Giorni freddi di fine autunno . Mancano pochi giorni e poi si entrerà nel carosello degli auguri natalizi.
Con poco entusiasmo e un certo senso di stanchezza , anche se molti mi hanno detto che non avevano voglia di farlo , poi alla fine l’albero di Natale lo hanno fatto e fotografato quasi tutti , me compresa .
Per tradizione familiare faccio anche il presepe , semplificando un po’ le procedure : via il fondale pseudo-palestinese, via la carta simil-roccia , ho economizzato anche col muschio ma alla fine la tradizione l’ho ancora una volta rispettata.
Per quanto ancora non lo so , non ci voglio neanche pensare , in definitiva quest’atmosfera si può ricondurre a quella specie di apatia da Covid che ha preso veramente tutti.
Arriviamo alla fine di questo secondo anno diverso, con un mondo cambiato in uno strano slittamento rallentato , ci siamo trovati in una dimensione che per certi versi ci ha riportati verso un passato da cui credevamo di essere usciti per sempre e invece abbiamo la conferma che la nostra condizione umana è sempre la stessa : fragile e insicura.
Per vedere il bicchiere mezzo pieno consoliamoci col fatto che perlomeno da noi i teatri sono di nuovo aperti ( e non è che il resto d’Europa stia molto meglio) che anche se al cinema ci vanno davvero poche persone per le strade dei centri storici le foto dei giornali ci dicono che le persone hanno ricominciato a passeggiare tra le luminarie d’ordinanza.
Cercando di non soffermare troppo lo sguardo sulle foto impietose dei bambini infreddoliti nelle tende dei campi profughi , nelle immagini dei reticolati di muri, nell’enorme ingiustizia nella quale viviamo . Testimoni immobili e muti , i social hanno preso il posto di quello che una volta chiamavamo l’esame di coscienza..