Kaufmann versus Kaufmann

 

 

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Dopo avere letto centinaia di rendiconti entusiasti della Fanciulla del Met , specialmente da parte di fedeli ammiratrici dello stratenor Kaufmann  ,tutte inneggianti alla splendida forma fisica e vocale del Nostro ho pensato bene di studiare un po’ di più il raffronto con l’opera di Vienna del 2013.

Innanzitutto devo dire che quella  l’avevo vista in teatro, il che è comunque un gran vantaggio , sempre.

Purtroppo non posso dire lo stesso di NewYork , anche se alla luce di quello che ho visto al cinema mi sono rafforzata nella convinzione che proprio non valeva la pena di traversare l’Atlantico per una ripresa vecchia in tutti i sensi e senza interessi particolari .

Non avevo neanche bisogno di vedere confermata la forma vocale di JK , l’avevo appena sentito nel mirabile concerto di Milano e prima a Gstad e prima ancora a Caserta e Monaco .

Tutto questo entusiasmo per il feeling con la Westbroeck poi non mi pareva determinante : sono colleghi , ogni tanto si incontrano sui palcoscenici del mondo e lei  ultimamente ha pure la voce un po’ usurata e svuotata nei toni centrali.

Lucic recita tutto allo stesso modo , ad un certo punto ho pure pensato : che ci fa Gerard nella Fanciulla?

Il migliore in assoluto , l’ho già scritto nel precedente blog sull’argomento è lo strepitoso Nick di Carlo Bosi , una vera perla italiana.

 

Ho letto e riletto uno spartito vecchio di anni e di memorie casalinghe e mi sono ancora una volta stupita della precisione con cui Puccini  ( perchè sappiamo che in ultima stesura era lui che decideva anche le battute) sviluppa la psicologia dei personaggi.

 

Basta seguire le indicazioni , c’è già tutto lì. Cominciamo dalla  Girl ( non giovanissima , lo dice nella perorazione finale ricordando di avere dedicato  la sua gioventù a vivere con i minatori ) e quindi la Stemme era giusta anche come differenza di età con il bandito ragazzo, il quale era veramente perfetto , dieci chili fa , nel ruolo di bel tenebroso.

A Vienna la elegante direzione era portata a sottolineare le ascendenze musicali mitteleuropee, sorvolava sugli effetti plateali caricando invece di sfumature  (vedi il primo duetto) il coté innovativo dell’opera .

A NewYork i cantanti hanno buttato via , si dice così a teatro , alcune battute splendide .Per esempio “Non so neanche io chi sono” tanto per citarne una, oppure la smorfia di Minnie nel mettersi le scarpe strette e il suo ironico  “quante volte voi siete morto? “dopo la sparata spavalda dell’uomo sul desiderare una donna per un’ora sola e poi morire..

A teatro funzionava anche la mongolfiera finale, scendeva quel cesto con il pallone e ironicamente , letteralmente  faceva volare via la coppia mentre con un effetto straordinario scendevano i minatori verso il basso , una trovata bellissima.

Me la sono voluta riguardare proprio per confrontare le diverse emozioni che non ho provato al cinema.

Comunque Kaufmann è sempre Kaufmann e senza grandi sforzi il suo Ramerrez esce lo stesso dallo stereotipo del tenore che canta solo per arrivare alla grande aria finale , quella che conoscono tutti .

Il suo bandito un po’ cialtrone e un po’ vecchio playboy è sempre anni luce superiore alla media dei cantanti che ahimè, nella mia lunga vita ,ho visto nello stesso ruolo , compreso un Mario Del Monaco con cravattino alla Turiddu che mi aveva fatto molto ridere quando da ragazzina i western li andavo a vedere al cinema.

Forse quella volta avrei anche apprezzato il realistico West del Metropolitan .

 

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