sul Fierrabras

Ne avevo parlato nel mio ultimo pezzo a proposito dello streaming così ho cercato nella mia personale collezione di DVD e l’ho voluto rivedere .
IL Fierrabras di Zurigo del 2006 merita una ulteriore riflessione ,questa la data della ripresa televisiva , anche se il titolo era già in cartellone da qualche anno.
La stracomplicata storia ispirata al ciclo dei Paladini di Francia da cui un ininfluente librettista prese le mosse fu per Schubert una sorta di trappola infernale .
L’intreccio improbabile , la lunghezza faraginosa degli eventi annullarono la felice vena musicale e l’opera non ebbe il successo che meritava.
Claudio Abbado da quel fine musicista che era ne fece riscoprire le preziosissime arie , la fluida piacevolissima musicalità ,ma restava il problema della storia .
Lunga , improbabile , intrecciata e ingarbugliata al massimo era quasi impossibile metterla in scena.
Ma Klaus Guth ebbe l’idea felicissima di mettere in scena addirittura Schubert stesso alle prese con la sua storia e i suoi ripensamenti :
i suoi protagonisti , tutti cloni delle Schubert medesimo , la deliziosa ambientazione tanto cara al regista e al suo abituale scenografo Christian Schmidt tutta in una stanza , con il mega pianoforte e gli arredi fuori scala accentuavano l’aria di fiaba divertente .
I re , sia quello dei Mori che Carlomagno ,in vestaglia e i cori con deliziosi costumi tipo figurine delle illustrazioni d’epoca completavano la felice realizzazione.
C’è da dire che rivedendolo a distanza di anni si scoprono nomi che erano o sono diventati molti importanti .
A cominciare dal Fierrabras di Jonas Kaufmann , quando era giovane capellone spiritosissimo ,al compianto Làszlò Polgar , poi Michael Volle e Günter Groissbröecke .
Dirigeva un giovane Franz Welzer Möest , il maestro ripetitore era Joken Rieder …come dire squadra vincente non si cambia e in questo Alexander Pereira all’epoca era davvero un demiurgo eccellente.
Il fatto che quella messinscena fosse davvero riuscita lo si nota vedendo la recente ripresa di Salisburgo in cui un Peter Stein decisamente a corto di idee crede di fare lo spiritoso raccontandoci la storia prolissa facendo i Paladini bianchi e i Mori neri ma non riesce minimamente a raccordare la frammentareità dei pezzi staccati , a giustificare i moltissimi e complessi cambi di scena .
Non c’è niente da dire , la felicità creativa è un valore aggiunto nel mettere in scena un ‘opera anche se poi succede che si possa cadere nel pericoloso cerebralismo del Fidelio senza dialoghi e così il tutto diventa un’altra storia.

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