Manon Lescaut , variazioni

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Quando il dedicatario del blog si ammala e salta tutti gli appuntamenti diventa difficile scrivere di lui.

In attesa di un suo ritorno sulla scena o semplicemente un suo ritorno tra i mortali le sue affezionate seguaci recuperano vecchie foto, antichi frammenti su You Tube, archeologi reperti della sue prime esibizioni.

In cotanta miseria… (cftr Chenier) mi sono divertita a confrontare le due diverse messiscena della Manon, non per fare paragoni ma per capire quale dei due allestimenti ha reso con più sensibilità il difficile rapporto tra la storia narrata, la musica e lo stato d’animo che le accompagna: dirò subito che per me non vince un allestimento sull’altro.
Stranamente è come una valutazione alla pari: dell’allestimento londinese di McVicar sono molto validi i primi due atti, con assoluta predilizione per il secondo.

Dell’allestimento di Neunfels gli ultimi due sono decisamente perfetti: dalla scena quasi nuda dell’imbarco verso quel buco nero angoscioso del destino futuro fino alla landa vuota dell’atto finale.

Con ciò si dimostra quanto sia difficile pure elaborando un’idea originale riuscire poi a mantenere lo stesso phatos e la stessa coerenza durante tutta la rappresentazione.

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Ovviamente la coppia di cantanti, ben affiatata e preparata da Pappano rende ugualmente la drammaticità della storia in ambedue i casi, ma se non tutte le ciambelle riescono col buco a maggior ragione questo si può dire quando si tratta di maneggaire una materia così delicata come la rappresentazione di un’opera lirica.

In tempi di regie soffocanti, di stravolgimenti quasi offensivi ( e quest’anno per me la lista è abbastanza nutrita) queste due Manon, ciascuna a modo suo, sono decisamente di ottimo livello.
Adesso ci resta da vedere la terza, ovviamente in video perché andare al Met oltre a essere decisamente costoso, per me rappresenta come una roulette russa circa la partecipazione di Kaufmann: undici repliche ….sono tante e la tendenza a stufarsi del nostro è nota: poi a NY fa freddo d’inverno e il raffreddore è sempre in agguato.

Ho trovato un cinema in Toscana, forse andrò a vederlo la. Il giorno dello streaming generalmente non si ammala.

La visione del promo di Richard Eyre non è entusiasmante: l’allestimento non nuovo viene da Baden Baden e la scena mi è già sembrata troppo carica di scale sbilenche tipiche delle scene di questo regista.
La meravigliosa musica per fortuna è talmente amata che anche in forma di concerto riuscirebbe lo stesso a commuovermi.

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