Opernhaus Zurigo

In questi tempi di magra in cui ci accontentiamo di qualcosa che assomiglia ai surrogati : tempi di opere in forma di concerto , di distanziamento sociale delle orchestre e dei cori per cui spesso il suono è spesso condizionato , l’idea ( e aggiungo i mezzi ) posti in essere dall’OpernHaus di Zurigo è molto interessante e al tempo quasi un miracolo della tecnica.

Operfüralle si avvale di messe in scena regolari ma orchestra e coro sono ad un chilometro di distanza dal teatro e attraverso collegamenti bilanciati e fantastici i suoni arrivano ad una mega-consolle dove un mago del suono remixa tutto , anche con gli effetti calcolati della risonanza in sala in mancanza della provenienza del suono dalla buca dell’orchestra.

Il tutto viene poi trasmesso gratis per una tre giorni nella quale vengono proposti tre titoli , molto diversi tra loro e che ho potuto godere anche io davanti al mio computer, in streaming.

Gli spettacolo rimangono poi disponibili per 48 ore per la registrazione , ma quello che è eccezionale , almeno per me , è la presa in diretta che dà abbastanza l’illusione di essere in qualche modo a teatro.

Il primo titolo : La Principessa della Czarda di Kalmann è la classica operetta viennese con tutti gli ingredienti tipici di queste vicende : il gioco delle coppie e degli equivoci , il baritono buffo e il lieto fine che però già annunciava  (siamo nel 1915 ) una fuga dal reale verso una mitica America che già conteneva lo spunto per la regia attualizzata in cui partendo dalla vita consumistica su di uno yacht di lusso si finisce , attraverso la denuncia ecologistica di un mondo che finisce addirittura verso una fuga su Marte.

Interpreti fantastici , ritmo e lieve , divertente direzione d’orchestra di Lorenzo Viotti : bravissimi Annette Dach , di cui avevo già ammirato a Monaco la vena comica nell’Oberon , Pavol Breslik e tutti gli altri che non conoscevo ,ma che meritano tutti un mega applauso.

Secondo titolo : Il Boris Gudonov : Allestimento tipico di Barrie Kosky con un primo atto in un polveroso archivio biblioteca in cui un giovane cerca disperatamente di rileggere la storia , ancora in parte equivoca di questo zar dai molti pregi e dalle orribili ombre .

Un secondo atto , curiosamente ottocentesco in cui emergono comunque gli intrighi della chiesa cattolica e del falso Dimitri e poi il finale granguignolesco in uno spazio vuoto in cui un’enorme campana suona addirittura con un batacchio umano e sanguinante :Boris muore , come in Puskin , dannato.

Fantastico Michael Volle nel ruolo del titolo , eccellente Edgaras Montvidas e tanti altri , tutti tesi nei rispettivi ruoli come il narratore o meglio il ricercatore del vero e il piccolo Ivan , anonimo cantore dei bambini del coro.Direzione eccellente di Kiril Karabits , ucraino , si sente che queste musiche le ha nel DNA.

terzo titolo : la Maria Stuarda di Donizzetti . Siamo nel regno del Belcanto e nel  ciclo delle Regine .Un lontano ricordo personale .L’avevo sentita una prima volta a Vienna con Edita Gruberova e Agnes Baltsa , dirigeva Adam Ficher.

Qui , con la direzione di Enrico Mazzola c’è Diana Damrau , sicura e allenata al ruolo con Paolo Fanale che ricordo debuttante ad Ancona , quando qui si faceva la stagione lirica ma ancora non ha imparato a non cercare l’imput che con i primi piani si vede , eccome.

L’allestimento , tipico di un certo tipo di regia che mischia il passato e il presente ha qualche momento interessante e forse perché non sono proprio una fedele belcantista mi è sembrato il più debole dei tre titoli della mini rassegna , comunque è di ottima qualità . Forse più di Nicolas Testè merita la citazione André Couville , giovine di belle speranze nel ruolo del perfido che diventa il boia.

Curiosamente , proprio perché mi era piaciuto tanti anni fa anche qui Maria ha un vestito che si leva e resta tutta di rosso , come a Vienna negli anni Ottanta.

Osservazione generale , evidentemente il Teatro di Zurigo ha uno sponsor molto generoso e noi gliene siamo grati . Gratuitamente ho passato tre serate all’Opera .Di questi tempi non è cosa da poco.

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