Epater les bourgeois ?

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Ormai si è già  detto tutto il male possibile di questa messinscena della Damnation che sembra , come si suol dire , di sparare sulla Croce rossa. In effetti l’idea di partenza non sarebbe male , cercare di dare un filo conduttore ad una serie di scene  pensate in forma di oratorio , vale a dire non  pensate come  un’opera lirica , poteva essere un tentativo provocatorio ma comunque a buon diritto plausibile e non é un caso che spesso infatti  l’opera di Berlioz sia data in forma di concerto o al massimo in forma semiscenica. Non mi addentro sui tagli di questa produzione , non ne ho la competenza musicale necessaria. Ma non mi convince l’idea che comunque una ottima compagnia di canto sia sottoutilizzata ai fini registicamente provocatori del signor Hermanis che evidentemente in questo caso ha cercato soprattutto di  “épater les bourgeois”.

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Forte del fatto che comunque la straordinaria squadra di canto avrebbe garantito la riuscita commerciale dell’operazione  non ha fatto i conti con quel fattore impercettibile , magico che si chiama teatro , a quel brivido che c’è o non c’è e se non c’è il pubblico se ne accorge sempre. Si consuma così quel rito frustrante che i melomani residuali tenacemente cercano di difendere, sapendo benissimo che se si seguiteranno a proporre regie aberranti , non solo i giovani che all’opera non ci vanno proprio, ma anche i vecchi affezionati finiranno per desistere e preferiranno rivedersi vecchie registrazioni che fortunatamente cominciano ad abbondare. Un altro fattore ha ispirato la regia : la paura del vuoto e allora ci ha messo di tutto : centinaia di ballerini , maxi proiezioni ispirate alla natura  animale , vegetale , minerale, box in vetro rotanti , fissi , vuoti , pieni , tipo serra.

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Personalmente ho trovato lo spettacolo decisamente noioso , soprattutto nella prima parte. Alla quarta rappresentazione il pubblico non ha contestato , sinceramente però mi pare di potere affermare che il pubblico parigino abbia digerito la provocazione e l’abbia accettata per quello che è . Dunque per salvare l’umanità si parte per colonizzare  Marte : il dottor Faust , filosofo pensieroso con occhiali e jeans si aggira lentamente , il palcoscenico se lo fa tecnicamente avanti e indietro un numero notevole di volte. Il Maligno piuttosto bonario di Bryn Terfel si mette il camice bianco per essere più credibile come scienziato , la povera Marguerite verde vestita (punizione estetica) canta la sua leggenda del re di Thule mentre sul capo le scorrono immagini di balene e lo scienziato Stephen Hawking si aggira perennemente nella sua carrozzella di malato spastico , neanche molto carino se vogliamo vederla sotto il profilo del politicamente corretto. La storia cantata , ovviamente contraddice spesso le immagini e il megamessaggio ecologico , resta li, come i piccoli embrioni in placenta che volteggiano sulla testa del diavolo.

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Alla fine si parte per Marte , Faust firma la sua condanna a restare in un mondo di stracci a guardare in una specie di maschera video qualcosa di terrificante che lo deve turbare molto visto che sugli stracci ci crolla miseramente. Marguerite parte mimetizzata nel gruppo , lo scienziato si alza dalla sua sedia ed essendo uno stupendo ballerino di Pina Bausch sulle note della redenzione celeste si salva e si mette in piedi . Faust finisce al suo posto in carrozzella. Amen. Jonas Kaufmann , meravigliosamente ispirato nel suo canto di invocazione alla natura mi ha regalato i quattro minuti e mezzo d’incanto per cui tutto  . sommato è valsa la pena del viaggio e so  che  ha dichiarato che gli piace provare tutti i tipi di vocalità che il personaggio gli offre, un vero peccato sottoutilizzare la sua grande vena di attore consumato . Accomuno Bryn Terfel e Sophie Koch nell’essere anche loro vittime di una regia dal loro punto di vista abbastanza frustrante . Grandi voci per un modesto risultato. Ovviamente ottimo il coro , la lettura musicale di Philippe Jordan mi è sembrata corretta , qualche finezza in più non sarebbe stata sgradita alle mie orecchie che di Damnation ne hanno sentite di maggiormente raffinate. Chi è corso a vederlo al cinema mi conferma che la visione in streaming migliorava decisamente lo spettacolo. Peccato essere andati a teatro quindi