Parsifal in livestream

IMG_2733

Doverosamente , da wagneriana doc mi sono messa davanti al computer per risentire e rivedere il Parsifal in livestream da Monaco.

Come ogni volta mi accorgo quanto sia diversa la visione rispetto a quella dal vivo e piena di diverse sollecitazioni.

Comincio da quelle positive : meraviglioso potere vedere Petrenko dirigere, sul suo viso passano le emozioni , la gioia della condivisione con l‘orchestra, scompare la sua timidezza e lo si vede  nella nudita‘ del grande interprete.

Estremamente interessante la posizione degli strumenti , Petrenko sposta le masse orchestrali realizzando effetti di una sonorità  diversa , anticonvenzionale . Si e‘ detto di una direzione cameristica , attenta a non coprire mai le voci , si e visto come i cantanti siano soggiogati dal suo gesto . Gentile e sorridente trasmette amore in ogni suo sguardo  sicuro.

 

Resta invece a mio avviso estremamente problematica la visione buia , apocalittca , di Baselitz.

Non mi ha convinto a teatro e confermo la mia idea : un pittore , magari grandissimo non sara‘ mai uno scenografo.

Invece la ripresa televisiva ha messo in maggiore risalto i pochi momenti forti che la caratterizzano la regia:

li cito in sequenza  : il sipario che si cala un momento sul gesto di Gurnemanz che chiude con le mani il volto di Parsifal …du siehst mine sohn ….spazio che diventa tempo visivamente .

Secondo momento forte : la luce accecante della conoscenza dopo il bacio respinto di Parsifal a Kundry , complice anche un ardito stacco musicale che esalta il grido : Amfoooortas ….

Ultima la bella intuizione dell‘ascesa finale dal basso di Amfortas prima e dei cavalieri del Graal poi , a  teatro ero troppo vicina per apprezzarlo

 

Impietosi i primi piani , certamente non è stato cercato nessun abbellimento estetico attraverso le luci , si salva Kaufmann che come lo metti è sempre bello . Non cosi si può dire della grandissima Stemme , che solo nel terzo atto riesce a recuperare un po‘ della sua grazia naturale .

 

Resta comunque  a mio avviso irrisolta la chiave di lettura del capolavoro wagneriano che peraltro  di ipotesi ne offre  tantissime .

Sicuramente il racconto del Parsifal  si basa su di un concetto religioso  : la Mittleid ,la pietà,la compassione appartengono a molte religioni , ma in questa rappresentazione la magia del riscatto , la redenzione non c‘e .

Pietà l’è morta. Parsifal si allontana , oscuro tra la folla , preceduto dal saggio Gurnemanz , sulla scena restano Amfortas caduto sulla tomba di Titurel e , forse salvata , la sagoma abbandonata della povera Kundry.

La luce accecante , macchia informe finale risalta sul diminuendo sublime della musica : finale aperto quanto non mai.

 

 

Arabella

images-1

 

Uno spettacolo elegante , una strepitosa Anja Harteros , un’altra conferma della qualità eccelsa delle messinscene bavaresi.

Questa ultima collaborazione tra il grande Strauss e l’intellettuale Hofmannstahl si concluse seccamente con un ´ultima lettera di accompagnamento sull’ipotesi del primo atto.

Il giorno successivo , durante un furioso temporale , il figlio dello scrittore si uccideva e il giorno del funerale improvvisamente moriva anche il padre,

Arabella rimase molti anni nel cassetto quasi conclusa fu poi portata a termine da Stefan Zweig , anche se , nel peraltro bellissimo ( more solito ) programma di sala questa ultima collaborazione non è neppure menzionata.

Arabella é una commedia  ma è anche un testo dalle molte letture , come sempre nella visione raffinata del graffiante intellettuale  con una musica altrettanto suggestiva e piena di rimandi straussiani precedenti.

Nasce da un racconto che lo scrittore aveva scritto nel 1910 intitolato Lucidor , poi trasformato in commedia dal titolo «  Il cocchiere come conte « 

Nel frattemp però il testo era già diventato Arabella  , anche perchè il vecchio Strauss voleva testi con al centro forti personaggi femminili.

Si apre sulla frenetica musica che imita il ritmo dello skat , il gioco di carte amato da Strauss e qui messo a commento delle sfortune del padre giocatore conte squattrinato nella Vienna del demi-monde .

Le sue speranze sono tutte basate sull’ipotesi di un buon matrimonio della bella figlia Arabella e per lasciarle tutto il campo di conquista è pure sacrificata in vesti maschili la figlia più piccola…..che coltiva segretamente un tenero amore per uno dei tanti spasimanti infelici della indipendente fanciulla che vive in quella Vienna decadente degli anni già difficili in cui si balla ancora sulle memorie dell’Austria Felix.

Intanto la madre si affida ad una cartomante un pô imbrogliona e si diverte da par suo nelle feste viennesi…

 

Ma entra in scena il personaggio maschile che sconvolge tutti i piani : un rozzo ricchissimo che arriva dalle foreste della Slavonia , vedovo non proprio inconsolabile che ha in tasca il ritratto della bella viennese , la quale da par suo era già  rimasta colpita da uno strano sconosciuto per strada .

La commedia si snoda tra balli ed amori : il valzer viennese è già una languda memoria , eleganze e perdizione , equivoci e travestimenti .

Siamo lontani da Octavian , anche se la sorellina sacrificata ne ricorda là vocalità e il finale aperto , amaro

 e possibilista nel quale la bella Arabella , dopo essersi ritirata delusa dalla mancanza di fiducia del novello amore per bere in solitude un «  bicchier d’acqua » scende di nuovo le scale dell’albergo degli equivoci per tornare dal suo incredulo amore e quando gli si avvicina invece di offrirglielo… glielo butta in faccia .

Novella Marchallin , delusa da ogni reazione maschile , gli canta in faccia : ma io sono così !

Dicevo , lo spettacolo . Raffinatissimo , giocato su rossi e neri che risaltano sulla spirale di scale bianchissime che si snodano come le storie che i nostri personaggi vivono.

Il lento fluire delle persone che salgono e scendono , mai casualmente , sembrano un gioco e sono un raffinatissimo accompagnamento della musica .

Harteros in stato di grazia si dimostra anche una notevole attrice di teatro leggero , credo si sia divertita molto con questa sua capricciosa Arabella .

Un pubblico molto casalingo , pochissimi i giovani ed è un peccato . Un testo modernissimo , facendo i miei conti , siamo vicini al secolo da quando fu scritto meriterebbe molto di più che non l’amore degli straussiani di stretta osservanza.

 

Il vascello fantasma

 

Unknown

 

l’articolo si riferisce allo spettacolo del 2 luglio

Come è noto  la prima idea di Wagner di  scrivere un’opera ispirandosi ad una antica leggenda risale alla paura che  il malcapitato debitore si prese durante una tempesta mentre era in fuga dai creditori   in una avventurosa traversata verso l’Inghilterra.

La leggenda racconta del condannato a navigare perpetuamente sul suo vascello per espiare una colpa terribile a cui solo  solo ogni sette anni veniva concesso di atterrare nella speranza , ahimè vana , di trovare una donna capace di riscattare con il proprio sacrificio d’amore la colpa dell’innominato comandante . Da qui parte Der fliegende Holländer , detto anche dalle nostre parti „Il vascello fantasma.“

Wagner aveva concepito l’opera in un solo atto senza intervallo , poi invece la consuetudine lo dava rappresentato addirittura in tre atti.

I temi wagneriani ci sono tutti : l’ignoto innominato , la colpa da espiare , la speranza della redenzione , il „wahn „ la sottile follia che serpeggerà nelle sue opere future e qui è rappresentata nell’ossessione di Senda nell‘amore oer il ritratto di uno sconosciuto ,ma siamo   nel   periodo dei suoi primi successi : qui Wagner è ancora alla ricerca di se‘ , ci sono troppi ballabili e canti da osteria ma sentiamo la zampata del leone già nel preludio, il Leitmotiv della disperazione dell‘Olandese comincia violento e s‘infrange nelle onde vorticose della tempesta.

A Monaco hanno ripreso la modalità primitiva , un solo atto senza intervallo , due ore abbondanti di musica.

Comincia bene : sfondo di nuvole tempestose , le cime che ancorano le navi, lampi e saette.

La nave del capitano Dalan ha un equipaggio in vesti anonimamente moderne , buone per tutte le stagioni mentre l‘Olandese e il suo equipaggio sono vestiti da pirati dei Caraibi , tutti neri, tipo saga cinematografica.

Poi dopo un velocissimo cambio di scena a sipario chiuso ci troviamo in una luminosa palestra con le „tessitrici“ in cyclette che pedalano furiosamente cantando …e il teatro ride .Giustamente , dico io.

Senda , la grulla, si aggira col ritratto tipo Rembrandt dello sconosciuto e Erik esce dalla sauna in accappatoio bianco.

Musica da un lato , regia per conto proprio. Il povero Holländer si aggira mascherato tra le cyclettes , Senta si veste da sposa seicentesca infilandosi il vestito sopra i pantaloni .

A tratti ogni tanto la musica ci regala il brivido del mistero , il senso di un amore che nasce per vie misteriose , una catarsi finale inevitabilmente mal risolta ..col botto e buio sul palcoscenico.

 

Teatro gremitissimo e pubblico festante , ovviamente mancava il frisson della sera prima ma il successo non è mancato comunque.

Ogni tanto guardavo due teneri bambini sui sei, otto anni con i visini protesi verso il palcoscenico in una barcaccia.

Cosa ci avranno capito se non glielo spiegava papà seduto dietro di loro ?

Avevo uno splendido posto centralissimo , niente a che vedere con la sera prima quando pure abbastanza avanti mi perdevo i cantanti se non entravano nel mio corridoio visivo….

Non mi sono annoiata , come al solito la compagnia di canto di altissimo livello : avevo lasciato Wolfgang Koch , Klingstor la sera prima , lo ritrovo protagonista stasera. Non si scherza a Monaco ! Nella parte di Senda una giovanissima ,bravissima Elena Stiknina, Erik , tenore possente un po‘ oversize Timolslav Muzek, impeccabile Franz-Josef Selig , il capitano Dalan e una sicura  Okka von der Damerau come Mary.

La direzione senza infamia e senza lode di Bernard De Billy, certo che è duro prendere la bacchetta dopo Petrenko.

Regia Peter Konwitschny, nome difficile da scrivere , posso dimenticarlo facilmente.

 

Parsifal

 

 

IMG_2713
Per avvicinarsi al Parsifal ci sono molte strade , in ogni caso ci si addentra in un labirinto nel quale ci si perde : si aprono porte su porte e si finisce per smarrirsi in questa musica infinita nella quale conviene abbandonarsi senza cercare soluzioni . Wagner stesso era partito molti anni prima di affrontare l’opera da una suggestione della quale si trova traccia nei suoi scritti giovanili . All’inizio c’è un parallelismo tra la figura del Cristo e quella di Apollo , poi l’imput si perde nelle mille leggende orientali di cui lo stesso onnivoro lettore si nutre. Leggere le bellissime pagine di Mario Bortolotto nel suo insostituibile « Wagner l’oscuro « significa seguire il pensiero wagneriano nell’evoluzione del poema prima e della musica poi. Giocando da par suo nelle etimologie il primo soggetto è sulla figura di Amfortas, facile anagramma di Infirmitas : la colpa come ferita insanabile , la figura del riscatto attraverso la redenzione passa per quel Perceval, Parceval ́ forse derivato dall’occitano « percer val « , attraversare la valle , piu probabilmente dal « farsi o parsi « attraverso la cui origine si arriva al puro folle che non conosce niente di sé , neppure il peccato che riscatterà il perdersi della colpa non consumata attraverso la conoscenza . I cavalieri del Gral, anche qui ci perdiamo nell’origine del nome di questa grolla ( graal) forse all’origine pietra sacra , poi contenitore prezioso , se ne contano tracce in mezza Europa come anche il nome del castello , forse il riferimento è ai Cavalieri Templari , come il nome del castello che trasforma il Mont Salvat in Monsalvato . Parsival é l’ultimo dei senza nome wagneriani , personaggi tutti alla ricerca del sé , tutti orfani di padre , qui si aggiunge anche la colpa della morte della madre : Herzeleide… forse doppio della maga Kundry e forse no …tutto sfuma nella magia di un racconto aperto , scandito dalla ripetizione del famoso Amen di Dresda , ma qui aprirei un altro capitolo e certamente non sono abbastanza acculturata musicalmente per riuscirci.
Tutto questo per dire : cosa c’entra Baselitz in tutto questo ? Ho avuto la fortuna di ascoltare via radio la prima dell’opera e mi sono persa , indisturbata , nella magica direzione di Kiril Petrenko. Un’orchestra perfetta ( la meraviglia degli ottoni!) , cori davvero celestiali e sopra tutti la voce straordinaria di Christian Gehrarer , la cui dizione cesellata mi ha permesso di seguire anche buona parte del testo.
Poi sono arrivata a Monaco . Qui il discorso é diverso . Un Parsifal epocale, vuoi per il cast stellare , vuoi per una direzione che credo oggi non abbia eguali, comunque uno spettacolo bellissimo , molto più bello dal vivo che non attraverso le foto di scena che già circolano abbondantemente sui media.E qui mi fermo perché lo scenografo si è mangiato la regia , della quale vale il detto « poche idee ma confuse ».
Inoltre è palpabile una sorta di dicotomia tra la direzione , il cui senso di raffinata, intelligente introspezione ci racconta di un universo di pietà e di redenzione mentre visivamente abbiamo un mondo dissolto , annichilito come dopo una esplosione nucleare. La visione di Baselitz , che resta un pittore e non uno scenografo , se in qualche modo è il punto di maggior richiamo dello spettacolo resta a sé , anche se devo dire che alcuni momenti di suggestione e di forte impatto visivo li regala.
Analizzando più concretamente lo spettacolo direi che il primo lunghissimo atto risulta emotivamente quello di maggiore impatto mentre il muro del castello di Klingsor e quello che contiene , le inutilmente ripugnanti fanciulle-fiore , non aiuta certo i cantanti e la scena di seduzione non è risolta mancando materialmente una sorta di letto o giaciglio su cui appoggiarsi. Si riprende la suggestione nell’epilogo ,anche se mi pare banale rovesciare alberi e tralicci per dire che lî regna la morte. Discorso diverso per quanto riguarda le voci : Jonas Kaufmann al top di voce e di prestanza fisica « è Il Parsifal » di sogno che credo sarebbe piaciuto anche all’autore, René Pape é il raffinato e perfetto Gurnemanz dalla impeccabile dizione , lo stesso dicasi di Christian Gehrahrer che già tanto mi aveva colpito all’ascolto via radio , ottimo il Klingstor di Wolfgang Koch e lascio per ultima Nina Stemme dalla voce incredibilmente potente e sicura nella sua acrobatica dirompente vocalità.
Regia , come ho già evidenziato, abbastanza anonima ; forse spendendo tanto per le scene lì hanno un pô risparmiato , Premuto molto il pedale sul coté cristiano ,centrali in platea due giovani elegantissimi preti in sottana probabilmente sottolineavano il placet della Curia bavarese.
Foto di Angelo Capodilupo