Il mistero Turandot

Vedi Tristano. Cosa avrà voluto dire Puccini con questa breve notazione non lo sapremo mai , ma di sicuro sappiamo che non lo convinceva del tutto l’happy end forse quel tragico “non finito” nasconde la fatica di una creazione musicale che tardava a venire e che ci ha lasciato la testimonianza più esplicita di quel tempo nel quale non era più possibile tornare indietro ma anche la consapevolezza che andando avanti si doveva per forza scegliere una via sconosciuta .

Il finalino di Alfano tagliato da Toscanini si basa sulle 26 pagine di appunti lasciati dal maestro e mi convince ancora meno la versione lunga , filologicamente proposta da Pappano ,che oltretutto sottopone i cantanti ad un tour de force pazzesco.

Lasciamo da parte la fiaba settecentesca di Gozzi , l’esotismo e le cineserie e troviamo una storia di donne : dall’ava stuprata dallo straniero alla gelida vendicatrice contrapposta alla tenera innamorata pronta all’estremo sacrificio, tutto un universo femminile ( molto caro a Puccini) nel quale l’elemento estraneo è il maschio dominatore …. l’opera si doveva chiudere sul tema di Calaf e queste erano le indicazioni del genio toscano, il quale richiedeva anche un bacio “vero” ai librettisti e quell’avvicinamento seducente di quel marpione di Kaufmann alla Radvanovsky ce lo spiega bene anche se non sapremo mai quale fosse la vera intenzione del Maestro.

Enigma che chiude il tempo dell’opera intesa come un fluire melodico di arie e prelude a quel tempo spezzato , violento e dissonante delle opere del Novecento avanzato ?

In questo senso va letto il tentativo di Berio il cui finale tenta di sciogliere in chiave psicanalitica la conversione di Turandot trasfigurandola ( Wagner) mediante il sacrificio di Liù che resta morta in scena fino alla chiusa in diminuendo , lasciando aperte molte porte su quel secolo breve e  su un genio sensibile ormai proiettato verso un divenire musicalmente innovativo.

Molte intuizioni ci ha regalato comunque Pappano con la sua mise en espace che permette di apprezzare alcune preziosità che sfuggono alle messinscene rituali che accentuano le spezzettamento  in tre del ruolo del Ministro ( due sono gli echi del primo) , l’iconico silenzio dalla Principessa di gelo nel primo atto , il grande ruolo del popolo con l’accenno anche  all’Inno nazionale cinese , la rutilante abbondanza strumentale arricchita da strumenti esotici, il ruolo prezioso delle voci bianche a contraltare dell’orrore in scena. E ultimo ma abbastanza prezioso l’avere riportato il “Nessun dorma … stanotte a Pechino” al suo momento di sfida virile , breve  inserto utile psicologicamente  e del tutto difforme  al canto di vittoria calcistica d’uso comune.

Sarà un successo annunciato il Cd di prossima uscita , di questo ne sono fermamente convinta.

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