Aribert Reimann

Era prima della pandemia , mia sorella mi telefona da Firenze : al Maggio c’è un’opera strana , non so dirti se è bellissima , ma mi farebbe piacere se tu venissi a sentirla.

E aggiunse .: io ci ritorno volentieri con te.

Fu così che ascoltai per la prima volta Lear di Aribert Reimann e ne rimasi sconvolta , tanto che mi ripromisi di tornare a sentirla a Parigi l’autunno successivo o forse a Monaco  perché quella di Firenze era l’ultima replica e avevo il bisogno di entrare meglio nel mondo musicale di un autore che scoprivo solo così tardi.

Poi il Covid mi ha mangiato gli anni e le forze e quella è stata l’unica volta che ho potuto apprezzare la magia  e la sapienza compositiva di un autore che leggo averci lasciato proprio in questi giorni.

Non so se avrò ancora il tempo per ascoltare la sua musica , certo si tratta di un autore davvero importante e mi dispiace che non sia in cartellone in Italia con l’attenzione che meriterebbe .

Leggo molto di lui in questi giorni : omaggi da parte di molti teatri , soprattutto dal BSO con l’orgoglio di avere li rappresentato molte delle sue opere.

Una versione del Lear diversa da quella di Firenze l’ho vista su Classica , era da Monaco  ,ma francamente mi è sembrata decisamente meno bella di quella vista a Firenze : partiva da una solita strana “regietheater” ambientata in un museo e non mi ha dato nessuna emozione , come al solito l’opera la si deve vedere dal vivo.

Quello che mi aveva tanto colpita era rendermi conto che il suo Shakespeare era talmente scespiriano ma rendere la figura dolente del vecchio re anche più drammatica di quanto già non fosse nella grande tragedia .

Un capolavoro che nasce da un capolavoro.

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