Attraverso la compassione

Si chiude in modo inusuale questo bellissimo Parsifal viennese : è nelle braccia tese del “cigno” di spalle il senso del perdono e della redenzione .A Parsifal resta la pietà di accompagnare l’umanità dolente verso una meta lontana , forse un seme di speranza.

Su di lui resta il carico della nostra colpa , noi suoi contemporanei.

Dopo una vita passata a vedere ed ascoltare questo immenso capolavoro wagneriano non avevo pensato di poterne vedere una diversa interpretazione ad un tempo infedele e fedelissima ed è con enorme emozione  che ho assistito a questo spettacolo , purtroppo in solitudine ma non per questo sentendomi sola.

Sapevo e sentivo che comunque eravamo in tanti a soffrire questa lontananza , anche se per una volta ho pensato che questa visione cinematografica mi regalasse addirittura qualcosa di più della rituale visione teatrale.

Ma cominciamo dall’inizio: la prigione Monsalvat è triste come ogni prigione , siamo in un mondo molto russo ( e questo inizialmente mi richiamava il Parsifal di Tchernialkov visto a Berlino e non è che mi entusiasmasse) , ma già dai primi momenti capisco che la chiave di lettura è molto più grande e più coinvolgente.

La scansione scenica racconta in modo diverso la storia, il giovane Parsifal è un teppista come ce ne sono tanti , affari di droga , un accenno di omosessualità e intanto mentre il capo riconosciuto Gurnemanz gestisce l’ordine  la giornalista come un occhio impietoso fotografa la crudele vita carceraria.

Lontano da tutto , corre la memoria del Parsifal invecchiato  e ne soffre perché “sa” già quello che al giovane è ancora oscuro.

Lo spazio che diventa tempo è scritto sul muro , fuori nella neve , le note scandiscono la storia nota :Amfortas arriva sostenuto dai suoi compagni ,il suo è dolore allo stato puro : la piaga fisica intrecciata con quella morale, sa di avere ucciso suo padre . L’uccisione del Cigno , crudele nella latrina , è un fatto comune e i carcerieri si girano di spalle per non vedere.

Una svolta azzardata nel secondo atto: Schloss è un giornale di moda , il boss tiene in pugno la creativa Kundry , il giovane modello attornato dalle ragazzeinfiore, il bello in grigio ( autoironia con autografi e selfie ), poi in lui prevale la sofferenza nella comprensione dello sfruttamento del giovane.

Tutto si snoda sulla musica che spiega quello che non si spiega , la memoria della madre , la sofferenza del ricordo e infine la catarsi , dopo la grande scena di seduzione il taglio netto finale che non è liberazione ma colpa su colpa.

Ritorniamo a quello che fu Monsalvat , rovine nella neve. Parsifal torna e il suo canto è straordinario , la stanchezza dell’essere e non basta il riportare la lancia ( un banale spezzone di tubo), occorre la compassione verso la silente Kundry , verso un sé stesso ormai accettato , verso un desolato Amfortas , arroccato in un  dolore senza fine , verso Gurnemanz senza più potere.

Apre la porta e libera tutti dal proprio peso , a lui resta il senso della colpa universale , non c’è speranza in questo Parsifal definitivo .

Solo grandi interpreti /attori per questa mesinscena che resterà storica:

sicuramente Elina Garancia attraversa un momento vocale e scenico felicissimo , una maturità d’interprete senza eguali .

Il debutto di Ludovic Tèzier nel ruolo di Amfortas è strepitoso , come è perfetta l’interpretazione di Georg Zeppenfield come Gurnemanz.

Wolfang Koch ormai è Klingsor , talmente nel ruolo da esserne fisicamente contaminato.

Il giovane attore /doppio volutamente acerbo nel fisico e nel volto indurito non desta quello che per me è il solito fastidio del “replicante”.

Una regia intelligente che “tradisce” mantenendo ogni significato : Kirill Serebrennikov , anche con le difficoltà materiali che ha dovuto incontrare è riuscito nel miracolo di mantenere una lucida analisi di totale aderenza wagneriana.

Forse mi è mancato Kirill Petrenko , la sua tensione esasperata , ma farei torto a Philippe Jordan , la sua comunque è una corretta interpretazione del capolavoro conclusivo dell’immenso Wagner.

Di Jonas Kaufmann ho troppo da dire , rimando ad una ulteriore tappa del mio diario la valutazione .

Devo superare l’emozione fortissima della sua voce che ormai “ accarezza le note” , come ha detto un mio amico emozionato alla fine della visione.

3 thoughts on “Attraverso la compassione

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