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Chi si fosse trovato a passare al Parkring di Vienna in una tiepida mattina di sole di metà dicembre avrebbe potuto vedere una vecchia signora col trolley e una cartina di Google in mano cercare il nome di un albergo dall’altro lato del viale.

Girando la testa verso il parco aveva rivisto con un tuffo al cuore la statua dorata di Johann Strauss tra le fronde del parco.

Molti anni prima, da ragazza, si era ricordata di essere stata fotografata con un gruppo di compagne di scuola proprio là di fronte.

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Poi il flash era passato e con gran soddisfazione aveva letto il nome del suo albergo dall’altra parte del viale, lo aveva sorpassato senza accorgersene.

Durante il giorno e poi la sera al concerto, non aveva pensato più a quella visione.

La mattina dopo però mentre chiudeva il valigino lilla delle sue trasferte musicali si era ricordata della visione del giorno prima e uscendo per andare all’aeroporto, stavolta in una nebbiolina triste più adatta al suo animo depresso per avere chiuso il suo personale calendario musicale dell’anno in corso, si era messa in mente di tornare nel parco, uno sguardo alla statua dorata, come un saluto , lo voleva proprio dare.

Ma lì davanti aveva trovato un gruppo compatto di giapponesi in posa e si era quasi vergognata.

Se ne stava andando via quando una giapponesina gentile le ha indicato l’iPad che ancora teneva in mano mimando se voleva che le facesse una foto.2

Così grazie alle gentile signorina del Sol Levante la foto è stata fatta e ora la vecchia signora può raccontare per immagini un salto di sessanta anni esatti.