Del fare teatro

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Un gruppo di funzionarie dello Stato mi chiama: vorrebbero fare teatro, ma non è una cosa banale.

La proposta è di celebrare l’8 marzo con un reading che tratti della violenza sulle donne. In altre parole di quell’orribile neologismo che si chiama femminicidio, ma che purtroppo è solo la sola parola che riesce a rendere l’idea di questa mattanza nei confronti delle donne che sembra essere una caratteristica di questa epoca confusa nei valori.images-3

Vado all’incontro e mi fa una certa emozione sentire il piantone dire: lei è la regista, è attesa al quinto piano.

Mi sono preparata, ho letto il libro che mi hanno proposto, ho preparato una linea di lettura, ho selezionato i brani, ma vorrei che il lavoro fosse il più possibile collegiale.

Quando parlo di teatro sono nel mio elemento, ormai l’esperienza maturata è tanta, ma mi da sempre come un brivido l’avvio di una nuova avventura .

Questa poi in particolare è un’avventura diversa per me che ho sempre lavorato con giovani e giovanissimi.

Mi trovo davanti delle persone attente, civilissime e già molto coinvolte nel progetto.

La prima riunione: una lettura dei brani scelti da me dai quali fare una ulteriore scrematura, sentire le voci, valutare le capacità attoriali.

Ho una piccola delusione, mi aspettavo più accenti marcati, dialettali e invece le donne delle Istituzioni sono tutte colte, preparate e con buon accento italiano.

Pazienza, non avremmo quell’effetto tipico dei film italiani degli anni sessanta in cui il funzionario era terribilmente solo del Sud!

Ci aggiorniamo alla prossima settimana, un’altra delle mie imprese comincia.

Se poi penso che settimanalmente è già cominciato l’altro progetto, quello di teatro classico antico e che la scelta è caduta su Elektra (Sofocle e Hofmannsthal) mi rendo conto che la vecchia femminista quale io sono si aggira sempre intorno al pianeta donna.