Adriana e Maria Callas sul divano del dr.Freud

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Mi sono chiesta perché per parlare di Maria Callas nel mio ultimo libro sono ricorsa ad un ricordo relativo a mia madre . Troppo facile la risposta che in realtà sia stata lei a farmela conoscere , il motivo è decisamente più profondo. Dottor Freud aiutami tu. Quando un’amica in anni lontani ha cercato di spiegarmi la composizione di un oroscopo mi ha detto che c’è in ciascuno di noi una componente lunare e che la mia luna (e quella delle mie sorelle) si rifaceva alla stessa persona , la madre. La luna…casta diva che nel cielo inargenti…Maria_callas_norma_parigi

Maria Callas , una madre naturale che mi ha partorito alla musica , al canto , all’opera , quello che la riguarda nella mia memoria ha qualcosa di sacrale e attiene alla sfera dell’intoccabile. La sua voce così riconoscibile , cosi imperfetta come dicevano all’epoca i suoi detrattori , ci sono sempre stati “quelli della Grisi “nel modo della lirica , è oggi universalmete riconosciuta come un valore aggiunto che alimenta il mito e la leggende intorno a lei. Purtroppo non ci sono molte documentazioni visive delle sue interpretazioni e quando dico ai miei cari amici melomani che io ho avuto la fortuna di sentirla più volte vedo nei loro occhi la richiesta di farli partecipi delle mie memorie. Sono memorie tanto lontane , emotivamente forti e forse alimentate anche in me incosciamente da un alone di fiaba.Maria_Callas_(La_Traviata)

Intanto cos’era vocalmente la Callas ? Un soprano belcantistico , belliniano? Un mezzosoprano : Rosina , Carmen…Un soprano lirico : Tosca? Dicono che per fare la Traviata occorrerebbero tre voci : una per ogni atto . Ebbene lei raggiungeva le perfezione in tutti e tre gli atti e di questo per fortuna abbiamo la documentazione discografica live , semmai le mie elementari considerazioni non fossero sufficienti. Di quella Traviata ci sono anche le bellissime foto di lei in vestaglia quando si butta tra le braccia del suo tenore : amami Alfredo…anche solo dalla foto mi vengono i brividi al ricordo. Parlami dei ricordi callasiani,  me lo chiedono in tanti. Sono anch’io ormai una sopravvissuta e ho pensato che mi piacerebbe parlarne in giro piuttosto che scriverne .

Epigone omerica andare raccontando sulle piazze la leggenda di una dea della luna che scendeva a incantare le giovinette e a legarle per la vita a quel mondo incantato e ridicolo che si chiama opera lirica.

Le arie di Andrea Chenier

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L’Improvviso dell’Andrea Chenier sembra essere l’unico momento importante dell’opera di Giordano, in realtà ci sono perlomeno tre arie famose nell’opera ed io oggi voglio parlarvi di una di queste in relazione al cinema ed a una famosissima interprete: Maria Callas.

Ci sono due bellissimi film, molto diversi tra loro, che hanno avuto grazie a questa aria e a questa interprete il loro momento più suggestivo e pur nelle diverse intenzioni, collegate fra loro.

Mi riferisco all’aria La mamma morta interpretata in modo sublime da Maria Callas.

Il primo film è Philadelphia di Jonathan Demme, pluripremiato agli Oscar con Tom Hanks.

La suggestiva scena del ballo tra il malato terminale di AIDS e il suo compagno Antonio Banderas sulle note struggenti dell’aria di Giordano sono uno dei momenti clou del film e quello che sicuramente colpisce di più il cuore degli spettatori.

Ricordo all’uscita del film il successo della colonna sonora, sicuramente il traino lo faceva la canzone del titolo Philadelphia cantata da Bruce Springsteen, ma molti giovani impararono in quella occasione anche a conoscere la bellissima aria d’opera cantata dalla Callas.

L’altro film contiene addirittura nel titolo la stessa aria: Io sono l’amore di Luca Guadagnino, un film raffinatissimo e straordinario che forse non ha avuto la risonanza che meritava, pur essendo stato il film italiano candidato all’Oscar nel 2011.

Qui Tilda Swinton guarda alla televisione la scena del film di Demme e le stesse note, la stessa struggente aria sono il commento al suo cammino psicologico di liberazione.

Possiamo quindi dire tranquillamente che Andrea Chenier, quest’opera verista e molto amata in anni lontani, è un po’ troppo vicina al cliché della Rivoluzione francese vista con la frase di Marie Antoinette : Donne lui des brioches non è solo Un dì all’azzurro spazio come sembra essere in questi giorni tutto lo spazio che viene dedicato all’aria famosissima cantata dal solito Jonas Kaufmann e che separano dalla prima del ROH.

C’è comunque molto di più e se come spero l’edizione londinese ne leverà il lato troppo retorico di racconto pseudo storico visto dalla parte dei ricchi credo che potremo assistere ad un repêchage intelligente come peraltro già fu fatto con l’Adriana Lecouvreur.

Anche perché il terzo momento topico dell’opera, il cavallo di battaglia per i baritoni – Nemico della patria – cantato dal perfido Gerard altro non è che una sorta di Credo di Jago dell’Otello verdiano in chiave verista. Riconosciamo a Umberto Giordano, un autore sicuramente oggi passato di moda, questa capacità di colpire in maniera popolare i temi forti che parlano con facilità al cuore degli amanti della lirica d’antan.