C’erano due cose che mio marito considerava decisamente ridicole : il trolley e lo zaino.
Il suo signorile viaggiare , sempre in blazer ( altro odio feroce le tute da ginnastica ) perché sosteneva che era il naturale e comodo vestire di un uomo sia al mare che ai monti , sia nell’afa di un aeroporto africano che nella confusione di un autogrill ,oggi sarebbe estremamente stupito nel vedere la rapida evoluzione dei due oggetti vituperati.
Io , molto più prosaicamente aperta alle novità , li avevo adottati entrambi sostenendone la praticità , nella sua muta riprovazione.
La valigia con le ruote una cosa ridicola anche perché a lui serviva il facchino quando scendeva dal treno e quel coso sulle spalle lo pensava utile solo per ascensioni in alta quota .
Snobberie passate di moda o mondo che è cambiato vertiginosamente con la velocità della luce solo in un ventennio?
Quando racconto ai nipoti stupiti ( ma non è che mi danno molta udienza ormai) che andare in villeggiatura era partire per un viagggio , che i diciotto chilometri che ci separavano dalla località di mare prescelta erano tanti , che per parlare con Ancona andavo in piazza alla gelateria Morelli a fare la fila per telefonare mi guardano come una extraterrestre arrivata dall’iperspazio dei loro strani giochi che parlano di incredibili mondi nei quali però vanno a ricercare i valori antichi e perduti , come se le novelle ,cambiata la scena,nascondessero ora e per sempre le stesse morali riciclate. Nelle loro saghe magari ambientate in un ieri lontano o in un domani siderale si nasconde sempre la traccia di un romanzo di formazione ( guai a chiamarlo Bildungsroman !) o il riciclo di un mito classico che i furbi sceneggiatori rivestono di effetti speciali .
Sicuramente però si stupirebbero di trovare nel nonno conservatore una comprensione insospettata perché quelle loro storie a suo tempo lui le aveva già studiate al liceo.