Grazie alla Torre di Babele di Corrado Augias abbiamo potuto vedere uno straordinario film di culto , mai passato in televisione che mi ha riportato ad un tempo lontano , quando rapidamente passò in quello che era quasi un cinema d’essai ad Ancona.
Ricordo lo sconcerto dei miei amici che non capivano i dialoghi (e per fortuna !), pensavo io che invece li capivo benissimo.
Un italiano antico e grondante la verità del linguaggio delle Case del popolo dei miei verdi anni.
Ho dovuto anche digitare il codice Sky per vederlo , per fortuna l’ho ritrovato tra le tante password che infestano la vita di noi poveri vecchi costretti a mille memorizzazioni.
Peccato le tante , troppe pubblicità che lo hanno infestato , era un film breve , di quelli che si facevano una volta e mi sono pentita di non averlo registrato.
Quel Cioni Mario , con i suoi soliloqui infarciti di pesanti riferimenti corporali era la saggezza antica e la sua spiegazione di quello che doveva essere il comunismo “naturale” è una pagina di autentico realismo d’antan.
Benigni ha parlato di Rabelais e a ragione , quell’amore fisico per Berliguer e per la mamma sono ambedue chiavi di lettura così semplici e autentici da mostrare la realtà composita dell’anima più di qualsiasi dotta lezione sul trasporto freudiano del pensiero umano.
Bellissima e mirabili battute e quella che mi piace di più è quella riferita dalla relatrice del convegno : che ne pensi delle donne?
Nulla , sono uomini come noi . E ha detto tutto sul femminismo e tutte le lotte salariali ancora irrisolte.
Triste , amaro finale dopo i titoli di coda : quella realtà semplice e in certi momenti squallida e degradata è ancora la stessa , il paesaggio non è cambiato , se non in peggio.
Anche questo è un messaggio nel messaggio e conferma quello che a mio avviso è l’autentico capolavoro di Roberto Benigni tramite Giuseppe Bertolucci.