Candide

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Mi pare giusto ritornare su Candide di Benstein , come avevo promesso , adesso che la prima a Firenze c’è stata e quindi la mia recensione non anticipa più niente. Avevo detto che mi aveva molto divertito alla generale e non avevo detto i molti perché del mio gradimento. Intanto va a onore del rinato Maggio Musicale Fiorentino il percorrere strade non banali nella formazione del cartellone. Candide fu scritto nel 1956 e il suo autore accompagnò tutta la vita la sua creatura , sicuramente meno famosa della sua opera successiva : quel West Side Story che ebbe una fortuna mondiale maggiore. Ma l’ouverture di Candide ormai è un pezzo entrato regolarmente nel repertorio sinfonico , comunque sicuramente di più nel mondo anglosassone che non in Europa .

Infatti per avere il Candide in scena , peraltro in una edizione che fece molto scalpore non per l’audacia del testo ma per essere una divertente messa in scena di Robert Carsen che veniva da Parigi e approdando alla Scala mise in subbuglio la stampa molto provinciale italiana per una ironica citazione politica nostrana, era comunque il 2007 ed evidentemente questa prima fiorentina , con una messa in scena originale rende onore sia a Bernstein che alla città toscana. Della regia lieve e spiritosa di Francesco Micheli avevo già accennato nel precedente articolo adesso mi pare doveroso citare anche gli interpreti a cominciare da una Lella Costa non solo come sempre spiritosa ma anche , e qui sta la mia meravigliata invidia , per la sua abilità e disinvoltura di pattinatrice. Ottimi e sicuri nella vocalità Laura Claycomb (Cunegonde ) e il leggero ma sicuro Keith Jameson (Candide) . Di Chris Merrit ho già detto , ma direi che la omogenità di tutta la compagnia di canto contribuisce non poco alla riuscita dell’insieme. Aggiungo che la direzione di John Axelrod , oltre a dare continuità storica alla lettura della partitura (è stato l’ultimo collaboratore di Bernstein nella messa in scena) ce ne fa apprezzare con allegria i 27 pezzi lirici che la compongono.

Definire Candide un musical o un’operetta mi pare decisamente riduttivo e l’intelligente testo mutuato da Voltaire , a cui partecipò attivamente anche Lillian Hermann , ci rende evidente che lo spirito ebraico di Bernstein si sposa perfettamente con la spiritosa allegoria volterriana della inutile ricerca della felicità ricercata nei vari Eldorado del mondo quando invece va ricercata nella propria essenza e nel quotidiano accettarsi con semplicità.