Il Trittico

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Ogni tanto é bene fare una piccola follia , avevo letto una stupenda recensione ma gli impegni quotidiani mi avevano trattenuto , poi un attimo …e dopo avere controllato il calendario dell’Opera di Roma ho deciso , cancellati dentista , prova teatrale ed altro sono partita con lo scalcinato treno/ tradotta regionale.

Ho fatto bene , anzi benissimo . Credo di potere affermare che é come se non avessi mai ascoltato questo triplice capolavoro pucciniano.

Inchiodata alla poltrona , col fiato in gola e i pugni stretti ho vissuto letteralmente in totale partecipazione le vicende dei diseredati del Tabarro , ho pianto davvero con le povere carcerate di Suor Angelica , ho riso amaramente della grettezza dei parenti in Gianni Schicchi.

Oltre al genio del sor Giacomo , qui meravigliosamente valorizzato dalla raffinata direzione del giovanissimo Daniele Rustioni , non a caso collaboratore di Pappano a Londra , la vera meraviglia é la messinscena e la regia di quello straordinario Damiano Michieletto , da noi non abbastanza amato e valorizzato che riporta in Italia l’allestimento piû distante ed insieme piû fedele del Trittico pucciniano.

 

Intanto l’ambientazione , una meraviglia dello scenografo Paolo Fantin . Un deposito di conteiners al posto della chiatta sulla Senna , un eschimo sdrucito al posto del tabarro , lattine di birra al posto del vino , ma tutto é perfetto e credibile, anzi quest’aria da noir francese aggiunge tristezza e squallore alla vicenda di Giorgetta e Michele , accentuata da quello che Michieletto ha fortemente evidenziato , cioé la maternità perduta , il vuoto di un legame rotto dalla morte in cui si inserisce la rabbia sessuale di Luigi e la sua aria “hai ben ragione ” cantata con potenza da Antonello Palombi che ha anche scatenato uno dei pochi applausi a scena aperta di una rappresentazione che nella sua unitarietà lascia poco spazio alle interruzioni.

 

Sull’urlo finale di Giorgetta si aprono a scena aperta i conteiners e appare il convento/prigione col lavatorio in stile irlandese delle Madeleine. Ad Angelica vengono tagliari i capelli in scena , spogliata e rivestita di sacco ha solo il conforto nella sua cameretta con tante immagini sacre oleografiche della tradizione popolare.

Le suore , prigioniere , tutte protagoniste scenicamente , sono vessate da guardiane in rigidi tailleurs con vistosi crocifissi sul petto.

All’arrivo della zia principessa un colpo di genio registico , c’e anche il bambino vivo che vorrebbe correre dalla mamma ma viene respinto dalle implacabili guardiane cosî che la straziante scena in cui la zia , venuta per chiedere la firma alla rinuncia dei beni della povera Angelica, diventa anche piû tragica nella bugia crudele della morte del bambino. Nel delirio di Angelica arrivano tanti bambini uguali che si spogliano e lei che ne raccoglie le vesti se ne serve per farsi un ventre gravido nel quale cerca consolazione fino alla tragica fine in cui tutto rifiuta e l’arrivo del bambino sul corpo della madre suicida mi lascia col cuore stretto e le lacrime che non riesco proprio a trattenere.

Raffinatissimo particolare registico , anche i bambini del coro di voci bianche fuori scena é vestito con le divise di una scuola di tipo anglosassone . Decisamente Michieletto ci sa fare.

 

Prendo fiato e nell’intervallo vado a salutare una giovane cantante che ho apprezzato ad Ancona nel Falstaff. Scopro cosi che la straordinaria protagonista Asmik Gregorian é davvero incinta . Pallida e stremata mi ringrazia , anche se credo che il suo italiano sia ancora abbastanza scarso, é bella e mi ricorda un pô la Opolais , ma con molto piû volume . Brave davvero queste lituane.

 

Un inciso doveroso : in scena c’era il secondo cast , non posso fare paragoni   Ma credo di avere assitito raramente ad un livello professionale cosi alto ..e non sono una che si accontenta facilmente. Non vorrei fare troppi nomi ,dico solo che Isabel De Paoli ha sicuramente un avvenire davanti , che Anna Malavasi si fa con destrezza tre ruoli , che il basso Kiril Manolov ha tutte le carte in regola , e il volume , per passare dal Tabarro allo Schicchi, che Matteo Falcier si canta con sicurezza l’aria di Rinuccio , che Ekaterina Sadovnikova strappa il secondo applauso a scena aperta con la sua “o mio babbino caro ” di tutto rispetto.

Puccini recitato con la musica , autentica colonna sonora cinematografica ( e non é riduttivo né tantomeno dispregiativo , Puccini va fatto cosî , oggi piû che mai.)

 

Ritorniamo in sala , gli animi rilassati e il regista ci dà, attraverso una piccola trovata , la chiave di lettura che lega i tre episodi : basta un’ecografia esibita e un accenno di pancia per convincere babbo Schicchi ad architettare la burla a favore del matrimonio della figlia. L’ambiente ricco della casa di Buoso Donati é ancora nei conteiners aperti e decorati di carta di Firenze, i parenti gretti e lividi , il povero Buoso strapazzato non é un fantoccio , il bambino guarda in cuffia i videogiochi, tutto é crudelmente credibile.

Si ride amaro sulla casa , la mula e i mulini di Signa…il testo di Forzano é un capolavoro nel capolavoro .

Alla fine , sul canto degli innamorati si richiudono i containers , tutto ritorna in modo circolare all’inizio e Schicchi che si é rimesso il Tabarro chiude col saluto al pubblico che relativamente sollevato e decisamente grato esce sulla piazza del Teatro dell’Opera di Roma che sembra avere ritrovato una stagione veramente degna della capitale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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10 thoughts on “Il Trittico

  1. D’accordissimo con te,Adriana….io ho visto il primo cast,ed a parte Frontali il secondo era decisamente meglio!!!

  2. Bella cronaca d’il Trittico,raccontatta in dettaglio.
    Sei brava,divertente,e lo spirito molto giovane!!!!
    Sabato sera sono andata all’opera,”Luisa Miller”, nel ruolo di Miller,
    un Leo Nucci al top della forma!!

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