Tradizione o innovazione

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Nel continuo interessante dibattito che anima le pagine dei social che si interessano di lirica e alla valutazione degli allestimenti più o meno tradizionali mi permetto di aggiungere una notazione basata sulla recente visione sul canale Classica di un Lohengrin “ tradizionale” che ci arriva da Dresda sotto la bacchetta di Christian Thielemann.

Grande interprete di Elsa di Bramante la grandissima Anna Netrebko con Piotr Beczala nel ruolo del titolo.

Con tutta la dovuta buona volontà nel non farmi condizionare da diverse e molto amate messe in scena ho avuto la sensazione , dall’inizio alla fine di assistere ad una rappresentazione anni ottanta, magari viennese.

La più pura banalità nella ubicazione dei cori , sempre simmetrici , sempre mossi senza un motivo realistico , sempre lussuosamente abbigliati con pericolose carrellate sui volti ravvicinati che non esprimevano nulla.

Tragicamente fuori tempo la grande divina che si ostina a infilarsi sulla testa delle improbabili parrucche bionde e il cui phatos teatrale consiste in due o tre mosse che mi hanno ricordato la famosa frase riferita a John Wayne , il quale era in possesso di due espressioni : col cappello e senza cappello.

Il suo tedesco è fatto di vocalizzi , bellissimi e pieni , ma impossibile ricavarne una sola indicazione di testo.

Molto meglio Beczala , con ottima pronuncia e grandissima voce spiegata , il suo è un Lohengrin degno di tutto rispetto , purtroppo anche lui condizionato a fare “la bella statuina” con sicura diminuzione della drammaticità del personaggio .

Il suo In fernem Land ha due momenti di diversa resa : la sua “taube” non è così leggera come la si vorrebbe ,in compenso “ein Ricter ich” è perfetto e non aggirato con la vocale aperta , come succede anche ai grandi…..

Evelyn Herlitzius anche vestita da regina cattiva di Biancaneve funziona sempre al meglio e Tomas Konieczny manteniene la sua voce inconfondibile e tutto sommato poco gradevole qualsiasi ruolo canti.

Ma dove veramente ho avuto dei problemi a riconoscere la mia amatissima opera è stato nella direzione enfatica e , mi si perdoni , teutonica del direttore.

Pieno d’orchestra sempre , scansione dei tempi rigidissima tanto che alla fine per cercare di capire il perché di tanta diversità dal Lohengrin da me tanto amato sono andata a risentire l’edizione di Monaco del 2010 diretta da Kent Nagano e mi sono bastate le prime note per capire che il problema per me stava proprio nell’impostazione orchestrale.

Laddove tutto era sogno e fiaba diventava a Dresda l’opera amata da Hitler , tanto per fare una banale semplificazione.

Il problema quindi non sta nel modernizzare o attualizzare dell’opera , ma nel rendere moderna e coinvolgente la rappresentazione, nel senso dell’educazione all’ascolto di un pubblico oggi sicuramente diverso dal pubblico della metà del secolo scorso.

Ho voluto citare intenzionalmente una messa in scena che a suo tempo aveva avuto delle reazioni non tutte positive ,sarebbe stato più facile citare il bell’allestimento della Scala , poi ripreso da Parigi .

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In quel caso non c’era stata una provocazione così plateale , le direzioni rispettivamente di Baremboim e di Jordan erano ambedue nel filo di una interpretazione attuale e tradizionale insieme.

Per tornare davvero indietro sono dovuta tornare al Semperoper …..un teatro bellissimo anche se visto dal vivo solo tanto tempo fa.