Più leggo e più studio intorno alla leggenda di Tristano e Isotta e più mi convinco che ci sia un elemento importante nella storia: il mare e tutto quello che nel mare naviga . Dalla barca di Tristano ferito raccolto da Isolde sulle rive del mare d’Irlanda alla nave con l’ isolato Tristano a prua , volte le spalle alla irata Isolde , la conduce in Cornovaglia all’infausto incontro con il futuro sposo Re Marke fino alla nave che riporta la trepida adultera a Kareol verso il suo morente amore per sciogliere con lui il destino che li unisce per sempre .
Sempre il mare , presente anche nella musica , presente nei canti marinari del primo atto fino al canto del ragazzo che spia l’orizzonte nel terzo atto.
Allora mi domando cosa c’entrano quei muri di legno scuro , quella specie di scatola che ricorda tanto quella del Don Carlos di Parigi ?
So benissimo che esistono solo spettacolo belli e spettacoli brutti ..a prescindere dalle idee registiche ma vorrei entrare per un attimo nella testa di Warlikowski per tentare di capire il perché delle sue scelte.
In un bellissimo programma di sala del Maggio fiorentino del 1989 , duecento pagine di saggi di altissimo livello , ci ho trovato anche il testo della trama che Wagner mandò alla sua amata ( in quel momento ) Mathilde Wesendonck.
C’è già la musica dentro , ci sono già tutti i pensieri arruffati e confusi dell’uomo dalle molte , troppe letture e c’è tanto mare , luminoso nel balenare delle onde che seguono l’ondeggiare sensuale del desiderio .
Magari in Baviera si paragona la fatica del canto alla salita all’Everest , nel mio cuore invece la sento come una tremenda e meravigliosa traversata oceanica.