Cavalleria & Pagliacci – Atto secondo

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Riprendo ad analizzare le due opere. A freddo, se ci riesco. Ovviamente inizio da Cavalleria cercando di ricostruire obbiettivamente perch  la ritengo così sbagliata nella messinscena. Premetto di essere sempre favorevole ad ogni inszenierung innovativa , ma in questo caso non ce n’era proprio bisogno. Il testo asciutto  dal ritmo scandito cinematograficamente ha in se tutti gli elementi di una scenografia rigidamente disposta: la piazza, la chiesa, l’osteria. Si possono variare gli elementi ma resta il fatto che anche spogliata da tutti gli stereotipi folklorici, le ultime messinscene puntano generalmente su colori più spenti, su una Sicilia più povera, più in la non si può andare. Se hanno comunque funzionato alcuni momenti cinematografici come l’aria iniziale cantata di spalle nella cameretta da parte di Turiddu, con un pensiero affettuoso all’amica Caterina che gli ha fatto da vocal coach per cui lui ha finito con ” mancu ce trasu ” perfettamente siculo e la scena della sigaretta alla finestra tutta la parte sottostante, affollata oltremisura al proscenio  con una chiesa più piccola di una cappella cimiteriale era veramente irritante. L’allestimento salisburghese ha avuto in Jonas Kaufmann non solo un divo della scena ma anche un grande attore che recita anche quando non canta ed ha fatto del suo compare Turiddu un personaggio spavaldo che porta in sè il suo destino di perdente.11086121_1205929179434256_605136983_o

Mai focoso, pieno di un fascino giovane e scattante riesce ad interpretare calandosi molti anni  (che poi riprenderà con l’aggiunta ) nei venti minuti scarsi che lo separano dai Pagliacci. Ottima Annalisa Stroppa, una Lola credibile e dall’emissione chiara, Ambrogio Maestri è quel grande cantante che conosciamo, diciamo che come Compar Alfio risulta un po’ sovrabbondante. Santuzza, Liudmyla Monastyrska, a parte il solito italiese dell’est, non ha il registro drammatico del ruolo, oltretutto non mi era piaciuta neanche nel Requiem. Mamma  Lucia. Stefania Toczyska, ingessata nel ruolo fisso diventa anche di difficile classificazione. Il coro, nonostante gli sforzi di tante prove, seguita a cantare in una strana lingua indefinita, per non parlare del classico urlo finale, qui affidato a due vocine giovani non riesce neppure minimamente a ricreare quel brivido ineludibile che ogni volta mi procura. Ho pensato con nostalgia alla corista del Coro Bellini specializzata nell’urlo drammaticissimo della chiusa. Di Thielemann ho già detto nel pezzo di ieri, grande direttore, ma quest’opera non è proprio nelle sue corde. Tutto diventa molto più giusto nei Pagliacci, a parte l’incipit di meta-teatro con Kaufmann che passeggia allegramente col sangue della ferita di compare Turiddu, una scivolata registica che tende a sminuire in un colpo tutta la portata drammatica dell’opera appena conclusa. Pazienza, già dal prologo molto ben cantato dal baritono greco Dimitri Platanias mentre i servi di scena avanzano con le scenografie mi fa capire che l’allestimento e ben centrato. Anche l’orchestra ha sonorità più asciutte, lo stesso coro, che comunque seguita a cantare in arabo, aiutato dal coro dei bambini, funziona decisamente meglio. Nedda, deliziosa Maria Agresta ha la vocalità per il ruolo, di Tonio ho già detto, Alessio Arduini, uno dei giovani cantanti italiani che tengo d’occhio da tempo ha il perfetto phisique du role, necessario per renderlo credibile in contrapposizione a Kaufmann, si giova anche di una vocalita’ ampia e sicura.11096956_1205479676145873_2054514585_n

Del mostro sacro che dire. Si è appesantito, ingobbito, ingrossato, il suo sguardo velato di crudeltà animale fa veramente paura. Il suo “Ridi pagliaccio” da manuale credo resterà nella storia del melodramma, tutta la parte finale, dal momento della trasformazione di scena fino alla “Commedia è finita” aiutato dai primi piani che la sezione di schermo ci offre fa stare inchiodati gli spettatori alle poltrone, comunque carissime, ma che a questo punto meritano tutta la spesa sostenuta. E’ già Otello, non gli resta che vestirne gli abiti, il personaggio c’è già tutto. In questo caso il regista ha svolto decisamente bene il suo lavoro, quando non  si vogliono troppo complicare le cose intellettualmente e si ha a disposizione un tale Kaufmann il Verismo non chiede altro che di essere ricostruito fedelmente.

Cavalleria & Pagliacci

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E arrivò il giorno tanto atteso. Il tempo è matto: nevica e c’è il sole. Freddo cane. Non sapendo cosa fare, tanto per non sbagliare, la mattina presto torno in Duomo e così, oltre a scaldarmi mi godo un’ altro solennissimo corteo, tutti in costume con stendardi e tanti di quei preti, canonici, chierici e chierichetti da sfidare la Messa grande di Pasqua e sapendo che oggi non è neppure messa di precetto sono un po’ stupita. Qui mi arrendo, ma capisco che è una ricorrenza del Capitolo e mi basta. Aspetto fino al Vangelo, mi piace la storia dei due uomini che camminano la sera verso Emmaus con quel tale che li affianca e che loro non riconoscono se non alla fine della cena. Per tutti i miei lettori non credenti dico che è una bellissima pagina letteraria, ma noi cattolici sappiamo così poco della nostra religione! Mi arrendo all’omelia e rientro in albergo. Trovo i miei amici francesi, resto con loro girovagando fino alle due e poi, ovviamente vedo arrivare allegramente il solito Jonas che sembra essere sempre dove passo io, giuro che è un caso! Lui entra veloce a teatro e io comincio a pensare alla seconda parte della giornata.961450_1206495809377593_452364745_n

Ho molto studiato tutto quello che dottamente è scritto sul librone del Festival a proposito del Verismo (lì chiamato realismo) e sul perché’ dell’allestimento para-cinematografico. Interessante citazione di Thomas Mann e sul fatto che lui cita come fonte possibile di lettura del cinema come arte  (1926) un libro “ohne worte” del pittore Masereel, una graphic-novel antelitteram.

Riprendo a scrivere dopo teatro. Completamente presa dai Pagliacci, un’emozione difficilmente ripetibile. La messa in scena a sei quadri funziona, anche se soprattutto funzionano i terribili primi piani di Kaufmann, e il suo Ridi pagliaccio con la mano che nervosamente apre e chiude il coltello a serramanico, la sua fissità dello sguardo, il corpo teso nella terribile gelosia e anche la sua risata  veramente satanica fanno veramente paura. Non altrimenti posso dire della Cavalleria, in cui il ragazzo fa un personaggio a parte in una messa in scena decisamente sbagliata. Lo avevo già detto prima di vederla e confermo la mia prima impressione. Il regista ha cercato tutta una serie di luoghi comuni su una Sicilia di maniera, con i picciotti   della mafia che non c’entrano  niente, le pistole fuori testo in un ambiente che deriva dalla pittura espressionista tedesca. Una madre sempre di spalle alla quale un povero Turiddu disperato chiede ..un bacio, un bacio ancora e la maitresse non batte ciglio, salvo poi cantare la sua frase davanti ad una porta chiusa. Il povero Jonas , notevole nei primi piani dell’inizio quando ancora il suo atteggiamento allegro e spavaldo funziona  piano piano si perde in una regia volutamente provocatoria e senza il senso culturale del testo che lo costringe a fare l’ubriaco con strane bottiglie che sembrano uscite da una pièce di Bertold Brecht.11079180_1206496312710876_1716075660_n

Thielemann   ha ben diretto Pagliacci  ma ha fatto una Cavalleria col freno a mano tirato…forse avrebbe dovuto sentire l’intermezzo diretto da Von Karajan…che effettivamente è tutta un’altra cosa. Ho avuto la grande gioia di  potere andare nel backstage grazie ad una deliziosa nuova amica e ho potuto raccontare a Jonas che quei delitti ancora esistono eccome in Italia e si chiamano femminicidi. Ha sgranato gli occhioni incredulo, ma stava ancora recitando, ne sono sicura. Per oggi basta, domani  tornerò ancora a parlare di questa bellissima serata, analizzerò a freddo, se ci riesco. Adesso riesco solo a pensare che per fortuna forse ho già a casa la registrazione perché purtroppo non ci sono altre repliche. Questi Pagliacci, anzi questo pagliaccio è senza rivali.