Ripensare Andrea Chenier

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Luigi Illica, il librettista di Giordano, aveva il senso del tempo. Intellettuale e giornalista, apparteneva alla scapigliatura milanese, sicuramente con inclinazioni socialiste e trovandosi tra le mani l’occasione di scrivere un libretto sul secolo dei lumi avrà avuto sicuramente a cuore l’idea di esaltare il ruolo degli intellettuali nel grande momento della più grande rivoluzione borghese che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.

La macchina messa a punto dal dottor Guillotin, detta affettuosamente Louisette, avrebbe per sempre decapitato, anche fisicamente, i privilegi di una aristocrazia scandalosamente perduta nei propri privilegi. La figura del poeta vittima del suo pensiero era sicuramente nelle corde di Illica e la sua narrazione, se la vogliamo leggere in maniera meno oleorafica, è perfetta.Schermata 2015-02-01 alle 09.07.40

Atto primo. Nella gabbia dorata aristicratica, nella quale l’unica voce ribelle è quella del poeta intelletuale, irrompe il popolo cencioso a spezzare una sorta di incantesimo di un mondo ottuso col capo, finché ce lo avrà sul collo, decisamente rivolto all’indietro.

Atto secondo. Gli intrighi della prise de pouvoir del nuovo: le trame e le vittime, perfetta la citazione di Desmoulin, nel momento della deflagrazione di un sistema. Cambiano i costumi: arrivisti e cortigiane, leggi Incroyables e Merveilleuses.

Atto terzo. L’inevitabile condanna del pensatore ribelle e orgoglioso, “si fui soldato” introdotta dalla costruzione pretestuosa di un colpevole “ nato a Costantinopoli…”

Atto quarto. La Louisette in azione e inserimento finale della grande storia d’amore. Inevitabile melò-dramma con il sacrificio di una donna sola “la mamma morta”, tutto bruciava intorno, quasi un riscatto di classe in nome dell’amore . Di quell’amore che non è solo palpito, ma è anche la molla iniziale che fa scattare l’amore tra il poeta e la fanciulla.

E qui sta l’errore madornale di McVicar. Invece di accentuare una trama socialmente e umanamente accettabile rimodella il tutto sul cliché pane e brioches e resta il rimpianto di non avere assistito ad una rivisitazione qui veramente necessaria in chiave politica. Dalla gabbia dorata del primo atto alla grande ghigliottina sullo sfondo sinistro si potevano muovere credibilmente un popolo cencioso, una fauna di approfittatori e la bianca luce privata di un amore.Schermata 2015-02-01 alle 09.19.59

Come al solito Jonas Kaufmann a modo suo si salva e con garbata ironia riesce a trasmettere con una deliziosa serie di messaggi in bottiglia tutta una serie di segnali molto divertenti:
preziosa la sua foto divertita tra le tricoteuse, zeffirellianamente messe sulla gradinata del processo e addirittura provocatorio il far vedere nel video trionfante del RHO in cui si esaltano i preziosi costumi d’epoca ricostruiti, questi sì nel modo in cui solo gli inglesi sanno fare i film storici, il tempo lunghissimo che gli ci vuole per cambiarsi gli stivaletti dai mille bottoncini in un tempo breve (dieci minuti) sorvolando allegramente e con nonchalance sulla difficoltà del fatto che poi lui sarebbe tornato in scena per cantare le impervie arie della partitura con la maestria che ne fanno sicuramente oggi il più grande Andrea Chenier disponibile sulla piazza.

Che bella sarebbe una ripresa della BSO in questa chiave!

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