Passa e ripassa su Sky Classica un Eugene Onegin salisburghese che ebbi già modo di vedere anni fa e in tempo di grande magra mi consente di parlare ancora una volta di come certi allestimenti ci restano nel cuore mentre altri suscitano perplessità o addirittura irritazione .
Intanto , per chiarire ai miei affezionati lettori l’Onegin è una delle mie opere del cuore ( Alberto prendi nota , in fatto di opere russe per me è the winner is …da Oscar )
Forse però tutto risale ai miei verdi anni : un giorno a Firenze vidi per la prima volta l’opera . Dirigeva Rostropovich ( ma neanche lo sapevo ) e Tatjana era sua moglie ! La scena , credo di Benois , era bellissima e incantata , solo a rompere l’incanto durante una seconda ripresa vista qualche anno dopo scoprii che l’effetto flou era originato da una tarlatana al proscenio sul quale si attaccavano malauguratamente le foglie di betulla durante il coro delle fanciulle nel primo atto.
Salto alla seconda rivelazione : Viaggio nella Russia sovietica e davanti al cartellone in cirillico del Marinskj scopro che quella sera (mi aiutò l’alfabeto greco) davano la mia amatissima opera ; ne ho già scritto in qualche mio librucolo : banalissime scene dipinte e un tenero odore del parquet lucidato a specchio , bambine col fiocco in testa , costo del biglietto quattro rubli , ma le voci più belle che avessi mai sentito con quella musica magica.
Anni e anni più tardi a Monaco un Onegin orribile , anche se ci cantava la Netrebko e Lenszki era il mio amatissimo Pavol Breslik, putroppo quel matto di Warlikowski buttandola sul gay mi aveva massacrato il mega capolavoro di Tchaikowsky.
E vengo all’ultimo Onegin degno di citazione : a Zurigo , con la regia di Barrie Kowski e per la prima volta dal vivo il meraviglioso Peter Mattei nel titel role.
Questa volta la storia era rispettosamente raccontata in poco spazio e tanta emotività , valeva sicuramente il viaggio .
Poi ancora tante altre volte ( dal vivo o in streaming ) sublime quella di Tcherniakov che mi fece scoprire Mariutz Ktchevien , poi anche una con Kelsinside da Londra con i “doppi” protagonisti ballerini.
Insomma ne ho collezionate davvero una bella serie , ma quella che ancora una volta ho rivisto questa settimana mi permette di fare una di quelle osservazioni di fondo che determinano il rispetto e la vera comprensione della storia.
Riconoscendo alla direzione di Baremboim una qualità davvero rara e raffinata mi soffermo sull’allestimento in chiave moderna : gira e rigira sul pavimento bagnato la trama ultranota . Ma perché ci piove sempre da quelle parti?
Perché il ballo in casa è tristissimo e volgare quando la musica del valzer è festosa ( ricordo l’immancabile applauso fiorentino all’apertura del sipario ) , applauso che si ripeteva ovviamente all’apertura del grande ballo dell’ultimo atto in casa del principe Gremin.
Fàmolo strano …ma l’opera ha una sua storia molto precisa nei contenuti , (non per niente il poema lirico da cui è tratta la aveva scritto Puskin !) e se vogliamo che il mondo oggi così estraneo al teatro d’opera si possa riavvicinare a questo magico mondo di storie e di suoni deve poter capire la trama nella sua essenza più esatta.
Per chiarire meglio , una volta ne vedi un’edizione , credo lituana, in cui Tatiana diventa addiritttura una scrittrice di successo , ma il risvolto narrativo di un Onegin stupito dal ritrovare una donna meravigliosa che lui aveva deriso ci stava tutto .
Rinnoviamo , riattualizziamo , ma serbiamo per favore il senso più profondo dalla storia e soprattutto della musica che la racconta.