché da quel primo infelice impatto wagneriano il canto dei pellegrini lo riconosco immediatamente e anche il preludio mi suona dentro come cosa familiare.

Poi tanti anni dopo , esattamente a maggio del 2013 ascoltai Jonas Kaufmann cantare dal Semperoper di Dresda nel bicentenario wagneriano il racconto del viaggio a Roma del pellegrino penitente.

Così il Tannhäuser è diventato tutta un’altra cosa.

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Krieg und Frieden

Uno spettacolo forte , corretto e esaltante il Woida I Mir  ( Guerra e Pace ) di Prokovief , tratto dal romanzo di Tolstoj e messo in scena per la prima volta al teatro Malynski di  Leningrado , oggi San Pietrobyurgo nel 1946  e ripreso coraggiosamente il 5 marzo 2023 a Monaco dal BSO , lo stesso giorno in cui nel 1952 morivano a Mosca Stalin e Prokovief.

Anche se la stampa invita ad andare subito a vederlo si ha la fortuna di poterlo intanto ammirare su ARTE fino a Giugno , poi consiglio tutti di andarlo a vedere alla ripresa estiva durante il tradizionale Festival.

Realizzare oggi un progetto nato come opera propagandistica alla fine della guerra era una sfida in una Germania sensibile alla guerra in Ukraina ma sia il direttore Jurowsky che il regista Tcherniakov sono riusciti a creare uno spettacolo talmente avvincente e perfetto da superare ogni ostacolo ideologico e soprattutto a toglierne  ogni forma di trionfalismo attraverso una lettura raffinata e deideologizzata.

Partendo da una citazione di Tolstoj : di nuovo la guerra , di nuovo la sofferenza inutile…di nuovo l’abbrutimento dell’uomo… il grande teatro offre allo spettatore una lettura straordinaria di come tutte le guerre siano tragicamente inutili.

Solo una compagine così importante poteva pensare ad una simile messinscena , credo ci siano più di 70 cantanti e centinaia di coristi e mimi in un impianto fisso che riproduce fedelmente la sala delle colonne della Casa dei Sindacati di Mosca. 

L’opera , nettamente divisa nelle due parti : la pace e poi la guerra è raccontata da una folla di profughi , potrebbero dormire in un rifugio in una qualsiasi città bombardata  e tutti si muovono continuamente  , scandendo nelle sedici scene la traccia del grande romanzo in cui spiccano i personaggi che abbiamo tutti amato : Andrej Bolkonsky, Pierre Besukov e Nastascha Rostova, tutti

Interpretati  magistralmente e fra tutti mi ha particolamente commossso  Andrej Zhilikhovsky nel ruolo di Andrej.

Colpi di genio ce ne sono tanti , il primo: l’apparizione dello Zar nella prima parte solennemente vestito da Babbo Natale e la figura dell’eroe Kusutow , una specie di boss che nel finale sale sul catafalco mortuario trasformandosi in una sorta di Stalin.

Tanti anni fa alla Scala avevo visto una versione “ classica” dell’opera , credo fosse diretta da Ghiergiew  e in quel caso Napoleone era vestito da…. Napoleone.

Questa volta è una specie di saltimbanco colorato , un ridicolo stralunato generale dai modi scattanti e un po’ Hitleriani.

Tre ore di bellissima musica e di grande spettacolo , da non perdere anche se solo in tv.

Bruciano i tempi

Bruciano i tempi le programmazioni future, quasi a sfidare il doloroso passato pandemico : è di pochi giorni fa l’annuncio del Festival di Pasqua di Salisburgo per il 2024 quando ancora deve partire quello del 2023 !

E’ uscito anche il programma della Scala per la prossima stagione ,piuttosto interessante , almeno sulla carta.

Sulla stampa ha molto risalto il blitz atletico del Sindaco di Firenze in difesa della facciata di Palazzo Vecchio anche se  personalmente avrei apprezzato di più la difesa del Sovrintendente Pereira al Maggio che con tutti i suoi difetti e leggerezze aveva riportato , per un attimo , il Maggio ai fasti lontani.

Nel mio piccolo mondo periferico di una Regione minore si nota la difficoltà di mantenere i livelli passati dei gloriosi Festival , quello popolare di Macerata e quello elitario di Pesaro.

Tra litigi e baruffe intanto all’Arena di Verona la Sovrintendente è stata pure nominata Commendatore ; per il  resto il giro delle sedie non conforta se non accompagnato da congrui finanziamenti per tutto il settore musicale.

Se ne lamentano anche in Germania , ma qui davvero si fanno le nozze con i fichi secchi.

A chiusura del piccolo aggiornamento mi diverte commentare  le diverse reazioni sui social : mentre a Firenze c’è qualche sprovveduto che spera in una riduzione del prezzo dei biglietti  (davvero invece estremamente bassi) ci sono altri che invece ne auspicano l’aumento per garantire se non altro  il mantenimento della qualità ultimamente raggiunte sia delle opere che dei concerti.

A Salisburgo si programma l’anno prossimo , dalle nostre parti se tutto va bene , si programma lo stretto presente.

Ombre nel web

Curiose catene di amicizie si formano anche sui social : c’è una strana forma di fedeltà che nasce dalle comuni passioni , ci si conosce per un logo , uno pseudonimo , un’immagine fissata nel ricordo.

Poi un giorno capisci che quel logo , quell’amica lontana non c’è più.

Qualche volta si ha anche qualcosa che assomiglia a un necrologio , spesso è solo la percezione di una scomparsa , anche se è surreale si muore anche su Facebook e ormai la lunga serie di silenzi si è allungata tanto da sembrare un corteo che si allontana , come in un film di Malick.

Mi sono domandata qualche volta anch’io se non sarebbe meglio cancellarsi prima della naturale scadenza e su questo argomento poi ho finito per rimuovere la risoluzione del problema, in definitiva se c’è una cosa che non mi riguarda è proprio la mia scomparsa , tutt’al più se ne accorgeranno gli altri ed è sicuro che anche se un ombra di tristezza calerà su quelli che mi hanno letto per tanti anni  (e alcuni anche fisicamente conosciuta ) tutto finirà in un sospiro perché chi resta guarda avanti e non può rimpiangere quello che per molti fu un logo , una foto , un blog.

Quello che è certo è che tutti coloro che i social li pensato come una stupidaggine o addirittura come qualcosa di pericoloso da evitare non sapranno mai quanta amicizia creano e quante persone lontane poi si sentano unite anche solo attraverso un Like.

Per me chi non sta sui social si perde qualcosa che in  tempi lontani avrei chiamato con una parola arcaica: amicizia.

E’ uno di quei giorni..

…in cui leggendo che sono morti dei migranti in mare tra la costa turca presso Kusadasi e l’isola di Samos mi prende la malinconia.

Quel mare Egeo fu il mare della mia vita : il mare dei ricordi più dolci , il mare dell’amore , dell’amicizia , del sole e dei sogni d’estate.

Le onde che battevano sullo scafo , le vele tese , il sole  e lo sguardo fra le isole tutte amiche all’orizzonte.

Sono bracci di mare brevi , le partenze all’alba per sfruttare la calma prima del Meltemi che saliva puntuale a mezza mattina quando ormai si arrivava all’ormeggio salati come merluzzi , l’ormeggio sempre un po’ faticato e poi il rumore delle sartie sbattute nel vento nella calma del pomeriggio.

Un mare antico , solcato dei secoli lontani , l’Odissea sulla plancia , il carteggio studiato sui versi omerici.

Un mondo di odori e di sapori che avevano nel fondo una parola sola :vita.

L’assurdo dell’oggi trasforma quel mare pieno di fascino e di storia in un cimitero impietoso.

Non avrei mai pensato che alla fine del mio cammino nel mondo ,il ritornare  ai tempi felici si stia trasformando nel luttuoso baratro di morte di popoli un tempo amati e gentili .

Non riesco a staccare il pensiero da quelle vite spezzate nel mare della memoria che fu per me fonte di tanta felicità, anche se allora non lo sapevo.

UN TRAFILETTO

Mi permette di tornare sul CD di Pappano con la Turandot col finale completo di Alfano che sta raccogliendo consensi ovunque.

Anche io ne avevo già un po’ parlato anche se mi ero soffermata soprattutto sulla diversa interpretazione di Kaufmann dell’aria tenerissima del primo atto “ non piangere Liù” tanto diversa dalla sua prima interpretazione  scaligera.

Oggi Enrico Giraldi ne scrive sul Corriere e confermando tutto il bene possibile dell’operazione discografica  ma conclude con un “ peccato non aver usato il finale di Berio”.

Questa frase mi ha fatto palpitare di gioia perché nessuno aveva mai parlato di questo finale , per me il più bello in assoluto e soprattutto il più vicino a quel finale misterioso in diminuendo che tanto mi aveva richiamato il misterioso riferimento pucciniano a Tristano.

Considero  Giraldi un grande competente e avere trovato nella sua piccola nota un richiamo a quello che io non avevo  osato dire mi riempie di gioia.

Devo dire che se ne sono dette di ogni genere soprattutto in riferimento a Kaufmann che particolarmente  in terra di Germania pare avere più detrattori che altrove .

Lo hanno pure criticato per quell’attacco , quasi un  sospiro, da me tanto amato , tanto da definirlo da canzonetta !

Forse la grandezza di un artista sta anche nella sua originalità , anche in questo caso l’unico paragone che mi torna in mente è quello con la mitica Maria , quella che ha segnato col suo canto la più grande rivoluzione lirica del secolo scorso.

Definizioni

Abbiamo il terzo Stato ! dice l’allibito abate nel primo atto del’’Andrea Chénier che scopro essere anche il titolo di un libretto dell’abate Sieyes , scritto proprio in quei tempi rivoluzionari.

Il terzo stato era l’insieme di tutto coloro che non erano  né clero  né nobili : praticamente oggi tutti noi che ci dividiamo però in due categorie di pensiero: conservatori e progressisti , se questo può essere un discrimine netto.

Detto così tutto sembra essere più semplice e in realtà invece complica un po’ le cose perché sono poi intervenuti i partiti politici a etichettare le diverse sfumature del perché e percome realizzare i desiderata di questo terzo stato magmatico in cui ci muoviamo .

Cerco lumi nella Costituzione italiana e non trovo chiarimenti perché se all’articolo 52 in nostro essere collettivo è definito Patria con tanto di maiuscola all’articolo 67 siamo una Nazione che non sembra essere sinonimo della dicitura precedente: in effetti le due diciture fanno riferimento a momenti diversi della nostra vita collettiva .

Nel primo articolo citato siamo chiamati a difendere il sacro suolo in cui viviamo , nel secondo si fa riferimento al sistema di leggi che ci guida.

Siamo comunque un insieme di persone a cui manca quella definizione di paese  ( Heimat, intraducibile parola tedesca)  che infatti ci divide in fazioni contrapposte e ci impedisce di essere una comunità unita davvero.

L’Italia geograficamente è una ,ma storicamente ancora tanto divisa storicamente : troppo lunga , troppo diversa da Nord a Sud , troppo pericolosamente distante nella qualità della vita anche se le antiche origini premiano umanamente le regioni più povere .

Siamo un Terzo Stato frazionato in tanti coriandoli di vita diversi, unificarci dovrebbe essere il nobile scopo della politica che invece fa leva sulle differenze per renderci collegialmente più deboli.

E si parla addirittura di autonomia differenziata !

Ma quando la classe politica tutta comincerà veramente a studiare la Storia per aiutare questa nostra Patria/ Nazione / Paese a diventare un vero paese europeo ?